Mi è capitato, qualche giorno prima di andare in stampa con questo libro, di incontrare un mio paziente che non vedevo da anni. L’avevo lasciato che pesava più di 100 chili e si vedevano tutti, visto che era alto solo un metro e sessanta. Non era venuto per perdere peso, ma per gli attacchi di ansia che erano diventati sempre più frequenti e intensi. Francamente, i nostri colloqui non avevano dato alcun esito: non era migliorato e, naturalmente, il suo sovrappeso era rimasto identico.
Nel suo lavoro aveva avuto due o tre fallimenti, e io gli ho detto che spesso questi eventi si verificano per farci trovare qualcosa di più affine, più in sintonia con ciò che siamo nel profondo. È rimasto colpito dall’esempio della matrioska: le bamboline nascoste una nell’altra, sempre più piccole, sono molto simili alla matrioska più esterna, ma vivono di altre energie, altre capacità. Ho visto accendersi una luce nei suoi occhi: “Le matrioske più piccole sono anche magiche…” mi ha risposto. Vedeva dentro di sé, senza saperlo, il sapere della magrezza, quell’energia di cui ho parlato per tutto il libro, che abita l’essenza di ciascuno di noi.
Il nostro Sé “sa” come deve essere il nostro corpo, così come sa quale volto ci appartiene e quale carattere, quale atteggiamento mentale è più adatto a ciascuno di noi. Non è il corpo che è diventato pesante, quando si ingrassa è la mente che si è appesantita e ingabbia la nostra essenza, il nostro Sé.
Ingrassiamo perché non lasciamo lavorare la nostra magrezza, che vive lontano dai pensieri, altrove, dove ognuno di noi è il seme di un’unicità.
Quel mio paziente stava male, ma qualcosa dentro di lui sapeva che era abitato dalla “dea della magrezza”, da un’energia magra che lo aspettava. Forse gli attacchi d’ansia che lo avevano portato da me erano la voce di un suo lato sconosciuto, di qualcosa che voleva nascere, qualcosa che non avrebbe più fallito, perché era la sua vera natura che stava scendendo in campo.
A volte l’ansia è il corrispettivo delle doglie del parto: non deve nascere un bambino, ma devono venire alla luce lati di noi che abbiamo sacrificato. Così del resto fa il grasso: soffoca la nostra essenza, il nostro seme, la nostra più profonda identità.
È alla ricerca di noi stessi che stiamo andando, quando ci liberiamo dal sovrappeso. Alla ricerca di modi di essere, affetti, emozioni, sentimenti, immagini che sono solo nostre. Dimagrire è un viaggio verso se stessi, non un regime alimentare ipocalorico. Andare verso il proprio seme è entrare nel regno della matrioska più piccola, dove la creatività è di casa. Essere come il seme che sta facendo il suo germoglio significa acquisire la mente del seme, del Sé; significa entrare nel regno dell’energia creativa, l’unica capace di realizzare vere trasformazioni: è l’energia che fa del seme un albero fiorito. Ma il grasso blocca la nostra fioritura!
“Dottore, mi riconosce?” No, se non fosse stato per la voce non l’avrei riconosciuto. Il suo corpo e il suo volto si erano completamente asciugati: pesava sì e no 62 o 63 chili.
“È da molti anni che sono diventato magro. Aveva ragione lei, facevo lavori sbagliati, che non erano i miei: per questo andavano male.”
Non aveva fatto nessuna dieta, nessuno sforzo per dimagrire. Aveva semplicemente partorito le sue attitudini, aveva smesso di soffocare l’anima con progetti inutili, pensieri ridondanti, lamenti, autocritiche devastanti, romanticismo e così via. Elementi che invadono la mente di chi ingrassa e che zavorrano il cervello, togliendogli vitalità, gioia di vivere, semplicità e naturalezza.
Ognuno ha la sua matrioska più piccola e nascosta, che veglia su di lui. Si tratta solo di depurare la mente: allora la magrezza scende in campo e agisce. Bisogna sostituire la parola “dimagrire” con la parola “creare”.
“Sono un seme che sta facendo il suo germoglio”: non ci sono parole più dimagranti di queste. Occorre ricordare che il seme, come il cervello, è la parte più ricca di grassi delle piante. Eppure, quando il seme si trasforma in germoglio, i grassi vengono eliminati.
Creare come il seme crea noi è la chiave di tutto: partorire se stessi, questa è l’unica partita che conta nella vita.