Il fiume di persone senza mezzi, dolente e senza speranza
scende la valle portando le povere poche cose;
fitte cadono dai colli circostanti le granate tedesche.
Alfreda Verzani, la Nazione Lucca, 1 febbraio 1984
E arrivò il Natale, atteso con gioia anche se nella povertà dei mezzi, ma era prima che si sapesse cosa era accaduto a Barga, nel cuore della Linea Gotica, bombardata per tre giorni e distrutta; il nonno morto di spavento e di crepacuore, come avrebbe continuato a ripetere la nonna negli anni a venire.
Ricordo un piccolissimo albero di Natale, non un abete ma un ginepro, il parente povero facile da trovare sulla collina, caricato con qualche frutto piccolo e qualche biscotto e illuminato da fiocchi di carta stagnola. Non ricordo che ci fosse della cioccolata forse perché ancora troppo preziosa. L’abitudine dell’albero fu una novità per Nozzano, non per noi Barghigiani ormai abituati a certi usi e costumi anglosassoni, ma in quel Natale del ‘44 i soldati americani contribuirono a diffonderlo e in molte case a realizzarlo. Non avevamo un presepe e ci accontentammo del bambinello della zia Marietta messo sotto il ginepro.
Ai primi di dicembre, un po’ in bicicletta, un po’ con mezzi di fortuna, mio padre era riuscito a tornare al paese e a vedere i genitori. Era riuscito anche a portar loro un po’ di cibarie americane. Stavano bene e non si lamentavano. Verso Natale il babbo non pensava tanto alla festa quanto al prossimo viaggio e faceva progetti per l’anno nuovo, sempre con la speranza che i nonni si decidessero a venire da noi ora che la casa era semivuota e che c’era tanto terreno da coltivare. Anche altri parenti avrebbero potuto raggiungerci se lo avessero voluto. Il 25 dicembre passò quasi tranquillo e anche la mattina del 26, ma nel pomeriggio cominciarono ad arrivare brutte notizie. Dapprima voci, raccolte da qualcuno che era andato a Lucca, confuse, imprecise, poi sempre più terribili insieme alla paura che qualcosa potesse accadere anche a Nozzano. Fuori di casa, su una delle vie principali per Lucca, si sentivano rumori sordi e comandi gridati. Si vedevano colonne di soldati che ripartivano, i nostri ufficiali inglesi spariti, mio padre che camminava in su e giù come se fosse in gabbia. Noi non avevamo radio, i nonni sì ma a Barga e ascoltavano anche la radio inglese. D’altra parte avevano due figli in Inghilterra ed era l’unico modo per avere notizie se non di loro, cosa quasi impossibile per quei tempi, almeno dell’andamento della guerra. Mio padre si calmò un po’ e decise di andare dai parenti che avevano gli americani in casa. Sperava di saperne di più. Tornò quasi piangente. Tutto vero, tutto tremendo. Arrivò anche mio fratello maggiore, lui eccitato, con gli occhi che gli brillavano perché finalmente poteva fare qualcosa di importante.
“Ci vado io a vedere come stanno le cose, vado fino a Bagni di Lucca, ci siamo passati vicino quando siamo venuti qui, io la strada l’ho già fatta”.
Era vero ma era avvenuto in momenti più tranquilli, con il permesso degli alleati, ora la situazione era molto più pericolosa. Mia madre sbiancò e mio padre: “No, a Barga no e neppure a Bagni di Lucca, ma fino a Lucca sì, magari con uno dei cugini. Non occorre che arriviate in città, lo zio abita a S. Anna, subito prima delle Mura. Dovete andare da lui, non è nella Resistenza ma conosce chi ne fa parte”.
Piero ne fu felice e orgoglioso però, prima che potesse partire, arrivò un messaggio dello zio.
“Barga è sotto continui bombardamenti soprattutto alleati, senza una vera ragione, i tedeschi ormai si sono ritirati. Vi farò sapere di più appena posso. Cercate di stare tranquilli”.
A Piero vennero le lacrime agli occhi, uscì di corsa e si rifugiò su nella pineta sopra casa. La sera mio padre dovette andare a cercarlo e convincerlo a tornare dentro per cena, mentre per lui iniziava un’attesa angosciosa. Così fu per tre giorni per il mio paese, con la popolazione più giovane in fuga lungo la valle del Serchio, e quella più anziana, che non era riuscita a muoversi, rifugiata nei fondi, nelle cantine, con le bombe che cadevano senza sosta. Solamente nella notte tra il 28 e il 29 dicembre una colonna di soldati inglesi e indiani, guidati dai partigiani, risalì verso Barga ormai priva di tedeschi. Ma noi tutto questo lo sapemmo solo più tardi. Verso la metà di gennaio mio padre poté con grande difficoltà tornare e scoprire che il nonno era morto nei tre giorni di bombardamenti, spaventato, incapace di reagire. Di crepacuore, disse la nonna sconvolta. Era stato messo in una specie di bara, quattro tavole inchiodate insieme, e portato al cimitero da alcuni confratelli della Misericordia barghigiana di cui faceva parte. Fu lì che lo andammo a salutare una volta tornati, lui che sarebbe voluto venire con noi a Nozzano.