Las Vegas, 26/8/1968
Freddy O. così descrisse la gestalt della Grapevine.
Era un posto da bifolchi con un’atmosfera che ricordava le foreste del Nord e un tocco di estrema destra. Insegne luminose di birra Hamm. Abeti imbottiti di poliestere. Foto di belle fiche piazzate sopra gli orinatoi. Riviste di armi ammonticchiate ovunque. Tovaglioli con scritte razziste: “Negro, gira al largo”.
Dwight e Freddy erano nella piscina del Golden Cavern. L’acqua gelida come quella di un fiordo. Se ne stavano da soli nella parte più alta. Freddy diede un’idea del tipo di chiacchiere che circolavano alla Grapevine.
A metterle in giro erano sei tipacci: Brundage, Kling, DeJohn, Currie, Pierce, Luce. Erano rapinatori a mano armata e spacciatori che amavano spassarsela alla maniera dei fascisti. Erano alcolizzati e tossici, molto uniti fra loro. Ogni notte chiudevano la Grapevine e se ne stavano ore a sparare cazzate. Avevano le chiavi del locale. I proprietari erano tranquilli, avrebbero pagato per le loro bevute e avrebbero chiuso quando andavano via. Non rientravano negli obiettivi della sorveglianza dell’ATF. Meglio così, l’agenzia non avrebbe indagato sul loro omicidio.
Un cameriere servì un cuba libre a Freddy e un tè freddo a Dwight. Si tenevano a galla e parlavano. Freddy disse che per quel lavoro ci volevano tre persone. Dwight lo corresse, ce ne volevano quattro. Wayne conosceva un mercenario franco-corso. Sembrava perfetto. Facciamolo partecipare.
Freddy si disse d’accordo. Una bionda tutta curve si avvicinò e offrì un diversivo. Dwight si spalmò altro olio abbronzante. Discussero dell’incontro del 30. Ci saranno Wayne e il mercenario, definiremo ogni cosa.
«Dovrà essere un’operazione circoscritta» disse Dwight. «Quei sei coglioni e nessun altro. È tardi, sono lì da soli, stanno parlando delle loro stronzate politiche e poi tutto precipita.»
«Giusto» disse Freddy. «Arriva la polizia di Saint Louis, esamina la scena, fa i suoi rilievi e dichiara: “Caso chiuso. Tutto collima”.»
«Faremo in modo che ci sentano» riprese Dwight. «Non possiamo usare i silenziatori, lasciano tracce sui proiettili.»
«Giusto» disse Freddy. «Vanno sempre in giro armati, non avremmo il tempo di neutralizzarli e farli fuori con le loro pistole. Dovremo usare armi che siano facilmente riconducibili a Saint Louis.»
«Giusto» disse Dwight. «E questo è compito tuo. Sei il nostro uomo a Saint Louis per questa faccenda, quindi svaligia qualche armeria o qualche banco dei pegni e ruba armi a cui gli investigatori possano risalire. E dei revolver, Freddy. Non voglio roba automatica che si inceppi.»
Freddy sorseggiò il suo cuba libre. «D’accordo. Li facciamo secchi, piazziamo le pistole con cui si sono ammazzati, prendiamo le loro e sistemiamo i corpi in base alle tracce di sangue. Fin qui tutto chiaro.»
Dwight sorseggiò il tè. «Ce la sbrighiamo in meno di quattro minuti. Dicevi che tengono sempre in funzione il jukebox, vero?»
«Già. La più schifosa musica da bifolchi, ad alto volume.»
«Bene. Coprirà un po’ gli spari, e i vicini sono abituati a sentire quel casino a tutte le ore. Quando andiamo via alziamo il volume al massimo, così ci sono più probabilità che qualcuno chiami la polizia per lamentarsi del baccano e qualche coglione di pattuglia faccia un salto e trovi i cadaveri.»
Freddy si fermò sotto il trampolino. «Dobbiamo ancora decidere un dettaglio fondamentale.»
«La cocaina» disse Dwight. «Si sono procurati della roba non tagliata e hanno dato di matto. Lasciamo delle strisce sul bancone. Ne facciamo liquefare una parte a Wayne. Prendiamo degli aghi da insulina, dei lacci emostatici, e una volta morti li imbottiamo di coca. Gliela possiamo iniettare tra le dita dei piedi, così i segni non si noteranno durante l’autopsia.»
«È una faccenda circoscritta e localizzata, classificabile una volta per tutte come omicidio plurimo tra gentaglia di razza bianca, e “il caso è chiuso” in dodici ore al massimo.»
Dwight annuì. «Lo faremo sembrare convincente. E non preoccuparti di Wayne, ci si può fidare.»
Freddy rise. «Ci preoccupiamo di Wayne quando è lui il vero killer.»
Dwight scoppiò a ridere anche lui. «Per fortuna quegli stronzi sono bianchi.»
Un cameriere si avvicinò portando un telefono con una spia lampeggiante. Freddy uscì dall’acqua e si mise ad armeggiare con il filo e la cornetta. Dwight chiuse gli occhi e il sole si spense.
«È per te» disse Freddy. «Il tuo uomo, Bowen, è stato arrestato a Chicago.»