Chicago, 28/8/1968

L’O’Hare era un casino. Arrivi e partenze, gente che entrava e usciva dalla città. I terminal sembravano campi profughi. Le file ai check-in e al ritiro bagagli duravano giornate intere. La gente era infuriata. Volavano insulti. La minima spintarella provocava una rissa.

I distributori automatici di giornali erano vuoti. Leggevano tutti il “Trib”. Guarda i disordini a Lincoln Park. Guarda le immagini che precedono i disordini a Grant Park. Le foto coglievano bocche urlanti.

Wayne leggeva il “Trib”. Veniva urtato da giornalisti e preti di sinistra. Stazionavano davanti ai rulli per il ritiro dei bagagli. Erano lì da due ore. Diamo sfogo alla nostra indignazione: ci toccherà stare qui altre nove ore.

Il “Trib”, pagina 6: “Radicali catturati con opuscoli illustrativi per la fabbricazione di bombe. Si valuta se incriminarli per istigazione alla rivolta”.

Wayne appallottolò il giornale e lo gettò via. Una suora mascolina che portava un distintivo con una colomba della pace lo guardò torvo. Wayne era a pezzi. Mancavano due giorni all’appuntamento al Golden Cavern. L’irruzione nella Grapevine era imminente.

I taxi scaricavano passeggeri e caricavano al volo altra carne. Wayne si guardò intorno. Quel giovane aveva un aspetto familiare: il cravattino idiota e i capelli a spazzola.

Wayne si ricordò. Il tizio che l’aveva seguito a Miami adesso sembrava un pivello. Aveva detto a Mesplede di farlo fuori.

Lui non vide Wayne. La suora mascolina divenne aggressiva. Fece segno a due monache negre di passargli davanti.

Wayne lasciò perdere.