Las Vegas, 30/8/1968
Tutto funzionava. Il collegamento fra la stanza 307 e la 308 era stabilito. Il giorno prima Crutch aveva praticato un forellino nella parete e ci aveva inserito uno spioncino. Accesso visivo e sonoro, confermato.
La console era piazzata di fronte al muro divisorio. Crutch vi si era sistemato con le cuffie. Fred T. era tornato a Los Angeles, quel lavoretto se lo sarebbe sciroppato da solo.
Il francese l’aveva chiamato la sera prima. La chiacchierata l’aveva calmato. Fuentes e Arredondo erano delle canaglie, rossi fino al midollo. La polizia di Chicago non avrebbe indagato più di tanto. Il francese lo aveva lodato perché aveva dimostrato di avere le palle e gli aveva parlato di un piano che gli frullava per la mente.
Una serie di sabotaggi. Toccate e fuga sull’isola con lanciafiamme ed esplosivo C-4. Raid contro i campi della milizia castrista. Lancio di volantini di propaganda. Una partita di eroina per finanziare l’operazione.
Il mangiarane aveva elencato le gesta ignobili di Fuentes e Arredondo. Erano pidocchi annidati nella putain barba di Fidel. Crutch aveva cominciato a gasarsi per l’omicidio dei due comunisti. Era andato da una sarta e si era fatto cucire dei piccoli 2 sul cravattino scozzese.
La porta della 308 si aprì. Clic/tump. Crutch guardò dal forellino. Puntuali: Fred Otash e Wayne Tedrow.
Si sedettero. Parlarono del più e del meno. Erano lontani dalla lampada, le voci giungevano deboli.
Clic/tump: di nuovo la porta. Stavolta entrò un uomo alto, con un abito grigio. Crutch sentì delle voci confuse e lesse il movimento delle labbra. Fred O. e Wayne chiamarono l’uomo Dwight.
Il filo che collegava la console al foro era troppo teso. Crutch avvicinò una sedia e lo sistemò. Prendi nota: domani ristuccare il buco.
Il campanello suonò. Fred O. aprì la porta. Sacre frog: era Jean-Philippe Mesplede.
Confluenza. Parola usata da Clyde Duber. Si verifica quando uno che conosci e uno che spii s’incontrano, e siete tutti e tre legati.
Wayne presentò Fred O. al francese. Le parole erano disturbate dalle interferenze. Fred O. presentò Dwight al francese e ne pronunciò il cognome, Holly.
Confluenza. Dwight Holly conosceva Clyde. Dwight Holly aveva chiesto a Clyde di far pedinare Marsh Bowen a Chicago.
Crutch inquadrò la situazione. Le cuffie aderivano bene e il forellino era all’altezza degli occhi. Gli uomini nella 308 avvicinarono le sedie alla lampada. Fred O. andò al banco del bar e tornò con bicchieri di whisky e seltz e patatine. Dwight Holly non bevve, gli altri ci diedero dentro. Crutch ebbe un’intuizione: quella riunione non aveva niente a che vedere con il suo caso.
Cronometra: le 15.18. Fai partire il nastro, registra.
Gli uomini cominciarono a parlare. Brani di conversazione si accavallavano. Dwight e il francese si accesero una sigaretta. Fred O. era in ghingheri e aveva rimesso su tutti i suoi chili. Wayne sembrava male in arnese e smagrito.
«Basta con le stronzate» disse Fred O. Le parole risuonarono perfettamente nitide nelle cuffie.
Dwight Holly prese la parola. «Ci saranno sei uomini. Si fermano sempre qualche ora dopo la chiusura. Sono sempre soli, e non credo che cambieranno le loro abitudini la notte che andremo lì.»
«Quando?» chiese Wayne.
«Per quanto mi riguarda, siamo pronti» disse Fred O. «Mi sono procurato le armi da lasciare sul posto, Dwight la droga. Credo che ce la sbrigheremo in cinque minuti.»
«Quattro» lo corresse Dwight. «A stenderli non ci vorrà niente. Saranno sbronzi e li coglieremo di sorpresa. Ma ci vorrà tempo per mettere su la messinscena per la Scientifica. Il laboratorio del dipartimento di Saint Louis fa schifo, ma voglio comunque che le tracce di sangue e le traiettorie dei proiettili siano compatibili.»
Crutch cominciò a sudare. Le cuffie inumidite producevano sibili e crepitii. “Sei uomini”, “armi da lasciare sul posto”, “tracce di sangue”...
Mesplede disse: «“Grapevine”. È un’espressione colloquiale americana, giusto? Significa “passaparola”. Quindi è idiomatico. E così diventa il nome di un ritrovo per delinquenti».
Fred O. ridacchiò, e anche Dwight. Wayne fece una smorfia. Crutch ci mise un po’ a capire la battuta.
20 giugno. QUELLA NOTTE. Frammenti di conversazione... grapevine/Tommy/infiltrato... Joan e Gretchen/Celia.
Le cuffie grondavano sudore. Crutch se le tolse, le asciugò e le rimise. Sentì voci confuse, disturbi, bip, schiocchi, sibili. Le linee di trasmissione intasate dal sudore, merda.
Altri bip e sibili nella linea. Rumore di cibo: Fred O. e il francese s’ingozzavano di patatine. Crutch si tolse le cuffie, fece sgocciolare il sudore e le rimise. Appoggiò un occhio al forellino e socchiuse l’altro, cercando di leggere le labbra e i gesti e di sincronizzarli con i sibili. Gli arrivavano scricchiolii, crepitii e brandelli di conversazione.
Alla parola “Memphis”, Wayne ebbe un sussulto. Crutch sentì pronunciare i nomi “Patsy”, “King” e “Ray”. Dwight Holly e Wayne avevano entrambi un’espressione inquieta. Ancora rumore di cibo. Crutch socchiuse ancora di più gli occhi. Respirava a fatica. Il fiato annebbiò il forellino. Per un minuto buono sentì solo dei bip.
Udì la parola “testimone”.
Di nuovo “Grapevine”.
COMINCIAVA A CAPIRE.
Fred O. si lanciò in un monologo. La sua voce da basso lasciava in sottofondo il sibilo della linea. Crutch sentì i nomi “Sirhan” e “Bobby K.”. Fred O. mimò qualcuno che spara: bam, bam, sei morto. Wayne e Dwight Holly avevano un’espressione très inquieta.
CAPIVA SEMPRE DI PIÙ. La vescica era sul punto di scoppiargli. Strinse i denti e si trattenne.
Il vetro dello spioncino era appannato. La linea della cimice era intasata e il rumore di quelle maledette patatine fritte che crocchiavano sotto i denti incasinava ancora di più la situazione. Crutch si tolse le cuffie, fece sgocciolare il sudore e se le rimise. Sputò sul vetro dello spioncino e lo pulì.
Adesso vedeva e sentiva meglio. La labbra del francese si muovevano. Colse un chiacchiericcio incoerente e la parola “Dallas”. Sentì la parola francese “cuisine” e poi “Cuba” e “vendetta”.
Il suono cessò del tutto. Crutch scosse la testa. Poi la linea si riattivò e tornò il suono nelle cuffie. Sentì sibili, schiocchi, crepitii, rumori secchi, ronzii, tramestii, bip. Sentì “Le grand putain Jack”. Vide Jean-Philippe Mesplede imitare il gesto di un cecchino.
E si pisciò addosso.
Si cacò addosso.
Vomitò e rimase senza fiato.
Scollegò le cuffie. Si precipitò alla console, tirò il filo principale e staccò lo stucco dal muro. Fece un forellino che dava nella 308, eliminando i fili. Lo stucco schizzò nella sua suite. Socchiuse gli occhi e poggiò l’orecchio al forellino... Dio, ti prego ti prego ti prego.
La riunione era finita. Gli uomini erano in piedi vicino la porta: «Un’ultima cosa» disse Dwight Holly.
Gli altri annuirono. Dwight Holly proseguì: «Niente donne. Se ce n’è anche solo una, non se ne fa niente».
Fred O. annuì, riluttante. Mesplede alzò gli occhi al cielo. Wayne Tedrow afferrò il polso di Dwight Holly.