Los Angeles, 8/3/1970

Ali! Ali! Ali!

In tutto il Congo echeggiava quell’acclamazione. Da negozi di liquori e sale da biliardo s’irradiavano le luci dei televisori che trasmettevano clandestinamente l’incontro. C’erano apparecchi dappertutto. Bande di teppisti giravano con radio portatili a volume basso. Circolavano alcolici e spinelli. Gruppi da dieci a cento persone. Central Avenue era una cafoneria.

I bagliori catodici si rifrangevano sulle finestre. Trasmissioni pirata nei locali: il Mosque 19, il Sultan Sam’s, il Cedric’s Hair Process. Spettacolo dentro e fuori. Nei parcheggi si facevano affari alla grande, a ogni round papponi con scarpe a tacco alto raccoglievano scommesse.

Scotty fece un salto alla Tiger Kab. Il gabbiotto era affollato, i babbei erano tutti davanti alla tivù, le luci del televisore rischiaravano l’ambiente. L’Ekuipaggio fissava rapito lo schermo. Fred O., Milt C., Crutchfield il guardone, una caterva di zulu del southside. Avevano sistemato Junkie Monkey sopra l’apparecchio, con i guantoni da boxe.

E Lionel D. Thornton: con un sacco chiuso pieno di grana.

Scotty gironzolò per il parcheggio. Arrivò Marsh. Portava scarpe con la suola di para e guanti. Scotty tirò fuori i suoi dal cruscotto. Tenevano d’occhio il gabbiotto.

La radio crepitava; il segnale andava e veniva. Marsh toccò la manopola della sintonia. Scariche elettrostatiche e il verdetto: Frazier vince ai punti.

Marsh spense la radio. «È armato» disse Scotty.

«Lo so. Un piccolo revolver dietro, nella cintura.»

«Andrà a piedi. Non vedo la macchina.»

«La banca è a sei isolati.»

Scotty gli passò la sua fiaschetta. Marsh bevve un sorso.

«Ho perso un centone.»

«Ti finanzio io. Ho vinto trecento dollari» disse Scotty.

«Hai dato Ali perdente?»

«Ero a Saipan. I renitenti alla leva mi stanno sul cazzo.»

Marsh gli passò la fiaschetta. «Quanti ne hai fatti fuori? Giapponesi o rapinatori: chi ha vinto ai punti?»

Scotty bevve una sorsata. «Incendiai un bunker dove tenevano le munizioni. Ho arrostito un centinaio di giapponesi nel sonno.»

«Ti hanno dato una medaglia?»

«La Navy Cross. Bella, ma non come la tua.»

Marsh sorrise. La fiaschetta passava dall’uno all’altro. Lionel Thornton uscì dal gabbiotto, e s’incamminò verso sud.

Gli ingressi della banca affacciavano a sud, in una traversa laterale. «Lo prenderemo lì» decise Scotty.

Nel gabbiotto scoppiò un parapiglia. Alcuni idioti gridavano «Frazier!» Altri idioti urlavano «Ali!». Due fratelli si presero a cazzotti. Fred O. accorse a separarli. Il televisore si rovesciò. Junkie Monkey finì a terra.

Scotty si diresse a ovest e tagliò verso sud sulla Stanford, poi imboccò a est la Sessantatreesima e parcheggiò dall’altra parte della strada.

«L’ingresso del deposito è a ovest di quello principale» disse Marsh. «Lì non ci vedrà.»

Scotty s’infilò i guanti. «Sarà qui tra cinque minuti.»

Marsh deglutì. Era ansioso e cominciava a sudare. Scotty avvertì la sua inquietudine.

«Come ti senti, fratello?»

«Bene, fratello. Lo sai che voglio farlo.»

Scotty gli strizzò l’occhio. «Allora andiamo.»

Attraversarono la strada. Si nascosero dietro il portone d’ingresso. Marsh controllò l’orologio. Scotty udì dei passi.

Più vicini, ora. Il rumore più forte. Ecco il suo respiro, la sua ombra, il tintinnio delle chiavi.

La chiave infilata nella toppa, lo scatto della serratura, il fruscio della porta che si apre.

Gli balzarono addosso.

Non gli diedero il tempo di gridare. Lo immobilizzarono e lo spinsero dentro. Il sacco con il denaro volò via. Scotty gli tappò la bocca con la mano, Marsh gli sfilò la pistola. Thornton scalciava e si dimenava. Marsh si beccò una pedata in faccia.

Thornton tentò di mordere, ma non riusciva ad aprire la bocca. Marsh gli sferrò un colpo alla nuca, lasciandolo senza fiato. Prese le chiavi e chiuse la porta dall’interno. Thornton continuava a dibattersi. Scotty lo sollevò e lo scaraventò a sei metri di distanza.

Lo stronzo volò. Il corpo roteò in aria, i piedi sfiorarono il soffitto. Atterrò davanti a uno sportello della banca.

Gridò. Marsh prese una lampada a stelo e gli puntò la luce in faccia.

Il pavimento era scuro. La lampada proiettava un fascio di luce orientabile: si vedeva solo il viso di Thornton.

L’uomo gridò. Scotty gli schiacciò il collo con un piede. Thornton smise di urlare. Perdeva sangue dalla bocca, cadendo si era spezzato un incisivo.

Scotty annuì. Marsh disse: «Siamo interessati alle banconote macchiate d’inchiostro, a quelle integre e agli smeraldi. Sai di cosa parlo. Pensiamo che tu sappia cose che potrebbero esserci utili».

Thornton cercò di divincolarsi. Scotty spinse con più forza il piede, Thornton smise di dimenarsi. Scotty tirò fuori una seconda fiaschetta. Conteneva la mistura che il pastore Bennett propinava per estorcere confessioni: pasticche di Valium sciolte nel bourbon.

Marsh prese la fiaschetta, afferrò Thornton per i capelli e lo strattonò. Thornton spalancò la bocca, e Marsh vi versò un sorso. Thornton fu sul punto di vomitare. Marsh gli mise un piede in faccia e gli fece ingoiare il liquore.

Scotty annuì, Marsh tolse il piede. Thornton boccheggiò; poi disse: «No».

Marsh gli assestò un ceffone. Thornton gli morse la mano. Scotty lo prese per i capelli e lo trascinò dietro lo sportello di una cassa. Marsh srotolò il filo e avvicinò la lampada.

Lo scomparto era buio. Marsh indirizzò il fascio di luce sul volto di Thornton. Lo scomparto si stagliava in controluce.

«Non hai scampo. Decidi tu se rendere le cose difficili o no.»

Thornton sbavava sangue sul pavimento. Un insetto zampettò via. Marsh lo schiacciò. Thornton trasse un respiro.

«Schifoso bifolco d’un bianco. Zio Tom pezzo di merda.»

Scotty fece un cenno con la testa. Marsh tirò fuori un manganello e colpì Thornton alle ginocchia. Thornton si morse il labbro e trattenne un grido.

«Io e il sergente Bennett abbiamo messo insieme le nostre informazioni sulla rapina. Ci risulta che hai riciclato almeno una piccola parte del bottino. Ti dispiacerebbe dirci qualcosa in proposito?»

Thornton sputò sangue. Strisciò verso la parete e vi si appoggiò. Scosse la testa: no, nix, vaffanculo.

Scotty avvicinò la lampada. Marsh la inclinò per fare più luce. Thornton aveva la bocca aperta e sanguinante. Marsh prese la fiaschetta e gli versò dentro un altro sorso.

Thornton cercò di rigurgitare. Scotty lo afferrò per i capelli e gli strattonò la testa all’indietro. Marsh lo lubrificò di nuovo.

Dei gargarismi, adesso: sangue, bile e quella mistura. Il liquido stava per traboccare. Marsh gli bloccò la bocca e lo costrinse a trangugiare la pozione.

Thornton scuoteva la testa: nyet, nein, no. Marsh gli liberò la bocca e lo percosse alle gambe.

«Il sergente Bennett e io abbiamo raccolto informazioni, ognuno per proprio conto, e abbiamo deciso di condividerle. Quella mattina eravamo tutti e due lì. Sarebbe stupido se non collaborassimo.»

Thornton scosse la testa. Gli cadde un dente. Scotty gli lasciò andare i capelli. Thornton si accasciò bocconi e ingoiò sangue. Scosse la testa: nein, nyet, no.

«Avevo un vicino» continuò Marsh. «Era un anziano medico nero. Curò un componente della banda che il capo aveva creduto morto. Come compenso per i suoi servizi il dottore ricevette ventimila dollari in banconote macchiate d’inchiostro. Li diede a te, dicendoti di devolverli alla comunità nera con discrezione. Il rapinatore sopravvissuto si è ripreso e da allora è scomparso. Ti dispiacerebbe dirci qualcosa in proposito?»

Thornton spalancò gli occhi. Sulla tempia gli pulsava una vena. Cazzo, quel Marsh era davvero in gamba. “Però, ragazzo” pensò Scotty.

Nello scomparto faceva caldo. Scotty e Marsh erano madidi di sudore. Scotty vide un condizionatore da parete e lo accese.

Un getto di aria fresca sibilò. Thornton la respirò avidamente. Marsh lo colpì sulle ginocchia, Thornton urlò. Il grido si unì al ronzio sordo del condizionatore.

Marsh sollevò il manganello. Scotty scosse la testa. Thornton sbatteva le palpebre per il bagliore della lampada. Scotty si interpose tra lui e il fascio di luce e fece un po’ d’ombra. Marsh si accovacciò vicino a Thornton e gli sollevò il capo con lo sfollagente.

«Io e il sergente Bennett siamo convinti che il rapinatore sopravvissuto fosse un giovane chimico che si chiamava Reginald Hazzard. Ho una teoria che non ho ancora discusso con il sergente Bennett. Credo che il giovane Hazzard abbia trovato un modo per cancellare del tutto o in parte le macchie d’inchiostro e che probabilmente tu, una vecchia volpe del riciclaggio, sei in possesso di un elenco di tutte le banconote riciclate. Ti dispiacerebbe dirci qualcosa in proposito?»

Thornton straaaaabuzzò gli occhi. Con il siero della verità non si poteva mentire. Marsh, geniale figlio di puttana. Anche il capo della banda aveva messo sotto torchio il riciclatore.

Thornton si pisciò e si cacò addosso. Marsh, ormai su di giri, si alzò con espressione schifata.

Scotty gli strizzò l’occhio. Dal condizionatore fuoriuscivano frammenti di ghiaccio. Uno scarafaggio si trascinava nelle pozze di sangue.

«Reginald Hazzard» disse Marsh.

Thornton singhiozzò e sputò sangue.

«Chi spedisce gli smeraldi alla gente di colore in difficoltà?» domandò Marsh.

Thornton si girò su un fianco per uscire dal cono di luce. Marsh gli sferrò un calcio sulla schiena. Scotty scosse la testa. Marsh fece una faccia della serie: e adesso? Scotty tirò fuori la sua pila tascabile e l’accese.

Marsh prese un rotolo di nastro isolante e tappò la bocca a Thornton. Scotty gli ammanettò la mano destra a un tubo che correva lungo la parete. Pensarono entrambi la stessa cosa: diamo un’occhiata a questo posto.

Armati di pile tascabili e delle chiavi di Thornton, perquisirono, rovistarono, esaminarono mobili, li rovesciarono e gettarono tutto all’aria. Misero a soqquadro la banca.

Aprirono i cassetti degli uffici e degli sportelli.

Controllarono gli scaffali.

Esaminarono le mensole.

Sollevarono i tappeti.

Squarciarono le poltrone imbottite.

Frugarono negli armadi.

Smontarono gli impianti elettrici.

Ispezionarono ogni superficie, spazio, ripostiglio alla ricerca di un caveau.

Passarono l’edificio al setaccio una, due, tre volte. Dopo aver disfatto tutto, ricontrollarono anche il più minuscolo frammento.

«Qui non c’è niente» disse Marsh.

«Sì che c’è» ribatté Scotty.

«Amico, non è così stupido. Li avrà nascosti a casa sua o in un posto sicuro da qualche parte.»

Scotty scosse la testa. «È uno che si compiace di sé. È da qui che ricicla il denaro. Deve tenere dei registri per poterli sempre controllare. Ci dev’essere un caveau da qualche parte.»

Marsh tornò da Thornton. Quell’uomo era Mastro Lindo, il riciclatore. Adesso è un sacco di merda, sangue e piscio.

Marsh s’infilò i guanti rinforzati. Più di tre etti l’uno: palmi irrobustiti con il piombo e stecche di metallo a copertura delle dita.

«Ora me lo dici» lo minacciò, flettendo le mani. Poi gli assestò un pugno alla schiena.

Thornton gemette e si raggomitolò. Scotty accorse e trattenne Marsh.

«No. Basta. Calmati, fratello. Prima proviamo con i muri.»

Marsh si afflosciò. Sì, fratello... Okay... sì, sì.

Scotty lo lasciò andare. Marsh andò a sbattere contro il condizionatore. Scotty si precipitò nel ripostiglio e prese un palanchino. Marsh ghignò con espressione idiota.

Si misero a picchiare sui muri.

Spaccarono e sondarono le pareti.

Si alternavano.

Sudavano come maiali, erano fradici. Si davano il cambio per riprendere fiato, e continuavano a picchiare.

Controllarono i muri dell’ufficio di Thornton, della sala ricreativa e dello scomparto del cassiere. Poi tutti quelli della banca stessa. Rimossero battiscopa e pannelli di legno. Ingoiavano polvere d’intonaco e schegge. Sentivano Thornton gemere e tossire. Percuotevano i muri e li frantumavano alternandosi, malfermi sulle gambe.

Controllarono il vestibolo sul retro. Scotty si appoggiò alla parete, esausto. Marsh sferrò il primo colpo. Un pezzo di muro venne via. Un libro mastro rilegato in tela gli cadde tra le mani.

Era avvolto nella plastica chiusa con lo scotch. Misurava trenta centimetri per venti ed era piuttosto voluminoso. Scotty strappò la custodia. Marsh esaminò la prima pagina: righe e colonne di numeri. A sinistra delle date. La prima: 4/64.

Si detersero gli occhi. Girarono le pagine. Date, cifre e codici numerici: erano elencate le somme versate giornalmente in banca. La cifra finale ammontava a più di sette milioni.

«I soldi della rapina erano il capitale iniziale. Li ha riciclati e prestati. Hanno messo a frutto il malloppo: da due sono arrivati a sette milioni. Ecco cos’è: un registro dei crediti.»

«Dev’esserci un caveau» disse Scotty.

Il libro mastro aveva finiture in pelle. Marsh ne squarciò i bordi con un coltello e vi infilò la mano. Un foglio di carta scivolò fuori.

Lo schizzo di uno schema. Una casella nera. Numeri che indicavano dimensioni e collocazione. Un nascondiglio. Forse qui, o forse no. Un caveau segreto. Non quello principale.

Tornarono da Thornton. Il sangue si era rappreso. Aveva raccolto in un mucchietto i denti che aveva sputato. Era ricoperto di polvere d’intonaco, che con il sudore formava una specie di melma.

«Dov’è il caveau?» gli chiese Scotty.

Thornton scosse la testa.

Scotty strappò il nastro isolante.

Marsh gli mise davanti lo schema. «Il caveau. La combinazione.»

«No» disse Thornton.

Scotty gli assestò un calcio sulla gamba. Thornton gli mostrò il medio. Marsh gli afferrò il dito e lo spezzò. Thornton soffocò un grido.

Marsh prese il palanchino e corse nel vestibolo. Scotty controllò l’orologio: erano lì da tre ore. Thornton si sputò un dente in grembo. Scotty gli strizzò l’occhio.

«Rimango sempre sorpreso quando le persone intelligenti come te scelgono di complicarsi la vita. A quest’ora dovremmo essere a festeggiare.»

«Va’ a fotterti tua madre. Pezzente d’un bianco, straccione, rifiuto dell’umanità.»

Si udirono dei colpi alla parete. Marsh picchiava forte, come un forsennato. Intorno schizzavano altra polvere e calcinacci. Si accumularono vari strati.

Marsh non si dava per vinto. Thornton sputò polvere mista a sangue. Scotty si sedette e chiuse gli occhi. Era tutto dolorante.

I colpi cessarono. Marsh gridò: «Uauuuuuuuuuu!». Scotty non aprì gli occhi. Aveva le palpebre di piombo.

«È un fascicolo con dei ritagli di giornale, fratello. Risalgono alla primavera del ’64. Articoli che parlano di quelli che hanno ricevuto gli smeraldi e un elenco con i loro nomi e indirizzi. Questa è storia, amico. Ci sono le famiglie di alcuni neri linciati nel Mississippi, le bambine di quella chiesa a Birmingham, la donna che ha perso il figlio nei fatti di Watts.»

Scotty aprì gli occhi. Marsh aveva in mano rotoli di carta e ritagli di giornale. Thornton digrignò i denti. I denti non c’erano più: digrignò le gengive.

Marsh lasciò cadere il mucchio di documenti, che finì vicino a una pozza di sangue. Il getto di aria fredda fece svolazzare i fogli.

«Centinaia di persone, socio. Vittime di sparatorie della polizia, gente malata, dimostranti uccisi al Sud. Da Mary Beth Hazzard e il suo defunto marito all’“ex campione Liston sul viale del tramonto”.»

Scotty diede un buffetto affettuoso al riciclatore. «Dammi la combinazione.»

Thornton scosse la testa.

«Sono qui gli smeraldi?» chiese Scotty.

«Vaffanculo» disse Thornton. Marsh gli afferrò il pollice destro e glielo spezzò.

Quello sì che era un GRIDO: dieci secondi.

«Quanto bene conosci Reginald Hazzard?» chiese Scotty. «Vaffanculo» disse Thornton. Marsh gli prese il mignolo destro e glielo spezzò.

Quello sì che era un URLO: dodici secondi.

«Sono qui gli smeraldi?» ripeté Scotty. «Sei stato tu a spedirli? O te li hanno mandati e tu hai pensato a distribuirli? Reginald è all’estero? Chi altro è coinvolto in questa storia?»

«Vaffanculo» disse Thornton.

Marsh gli prese il pollice sinistro e glielo spezzò.

Urla e grida. Roba da lacerare i timpani: un minuto intero.

Scotty prese la fiaschetta con il “siero della verità”. Marsh afferrò Thornton per i capelli e gli strattonò la testa. Thornton spalancò la bocca e mandò giù la pozione senza opporre resistenza. Gli occhi dicevano: “Ancora”.

Come no, capo. Offre la casa.

Thornton ebbe un conato di vomito, ma si trattenne. Scotty controllò l’orologio: un minuto e avrebbe fatto effeeeeeetto.

Thornton avvampò e tese le mani, poi si massaggiò il corpo maciullato. Decollò dopo quarantatré secondi.

«Non so dov’è Reggie. Mi vengono recapitati dall’estero, senza mittente. Arrivano da posti diversi, in buste sottoposte a verifica postale. Sono io a inoltrare gli smeraldi, me li consegna un collegamento.»

Un “collegamento” – uauuu – quella cagna!

«Dimmi chi è questo “collegamento”.»

Thornton tossì. «È una donna, ma non so come si chiama.»

«Una donna?» fece Scotty.

«Descrivila» disse Marsh.

Thornton fu colto da un accesso di tosse secca. «Bianca, sulla quarantina, con gli occhiali. Capelli scuri con ciocche grigie.»

Marsh assunse un’espressione stupita. A Scotty non sfuggì. Fratello, non me la conti giusta.

Thornton tossì sputando catarro. Un rivolo di sangue gli colò lungo il mento.

«Dov’è il caveau?»

«Non te lo dico.»

«Mi dai la combinazione?»

«No.»

«Parlaci di questa faccenda. Abbiamo tutto il tempo.»

«No.»

«Spiegaci i codici del libro mastro.»

«No.»

Marsh fletté le mani guantate. Scotty lo afferrò per le braccia e lo trattenne.

«Va’ nel suo ufficio e prendi la rubrica. È nel primo cassetto a destra.»

Thornton si piegò all’indietro, scosso dai tremiti. Marsh si precipitò, con la torcia accesa. Scotty controllò le manette: Thornton aveva profonde ferite ai polsi.

Marsh ritornò di corsa. Scotty si mise a esaminare la rubrica, nome per nome, alla luce della torcia. Marsh leggeva alle sue spalle. Dalla A alla K: due donne. Janice Altschuler, April Kostritch. Un brivido alla L: agente speciale John Leahy/FBI n. 48770.

Altre due donne: Helen Rugert e Sharon Zielinski. Erano loro il collegamento? L’istinto gli diceva di no.

Scotty gettò via la rubrica. Marsh disse: «Altschuler, Kostritch, Rugert, Zielinski.»

Thornton fu preso da uno stizzoso accesso di tosse secca. «Quelle donne sono avvocati e lavorano nel consiglio comunale. Ve l’ho detto, non conosco il nome del collegamento.»

Scotty fece scrocchiare le nocche. «Dove la chiami?»

«Non la chiamo. È lei a farsi viva.»

Marsh raccolse la rubrica e si mise a sfogliarla. Scotty si piazzò davanti a Thornton e si fece scrocchiare le nocche, stavolta rumorosamente.

«Perché sulla tua rubrica c’è il nome di Jack Leahy?»

«Siamo amici. Giochiamo a golf.»

«Sei un informatore dell’FBI? 48770 è tuo il numero di informatore confidenziale del Bureau?»

«No, giochiamo a golf!»

Scotty lo schiaffeggiò. Thornton sbatté la testa. Scotty si pulì sui pantaloni la mano sporca di sangue e muco.

«Sei un informatore del Bureau?»

«Sì.»

«Hai mai conosciuto o lavorato con il defunto dottor Fred Hiltz?»

«Il merdoso “Re dell’Odio”? Perché avrei dovuto?»

Ha preso il siero della verità: ci credo.

«Su chi fai soffiate a Jack?»

«Sulla feccia del ghetto, amico. Spacciatori di droga e coglioni delle Pantere.»

Marsh gettò a terra la rubrica. Scotty gli fece un segnale con la torcia. Marsh rispose con la sua. Si guardarono negli occhi. Si scambiarono un messaggio telepatico.

«Dov’è il caveau, Mr Thornton?»

«Non ve lo dico.»

Marsh chiese: «Quale elemento essenziale ci hai nascosto, che chiarisce tutta la faccenda?».

Thornton si fece una risata. «Amico, sei solo un negro pieno di boria.»

«Per favore, mostraci il caveau.»

«No.»

«Dove sono gli smeraldi?» chiese Marsh.

«Anche se lo sapessi, non ve lo direi.»

Scotty scrollò le spalle.

Marsh fece altrettanto.

Puntarono le torce in faccia a Thornton. Illuminarono bene l’obiettivo. Marsh prese una pistola da depistaggio e lo freddò.