Los Angeles, 19/3/1972
Correva a faccia in giù o roteava. Sulla schiena gli spuntarono delle gambe che lo spingevano in avanti. Non riusciva a capire come potesse essere.
Mura verdi crollarono. Una pellicola rossa gli impediva di vedere. Il braccio destro pulsava. Un uomo verde accorse con una boccetta e gli si piazzò davanti.
Forse ho capito.
Ricordava di aver strisciato, il marciapiede, il vecchio negro. La fotografia nella tasca. Il numero di telefono di lei sul retro.
Sulle mura verdi si accesero luci bianche. Le gambe erano ruote. La pellicola rossa si dissolse, ora vedeva dei volti. Altri uomini verdi con boccette. Non erano quelle le facce che voleva vedere.
Sai chi sei. Un’ultima volta, per favore.
Cominciò ad agitare le mani come per afferrare l’aria e a sbattere le palpebre. Di nuovo quel rosso. Sfiorava e rovesciava oggetti. Li sentiva cadere. Le mani erano senza peso. Sembravano ali.
Le gambe smisero di roteare. Qualcuno spazzò via il rosso. Qualcun altro gli prese le mani e vi infuse vita. Vedeva argini di fiumi intorno a Karen.
“Le bambine sono tue, Dwight. Te lo giuro” disse lei.
Le acque dei fiumi si riunirono e la sommersero. Nuotando, lei gli si avvicinò. Lui tese le mani, cercò un contatto e gridò con quanto fiato aveva in gola.
“Mi ami?”
Le acque scorrevano sempre più scure. Le mura verdi svanirono fino a diventare puntini. “Ci penserò” rispose lei, mentre le luci si spegnevano.