Los Angeles, 27/3/72

LA SEDIA ELETTRICA, LE MANI E I PIEDI, L’OCCHIO.

La pelle che frigge, i moncherini, il puzzo del lanciafiamme. Visioni in Cinerama e in Smell-O-Vision. Guarda: c’è un cane con un cappello vudù e una palma in fiamme.

Crutch si svegliò. Da fuori si sentiva abbaiare un cane. Le fiamme erano il sole delle sei di mattina.

Si orientò. Si trovava nell’alloggio numero 3/casa sicura numero 1. Scotty era morto, non doveva nascondersi.

Devi tornarci. È dove ti ha portato lei. Le è costato tutto. La tua sorveglianza è finita, lei ha timbrato il cartellino. Hai smontato dopo tre anni e nove mesi.

Crutch preparò il caffè e stilò una lista di domande per Celia. Lei sapeva delle cose su Tattoo. Chissà se le importava ancora.

Si diede da fare con il suo set da piccolo chimico. La storia continuava a svolgersi. Ogni tanto il nastro s’inceppava.

L’Operazione. Il piano di Joan e di Dwight: poteva essere solo quello.

Crutch saltò in macchina, andò all’ufficio Clyde Duber e Soci e vi si introdusse. Erano le 7.10, aveva un po’ di tempo.

Lesse il fascicolo di Clyde sulla rapina e quello personale su Marsh Bowen. Ora conosceva la storia di Joan. I fatti combaciavano, ridondanti. Ma a chi gliene fregava qualcosa?

L’ultimo giro di saluti. Non puoi passare la vita a spiare e a spulciare documenti di nascosto. Ti sei bevuto il cervello.

Crutch filò via e andò al parcheggio degli autisti. Phil Irwin e Bobby Gallard sonnecchiavano nelle loro macchine. Clyde stava organizzando una veglia funebre per Scotty. Il parcheggio sarebbe stato illuminato e riempito di drappi scozzesi.

Prima di andare via, Joan gli aveva raccontato altre cose. Gli aveva parlato della lista nera e di tutte le persone che Hoover aveva distrutto. Lui aveva memorizzato i nomi. Aveva voluto toccarle la cicatrice e mostrarle quella che aveva sulla schiena.

Si diresse a est. Parcheggiò davanti al pied-à-terre di Dwight e salì i gradini. Il campanello non funzionava. Bussò ripetutamente, forte. Scassinare la serratura fu un gioco da ragazzi.

Lei aveva approntato un nido sul pavimento, con le giacche, i maglioni e il vestito da federale di Dwight. C’era puzzo di sigaretta e il profumo del dopobarba di Dwight. I vestiti ne erano impregnati, lo aveva versato lei.

Crutch uscì sul terrazzo. Sul davanzale c’era un bel binocolo Bausch & Lomb. Mise a fuoco e lo puntò in direzione della casa di Karen. Lei e Joan erano in giardino, stavano bruciando delle carte nel barbecue. Joan aveva i polsi fasciati.

Le bambine giocavano a rincorrersi. In fondo al giardino c’era una sedia e sopra un asciugamano con delle macchie di sangue incrostato. Zumò parecchio l’immagine. Joan sorrideva, sembrava quasi che ridesse.

Gli era venuta UN’IDEA. Non l’aveva esplicitata a nessuno, nemmeno a se stesso, per scaramanzia. L’attrezzatura per gli esperimenti chimici la teneva nell’alloggio numero 3. Passò una notte infernale e lavorò fin quando non crollò.

Veleno di pesce palla e ortica. Fegato di rana che conservava in frigorifero. Formule precise, miscugli e un po’ d’improvvisazione. Tre recipienti sul fuoco e nuvole a forma di fungo come per l’atomica di Hiroshima.

Prepara, riduci, aumenta, correggi, ricalcola e riprova. Sembra lo slogan della brillantina: “Ne basta poca e sei a posto”. Riformula e riduci tutto a dimensioni atomiche.

Ci andò vicino. Gocce minuscole bruciavano carta e legno. Fece di nuovo i calcoli e riprovò. Dopo innumerevoli tentativi con altre formule ridusse la dose. Pensava di avercela fatta e invece aveva sbagliato. Ci andò più vicino rispetto al primo tentativo e si fermò prima di schiantare.

Fece cadere una goccia del composto su un pezzo di formaggio e lo lasciò nella veranda sul retro. Mandò giù due capsule di Seconal e ci dormì sopraSedazione. Niente incubi. Niente flashback della Zona Zombi.

Il baccano degli uccelli lo fece uscire da un sonno comatoso. Uscì barcollante sulla veranda.

Vide il formaggio e un topo stecchito. Era bastato un piccolo morso per mandarlo al creatore.