Los Angeles, 29/3/1972
«Scotty si stava scopando un porcospino» disse Redd Foxx. «A voi figli di puttana faccio notare che era una femmina di porcospino, quindi non ci trovo niente di perverso.»
Ah, ah: il pubblico rideva, gli occhi lucidi. Dei negri avevano fatto fuori Scotty: divertiamoci e piangiamolo.
Il parcheggio degli autisti. Illuminazioni natalizie e vessilli a scacchi. Liquori e pasticche: uno sballo.
Crutch, Clyde, Buzz, Phil Irwin e Chick Weiss. Milt C. sul palco con Redd e Junkie Monkey. L’ex governatore Pat Brown e un sacco di porci. Quattordici Pantere nere. Un rapinatore di colore divenuto telepredicatore evangelista. Frau Scotty e sei amichette del defunto.
«Scotty ha beccato il mio culo da scimmia per aver rapinato qualche spicciolo» disse Junkie Monkey. «Avevo preso sei moon pies, quattro buste di cotenna di maiale fritta, una cassa di vino da due soldi e dieci stecche di Kool king-size. Scotty ha capito che avevo un’anima e mi ha risparmiato. Ci siamo sbafati tutta quella cazzo di roba lì su due piedi e siamo andati in cerca di puttane.»
Ah, ah: siamo distrutti dal dolore, ma ci fai ridere. Frau Scotty passò uno spinello all’amichetta numero 4. L’amichetta numero 5 mordicchiò un biscotto all’hashish.
«Scotty stava cercando quel fratello, Cleofis» disse Redd Foxx. «Era uno scippatore e un bandito. Rapinava negozi di liquori armato di un fucile a canne mozze e si scopava le troie di Scotty con un batacchio nero lungo e grosso.»
L’amichetta numero 3 si sganasciò. L’amichetta numero 2 abbracciò Frau Scotty. Phil Irwin lanciò in aria una pasticca di metaqualone. Chick Weiss la prese in bocca al volo. Pat Brown sbarrò gli occhi: che ci faccio qui?
A Crutch il frastuono della festa dava fastidio. Aveva passato la giornata a ri-memorizzare e a fare telefonate. Argomento: i covi nella Repubblica Dominicana e le vittime di Hoover.
Aveva ri-memorizzato la lista dei covi stilata dalla CIA e quella presa dal fascicolo di Joan. Si era attaccato al telefono nell’alloggio numero 3 e aveva chiamato un sacco di gente.
A quelle persone più che un compagno era sembrato un poliziotto. Il nome di Joan gli aveva aperto qualche porta. Quei nominativi erano saltati fuori dal racconto e dai monologhi di Joan. Aveva fatto delle ricerche telefoniche e si era procurato i numeri. Chiamava quelle persone e le faceva parlare. Aveva ricavato informazioni più aggiornate e ascoltato altre storie. Raccontami un po’ com’è che J. Edgar Hoover te l’ha messo in quel posto.
Da ognuno apprese qualcosa. Carcerazioni, suicidi, storie deprimenti. Morti premature e vessazioni. Parecchi baratti sulla base del: tradisci-il-tuo-amico. Alcuni avevano ceduto, altri no.
Lui parlava, i tizi pure, e gli fornivano altri numeri. La bolletta del telefono salì alle stelle. Quei racconti terribili lo travolgevano come valanghe. I federali si appostano sotto le tue finestre e davanti alle scuole dei tuoi figli. Hai dato del gay a Edgar, qualcuno ha messo in giro la voce, ora ti prendiamo.
Era sconvolto. I racconti alimentavano quell’Idea. E ancora suicidi, scomparsa dei propri cari. Il dolore lo squassava come un terremoto e un maremoto.
Frau Scotty salì sul palco e fece la svenevole. A quel punto le Pantere si misero a ballare. Junkie Monkey lanciava occhiate lascive alle sei amichette. Le ragazze si spanciavano dalle risate.
Crutch andò a una cabina telefonica. Era ancora presto, poteva fare qualche altra chiamata per alimentare il suo odio. Cercò delle monete in tasca: nemmeno un centesimo. Tirò fuori quello smeraldo scintillante.
Lei glielo aveva fatto scivolare in mano quando l’aveva abbracciata per salutarla.
Piccola, non c’era bisogno. Mi hai già fatto diventare un rosso.
Il Sills Tip-Top era a North Vegas. Il tragitto in macchina l’aveva stancato. Lei diceva che quel posto le portava fortuna. Se vuoi incontrarmi, mi trovi lì.
Era una bettola, un bar vicino alla base aeronautica di Nellis. La clientela del mattino era composta da militari e cabarettisti di quart’ordine. Arrivò puntuale, da spaccare il secondo.
Lei lo aspettava in un séparé in fondo alla sala. Il locale era frequentato da bianchi e da neri, ma non si avvertiva una particolare tensione.
Crutch si sedette. «Sembra che tu abbia sempre il fiatone» disse Mary Beth.
Una cameriera gli versò del caffè. Crutch ne bevve subito un sorso e si scottò la bocca.
«Quando devo parlarti mi precipito sempre qui. Stavolta, però, ti ho avvertito prima.»
Mary Beth sorseggiò il caffè. «Ogni volta sei diverso. Forse è perché ti vedo di rado, e sempre in situazioni dolorose.»
Crutch giocherellò con la sua tazza. Un po’ di caffè si versò. Mary Beth lo asciugò.
«Mi ricordi Wayne.»
«Cavolo, mi dispiace.»
«Wayne se l’è cercata. Sono contenta di aver condiviso per un po’ la mia vita con lui, ma doveva andare così.»
Un militare dell’aviazione lanciò loro un’occhiataccia. Crutch fece altrettanto.
«Sta’ calmo» lo esortò Mary Beth. «Guarda com’è finito Wayne a furia di grandi gesti. Cerca di essere più prudente. Sarà meglio per te.»
A Crutch venne un crampo. Allungò la gamba e involontariamente diede un calcio a Mary Beth. Questo lo fece innervosire. Lei rimase immobile e aspettò che lui si tranquillizzasse.
«Sono bravo a trovare le persone.»
«Me l’hai detto la volta scorsa.»
«Ora sono più bravo. Ho appreso certe cose.»
«In effetti sembri diverso.»
La cameriera servì altro caffè. Mary Beth si arrotolò le maniche della camicetta. Aveva un braccialetto d’argento con uno smeraldo incastonato.
«Quella pietra te l’ha spedita tuo figlio.»
«Come fai a saperlo?»
«Non voglio dirtelo.»
Mary Beth guardò fuori dalla finestra. Crutch seguì il suo sguardo. Stava osservando un cartello con la scritta RIELEGGIAMO NIXON.
«So dov’è tuo figlio.»
«Come fai a saperlo?»
«Non voglio dirtelo.»
Lei gli prese la mano. «Non te lo chiederò. Farai comunque di testa tua, indipendentemente da quello che desidero io. Ti chiedo solo di non commettere stupidaggini solo perché pensi di essere in debito con Wayne.»
La cameriera si avvicinò. Crutch s’innervosì. Mary Beth intrecciò le dita alle sue. La cameriera capì e si allontanò.
Mary Beth gli prese le mani e le tenne ferme sul tavolo. Lui notò che aveva gli occhi screziati di verde.
«Perché fai queste pazzie?»
Crutch ci rifletté su.
«Per farmi amare dalle donne» rispose.
Gli uomini delle erbe abitavano lì vicino. Dividevano con un tale, François, uno spazio adibito a laboratorio nel suo garage. Crutch si presentò con birra e pizza. Capitò proprio mentre stavano facendo bollire qualcosa.
Fecero una pausa per uno spuntino. Crutch disse che aveva un’Idea. Voglio carbonizzare della carta senza provocare combustione o fiamme.
Okay, piccolo. Ora te lo facciamo vedere, così imparerai.
Lui spiegò quello che aveva fatto Wayne e i risultati contrastanti che aveva ottenuto. Disse che poteva portare i reagenti liquidi o in polvere, ma non gli apparecchi che emettevano raggi. Illustrò le formule chimiche appena imparate a memoria. Gli uomini borbottarono qualcosa in francese e gli dissero di stare a guardare.
Su un fornello a tre piastre erano stati messi a bollire dei recipienti. Non riuscì a prendere nota delle proporzioni e del processo di riduzione. François sistemò delle pile di carta sul pavimento del garage. Gli altri riempirono con un liquido dei flaconi con nebulizzatore di detergente per i vetri. Crutch contò sei flaconi e sei pile. François si avvicinò a ogni pila e vi spruzzò sopra il liquido.
La pila numero 1 rimase com’era, bagnata. La numero 2 cominciò a ribollire e a gocciolare. La numero 3 esplose. Due degli uomini spensero il fuoco.
Sulla pila numero 4 si formarono dei grumi, la carta sfrigolò sprigionando una nube di fumo nero.