«No, no, no!» urla per l’ennesima volta il Mostro nell’abitacolo della sua auto.
Già da diversi minuti si è allontanato dal luogo dell’ultima epurazione.
Ma quante volte dovrò ancora andare avanti prima di colpire realmente il Maligno? si chiede, anche se si pente subito di aver pensato queste cose. La guerra è lunga e la Bestia ha emissari ovunque.
Dalla aperta campagna dove si è svolta la sua ultima battaglia, ora è rientrato in città e sta transitando in via Bologna. Si è sbarazzato della parrucca e degli occhiali. Indossa soltanto ancora i guanti. È quasi mezzogiorno e la strada è molto trafficata, così come le numerose persone in bicicletta che sfilano attorno a lui quando deve rallentare, o quelle a piedi, per cui spesso deve fermarsi prima delle ennesime strisce pedonali per farle passare. Ferrara, soprannominata la città delle biciclette, ma anche dei pedoni, gli verrebbe da dire, dove tutti si prendono la precedenza anche quando non dovrebbero. In quelle occasioni più di una volta ha sentito un leggero formicolio al piede destro, come se avesse il desiderio di alzarlo dal pedale del freno e affondarlo con decisione su quello dell’acceleratore, e investire così tutti quegli idioti che gli camminano davanti. Non si rendono conto dell’importanza del compito che sta svolgendo anche per loro, così persi nelle loro futili e quotidiane abitudini.
Stai attento, perché è questo quello che il Maligno sta cercando di fare con te: confonderti, mentre intanto Lui sfugge via, lontano dalla tua mano purificatrice.
Apre la bocca per gridare ancora, ma questa volta si trattiene. Troppe persone si girerebbero a guardarlo, incuriosite non solo da un uomo che parla da solo in macchina, ma che addirittura si mette a gridare. E lui deve rimanere nell’anonimato.
Il fiume di gente sulle strisce sembra esaurito e il Mostro avanza lentamente nel traffico, per fermarsi dopo nemmeno un minuto davanti al rosso di uno dei numerosi semafori di via Bologna. Un altro fiume di persone e biciclette attraversa la carreggiata.
Proprio in quel momento una donna a piedi attira la sua attenzione. Sta attraversando la strada da destra verso sinistra. È vestita con pantaloni e una leggera giacchetta nera. Ciò che ha attirato l’attenzione del Mostro, tuttavia, sono i capelli. Castani quasi ramati, lunghi e vaporosi le nascondono in parte il viso, che lui scorge solo di profilo. Ma non può essere che lei, non c’è dubbio.
Il Mostro pensava che se ne fosse andata da Ferrara già da diversi anni, da quando si sono separati, da quando è successo…
Poi la donna si gira per un attimo nella sua direzione e l’illusione cade. Non è Marta. Come un tassello colorato su un puzzle bianco e nero, gli torna di colpo in mente il suo nome. Il viso dagli zigomi alti, il naso piccolo e le labbra sottili… niente a che fare con il grosso naso e gli occhi scuri di quella sconosciuta che si sta allontanando dall’altra parte della strada. Marta aveva gli occhi verdi, che si illuminavano tutte le volte che guardavano il loro piccolo…
Il Mostro fa schioccare la lingua quasi nello stesso istante in cui scatta il verde davanti. Riparte, cercando di mantenere la calma.
* * *
Il getto dell’acqua calda picchietta con forza sul cranio rasato del Mostro. Ha gli occhi chiusi, le mani appoggiate sulle piastrelle bianche della doccia. Muove la testa un po’ a destra e un po’ a sinistra, poi la tira indietro trattenendo il respiro e lasciando che i getti gli martellino il viso. Apre la bocca, facendo una specie di gargarismo, alcuni sorsi bollenti gli invadono la gola. Poi la sputa fuori. Si gira, appoggiandosi con il sedere alle piastrelle, lasciando che il getto gli massaggi le spalle, mentre il vapore gli offusca la vista e gli riempie le narici. Respira a fondo. E poi ancora: dentro dal naso e fuori dalla bocca. All’inizio con forza, quasi come se fosse un esercizio di defaticamento dopo una lunga corsa. Poi più lentamente… sempre più lentamente.
Il Mostro sente che anche la sua coscienza sta per essere invasa dal vapore, come se la sua essenza si immergesse al pari del suo corpo in una calda nebbia priva di pensieri… ma questi non tardano ad arrivare, assumendo le sembianze di dolorosi ricordi… eppure non riesce a evitarli, non adesso quando l’acqua che gli scorre sulla pelle ha un potere lenitivo e quasi ipnotico. O forse semplicemente perché c’è stato un altro tempo in cui c’era lo stesso vapore, ma lui non era da solo…
… perché una risata cristallina riempie le sue orecchie.
Mattia è seduto nella vasca
(come ha potuto dimenticare il suo nome?)
che sguazza contento nell’acqua, picchiettando le manine sopra la schiuma, cercando una paperella azzurra, che galleggia, certo, ma non ne vuole sapere di rimanere dritta.
Giuseppe
(sì, questo è il mio nome)
allunga una mano verso il bambino, gli accarezza la testa, i folti capelli scuri ora bagnati tutti appiccicati alla pelle. A quel tocco Mattia si gira verso di lui, mostrandogli i meravigliosi occhi verdi e aprendo la bocca in un grande sorriso, in cui fanno capolino alcuni dentini.
Poi la porta del bagno alle sue spalle si apre, facendo ondeggiare il vapore attorno a lui. Dalla posizione accovacciata in cui si trova non ha bisogno di girarsi, non ce n’è la necessità. Mattia se ne esce con un grido di gioia, cominciando a battere le mani.
«È qui il mio amore?» esclama Marta dietro di lui. «Siamo tutti belli puliti e profumati, adesso? »
Giuseppe avverte un profondo calore allo stomaco, perché sono tutti di nuovo lì.
Si gira per chiedere a Marta se può passargli l’asciugamano, ma non è più dietro di lui. È tornata sulla porta del bagno e gli dà le spalle, come se stesse per uscire.
Il calore allo stomaco si trasforma in un crampo.
Torna a girarsi verso la vasca, e Mattia non c’è più. Soltanto alcuni capelli scuri galleggiano tra la schiuma bianca.
Il crampo allo stomaco gli attorciglia le budella.
Affonda le braccia nell’acqua, che di colpo è diventata fredda. La smuove sempre più freneticamente, schizzando ovunque, ma Mattia non c’è più.
«No, no, no!» esclama, e poi spinge con forza per staccarsi da…
* * *
… quel sogno.
Il Mostro spalanca gli occhi. È seduto nella doccia. L’acqua non scorre più sulla sua pelle. Durante quel vuoto, evidentemente qualcuno deve averla spenta.
Forse è stata Marta mentre usciva dal bagno.
No, non può essere stata lei. Lei non c’è più, se n’è andata via già da molto tempo. E quello… quello non era un ricordo, non era mai successa una cosa del genere.
Ne sei proprio sicuro?
Il Mostro non vuole rispondere. Si passa una mano sul viso. L’acqua sul suo corpo si è ormai asciugata, eppure ha le guance umide, come se avesse appena finito di piangere.
Rimane un attimo interdetto, poi fa schioccare la lingua. Infine si alza in piedi ed esce dalla doccia.
Il suo lavoro di purificazione non è ancora terminato.