Erano passati soltanto pochi minuti da quando lo smartphone di Claudia aveva emesso una specie di lieve squittio. Vi aveva passato un dito sopra, aprendo il messaggio ricevuto.
Arrivo subito, le aveva risposto Luca.
Osservò per l’ennesima volta il telefono appoggiato sulla scrivania di fronte a lei.
Perché non mi ha chiamata? si chiese, alzando lo sguardo su Matteo. Il bambino era impegnato a giocare con alcune costruzioni sul pavimento dello studio. Buc era accovacciato accanto a lui, il muso sulle zampe, gli occhi chiusi. Tuttavia di tanto in tanto le orecchie compivano dei piccoli scatti, a dimostrazione che era comunque sempre all’erta.
Claudia riabbassò lo sguardo. Non è da Luca mandarmi un SMS, pensò.
E non è nemmeno da te, si rispose.
Forse è impegnato con delle persone…
No, non avrebbe risposto così. Sembra quasi che lo abbia colto in fallo. Possibile che sia andato al cimitero? E se sì, perché non dirmelo? Vergogna? E perché se ne dovrebbe vergognare, poi? In ogni caso non può essere, perché il cimitero a quest’ora è già chiuso. Devo parlargli di questa cosa, perché i silenzi non servono a nulla. Non può sentirsi in colpa con me perché gli manca ancora suo padre.
«Papà sta tornando a casa, vero?» le chiese Matteo.
Claudia tornò ad alzare gli occhi su di lui. Il bambino aveva un’espressione speranzosa.
«Certo, Matteo, non preoccuparti, adesso papà arriva.»
«Mamma, sei tu che sei preoccupata», continuò il bambino, questa volta con enfasi.
«Scusa?»
«Ma non devi essere preoccupata.»
«E perché non dovrei esserlo?»
«Perché vi siete… messaggiati», disse con una certa difficoltà. «E quindi va tutto bene, no?» Sul viso di Matteo si allargò un largo sorriso.
Buc aprì gli occhi, forse incuriosito da quella conversazione.
«Sì, è vero», rispose Claudia non potendo evitare di sorridere. «Ma chi ti ha insegnato quella parola?»
«All’asilo.»
«Ah, giusto, adesso capisco.»
«Sì, una maestra una volta ha messaggiato e dopo era felice.»
Claudia intanto si era alzata ed era andata a sedersi vicino a Matteo e a Buc. «E quindi adesso che io ho scambiato dei messaggi…»
«… messaggiato…»
«… sì, scusa, che ho messaggiato con papà, adesso dovrei essere felice.»
«Sì!» rispose il bambino con tutta naturalezza.
«Ah, forza, vieni qui», disse Claudia accogliendo Matteo tra le sue braccia e stringendolo forte.
Buc uggiolò piano dietro di loro.
Claudia rifletté non per la prima volta su quanto fosse stato facile tenere Matteo lontano dagli smartphone o i tablet. Certo, la curiosità e le tentazioni c’erano state, come tutti i bambini della sua età; ma a differenza di tanti di loro, dopo un paio di seri rimproveri e l’alternativa di tanti altri giochi (compresi i libri), Matteo non vi si era appassionato.
«Ti piace tanto andare all’asilo, non è vero?» gli chiese con il viso appoggiato su una sua piccola spalla.
«Sì», rispose prontamente lui, tuttavia Claudia percepì già dell’incertezza in quella singola parola. E avvertì una fitta al cuore al pensiero di ciò che gli stava per dire. «Sono contenta che ti faccia piacere, ma penso che domani è meglio se rimani a casa.»
Matteo la scostò da sé, poggiandole le mani sulle spalle. La guardò serio negli occhi.
Buc uggiolò un’altra volta, come se avesse avvertito anche lui che qualcosa non andava.
«E perché devo stare a casa, mamma?»
«Perché… perché domani sono a casa anch’io e quindi posso stare con te.»
Non era vero. Si era presa una giornata di permesso dall’università per tenere a casa Matteo. Non era del tutto falso quello che gli aveva appena detto, ma dopo il rapimento del figlio di Federica era troppo sconvolta per riportarlo all’asilo.
«Sto a casa con te? Che bello!» esclamò Matteo abbracciandola, e quel senso di panico sparì come d’incanto dall’animo di Claudia.
Chiuse gli occhi, affondando ancora il viso nel calore e nel profumo di suo figlio, avvertendo un brivido lungo la schiena al pensiero di perderlo. La preoccupazione e il senso di sconforto derivanti da ciò che poteva essere accaduto al piccolo Stefano erano appena dietro l’angolo della sua mente, e premevano per essere posti in primo piano alla sua coscienza. Oltretutto il figlio di Federica era uno dei migliori amichetti di Matteo, e ancora di più Claudia si sentiva male al pensiero di dovergliene parlare, prima o poi.
Non preoccuparti, gli disse una vocina, vedrai che presto il piccolo Stefano verrà ritrovato.
La parte cinica di sé che talvolta si faceva sentire stava per darle una brutta risposta, ma si sforzò di scacciarla via.
«Senti, facciamo così», disse, scostando piano Matteo, «adesso vado di là a scaldare la cena per papà. Tu puoi rimanere qui a giocare con Buc, anzi, vuoi provare a continuare a leggere Harry Potter?»
Gli occhi di Matteo si illuminarono. «Sì, sì, per favore, mamma!»
Buc abbaiò una volta.
«D’accordo, aspetta che lo prendo.»
Claudia si alzò in piedi e raggiunse la grande libreria. Con un dito seguì le coste dei diversi volumi dai vari colori, finché non trovò l’intera serie del maghetto e sfilò il primo, Harry Potter e la pietra filosofale. Non era facilissima come lettura, ma Matteo si stava impegnando molto e, soprattutto, gli piaceva. Si girò e tornò dal bambino, porgendogli il libro.
«Ecco», disse. «E se c’è qualcosa che non capisci chiamami pure o vieni di là.»
Matteo si era già messo in piedi e le era andato incontro (Buc si era prontamente alzato sulle quattro zampe). Prese il libro. «Grazie!» esclamò sempre sorridendo, e poi tornò a sedersi a terra. Aprì il volume, tolse un cartoncino colorato usato come segnalibro dalle prime pagine e cominciò a leggere. Buc sbadigliò sonoramente e tornò ad accucciarsi accanto a lui. Matteo e Claudia si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere assieme.
«Eh, sì, Buc è stanco», fece Claudia, continuando a sorridere. «È tardi. Quando arriva papà andiamo a letto, va bene?»
«Sì, mamma», rispose Matteo con le spalle che ancora sussultavano, poi immerse di nuovo la testa nel libro.
Claudia uscì dallo studio e si diresse in cucina.
La serenità di quel momento lasciò presto il posto di nuovo alla preoccupazione. Mentre metteva a scaldare i petti di pollo che anche lei e Matteo avevano mangiato ormai quasi un’ora prima, pensò per l’ennesima volta a come dovesse sentirsi Federica in quel momento. Si girò verso il tavolo, rimasto apparecchiato solo nel posto che occupava Luca, e sentì nascere dentro l’angoscia.
Lei e Federica non si conoscevano da tanti anni. Si erano incontrate la prima volta all’asilo, proprio tramite i bambini. Eppure Federica aveva subito capito e le era stata accanto nelle difficoltà che all’inizio aveva avuto con Matteo. Soltanto parecchi mesi dopo Claudia era venuta a conoscenza della disgrazia accaduta nella vita di Federica, di come si fosse rimboccata le maniche e avesse affrontato (e stesse continuando a farlo) tutto da sola. Claudia, senza essere troppo insistente, era riuscita a entrare in confidenza con lei. Nei piccoli ritagli di tempo che potevano avere, erano riuscite ad andare a prendere un caffè assieme, fino a quando Claudia aveva tentato il passo successivo e l’aveva invitata a cena da loro. Lei si era aspettata che rifiutasse, e invece aveva accettato. Dopo cena i bambini erano rimasti nella cameretta di Matteo a giocare, sorvegliati dall’onnipresente Buc, e loro tre avevano conversato del più e del meno. Federica non era sembrata imbarazzata dalla presenza di Luca, cosa che Claudia e suo marito avevano temuto, dato che lei non aveva mai accennato al fatto di avere un nuovo compagno. Ovviamente loro due non si erano permessi di chiederle nulla. Tuttavia, quando lei e Stefano se ne erano andati, ne avevano discusso e addirittura avevano ipotizzato l’idea di organizzare un incontro o una cena tutti assieme con un loro amico che era ancora single. A quel punto si erano guardati negli occhi, e avevano concluso che se Federica non ne aveva voluto parlare forse non era il caso di azzardare una proposta del genere.
Claudia prese l’insalata, la condì e la mescolò. Lasciò i due cucchiai all’interno della terrina di vetro e si sedette al tavolo. Si raccolse la testa tra le mani. Cosa poteva fare per aiutarla?
Alle narici cominciò ad arrivarle il profumo dei petti di pollo che sfrigolavano.
Puoi solo starle accanto, rifletté. E Luca deve catturare il Mostro.
No, non poteva pensare che il piccolo Stefano fosse stato rapito da quell’uomo, quell’assassino, quel pazzo! Perché altrimenti il bambino avrebbe potuto fare la stessa fine degli altri.
Si alzò in piedi e cominciò a girare intorno alla tavola a braccia conserte.
Si erano viste all’uscita dell’asilo, quando erano andate a prendere i bambini. Si erano scambiate appena alcune parole, con l’idea di fare ancora una cena o un pranzo assieme, magari questa volta a casa di Federica. E poi si erano lasciate salutandosi tranquillamente, come avevano fatto altre decine e decine di volte. E forse lui era già lì che stava osservando Federica e Stefano… e forse stava osservando anche lei e Matteo.
Claudia si bloccò, sentendo ancora quella fitta al petto, ma questa volta era paura.
No, non doveva lasciarsi sopraffare dalla paura, non sarebbe servito a nulla. Se era davvero andata così, doveva solo fare mente locale. Certo, doveva pensare a chi aveva visto vicino all’uscita della scuola materna quel pomeriggio, e forse anche nei giorni precedenti.
Si voltò verso i fuochi della cucina, girò i petti di pollo, coprì la pentola con un coperchio di vetro e spense il fornello. Poi si sedette di nuovo al tavolo portandosi la mano a massaggiarsi la tempia destra. C’era sempre così tanta gente davanti all’asilo a prendere i bambini: alcune mamme, pochi papà, tantissimi nonni. Possibile che fosse uno di quegli anziani? No, non poteva crederci. C’era qualcuno che rimaneva a osservare senza accompagnare nessun bambino? Non lo sapeva, non ci aveva mai fatto caso. Ma ora doveva a tutti i costi cercare di ricordare se aveva visto qualche faccia sconosciuta…
«Mamma?»
La voce di Matteo la riportò alla realtà della sua cucina. Claudia alzò lo sguardo.
Il bambino era fermo sulla soglia con il libro di Harry Potter in mano. Buc era al suo fianco. «Mamma, non mi senti? Ti ho chiamata due volte.»
«No, non ti ho sentito, scusa.» Si alzò in piedi e lo raggiunse. «Dimmi, che c’è?» gli chiese inginocchiandosi davanti a lui.
Matteo la guardò per qualche secondo senza dire nulla, come se non comprendesse il comportamento della madre. Buc la annusò.
«Che vuol dire campanello di maldicenti?» Le stava porgendo il libro di Harry Potter. «Un campanello si suona soltanto, giusto? Cosa sono allora i maldicenti?»
Sul viso di Claudia comparve un sorriso che andò a stemperare in parte le preoccupazioni di prima. «Be’, sì, detta così non vuol dire nulla, perché i maldicenti sono persone che parlano male di altre persone, però… fammi vedere dove lo hai letto.» Prese con delicatezza il libro dalle mani del figlio.
Matteo le si accostò, indicandole con un dito paffuto la riga di testo che non capiva. Claudia lo strinse forte a sé con il braccio libero.
«Ah, adesso ho capito», esclamò poi indicando a sua volta le parole imputate. «Qui c’è scritto capannello di maldicenti e non campanello. Vedi? È scritto senza emme e con due enne, e vuol dire gruppo di persone.»
«Ah. E allora vuol dire che lì c’è un gruppo di persone che parla male di altre persone.»
«Bravissimo!»
Proprio in quel momento Buc si mise ad abbaiare e sparì nel corridoio.
Claudia e Matteo si guardarono un attimo negli occhi, poi il bambino esplose: «Uh! È arrivato papà! Forza, andiamo!» e si staccò da lei, cominciando a tirarla per una mano.
Claudia si alzò in piedi, appoggiò il libro su un ripiano della cucina e, finalmente felice in quella lunga e buia giornata, si lasciò trascinare nel corridoio avvolto dall’oscurità.
Claudia accese la luce e proprio in quel momento la porta dell’ingresso si aprì. Luca entrò in casa con un grande sorriso sul volto.
«Papà!» esclamò Matteo, spalancando le braccia.
«Oh, ma siete tutti qui!» Luca abbracciò il figlio per poi sollevarlo da terra. «Ciao, piccolo.»
Buc abbaiò una volta girandogli attorno.
«Ciao anche a te, Buc. Scusate il ritardo, ma oggi è stata una giornata…»
«Forza, lavati le mani e vieni a mangiare che sennò si fredda un’altra volta», lo interruppe Claudia con tono forse un po’ duro.
«Sì, hai ragione», rispose Luca appoggiandole una mano su un fianco e baciandola su una guancia.
«E tu, signorino», continuò Claudia, rivolta a Matteo, «vai a sistemare il libro di Harry Potter e vieni in cucina con noi, che poi andiamo a fare il bagnetto.»
«Vado, vado», rispose Matteo scalciando un po’.
«Avete fatto una serata con i maghi? Ehi, ma cosa abbiamo qui, un mago o un’anguilla?» Luca rimise a terra suo figlio. «Dai, muoviti che ti aspetto.»
Il bambino corse di gran carriera, prima in cucina e poi nello studio, con Buc che gli trotterellava accanto.
Luca guardò sua moglie e lei avvertì una forte tensione nell’aria. «Aspetta un attimo, mi tolgo queste cose.» Sfilò la pistola dalla fondina e staccò il caricatore. Poi cominciò a ripetere le stesse azioni che faceva ogni sera quando rincasava, ma questa volta con maggiore energia e velocità sotto gli occhi attenti di Claudia. Per ultimo appoggiò lo smartphone sulla mensola lì accanto, e lei notò che Luca guardò velocemente il display – cosa che non ricordava gli avesse mai visto fare – come se stesse controllando se ci fossero dei messaggi. O forse era semplicemente la sua ansia che le giocava dei brutti scherzi, ingigantendo dei particolari altrimenti insignificanti. «Forza, vieni», le disse alla fine Luca, richiudendo l’anta dell’armadio e dirigendosi verso il bagno.
Claudia lo seguì, sentendo gli occhi che le bruciavano. Quando furono entrambi entrati, Claudia richiuse la porta dietro di sé e non attese oltre. Si fiondò letteralmente tra le braccia del marito e cominciò a piangere in silenzio per non spaventare Matteo.
Luca l’abbracciò stretta, e con una mano cominciò ad accarezzarle delicatamente la schiena. «Sshh, dai, non fare così», le sussurrò in un orecchio. «Mi dispiace davvero di aver fatto tardi, ma oggi, con quello che è successo, la tua telefonata…»
«Sei stato anche al cimitero?» lo interruppe lei, tirando su con il naso.
Luca ebbe soltanto un attimo di esitazione. «E tu come fai a saperlo?» La scostò appena da sé per guardarla negli occhi.
Claudia abbozzò un lieve sorriso. «Ti conosco.»
«Mi dispiace, hai ragione, sarei dovuto arrivare prima…»
«Non devi scusarti», lo interruppe di nuovo lei, poggiandogli una mano sulle labbra. «Non ti sto dicendo che hai sbagliato, ti sto solo dicendo che ti conosco… ma il cimitero non era chiuso?»
«C’era ancora Vilmer Menegatti che stava finendo di sistemare alcune cose ed è stato così gentile da farmi entrare un attimo.»
«È una gran brava persona, quel Vilmer… vedi? Allora vuol dire che non hai sbagliato ad andarci…»
Claudia lasciò la frase in sospeso, come a lasciar intendere che dietro a tutte le cose ci fosse un disegno ben preciso, cosa che Luca – lei lo sapeva bene – non amava tanto credere. Eppure questa volta non disse nulla in tal senso, perché abbassò un attimo lo sguardo e poi disse: «Sono andato a trovare Federica… e come puoi immaginare non sta affatto bene.» Poi tornò ad alzare gli occhi su di lei.
Le lacrime di Claudia si erano ormai asciugate sul suo viso, ma ora sembravano in procinto di sgorgare di nuovo. «Dovrei andare a trovarla.» La voce le tremava. «Non ha nessuno, sta affrontando tutto da sola.»
«È vero. Infatti stavo pensando che i tuoi genitori potrebbero tenere Matteo per qualche ora e noi potremmo andare da lei.»
«Da sola», intervenne lei.
«Come?»
«Dovrei andare da sola, tu devi seguire il caso.»
Non era soltanto perché Luca doveva seguire le indagini che lei doveva andare a trovare Federica da sola, ma perché l’intimità di due donne era diversa, e il prolungato silenzio di Luca le lasciò intendere che aveva capito.
«Va bene, come vuoi.»
Poi Claudia glielo chiese, perché non ce la faceva più a trattenersi. «Credi sia stato il Mostro?»
«Vorrei non fosse così», le rispose soltanto.
Ma è molto probabile, finì lei mentalmente.
Bussarono alla porta del bagno. «Venite? Che fate?» chiese la voce attutita di Matteo dall’altra parte, seguita da un latrato di Buc.
«Arriviamo!» esclamò Luca. E poi le sussurrò: «Forza, lavati il viso che io mi lavo le mani. Adesso non parliamone più, cerchiamo di non far capire nulla a Matteo.»
«Certo», rispose Claudia, girandosi verso il lavandino e sentendo che la paura dentro di lei, al contrario, stava montando come le onde di un mare in tempesta.
* * *
Più tardi, nella loro camera da letto, Claudia e Luca erano abbracciati sotto le coperte.
Luca aveva da poco fatto addormentare Matteo, non prima però di aver ingaggiato con lui una breve battaglia alle porte del castello tra un drago sputafuoco e numerosi cavalieri al servizio del re. Il drago aveva velocemente capitolato giù dal tavolino, e così il ponte levatoio era stato riaperto per la gioia dei cittadini. Claudia era rimasta sulla soglia della cameretta a osservarli. L’angoscia si era un po’ sciolta. E questo sicuramente grazie al fatto che Luca era lì con loro. Quella sera non si era mai staccata dal marito. Era rimasta in bagno con loro mentre lui faceva il bagnetto a Matteo, anche se ormai il bambino era grande abbastanza per arrangiarsi. Però ultimamente Luca, quando tornava a casa, sembrava voler rimanere più tempo possibile con il figlio, e Claudia non poteva evitare di pensare che fosse dovuto anche alla presenza del Mostro in città.
Chissà, aveva riflettuto quella sera, quanti altri genitori in questi giorni tendono a rimanere molto più attaccati del solito ai loro bambini. Ma non dovrebbe essere sempre così? Non è forse prezioso ogni momento in cui siamo accanto a loro?
«Mancano pochi giorni alla fine dell’asilo», le disse Luca. «E ormai potremmo tenerlo a casa definitivamente.»
Strano che Luca parlasse così. Voleva dire che anche lui era molto preoccupato. «E con la segreteria in università come faccio?» gli chiese Claudia.
«Ma non chiude anche l’università per il periodo estivo, adesso?»
«No, andiamo ancora un po’ avanti. Le lezioni sono quasi finite, ma abbiamo un’altra sessione di esami e la segreteria non può chiudere, lo sai.»
Luca abbassò gli occhi. «Capisco.»
«Però tu vorresti che rimanessi a casa comunque, non è vero?» gli chiese subito lei con una certa difficoltà.
«Ma no, ecco, so quanto sia stato difficoltoso per te reinserirti in quel lavoro, e so anche che forse non è il momento più opportuno per prenderti delle ferie…»
«Eh, le ferie non ce le ho. Non le ho maturate.»
«Sì, ho capito, però con il mio stipendio ce l’abbiamo fatta finora e possiamo ancora farcela.»
Claudia mise il broncio e si staccò un po’ da lui, facendo così la parte dell’offesa, anche se doveva riconoscere che forse Luca non aveva tutti i torti. Era un momento molto particolare.
Nello stesso istante, tuttavia, suo marito sbuffò. «Scusami, non voglio intendere che il tuo lavoro sia meno importante del mio.»
Chissà perché, ma quella sembrava essere diventata la serata delle scuse.
«No, dai, lascia perdere», disse Claudia, tornando ad avvicinarglisi. «Però domani rimango a casa con lui. Mi sono già presa un permesso.»
«Va bene», rispose Luca, apparendo più rinfrancato.
«Sei riuscito a scoprire qualcosa riguardo a quel pazzo del Mostro?» gli domandò Claudia senza nascondere il disprezzo nel pronunciare l’ultima parola.
«Sì, abbiamo scoperto qualcosa.» Luca le raccontò dei filmati delle telecamere che gli aveva mostrato il commissario Battistini.
«No, non mi pare di aver visto un’auto del genere vicino all’asilo», disse subito Claudia, confidandogli poi lo sforzo che stava facendo in quelle ore per cercare di ricordare se avesse visto qualcosa di strano o qualche losca figura davanti alla Rossetti.
Luca rimase pensieroso qualche secondo, poi le disse, serio: «Se dovesse venirti in mente qualcosa fammelo sapere subito, ma per il momento non voglio portarti in questura per fare una deposizione ufficiale su qualcosa che avresti o non avresti potuto vedere questo pomeriggio.»
Nessuno dei due aggiunse altro, anche se Luca accennò un lieve sorriso per cercare di stemperare quel momento.
Quella notte non fecero l’amore. Tuttavia rimasero abbracciati molto tempo senza dire nulla prima di addormentarsi, ognuno perso nei propri pensieri.