Se doveva essere sincero con se stesso, Luca non credeva che Matteo si sarebbe divertito così tanto, non dopo tutto quello che era successo. Una parte della sua mente continuava a pensarci, certo, ma durante quelle ore lontano da casa e immersi in quella meravigliosa rievocazione storica, era come se le sue indagini e le dolorose tragedie che a esse si accompagnavano fossero state momentaneamente coperte da un leggero strato di spensieratezza e felicità.
Sentimenti che trasparivano non solo dal volto radioso di Matteo, ma anche dagli occhi scintillanti di Claudia.
Dopo aver seguito la processione dell’imperatore Ottone III, si erano fermati ad ascoltare un discorso dell’abate Martino, che, per la fortuna di Matteo, non era durato molto. Erano tornati quindi sui loro passi, avvicinandosi a quello che era veramente il desiderio proibito di suo figlio: il castello, con lo spettacolo di alcuni cavalieri che combattevano tra loro. Ed era stato proprio allora, in mezzo a un’impressionante calca di persone, che quell’uomo gli era venuto a sbattere contro.
Lo aveva visto soltanto un attimo prima e non aveva potuto evitare l’impatto.
«Ehi!» aveva cercato di dire Luca, ma l’altro, con lo sguardo rivolto indietro, gli era già addosso.
L’uomo si era girato verso di lui bofonchiando un mi scusi che Luca aveva sentito a malapena. E lui a sua volta stava per rispondergli che non c’era nessun problema, ma si era bloccato. Qualcosa nel volto di quell’uomo gli era familiare. Quell’attimo non doveva essere durato più di due secondi, ma Luca, abituato com’era a registrare i particolari, aveva notato gli occhi azzurri molto chiari, il pizzetto bianco, il cranio calvo, ma soprattutto il colorito forse troppo pallido e lucido della pelle, come se quell’uomo non si sentisse affatto bene. E comunque, a parte quell’ultimo particolare, gli era sorta quasi subito una certezza.
L’ho già incontrato da qualche parte.
Poi l’uomo era di nuovo sparito nella folla. Luca aveva cercato di seguirlo con lo sguardo, ma lo aveva perso di vista quasi subito.
«Ti ha fatto male, papà?» gli aveva chiesto Matteo.
Luca aveva abbassato gli occhi verso di lui. «No, no, Matteo, stai tranquillo.»
«Che succede?» era intervenuta anche Claudia.
«Un uomo tanto preoccupato è andato addosso a papà», le aveva risposto Matteo.
«Non lo hai visto?» le aveva chiesto Luca.
«Stavo sistemando il fazzoletto di Matteo. Ho visto con la coda dell’occhio un uomo calvo che mi passava accanto… perché?»
«Ma niente, perché penso di averlo già visto da qualche parte, ma non l’ho riconosciuto.»
«Ah be’, con il tuo lavoro ne vedi tante di persone. Magari era uno che hai già incontrato a Ferrara?»
«Sì, hai ragione. Forza, non pensiamoci più», aveva concluso Luca.
Eppure, mentre avevano ricominciato a camminare tra la folla, Luca aveva continuato a pensarci ancora per un po’. E questo perché nel breve attimo in cui i loro sguardi si erano incrociati, quell’uomo aveva leggermente spalancato gli occhi chiari, come se in qualche modo anche lui lo avesse riconosciuto.
* * *
Dopo i cavalieri era stata la volta degli arcieri. Claudia aveva cercato di convincere Luca a provare a tirare una freccia, ma non c’era stato verso. In realtà chi si era fatto avanti era stato proprio Matteo, che davanti all’offerta di uno degli arcieri di un piccolo arco adeguato alla sua altezza, aveva guardato il padre con un sorriso sul volto, ma anche con una luce supplichevole negli occhi.
Luca si era messo a ridere. «Ma certo, basta che stai attento.»
«Non si preoccupi, signore. È tutto in sicurezza», lo aveva rassicurato il giovane arciere.
E sotto la sua guida, Matteo si era dimostrato davvero in gamba, facendo addirittura quasi centro con un tiro.
Claudia aveva applaudito, ma anche tutte le altre persone che si trovavano in quel momento lì accanto, e Luca aveva guardato il viso del figlio diventare tutto rosso, ma allo stesso tempo il suo piccolo petto si era gonfiato di orgoglio. Aveva pensato che sarebbe stato difficile far staccare Matteo da lì, dato che c’erano tanti altri bambini che volevano provare a tirare con l’arco. Ma Matteo si era dimostrato molto coscienzioso e non aveva protestato.
«Bene, e sai cosa ti meriti, adesso?» gli aveva domandato Claudia.
«Cosa?» avevano chiesto all’unisono sia Matteo che Luca, e poi erano scoppiati tutti e tre a ridere.
«Una bella piadina con la salsiccia!» aveva risposto Claudia.
«Sì, la piadina!» aveva subito esclamato Matteo.
«Con la cipolla e i peperoni!» aveva aggiunto Luca.
Si erano quindi seduti su una lunga panca assieme ad altre persone, accanto a quella che sembrava una vera e propria locanda d’altri tempi. Il treppiedi di ferro a cui era agganciato un pentolone era poco distante da loro, il fuoco sottostante ormai quasi spento. Erano stati serviti da una ragazza che sembrava una damigella, il cui abito giallo e verde era stato confezionato in modo molto elaborato quasi quanto l’acconciatura con cui le avevano raccolto i lunghi capelli biondi sulla testa.
* * *
E ora, dopo aver mangiato con gusto ed essersi unto più che a sufficienza le mani, Matteo emise un lungo sbadiglio.
«Ah, siamo un po’ stanchi, allora, eh?» disse Claudia. Si pulì le mani con una salvietta umida presa dalla borsa, e poi si dedicò alle mani e alla bocca di Matteo.
Lui non disse niente, limitandosi a sorridere beato mentre la madre gli passava un’altra salvietta su tutto il viso.
Luca bevve l’ultimo sorso d’acqua che era rimasto nel bicchiere di carta. «Mi sa che siamo tutti un po’ stanchi. Adesso facciamo l’ultimo giro tra le bancarelle e poi ce ne torniamo a casa, d’accordo?»
Matteo sbadigliò un’altra volta. «Torniamo a casa da Buc, papà.»
«Sì, certo, torniamo a casa da Buc, buonanotte, eh?» commentò Luca, sorridendo.
«Mi sa che il giro sarà molto veloce», aggiunse Claudia divertita.
Si alzarono in piedi e si avviarono lungo un sentiero sui cui lati si alternavano diverse bancarelle con esposte le merci più disparate: dai prodotti tipici della zona ai libri usati, da oggetti antichi a moderne cianfrusaglie, fino ad arrivare a un vasto assortimento di fiori e piante, di lenzuola e oggetti per la casa.
Molto poco medievale, pensò Luca.
C’era ancora molta gente presente nel parco, la maggior parte concentrata nei punti di ristoro, dove loro erano stati, o anche davanti al ristorante vicino all’Abbazia. Tuttavia anche tanti altri si stavano avviando verso i parcheggi.
La camminata di Matteo era un po’ strascicata. Luca gli prese una mano e Claudia gli prese l’altra. Anche se aveva il viso un po’ stanco stava sorridendo e in quel momento le sue labbra si aprirono e si chiusero formando le due parole ti amo.
«Anch’io», le rispose lui a voce alta.
«Cosa, papà?» gli chiese Matteo alzando lo sguardo verso di lui.
«Niente, Matteo, anch’io sono un po’ stanco.»
«Ah, non è vero», lo interruppe Claudia, «il papà si vergogna di dire che vuole bene alla mamma.»
«Eh, perché, papà? Io lo dico sempre che le voglio bene», disse Matteo in modo del tutto naturale.
«Ah, il mio ometto!» esclamò Claudia abbassandosi e abbracciando il bambino.
Luca si sentì un po’ in imbarazzo. «Andate a quel paese, tutti e due.»
Claudia e Matteo si misero a ridere, e quando lei si rialzò, Luca si allungò verso di lei e le sussurrò in un orecchio: «Questa me la paghi.»
Lei lo baciò velocemente sulle labbra. «Certo, stasera a letto.»
E Luca, sorpreso, non poté evitare di sentire una certa eccitazione scaldargli lo stomaco.
Si rese conto che stava ancora sorridendo, quando i loro passi accelerarono un po’ nella lunga discesa che conduceva alle auto.
Luca si passò una mano sul viso, massaggiandosi le guance un po’ indolenzite. Guardò di sottecchi la moglie e anche lei lo stava sbirciando nello stesso modo.
Grazie, pensò Luca, rivolgendosi a Dio ma anche a suo padre.
Raggiunta la Yaris, Claudia aiutò Matteo a salire sul seggiolino posteriore e ad allacciarsi le cinture.
Poi, quando furono tutti a bordo, Luca mise in moto e fece manovra per uscire dal parcheggio. Mentre guidava piano incolonnato dietro ad altre auto, passarono accanto alla corriera blu che Luca aveva notato all’arrivo, la quale aveva cominciato a muoversi proprio in quel momento.
«Anche loro se ne tornano a casa», disse Claudia sistemandosi meglio sul sedile. Allungò una mano a sfiorare quella di Luca appoggiata sul cambio.
«Sì.» Luca gettò uno sguardo allo specchietto retrovisore. «E mi sa che qualcuno è già entrato nel mondo dei sogni.»
Gli occhi di Matteo, infatti, si erano già chiusi, la bocca leggermente spalancata.
* * *
Poco meno di un’ora dopo, Luca svoltò in via del Melo a Ferrara. Dopo pochi secondi controllò bene gli specchietti e fece una larga manovra per mettere l’auto nella giusta posizione. Premette un pulsante sul piccolo telecomando e, mentre attendevano che il cancello si aprisse completamente, Luca provò a svegliare il figlio.
«Matteo? Matteo, siamo arrivati a casa.»
Il bambino mugugnò qualcosa, sollevando appena una palpebra.
Anche Claudia si girò verso i sedili posteriori. «Dai, Matteo, che adesso andiamo un po’ a letto.»
Eppure il bambino non sembrava molto incline a volersi svegliare.
«È proprio stanco», sottolineò Claudia.
«Vedrai come scatta se adesso lo chiama il nostro amico», disse Luca in tono enigmatico. Entrò nel vialetto e parcheggiò l’Alfa.
Proprio in quel momento risuonò molto forte un unico latrato di Buc. Luca si girò come Claudia verso Matteo, appena in tempo per vedere il bambino spalancare gli occhi e guardarsi in giro un po’ confuso.
«Che ti avevo detto?» affermò Luca, soddisfatto, uscendo dall’auto. Scese anche Claudia, ma questa volta fu Luca ad aprire la portiera posteriore e ad aiutare il figlio a slacciarsi le cinture di sicurezza.
«Buc? Buc, dove sei?» chiamò Matteo.
In tutta risposta il cane abbaiò due volte.
«Buongiorno. Ti sei fatto una bella dormita, eh?» disse Luca, notando quanto fossero vigili ora gli occhi di suo figlio.
«Ciao, papà. Buc dov’è?»
«Lo sai, è chiuso dentro al recinto… dai, vai», aggiunse poi, facendolo scendere dall’auto.
Il bambino scattò verso il fondo del giardino.
Claudia lo affiancò. «Mi sa che ormai qui non si dorme più.»
Luca richiuse la portiera e le mise un braccio attorno alle spalle. «Sì, lo penso anch’io… ma abbiamo tutta la notte davanti.»
Lei si mise a ridere e gli diede un leggero pugno su un fianco.
Luca osservò Matteo mentre apriva il cancelletto del recinto. Buc sgusciò fuori per saltargli addosso e cominciò a leccargli il viso.
«Buono, Buc.» Matteo si mise a ridere, poi tornò dai suoi genitori correndo, con il labrador che gli saltellava attorno, la lunga lingua a penzoloni. «Papà, mamma, posso restare con Buc a…» cominciò a chiedere, ma fu interrotto da un inaspettato e basso ringhio proveniente da Buc.
Il cane si era infatti piazzato a poco più di un metro di distanza da Luca, la testa bassa, le zampe ben piantate a terra. Ed era proprio a lui che il cane stava ringhiando, ora anche con maggiore intensità e scoprendo addirittura i lunghi denti.
«Cos’ha?» gli chiese Claudia, preoccupata.
«Non lo so, sarà arrabbiato con me perché non lo abbiamo fatto venire con noi a Pomposa», cercò di minimizzare. «Ehi, bello, che ti succede?» continuò, accovacciandosi sulle ginocchia e cercando di infondere un tono gentile nella voce.
Per tutta risposta, Buc abbassò la coda e le orecchie e cominciò ad abbaiargli contro.
«Papà, Buc ha paura», disse subito Matteo.
Luca annuì. «Sì, è vero, ha paura. Ma adesso, Matteo, stai un attimo lontano.»
«Dai, vieni con me», disse Claudia, avvicinandosi al figlio e facendolo indietreggiare di un passo.
Buc non degnò la donna di uno sguardo, ma continuò imperterrito ad abbaiargli contro.
«Adesso proviamo a calmarlo», continuò Luca. «Forza, Buc, vieni, sono io, non devi avere paura di me.» Rimanendo accosciato, allungò le mani con il palmo aperto rivolto verso l’alto.
«Ha fatto così anche quando siamo tornati dall’asilo l’altro giorno», disse Claudia, «però nei confronti di Matteo.»
Luca alzò gli occhi un attimo verso la moglie per riabbassarli quasi subito all’indirizzo del cane.
Non va bene, c’è qualcosa che non va, allora, pensò.
E proprio in quel momento Buc alzò le orecchie e smise di abbaiare.
Matteo si mise accanto a Luca e Claudia lo seguì subito, abbassandosi anche lei accanto al bambino. «Dai, Buc, fai il bravo, vieni a salutare papà», lo supplicò Matteo.
Buc abbaiò soltanto un’altra volta, poi avanzò verso di loro lentamente, annusando l’aria. Quando fu a pochi centimetri dalle mani ancora protese di Luca, iniziò a uggiolare e allungò la lingua verso le sue dita.
Qualcosa sembrò convincere il cane, perché riprese di punto in bianco a scodinzolare, facendoglisi poi sotto per leccargli il viso.
«Oh, bravo cagnone», disse Luca ridendo e accarezzandolo, andando a stemperare il momento di tensione.
Anche Matteo si mise a ridere e iniziò ad accarezzare Buc, e il cane passò a leccare lui sul viso.
Luca sentì Claudia che sospirava. Si girò verso di lei, notando una certa preoccupazione nei suoi occhi. Tornò in piedi. «Forse ha fatto così perché ha anche un po’ fame, non credi?»
«Può darsi», ammise Matteo.
«Forza, allora. Andiamo in casa a preparargli da mangiare, d’accordo?» concluse Luca sorridendo. Poi lanciò un’altra occhiata a Claudia, e sul suo viso continuò a leggere la stessa preoccupazione di prima che ora, suo malgrado, sentiva crescere anche dentro di lui.