LISA

14 GIORNI DOPO

Lisa era al bancone della cucina e guardava Ronni, seduta sul divano con una coperta sulle gambe e gli occhi incollati alla tv. Anzi l’occhio. Santo cielo... Guardava una serie su Netflix su vampiri adolescenti, e sembrava assorta e – se non avesse saputo la verità – persino contenta.

Lisa raccolse il piatto e la ciotola posati sul bancone di formica e si avvicinò al divano. «È l’ora dello spuntino.»

Ronni non rispose.

Lisa posò la ciotola di hummus e il piatto di verdure crude sul tavolino. «Devi mangiare qualcosa, amore.»

«Non ho fame.»

«Non hai quasi toccato cibo da quando sei tornata a casa. Devi recuperare le forze.»

Sua figlia distolse infine lo sguardo dalla tv. «Perché?»

Lisa non si era ancora abituata. L’occhio sinistro la trafiggeva fino all’anima, quello destro invece rimaneva immobile e cieco. I medici avevano fatto il possibile per salvare l’orbita, ma una sezione della palpebra inferiore era compromessa. Per rimediare, avevano tirato la pelle creando una membrana sottile, quasi trasparente, all’angolo dell’occhio. Aveva un aspetto embrionale, che metteva a disagio.

Il chirurgo aveva cercato di rassicurarle: «Sono stati fatti passi da gigante nel campo delle protesi oculari. Siete fortunate».

Ma Ronni non si sentiva fortunata. E, guardando la sua bellissima figlia e il suo occhio vitreo e inquietante, neppure Lisa. Fece un sorriso forzato. «Devi tornare a scuola. Riprendere le vecchie abitudini.»

«Scordatelo. Non posso tornarci.»

Lisa prese il telecomando e mise in pausa il programma. «Certo che puoi, tesoro. Devi studiare e stare con le tue amiche e ricominciare una vita normale.»

Gli occhi di Ronni si riempirono di lacrime. (Lisa aveva imparato ben presto che un occhio di vetro non impediva di piangere.) «Le mie amiche? Non ho più nessuna amica.»

Lisa ripensò a Hannah, che era venuta in ospedale il giorno dopo l’incidente. Voglio solo che sappia che le sono vicina, aveva detto, sconvolta, sull’orlo delle lacrime. Ma Lisa non poteva permettere che quell’amicizia andasse avanti, con tutto quel che stava succedendo. Accarezzò la gamba di sua figlia. «Certo che ne hai...»

«Non ho più sentito nessuno! Avrò ricevuto sì e no un messaggio da Lauren. E dovrebbe essere la mia migliore amica.»

«Se lo fosse davvero, ora sarebbe qui con te.»

«Dice che i suoi genitori non vogliono che rimanga coinvolta in questo casino.» Si asciugò le guance con la mano. «Quindi ora io sarei un casino.»

Lisa prese la sua mano bagnata di lacrime e la baciò. «Non parlava di te, amore mio. Non sei tu il casino.»

«Ma se sono un mostro! Uno scherzo della natura!»

«No, tesoro. Tu sei bellissima. Il papà di Lauren si riferiva alla causa.» Le parole uscirono dalla bocca prima che riuscisse a fermarle.

Ronni allontanò la sua mano. «Quale causa?»

Lisa si voltò e guardò la confusione sul tavolino: riviste di moda, tazze, fazzolettini usati, il cellulare e l’iPad di Ronni... Cominciò a riordinare. «I genitori di Hannah avrebbero dovuto sorvegliarvi. Eravate in casa loro, era loro dovere assicurarsi che non vi accadesse nulla.»

«Fammi capire, hai fatto causa ai genitori di Hannah?»

«La mia assicurazione non copre tutte le spese mediche.»

«Ma non è stata colpa loro!»

«E tu come fai a saperlo? Dici che non ricordi niente.»

Ronni si liberò della coperta, senza fiato. «Ricordo che ci siamo sempre ubriacate quando passavamo la notte fuori. Abbiamo sempre fregato l’alcol ai nostri genitori o chiesto a qualcuno di comprarcelo. Abbiamo sempre fumato erba o preso pasticche o qualunque altra cosa riuscissimo a trovare in casa. Sarebbe potuto succedere qui. Sarebbe potuto succedere ovunque...»

«Però non è successo qui. È successo nella megavilla di Kim e Jeff Sanders.»

«Mi odieranno tutti. Si schiereranno dalla parte di Hannah. È così popolare, ora che esce con Noah Chambers.»

«Nessuno ti odierà. Tu sei la vittima, in questa storia.»

«Hai un vago ricordo di come funzionano le superiori? A nessuno piacciono le vittime, cazzo!» La voce di Ronni era stridula, rabbiosa, al limite dell’isteria.

«Non parlare in quel modo.»

«Allora tu non farmi questo!»

«Come sarebbe a dire? Lo faccio per te!» Anche Lisa gridava. Amava Ronni più della sua stessa vita, ma a volte il suo egocentrismo adolescenziale le faceva venire voglia di prenderla a schiaffi.

«No, non lo fai per me. Lo fai per te stessa. Sei sempre stata invidiosa di Kim Sanders.»

«Non sono attaccata alle cose materiali, Ronni, e tu lo sai. Non mi sono mai accontentata dell’idea tradizionale di felicità.» Sembrava stesse rimasticando le parole di un insegnante di meditazione. Lisa era davvero indottrinata? O voleva solo convincere la figlia che le sue intenzioni erano sincere?

«Ma piantala. Ti piacerebbe eccome avere la casa perfetta di Kim Sanders, il suo matrimonio perfetto, la sua famiglia perfetta...»

«Non sono così perfetti. Credimi, so di cosa parlo.»

«Di sicuro è molto meglio di questo cesso! Di questo appartamento di merda, del tuo fidanzato scemo, di me e te!»

Sua figlia voleva ferirla, prendersela con lei, non lo pensava davvero... Lisa tuttavia sentì la sua faccia contrarsi. Si era sforzata di essere forte, arrabbiata, inflessibile per tutta la durata di quell’incubo, e ora, in mezzo al disordine della convalescenza di sua figlia, con un giovane vampiro immobile sullo schermo della tv, rischiava di andare in frantumi. Un nodo le stringeva la gola. «Ti amo più di qualunque altra cosa. Non cambierei nulla né di te, né di me, né della nostra vita.»

Ronni la guardò, con un occhio pieno d’odio e l’altro fisso e cieco, e parlò in tono calmo. «Io sì, invece. Io cambierei tutto.» Girò le spalle alla madre in lacrime e premette il tasto PLAY sul telecomando.