Diciannove

Theo sentì Ballard sobbalzare quando, infine, il bisturi di Lou gli incise la carne. Continuò a tenere forte il tubo con cui gli stringeva la gola, cercando di non lasciarsi distrarre dalla donna sul tavolo che si contorceva come un’indemoniata.

Dovette far voltare il dottore altre tre volte, mentre Lou, a ogni giro, lo colpiva. Le braccia gli dolevano per lo sforzo e la tensione di contrastare quell’uomo così forte e agile. Finalmente le ginocchia del medico cedettero e cadde pesantemente a terra. Theo lo seguì, strappando il camice e i vestiti recisi per scoprire il cristallo conficcato nella pelle, appena sotto la clavicola.

Era attaccato con un ultimo filamento, come un dente che dondola e, con uno strattone, lo staccò.

Quando il tubo attorno alla gola si allentò e il cristallo venne strappato dalle radici che gli affondavano nei muscoli, nella pelle e tutto intorno, Ballard urlò. Assieme alla gemma azzurra si staccarono anche una serie di tentacoli e Theo cadde all’indietro, esausto, stringendola in mano.

Le braccia gli dolevano e tremavano per lo sforzo di aver trattenuto tanto a lungo quel bastardo. Il cristallo era caldo e viscido, coperto com’era di sangue e umori, i lunghi tentacoli erano simili a sottilissimi cavi in fibra ottica.

Ballard esalò un ultimo respiro e gli occhi si spensero. Quindi, sotto lo sguardo di Lou e Theo, cominciò a restringersi, come uva messa a seccare al sole. Presto non rimasero che ossa e pelle, secche, fragili, marroni e vecchie.

Theo si rialzò faticosamente in piedi, rammentandosi della donna sul tavolo e osservandola attentamente per la prima volta.

Guardò quella creatura, ormai non più umana, legata al tavolo. Gli occhi erano arancioni, la bocca aperta a mostrare una serie di denti marci e aveva la pelle che pendeva da tutto il corpo, che era cresciuto a dismisura, tirandola e strappandola.

“Dio” mormorò, allungando la mano per toccare, per la prima volta, la pelle di un ganga. Non siamo a Mordor, siamo a Isengard, dove si creano i mostri.

Il mostro, no era una donna, accidenti, si agitava e si inarcava, poi prese a gemere e sospirare. E mentre Theo la guardava, incontrò il suo sguardo. Per un attimo la riconobbe, perché nel profondo di quegli occhi arancioni, lei c’era ancora. Vide la donna, vide che capiva. Vide paura, confusione, disperazione.

Vide la vita.

E all’improvviso le ginocchia gli cedettero, luce e oscurità lo attraversarono e infine realizzò, comprese.

Ora capisco.

Guardò verso Lou che stringeva ancora in mano il bisturi insanguinato e guardava la donna con la stessa aria sconvolta che Theo sapeva di avere.

Ah Selena. Theo chiuse gli occhi. Ho bisogno di te.