Epilogo

Maureen l’aveva avuta vinta affinché le diapositive del viaggio in Irlanda fossero proiettate a casa sua, il che significava che avrebbe dovuto sopportare i suggerimenti di Bridget su come organizzare l’ambiente.

«Credo che dovresti appendere il calendario irlandese sulla parete accanto al telefono. E guarda qui! Non hai ancora incorniciato la pagina dei fumetti del New York Times. Qualcuno potrebbe pensare che non ti importi che tua nuora pubblichi i suoi fumetti su un giornale così autorevole.»

«Sai benissimo perché non l’ho ancora fatto. Tra il matrimonio, il viaggio in Irlanda e i preparativi per il bambino, non ho avuto un attimo di tempo.»

«È mancanza di organizzazione, Maureen. Se tu usassi meglio il tuo tempo... Oh, il citofono. Sono arrivati!»

«Il proiettore è pronto?»

«Sì, anche se ci sono poche diapositive da inserire.»

«Non sono stata io a far cadere un rullino nella mia Guinness

«No, tu sei stata quella che ha iniziato a dondolarsi mentre cantavano La mia selvaggia rosa irlandese e a urtarmi.»

«Non è vero!»

«Sì, invece.»

«No!»

Il citofono suonò ancora.

Maureen si portò le mani sui fianchi. «Ecco, vedi cosa combini? Lasci i nostri poveri figli fuori al freddo solo per tormentarmi.»

«È casa tua, va’ ad aprire!»

«Giusto» concordò avviandosi a testa alta.

Pochi attimi dopo, Maureen vide davanti ai suoi occhi sua nuora e Daniel. Si misero subito a vedere le diapositive, poi cenarono. Al momento del dessert, la conversazione si spostò come al solito sul tanto atteso nipote.

«Allora, avete scelto un nome?» chiese Maureen, curiosa.

Rose rivolse lo sguardo a Daniel.

«Diglielo pure, così ci togliamo il pensiero» dichiarò addentando l’ultimo pezzo di torta.

Bridget si irrigidì. «Volete forse sottintendere che non approveremo le vostre scelte?»

«Che idea!» esclamò Maureen. «Questo è il vostro bambino e potete chiamarlo come vi pare.»

Rose trasse un profondo respiro. «Se è un maschio, si chiamerà Patrick Cecil.»

«È fantastico!» commentò Maureen con le lacrime agli occhi.

«Non criticherò la vostra scelta» li informò Bridget. «Cecil sarà anche tuo padre, ma sono d’accordo che non meriti il primo posto.»

«E se è una femmina, invece, si chiamerà Bridget Maureen.»

«Perché prima il suo nome?» si lagnò Maureen, non riuscendo a trattenersi.

Daniel si schiarì la voce. «Pensavamo fosse giusto così, mamma. Se il maschio avrà il nome di papà, allora la femmina avrà quello della mamma di Rose.»

«Be’, non vedo quale logica ci sia.»

«Ovvio» intervenne Bridget. «Ma io trovo il loro ragionamento impeccabile!»

«Abbiamo anche provato a trovare una combinazione fra i vostri nomi» spiegò Rose.

«Già, ma Mauret e Bridgeen non ci sembravano belli» concluse Daniel.

«Direi di no» commentò Bridget. «Sono stati davvero bravi con i nomi, Maureen.»

«È facile dirlo per te. Tu sei la prima. Potevano almeno affidarsi al lancio di una moneta.»

«Il lancio della moneta per scegliere un nome? Se continui così, proporrai di giocarci ai dadi chi terrà il bambino la prima volta che Daniel e Rose usciranno.»

«Su questo non si discute. Io ho già la culla» sentenziò Maureen.

«Be’, io ho già il passeggino.»

«E io ho...»

«Scusate, ma noi dovremmo proprio andare. Ci siamo dimenticati di dar da mangiare a St. Paddy prima di uscire» le interruppe Daniel.

«Dorme ancora nel vostro letto?» chiese Bridget.

Rose arrossì. «Abbiamo comprato due letti nuovi, uno per il cottage e uno per l’appartamento.»

«Oh, bene. E non lo lascerete entrare in quelli, non è vero?»

«Be’, no. Lui dorme in quelli vecchi.»

Bridget alzò gli occhi al cielo. «L’hai mai sentita questa? Lasciare il proprio letto a un cane!»

«Mai» concordò Maureen. «Non riesco ancora a credere che tengano quel cane nell’appartamento quando sono in città. Spaventerà a morte i vicini!»

«E se non torniamo subito a casa, potrebbe anche mangiarsene uno» aggiunse Rose.

Bridget sospirò. «Lo farebbe davvero?»

«Non si sa mai» commentò Daniel, aiutando Rose a infilarsi il cappotto.

«Mi vergogno ad aver parlato così del povero St. Paddy che non farebbe male a una mosca» disse Rose a Daniel mentre rientravano a Manhattan in taxi.

«Anch’io, ma almeno siamo riusciti ad andarcene.»

«Giusto. Sai, mi sembra che abbiano preso abbastanza bene la storia dei nomi.»

«Se vuoi dire che non sono volati piatti, hai ragione. Sinceramente, spero sia un maschio, così non avremo problemi.»

«Daniel, sai che dall’ecografia è risultato che è una femmina.»

«Sì, ma potrebbe non essersi visto qualcosa.»

«Be’, io voglio una bambina e voglio che abbia il nome delle nostre madri. In fondo, è tutta colpa loro.»

Daniel le accarezzò il pancione. «Non del tutto. Anche noi abbiamo dato il nostro contributo.