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Trudy Butterworth sedeva sul divano a motivi floreali di Madge Elderhorn reggendo in mano la tazza di caffè vuota. Attraverso la vetrata riusciva a vedere distintamente la casa di Edgar DeWitt. Trastullarsi quasi sino all’ora del cocktail era stato fruttuoso. Il custode era appena uscito a ritirare il giornale della sera.

«Tutto ciò è molto interessante!» esclamò quando l’uomo fu rientrato. «Non mi sorprende che a Darcie brillassero gli occhi, oggi. Li hai mai visti insieme, Madge?»

«No, ma dev’esserci sicuramente sotto qualcosa. È una questione di ferormoni.»

«Non lo escludo, però voglio delle prove. Se Bart Junior venisse a sapere che lei se la intende con un altro, potrebbe anche decidere di tornare all’ovile.»

«Te le procurerò io le prove» si offrì l’amica.

«Sapevo di poter contare su di te.» Trudy scattò in piedi e si stirò la gonna con la mano. «Sai come tenere sotto controllo le situazioni. Per questo tutti vogliono che tu sia la neopresidentessa del Comitato Festività Natalizie di Tannenbaum.»

Madge si alzò, anche lei, e portò teatralmente una mano al florido petto matronale. «Dici sul serio?»

«Per il momento sono soltanto voci di corridoio. Ti terrò aggiornata sugli sviluppi. Invece, ti sarei grata se tu potessi tenermi informata sui movimenti del tuo aitante dirimpettaio.»

«Consideralo già fatto.»

Darcie aveva deciso di sperimentare con Gus la tecnica dell’autoalimentazione. Aveva sbollentato un paio di carote tagliate a striscioline e gliele aveva offerte in una ciotolina infrangibile.

Il bambino non aveva perso tempo a servirsi. Lei si stava complimentando con se stessa per il tempismo da supermamma con cui aveva introdotto quella novità, quando il piccolo scaraventò alimento e contenitore sul pavimento.

Prima che Darcie potesse mettersi a urlare, il telefono squillò.

«Per il tuo bene, spera che non sia una richiesta di donazione, perché, in questo preciso istante, donerei te» sibilò. Poi sollevò il ricevitore.

«Vorrei parlare con Darcie, se è in casa.» La voce era maschile e ben impostata. Un addetto al telemarketing.

Considerando che non aveva denaro da sprecare, lei aveva messo a punto una strategia di difesa contro i venditori. «Chi la desidera?»

«Joe. Joe Northwood.»

Per poco la cornetta non le sfuggì di mano. «Soltanto... un minuto.»

Darcie si accostò il ricevitore al petto e poi più giù, all’altezza dello stomaco, nel timore di assordare il signor Northwood con la sua tachicardia.

Joe Northwood. Aveva una voce così virile che lei temette di svenire. Ripensò all’immagine di sé che si era sforzata di trasmettergli nelle ultime settimane. Sensuale. Francese.

Lui non poteva certo immaginare di avere a che fare con una ragazza irlandese, madre di uno sterminatore di carote.

Darcie trasse un respiro profondo e si riaccostò la cornetta all’orecchio. «Allo?»

«Darcie? Sono Joe Northwood. Immagino di aver parlato con la sua coinquilina.»

Un’intera chiacchierata con un uomo dalla voce così sensuale... e avrebbero dovuto impiantarle, d’urgenza, uno stimolatore cardiaco.

«La mia coinquilina. Oui

«Spero di non averla disturbata.»

Lei sfoderò la sua migliore interpretazione di accento francese. «No. Mi stavo struccando.»

«Ga-ba-ba» urlò Gus.

«Cos’è stato?»

«La télé. La tengo accesa per migliorare il mio anglais

«A me sembra perfetto così com’è. Ascolti, mi aveva chiesto di comunicarle se avevo preferenze in fatto di fiori.»

Il suo tono di voce era gentile e autoritario. Doveva sicuramente ricoprire un incarico dirigenziale, in negozio.

«Certo, qualunque cosa desideri, monsieur Northwood.»

«Ga!» sbraitò Gus battendo le manine sul ripiano del seggiolone.

«Stanno forse trasmettendo un programma per bambini?»

«Oui. Quali fiori gradirebbe, monsieur

«Pensavo ai tulipani.»

«Tulipani?» Costavano una fortuna in quel periodo dell’anno, ma, se lui li voleva, glieli avrebbe procurati. Avrebbe compensato l’esborso rifilando ai Butterworth garofani per tutta la settimana. «Come preferisce, monsieur

«Che siano rossi. Trovo che siano particolarmente... sensuali. C’è un che di... invitante nel modo in cui i loro petali si schiudono.»

Darcie dimenticò di respirare.

«A lei piacciono i tulipani?»

«Oh, oui. Quando si schiudono, hanno un pistil così... eretto.»

«Sono d’accordo con lei. Mi ha sempre affascinato... la meccanica dell’impollinazione» ribatté Joe Northwood.

Darcie si appoggiò alla parete e urtò l’elenco telefonico che scivolò sul pavimento.

«Darcie? Va tutto bene?»

«Oui! Mi è caduto di mano il... bidet

«Il cosa

Accidenti! Era la prima parola francese che le era venuta in mente.

«Pardonnez-moi. Il bouquet. Stavo sistemando i fiori quando mi ha chiamata.»

«Credevo si stesse struccando.»

«Oui. Schiacciamo i petali di fleur e applichiamo la crème sul viso. È molto... stimolante.»

Joe emise un sospiro e riprese con voce vellutata. «Le sono piaciuti i petali di rosa?»

«Oui, monsieur» sussurrò lei.

«Quando i tulipani appassiranno, ci... faremo venire qualche idea.»

Il cuore minacciava di fratturarle la gabbia toracica.

«D’accordo. Ora devo lasciarla, chéri

Darcie riattaccò e scosse il capo. Era stata di certo la sua più penosa interpretazione di maliarda francese. Chissà se lui ci aveva creduto e se si sentiva eccitato quanto lei.

Madge si sfilò gli auricolari. Il rilevatore di suoni a distanza, che aveva acquistato per corrispondenza, non era tecnologicamente perfetto, ma non era poi tanto male. Schiuse la porta della stanza da ricamo per accertarsi che Herman non si aggirasse nelle vicinanze.

Il televisore del soggiorno era a tutto volume, segno che lui lo stava guardando. Herman non approvava il binocolo: figurarsi un dispositivo di ascolto.

Madge riaccostò la porta. Sollevò il ricevitore e digitò il numero di Trudy Butterworth.

«Puoi parlare?» le domandò a bassa voce.

«Madge? Non stai bene?»

«No. Ho novità

«Li hai visti insieme?»

«No, ma ho la registrazione di un’interessante conversazione telefonica.»

«Dammi solo un minuto. Cambio apparecchio.» Seguì qualche scatto. Poi, Trudy tornò in linea. «Ora possiamo parlare. Sono in camera da letto. Bart Senior era in cucina con me. Che intendi per registrazione? Hai forse fatto irruzione in casa sua e gli hai montato una cimice nel telefono?»

«Vuoi che lo faccia?»

«Cielo, no! Ma come hai fatto a procurarti la registrazione?»

«Ho montato alla finestra della mia stanza degli hobby un apparecchietto che cattura i suoni di casa DeWitt.»

«Vuoi scherzare?»

«No. Ho optato per la versione economica. Forse avrei dovuto acquistare l’extralusso, ma ho raccolto prove sufficienti per affermare che un certo legame esiste.»

«È... poco etico.»

«Non avrei dovuto?»

«No. Hai fatto benissimo. Racconta.»

L’umore di Madge si gonfiò di colpo, più o meno come i suoi tanto osannati soufflé.

«Be’... quel coso non ha catturato proprio tutto ciò che il nostro uomo ha detto, però una cosa è certa. Vorrebbe che lei facesse qualcosa per lui ogni settimana. Usa l’immaginazione e...»

«Potrebbe averle soltanto chiesto di sbrinargli il congelatore.»

«Lo escludo. Ha parlato di tulipani e ho udito attributi come sensuale e invitante. Ci trovi un qualche nesso con un congelatore?»

«No» convenne Trudy.

«Ha parlato anche di impollinazione» rincarò Madge.

«Sono già a questo punto?»

«A quanto pare, sì.»

«Madge, mi sembra che sia arrivato il momento di ordinare la versione extralusso. Abbiamo bisogno di ogni singola parola, di ogni sillaba.»

«Ho già provveduto.»

«A proposito, domani riceverai la visita di una delegazione del direttivo del Comitato. Vogliono eleggerti presidentessa.»

Madge non stava più nella pelle dalla gioia. La sua tenacia, i suoi sforzi non erano dunque andati sprecati.

«Grazie per l’anteprima, Trudy.»

Per tutta la notte, Joe si rigirò nel letto come un’anima in pena. Era terrorizzato al pensiero di aver iniziato qualcosa che sentiva non avrebbe saputo portare a termine con altrettanta eleganza. La domestica era in calore, però lui poteva non risultare all’altezza.

Per non parlare di quei rumori di sottofondo che lei aveva detto provenire dal televisore. C’era qualcun altro con lei nella stanza.

Joe non era un esperto di riti tribali, ma forse tra i clienti di Darcie c’era qualche africano che suonava il bongo. La sua ars amatoria tutta yankee sarebbe apparsa scontata a una donna abituata a sperimentare le tecniche più esotiche.

Inutile negarlo. Quella creatura lo intrigava. E lo eccitava anche parecchio. Per non parlare di quel riferimento ai pistilli. Aveva verificato sul manuale di botanica: il pistillo era l’organo femminile del fiore, comunque l’allusione era andata a segno. Gli ci era voluta una doccia fredda per sedare la reazione.

Lei poteva essere troppo donna per lui, ma era tentato di scoprirlo.

Dopotutto, non avrebbe dovuto fare niente, finché i tulipani, completi di pistillo eretto, non gli fossero stati recapitati quel mercoledì.

A quel punto, sarebbe toccato a lui passare alla mossa successiva e decidere se tentare la sorte o fare retromarcia.

Tutti i clienti avrebbero ricevuto garofani quella settimana, decise. I tulipani le sarebbero costati una barca di soldi, tuttavia Darcie doveva esaudire quella richiesta. Era ansiosa di scoprire quale sarebbe stata la prossima mossa del signor Northwood.

A patto che non dovesse incontrarlo di persona, avrebbe potuto continuare quel gioco innocuo e conturbante a tempo indeterminato. Era un ottimo passatempo che la distraeva dalle incertezze economiche in cui versava.

Giunta a casa di Joe, lasciò Gus in cucina a giocare nel box e si diresse al piano di sopra per cambiare la biancheria.

C’era un biglietto, collocato sull’impronta lasciata sul cuscino dalla testa di Joe. Darcie lo recuperò e si chinò a inalare l’essenza di dopobarba di cui era intrisa la federa. Quella fragranza muschiata era diventata la sua marca preferita. Poi, allungò una mano sul lenzuolo e si immaginò Joe disteso. In tutto il suo splendore da modello del calendario Chippendale.

Infine, si risolse a leggere il biglietto.

Cara Darcie,

non riesco a smettere di pensare a lei. Voglio incontrarla. Che ne direbbe di sabato sera? Sarei onorato di poterla invitare a cena qui da me, anche se immagino che, da francese, forse preferirà stare lei ai fornelli. Mi dica quali ingredienti le servono e glieli farò trovare. Metterò a sua disposizione qualunque cosa desideri.

Au revoir,

Joe

Darcie si premette il foglio contro il petto, ordinando al cuore di darsi una calmata. Ora che conosceva la voce di Joe, poteva immaginarselo mentre leggeva quelle righe. Promettendole che avrebbe esaudito qualunque suo desiderio...

Voleva vederla quel sabato sera. O meglio, voleva vedere la domestica francese. Se anche avesse ingaggiato una babysitter per Gus, non avrebbe mai potuto reggere la parte della francese. Non con i suoi capelli rossi, gli occhi verdi, le lentiggini e quel suo intercalare irlandese, che non aveva perso malgrado non mettesse piede in Irlanda da oltre sedici anni.

Ma in che pasticcio si era cacciata? Se anche fosse stata francese, non avrebbe mai potuto concedersi una storia sentimentale con un uomo, a meno che lui non sapesse dell’esistenza di Gus e non fosse pronto ad amarlo.

Quella sbandata per Joe Northwood doveva avere fine. Doveva farsi venire un’idea per trarsi dall’impiccio in cui si era cacciata.

Darcie sfilò le lenzuola dal letto e si impose di non pensare all’esemplare adorabile e disponibile che vi aveva dormito. Recuperò la biancheria dal bagno e scese in garage a caricare la lavatrice.

Quando vi tornò, un’ora più tardi, trattenne a stento un urlo di terrore. Presa com’era a fantasticare su Joe, aveva versato una dose eccessiva di detersivo nella vaschetta della lavatrice e la macchina stava sputando dosi industriali di schiuma, inzaccherando le scatole di cartone impilate contro la parete.

Si precipitò sulla scatola più umida, per sottrarla alla piena, ma il cartone le si spappolò tra le dita facendo... annegare Babbo Natale e le sue renne nel mare di schiuma.

Ora le toccava anche ricomprare a Edgar DeWitt le decorazioni natalizie del giardino!

L’interfono del reparto sibilò.

«Joe Northwood, linea due.»

Joe mollò i trucioli di polistirolo che stava versando nel bidone e puntò al telefono a parete. Si sfilò i guanti e premette il secondo pulsante.

«Northwood» proclamò.

Udì un gemito soffocato provenire dall’altro capo del filo.

«Pronto? Se ha bisogno del pronto intervento...»

«Niente di tutto questo, ma se ha un miracolo a portata di mano, non mi dispiacerebbe.»

«Chi parla?»

«Joe... sono Darcie.»

«Darcie? Non sembra affatto francese.»

«Sono troppo sconvolta per esserlo, al momento. Babbo Natale è... annegato.»

Era più di quanto Joe potesse reggere. La donna con cui sperava di avere un incontro galante quel sabato sera doveva aver assunto qualche sostanza stupefacente, oppure aveva svuotato l’armadietto dei liquori di DeWitt.

Quale che fosse la causa del suo stato psichico, aveva cambiato nazionalità e ora gli stava parlando con un forte accento irlandese.

E, a meno che non avesse frainteso, si era data ai bagordi con Babbo Natale.

Almeno era una persona responsabile e lo aveva chiamato per notificarglielo. Evidentemente, era più scatenata di quanto avesse immaginato. Con un po’ di fortuna, si disse Joe, il presunto Babbo Natale poteva anche non avere distrutto la casa e, forse, lei aveva solo bisogno di un paio di braccia che l’aiutassero a disfarsi di un ubriaco che non si reggeva in piedi.

I tipi con il costume rosso e la barba bianca si sprecavano durante il periodo natalizio. Forse la domestica aveva pensato bene di invitarne uno per un goccetto.

Comunque stessero le cose, Joe doveva darsi una mossa. In qualità di custode della lussuosa dimora di DeWitt, aveva il dovere di sincerarsi che non fosse accaduto nulla di irreparabile.

«Si calmi, Darcie. Sono in pausa pranzo. Sarò da lei tra dieci minuti e ci sbarazzeremo di Babbo Natale.»

«No! Non è necessario che torni a casa. Mi sbarazzerò io di lui, se è questo che vuole.»

«Potrebbe riuscirle difficile.»

«Nessun problema. Lo scaricherò nel bidone. Non lo vedrà nemmeno.»

Quella donna era pazza.

«Sto arrivando.»

«Non si preoccupi. Me la caverò. Io volevo soltanto avvisarla riguardo a Babbo Natale e alle renne. Li ho messi sul prato ad asciugare.»

Splendido! Un’intera banda di avvinazzati giaceva nel giardino di DeWitt. Doveva esserci stata un’orgia in piena regola.

«Darcie, non...»

«Pagherò tutti i danni. Ho voluto avvertirla. Non volevo che, al suo rientro, credesse che ci fosse stata un’inondazione.»

«Un’inondazione? Comincia a spaventarmi.»

«Temevo che sarebbe rimasto sconvolto alla vista di Babbo Natale e, soprattutto, delle renne.»

«Ha detto proprio renne

«Ne avevano l’aspetto in origine. Ora...»

«Sto arrivando!» decretò Joe, riattaccando prima che lei potesse replicare. Uscì dalla porta di servizio. Montò sul furgone e partì con uno stridio di pneumatici.