Joe sapeva di aver perso il lume della ragione e non aveva la benché minima intenzione di ritrovarlo. Per lui, esisteva soltanto Darcie. Con la sua pelle di seta spruzzata di cannella, le ciocche color dell’oro che gli si attorcigliavano alle dita, le labbra rosse e soffici, gli occhi che brillavano come gemme incastonate.
Non ricordava di aver mai indossato una protezione tanto in fretta in vita sua. Il cuore gli batteva più forte di un martello pneumatico.
«Meriti di essere ricoperta di gioielli e nutrita a caviale e champagne...»
«Fa’ del tuo meglio. Vedrò di accontentarmi» gli rispose lei sorridendo.
«Non merito tutto questo.»
«Tu forse no, però io sì.»
Incapace di reggere un altro secondo, Joe la fece sua e credette di impazzire al contatto.
Era sempre stato fiero del suo autocontrollo, ma non aveva mai fatto l’amore con Darcie. Peggio ancora. Non si era mai ritrovato a letto con una donna di cui fosse perdutamente innamorato.
Darcie si svegliò allo stesso suono che l’aveva svegliata ogni mattina per mesi, la vocina di Gus che la chiamava. Tutto nella norma, si disse.
Quando però schiuse le palpebre, dovette ricredersi. Niente era nella norma, quel mattino. Lei si trovava nel letto di Joe. E per scelta anche. Non poteva prendersela con nessuno oltre a se stessa, se aveva messo sottosopra la propria vita nello spazio di un’ora.
O, forse, qualcosa di più. Avevano rifatto l’amore, dopo una breve pausa per riprendere fiato, e lui sembrava affascinato da qualcos’altro, oltre che dalle lentiggini.
Quella notte, Darcie aveva avuto la certezza che amare e perdere fosse di gran lunga preferibile a non amare del tutto.
Naturalmente era più facile maturare simili decisioni di notte.
Quel mattino, mentre guardava Joe che dormiva al suo fianco e si ripeteva che presto lui sarebbe uscito dalla sua vita, non era più tanto sicura della giustezza di quella scelta.
Sgusciò silenziosamente dal letto, indossò la vestaglia e abbandonò la stanza in punta di piedi. Aveva amato e ora doveva prepararsi a perdere. Quindi, in futuro, avrebbe fatto meglio a girare al largo dal letto di Joe.
Lui non avrebbe gradito. E neanche lei, forse. Ma non si era resa conto della rapidità con cui si stava legando a quell’uomo.
Un breve interludio tra le sue braccia ed era pronta a rinunciare all’orgoglio, a supplicarlo di restare per sempre con lei.
Quelle parole le erano salite più volte alle labbra mentre erano stretti in un abbraccio appassionato. Era riuscita a rimangiarsele, tuttavia aveva temuto di soffocare.
Se si fosse concessa altri incontri ravvicinati con lui, avrebbe potuto tradirsi. Persino ora, alla fredda luce del mattino, le rimbombavano nel cervello parole di amore e di impegni che Joe non aveva nessuna voglia di sentirsi rivolgere e lei nessuna intenzione di pronunciare.
Darcie si vestì e preparò Gus in silenzio, senza svegliare Joe. Versò la pappa del piccolo nel thermos che portava con sé al lavoro e verificò di avere nel borsellino spiccioli sufficienti per pagarsi una colazione in un bar. Poi, recuperò le chiavi del furgone di Joe dal gancio a parete in cucina e infilò la porta.
Quando, quel pomeriggio, si trascinò a casa, si sentiva come una pecora che fosse stata tutto il giorno sotto la pioggia battente, come soleva dire suo padre. Avrebbe voluto stendersi a letto e dormire per l’eternità.
Purtroppo, era un lusso che non poteva permettersi. Tannenbaum ferveva di attività. Mezzi motorizzati dotati di gru sostavano a ogni incrocio. E gli uomini sulle piattaforme, in alto, erano indaffarati a srotolare fili di lampadine.
Quel mattino, quando era uscita di casa, i giardini del quartiere erano spogli. I proprietari delle due ville che aveva pulito quel giorno non erano interessati alla gara e avevano tirato fuori le decorazioni dell’anno precedente: una famiglia di pupazzi di neve e un cowboy in versione natalizia. Erano entrambe carine e in linea con le ferree regole imposte dal Comitato di Quartiere.
Durante la pausa, però, Darcie si era fermata a un fast-food, e il breve tragitto in macchina le aveva dato agio di ammirare gli addobbi degli altri residenti, quelli chiaramente in lizza.
Quando risalì il vialetto di casa DeWitt, il suo umore aveva toccato il minimo storico. Tutte le decorazioni che aveva visto parevano opera di artisti, non di gente comune.
Per curiosità, guardò oltre la strada per dare un’occhiata alla trovata degli Elderhorn, ma il giardino sembrava ancora un campo di battaglia e Madge e Herman erano impigliati nei fili di lampadine.
Una scritta che annunciava un Natale nello Spazio era piantata nel terreno, però le luci che avrebbero dovuto illuminarla avevano tutta l’aria di non funzionare a dovere.
Una montagnetta rosso porpora in un angolo doveva essere il Babbo Natale in tuta spaziale e gli altri pezzi che giacevano intorno somigliavano ad alieni vestiti da renne. Una calotta gigante verde era ancora parzialmente decorata.
Chissà quale catastrofe doveva essersi abbattuta sugli Elderhorn per provocare un simile ritardo sulla tabella di marcia. Forse Joe ne sapeva qualcosa, ma pareva troppo occupato per avere voglia di chiacchierare.
Darcie scese dal furgone. Sfilò Gus dal seggiolino e raggiunse Joe che stava trascinando in giardino un altro pezzo di Times Square.
Era madido di sudore.
«Avrai pensato di fare una cosa carina non svegliandomi, tuttavia avrei preferito che mi avessi salutato. E avrei anche gradito alzarmi per tempo per erigere questo monumento» bofonchiò.
Lei si sentì sopraffare dai rimorsi. Voleva posticipare l’annuncio che non avrebbe più fatto sesso con lui ed era sgattaiolata via vigliaccamente. Non poteva fingere di averlo lasciato dormire per farlo riposare. La fuga era stata il suo unico movente.
«Non fare quella faccia. Ce la faremo comunque. Ehi, piccolo, come butta?»
Perché avrebbe dovuto svegliarti stamane? E perché tu morivi tutt’a un tratto dal desiderio di salutarla quando non lo hai mai fatto?
«Metto Gus nel box e vengo ad aiutarti» si offrì Darcie.
Fortuna che il box è in garage. Così potrò tenervi d’occhio. A un primo esame sommario della situazione, direi che il contratto è stato firmato e registrato.
Joe le si avvicinò.
«Tappati il naso, piccola. Ho sudato un sacco e puzzerò come una capra, ma devo chiederti scusa per averti aggredita in quel modo un attimo fa. Se non mi hai svegliato, era solo perché volevi lasciarmi riposare. Tu devi essere esausta. Com’è andata la giornata?»
Per la barba di San Patrizio, qualcosa è accaduto davvero mentre mi concedevo il mio sonno di bellezza.
«Bene, ma se non ti ho svegliato è perché...»
«Ssh! Ne parleremo più tardi.» Joe tese le braccia. «Molla la peste a me. Così potrai concederti un riposino, darti una rinfrescata e fare quelle cose che le mamme fanno quando sono fuori servizio» le disse.
«Non so se sia il caso di concedersi pause. Avresti dovuto vedere gli addobbi che erano in giro. Sono spettacolari. Non so perché quello degli Elderhorn non sia ancora pronto, ma lo sarà presto.»
«Neanch’io ho capito cos’è accaduto a quei due. Quando mi sono svegliato alle due del pomeriggio, credevo che avessero già finito. Invece, avevano appena iniziato.»
«Spero non sia niente di grave.»
Herman stava cercando di gonfiare il Babbo Natale in tuta spaziale, e Madge correva avanti e indietro piazzando cappellini verdi sulle teste delle renne aliene.
Durante una delle sue traversate, è arrivata saltellando alle spalle di Herman e gli ha assestato una pacca sul fondoschiena.
Darcie era allibita. «Lo hai vista con i tuoi occhi?» mormorò.
«Che cosa?»
«Madge che dava una pacca sul sedere a Herman! Devi aver visto male. La signora Elderhorn non farebbe mai niente di tanto politicamente scorretto e per giunta alla luce del sole.»
«Guarda. Lo ha rifatto anche ora e Herman è così confuso che non riesce a gonfiare il suo Babbo Natale.»
Joe serrò gli occhi e mise a fuoco la scena.
«Che mi venga un colpo! Lo ha fatto davvero. Non sarà che il loro ritardo nell’allestimento è dovuto al fatto che... No. È impossibile. Saranno sposati da almeno un secolo.»
«E con questo? Il fatto che siano sposati da un secolo non significa che si siano trasformati in brontosauri.»
«So per esperienza che è così che va. Due persone iniziano animate dal senso dell’avventura e dell’umorismo, poi si ritrovano alle prese con pannolini e apparecchi per i denti e riscoprono il letto come luogo di riposo anziché di azione.»
«Ho afferrato il messaggio. Non temere. Non mi aspetto che ti prenda cura di Gus. Ora gli darò la pappa, lo cambierò e gli metterò il costume. Ti raggiungerò quando avrò finito.»
Non sfoderare gli aculei. È soltanto un po’ confuso.
Joe corrugò la fronte.
«Non intendevo dire che non voglio aiutarti...»
«A dopo» lo interruppe Darcie.
Girò sui tacchi e marciò in direzione della cucina. Salì di sopra di gran carriera. Adagiò Gus nella culla, recuperò la borsa con il cambio della biancheria e scoppiò in lacrime.
Smettila di frignare o farai venir voglia anche a me. So che non prometteva niente di buono agli inizi, ma ora sta cambiando. Abbi fede.
Darcie inspirò rumorosamente e si asciugò le guance rigate di lacrime con il dorso della mano.
«Scusa, Gus, ma la tua mamma è innamorata persa di un uomo che non la vuole e che le sta spezzando il cuore.»
Il bambino cominciò a piangere anche lui.
«Non preoccuparti, piccolo. Ce la caveremo. Siamo una squadra, noi due. Spero che mi perdonerai se ti dico che non mi sarebbe dispiaciuto avere con noi anche quella testa d’asino. Se soltanto si decidesse ad accettare l’idea di una famiglia, anche la sua vita ne guadagnerebbe.»
Si deciderà, parola di Angus Sean O’Banyon.
«Lo amo, Gus.»
E io ti aiuterò a incastrarlo. Ti puoi fidare di me, piccola.
Joe dibatté tra sé e sé se non fosse il caso di seguire Darcie di sopra e chiarire ogni cosa tra loro una volta per tutte, tuttavia avrebbe sprecato un sacco di tempo, considerato che non sapeva nemmeno lui come stessero realmente le cose tra loro.
Avrebbero avuto più tempo a gara conclusa. Non era sua intenzione tenerle quella magistrale conferenza sul suo modo di intendere il matrimonio. Però, lo aveva fatto. Segno, questo, che diventava piuttosto nervoso quando si affrontava l’argomento.
E il motivo era presto detto. Il suo punto di vista stava deragliando e tanto bastava a spaventarlo a morte. Dopo aver fatto l’amore con Darcie e averla stretta tra le braccia, era stato bersagliato dai pensieri più insani.
Si era domandato se avesse davvero voglia di trasferirsi in Colorado e mettersi in affari con il cugino. Se la sua vita da single fosse davvero così piena e divertente come lui fingeva che fosse e se non potesse fargli piacere di avere Gus tra i piedi, a tempo pieno.
Forse l’esperienza adolescenziale con i gemelli aveva distorto la sua visione del matrimonio e della famiglia.
Quando si era svegliato, quel pomeriggio, altre domande avevano preso ad assillarlo. Aveva sempre creduto che il fatto di avere un figlio rendesse una donna più interessata al soddisfacimento delle esigenze di quest’ultimo che a quelle del partner.
Darcie, invece, non trascurava mai Gus, però, al tempo stesso, era l’amante più appassionata con cui lui avesse mai fatto l’amore.
Mentre provava le luci, Joe ripensò alle conversazioni che aveva avuto con i suoi amici. Lui cercava elementi a sostegno delle sue teorie antimatrimoniali e credeva di averli trovati.
Gli amici gli avevano raccontato di levatacce nel cuore della notte per via di pargoli urlanti; di salti mortali sul lavoro per racimolare il denaro per costruire una stanzetta in più, anziché concedersi una vacanza alle Hawaii; dei frustranti corsi di addestramento all’uso del vasino, nonché della ricerca delle relative formule più efficaci.
Ora che ci pensava bene, però, nessuno aveva lamentato una vita sessuale piatta o insoddisfacente. Era stato lui a supporre che così potesse essere, date le circostanze avverse.
Andare a letto con Darcie era stato tutt’altro che tedioso. Eppure Gus le dava filo da torcere dall’alba al tramonto.
Naturalmente, si era trattato di una notte sola e loro due non erano sposati. Se lo fossero stati e avessero consumato su base regolare i loro rapporti, sarebbero presto scivolati nella routine.
«D’accordo, Northwood. Quella donna si è trasformata in una vera e propria ossessione. Ora datti una calmata o ti ritroverai con la proverbiale palla al piede.»
Joe agganciò la prolunga che avrebbe dovuto disegnare la scritta con le luci intermittenti sulle Torri Gemelle e scosse il capo. Non riusciva a togliersela dalla mente.
«Anche se a letto ci sa fare?!» esclamò.
«Voglio sperare che la domanda sia squisitamente ipotetica. Perché, se così non fosse, tu e io abbiamo una lunga chiacchierata da fare.»
Joe si girò e si trovò faccia a faccia con Dolly Parton. Teneva le braccia incrociate sul florido petto gonfiabile.