INTERPRETAZIONI ALLEGORICHE DEL
MALE
NELLA SCUOLA DI AVRAHAM ABULAFIA
La nostra analisi del pensiero divino in relazione al male nel capitolo 1 trae spunto da testi derivati dalla corrente cabbalistica principale, quella teosofico-teurgica. Nell’interpretazione di questa scuola, i processi più importanti avvengono nel mondo superno e sono influenzati dalle attività rituali dell’uomo. Alcune discussioni di questa corrente riflettono una traslazione ipostatica di processi interiori, quali, ad esempio, l’interpretazione delle tre prime sefirot come processi intellettuali: Pensiero, Sapienza e Discernimento.
Un’altra corrente cabbalistica, che apparve all’inizio degli anni Settanta del Duecento, pose invece l’accento sui processi interiori, psicologici, come chiave della perfezione umana. Si tratta della Qabbalah estatica di Avraham Abulafia, talora formulata come reinterpretazione interiorizzata di concezioni ipostatiche della corrente teosofica.1241 Considerando il ruolo prioritario di tali processi, le ipostasi teosofiche, talvolta descritte ricorrendo a termini riferiti a processi intellettuali già nella corrente teosofica nel caso delle prime tre sefirot – Maḥashavah, Ḥokhmah e Binah –, sono riferite specificamente ai loro aspetti umani, piuttosto che a quelli divini.1242 In breve, questo cabbalista allegorizza la teosofia in modo da interpretarla in chiave psicologica o, in altri casi, riferirla a ipostasi intellettuali, come l’Intelletto Agente, inteso come potenza cosmica. Da questo punto di vista la pratica interpretativa di Abulafia non si discosta dall’allegorizzazione da lui proposta relativa al significato dei versetti biblici o delle discussioni talmudiche. Giacché ci sono noti alcuni dati della sua biografia, dalle sue interpretazioni di idee di altri cabbalisti possiamo ipotizzare il terminus ante quem di alcune idee teosofiche con cui aveva familiarità ma di cui preferì modificare drasticamente il significato offrendone una lettura interiorizzata, secondo quanto definirei una «spiritualità interiorizzata».1243
Abbiamo un’importante lettera scritta in Sicilia da Abulafia a un suo ex allievo a Barcellona, molto probabilmente alla fine degli anni ’80 del Duecento, esattamente lo stesso periodo della composizione o rielaborazione in Castiglia di alcune parti dello Zohar. L’allievo in questione era Yehudah Salmon, cui il mistico aveva insegnato all’inizio del decennio precedente, e il fine dell’epistola era rispondere a un attacco del collega di Salmon a Barcellona, Shelomoh ben Avraham ibn Adret, alle affermazioni profetiche e messianiche di Abulafia:
La Torah,1244 come tutti i discorsi, è come una hyle per il pensiero [maḥashavah] e qualsiasi pensiero voglia dare forma1245 alla hyle suddetta [lo fa], [anche se] in maniera metaforica1246 ... pertanto il pensiero è un soggetto in cui sono articolate tutte le scienze [ḥokhmot] e, se così non fosse, non sarebbe stato scritto [Ger, 4, 22] «sono saggi per fare il male ma il bene non lo sanno fare». Ecco, Ḥokhmah ha due volti, come è scritto: [Prv, 24, 8] «chi pensa di fare del male, sarà chiamato malfattore». E i saggi hanno detto: «Dio collega il pensiero buono all’azione, ma il Dio benedetto non collega il pensiero cattivo all’azione».1247 Ed ecco che il nome di maḥashavah è hirhur [speculazione],1248 come dissero i nostri saggi:1249 «è proibito speculare sul Suo modo di agire» e dissero anche:1250 «speculare sulla trasgressione è peggio dell’[atto stesso] della trasgressione». E il Rabbi [Maimonide] ne offrì un’interpretazione eccellente nel terzo capitolo della Guida dei perplessi. Secondo tutto ciò, è scritto [Is, 55, 8]: «i miei pensieri in effetti non sono i tuoi pensieri, né i tuoi metodi né le tue vie sono i miei metodi o le mie vie, dice il Signore».1251 Per quanto riguarda ciò che dissero sul loro pensiero malvagio [maḥashavtam ha-ra‘ah] la risposta che daremo loro è «dici che la via del Signore non è stata ordinata. Non sono forse le tue vie che non sono state ordinate?». È noto che l’anima intellettiva possiede il pensiero ed è una ma i suoi pensieri sono due. E il pensiero ha una Corona superna [Keter ‘elyon], che lo guida a buone o cattive azioni. Ciò nonostante, gli [atti] eseguiti in sapienza sono tutti buoni, mentre quelli eseguiti in ignoranza sono tutti cattivi. E chi comprende quegli effetti e ciò che ne deriva, li giudica per come possono essere giudicati, secondo il suo discernimento e secondo la sua sapienza, seguendo le opinioni di quelli che devono essere creduti a tutti gli effetti.1252
Abulafia critica una concezione che postula due modalità di azione associate a Keter ‘elyon, la Corona superna o la prima sefirah, che nella corrente teosofica è spesso definita Maḥashavah.1253 L’autore, come apprendiamo da molte sue opere, predilige questo termine per indicare la sefirah più elevata, forse più di ogni altro cabbalista del Duecento. Così si possono associare esplicitamente due modalità opposte di azione, una buona e una cattiva, sia a Keter ‘elyon sia a Maḥashavah. Lo stesso Abulafia non concorda con l’interpretazione ipostatica dei processi intellettuali interiori, come se riflettessero una struttura parallela o dinamica all’interno del mondo divino, e riporta la concezione del Maimonide per mettere in rilievo la netta differenza tra forme di pensiero umane e divine. La Grande Aquila si opponeva duramente alle interpretazioni ipostatiche degli attributi divini, e Abulafia adottò il suo approccio. Vorrei sottolineare che quest’ultimo non ritiene possibile integrare le due forme di pensiero, ma considera necessario distinguere nettamente e operare una scelta avveduta tra quella corretta e quella scorretta.1254
Un esame attento del passo può mettere in luce un altro tema che, tra l’altro, compare anche nello zoroastrismo. Il pensiero è descritto all’inizio come se operasse con la Torah, presumo la sua forma scritta, e con i discorsi, cioè la forma orale. Alla fine del passo, il pensiero è associato a buone o cattive azioni. Abbiamo qui la diffusa distinzione tra pensiero, discorso e azione?1255
Vorrei accostare questa analisi del passo di Abulafia a un celebre brano zoroastriano, Yasna, 30, 3:
Tutti i buoni pensieri, tutte le buone parole e tutte le buone opere sono pensate, dette e fatte con intelligenza e tutti i pensieri, le parole e le opere cattive sono pensate, dette e fatte con stoltezza.1256
A mio parere, l’opinione espressa dal cabbalista estatico nel brano citato sopra non è un’osservazione generale: fa parte di una controversia con Ibn Adret e nella relativa epistola egli si spinge al punto di affermare che la fede di alcuni cabbalisti nella decade sefirotica è peggiore di quella che i cristiani ripongono nella trinità.1257 Questo tono polemico permea anche la fine della lettera e dopo il passo citato, a mio parere, sono immediatamente menzionati quanti hanno pensieri cattivi:
... quando non pensano nella loro sapienza il pensiero della loro anima, [i cabbalisti] non diverranno saggi finché non distingueranno la loro intenzione tra le [varie] concezioni, in modo da credere grazie alla sapienza, il discernimento e la conoscenza: c’è [solo] una minima differenza tra la loro Qabbalah e la Qabbalah1258 dei cabbalisti delle altre nazioni.1259
Penso che anche in questo caso Abulafia si riferisca a Ibn Adret, il principale sostenitore della concezione nahmanidea della Qabbalah come tradizione orale, che non dovrebbe essere interpretata secondo sevarah, cioè per mezzo di una riflessione intellettuale indipendente.1260 Abulafia allude forse alla presenza di una cerchia di cabbalisti associata a Ibn Adret, che avevano derivato la loro tradizione cabbalistica dal Nahmanide, secondo cui il pensiero supremo avrebbe contenuto il bene e il male? Fino a oggi non sono riuscito a trovare nessuna affermazione esplicita a questo proposito nella scuola del Nahmanide, benché sia interessante osservare da un lato la presenza di una problematica connessa alla complessa natura di questa sefirah e, dall’altro, l’assenza del termine Infinito nello stesso contesto. È possibile inoltre che Abulafia avesse incontrato dei cabbalisti che esprimevano tale concezione durante la sua visita in alcuni centri della Castiglia tra il 1271 e il 1273. L’autore ricorda di aver incontrato Mosheh da Burgos (cui avrebbe tentato anche di proporre alcuni dei suoi insegnamenti), una delle principali personalità della Qabbalah castigliana, delle cui opinioni sul male si è detto in precedenza.1261 Se è così, possiamo attribuire la concezione del pensiero cattivo associato alle alte sfere del divino ad alcuni cabbalisti attivi in Castiglia nei primi anni Settanta del Duecento.
Non c’è motivo di ritenere che sia stato lo stesso Abulafia a inventare questa concezione, dal momento che egli si serviva di una contrapposizione diversa da quella tra pensiero buono e cattivo, ricorrendo a quella più cognitiva tra intelletto e immaginazione.1262 Ecco perché egli interpretò la concezione teologica del duplice contenuto di Keter, ovvero inclusiva sia della dimensione buona sia di quella cattiva, come se fosse riferita alle due forme di attività dell’uomo, quelle sagge e quelle stolte. In ogni caso, questa interpretazione psicologica delle tre sefirot non è l’unica negli scritti del cabbalista.1263
Troviamo un parallelo interessante alla discussione precedente in un trattato anonimo della scuola di Abulafia intitolato Ner Elohim:
... il volto è rivolto in maniera tale da portare a compimento l’intenzione del pensiero. E il Teli1264 indica la Corona superna che circonda il capo e allude al pensiero attualizzato. La sfera che è circondata e circonda, cioè che circonda i corpi ed è circondata da Sapienza e Discernimento e allude all’azione delle due [sefirot] ... e le prime tre sefirot sono Pensiero, Sapienza e Discernimento ... e Conoscenza [Da‘at] ... è l’influsso derivante dalle prime sefirot ... ed è un conflitto che ha luogo nel cuore ... ed è stato generato dalla prima sefirah nell’uomo, pensiero buono e pensiero cattivo ... e quanti pensano che sia saggio agire per mezzo di una sapienza buona e cattiva ... e altrettanto nel caso del Discernimento e della Conoscenza, bene e male, e chi comprende dovrebbe distinguere il bene dal male ... e le sefirot emanano nel cuore e l’influsso si divide in numerosi tipi.1265
L’anonimo discepolo di Abulafia si riferisce esplicitamente alla prima sefirah come allo stesso tempo Pensiero e Corona superna. Il suo significato è ritenuto essenzialmente interiore, «nell’uomo», «nel cuore». Questa potenza interiore genera sia il pensiero buono sia quello cattivo. Il problema è se il cabbalista traduca o allegorizzi un’interpretazione teosofica, che intende la prima sefirah come se esistesse ontologicamente in una sfera divina in cui si troverebbe un pensiero cattivo, proprio come nell’uomo. Il confronto con il passo di Abulafia sembra puntare in tale direzione. Si dovrebbe osservare che l’allievo del cabbalista estatico conosceva la teoria della divinità come totalità, cui abbiamo accennato nel capitolo 3.
L’allegorizzazione di concezioni cabbalistiche precedenti delle scuole teosofiche relative al male compare anche in un altro trattato della corrente estatica:
E le forze severe della Sinistra saranno ridotte, quelle chiamate l’Inclinazione al Male, la Sinistra, Sama’el, Satana, l’Angelo della Morte e il Serpente. Saranno tutte rimosse da voi, come si legge [Ez, 36, 26] «e rimoverò dalla vostra carne il cuore di pietra» e le loro forze si sottometteranno alle potenze intellettuali divine, come si legge [ivi] «e vi darò un cuore di carne». [Allora] i vostri occhi si apriranno per esaminare questi soggetti divini, quelli più interiori e quelli intermedi, non [le forze associate al]le scorze. E quando avrete raggiunto [questo] livello, allora vi purificherete dalla contaminazione corporea e dal pensiero dei sensi e la forza intellettuale non sarà più mescolata ai sensi, né in grande né in piccola misura, eccetto quando i sensi [serviranno] da contenitore per ricevere ciò che vi si [concepisce].1266
L’espressione «pensiero cattivo», che è stata usata spesso in relazione agli uomini e proiettata dallo zurvanismo e dalla Qabbalah teosofica nel mondo superno, nella corrente estatica diviene allegoria di attività umane.
Vorrei occuparmi brevemente di un altro elemento che separa radicalmente la corrente abulafiana da quella teosofico-teurgica: il significato del seme. Come si è visto, soprattutto nei capitoli 1 e 5, si pensava che lo sperma dell’uomo costituisse una trasmissione concreta della dimensione creativa del maschio, finalizzata ad assicurare la riproduzione. Anche nei casi in cui si fa riferimento all’emissione del seme per rappresentare la creazione del mondo sefirotico non si tratta di una metafora; il riferimento è comunque a due processi diversi ma paralleli. Uno dei motivi dell’importanza del seme era l’identità nazionale a esso correlata e parte dell’identità organica degli ebrei, intesi come entità nazionale specifica.
Per Abulafia, comunque, l’ebraismo non era definibile tanto sulla base del criterio organico matrilineare stabilito dal modello rabbinico, adottato e ampliato dai cabbalisti teosofi-teurgi, ma dalla confessione di quella che egli riteneva la verità teologica, estratta dal pensiero del Maimonide:
L’ebreo che pensa che, essendo ebreo e in grado di far risalire la sua stirpe al seme di Giuda, proviene da un seme regale, se non confessa [allora] nella verità la sua affinità con la tribù di Giuda è solo [una questione di] nome. Perché Giuda [Yehudah] è connesso etimologicamente a hoda’ah.1267
Abulafia fonda la sua interpretazione sull’allusione etimologica in Gn, 49, 8 al significato del nome Yehudah. Eppure, mentre nel passo biblico la «confessione» viene resa allo stesso Giuda dai suoi fratelli, il cabbalista ne altera il significato e la riferisce a Dio. Dunque, piuttosto che alla funzione organica del seme, Abulafia assegna il primato alla crescita intellettuale, intesa come componente primaria che definisce l’identità di un individuo.1268 In tale ottica, la sua interpretazione differisce radicalmente da quella offerta dalla corrente teosofico-teurgica.
In questo contesto, vorrei osservare che un contemporaneo del cabbalista estatico, il già menzionato Yosef ben Shalom Ashkenazi,1269 che condivide con lui alcuni tratti speculativi, pur allontanandosi notevolmente dalla sua corrente menziona l’ascesa al pensiero finalizzata alla creazione della sefirah Keter – descritta come gloria o onore – e della sua controparte, Temurah, considerata boshet («vergogna»).1270 Come quella di Abulafia, la corrente di Ashkenazi si discosta per molti aspetti dalla linea principale teosofico-teurgica e la sua testimonianza mostra che l’ispirazione per il motivo delle due potenze create nell’alto dal pensiero divino gli era venuta da fonti indipendenti dalla Qabbalah zoharica.