2. Decadi e male primordiale

1. Decadologie in fonti classiche e giudaiche

È evidente il rilievo attribuito al numero dieci nel pensiero ebraico: nell’ebraismo biblico si trovano dieci piaghe e dieci comandamenti, cui si aggiungono nell’ebraismo rabbinico le dieci parole creative o le dieci cose per mezzo delle quali fu creato il mondo;315 sono peraltro ben note, nella Qabbalah, le dieci sefirot e i dieci abissi del Sefer Yetzirah.316 L’esistenza di un numero tanto ampio di decadi nei testi canonici ha dato modo di coniugare alcuni di tali sistemi e di avviare discussioni complesse, particolarmente diffuse, in ambito ebraico, soprattutto in età alto-medioevale.317 Nelle produzioni cabbalistiche non troviamo solo combinazioni sofisticate di queste decadi ma anche un’infinita serie di interpretazioni della loro natura e del ruolo da esse svolto nella teosofia e nella cosmogonia. Ritengo, comunque, che tale letteratura non abbia solo offerto nuovi modi di combinare tipologie preesistenti e non abbia solo inventato nuove interpretazioni di temi più antichi, ma che abbia anche creato la possibilità di far affiorare in superficie sistemi decadici antichi non attestati in fonti ebraiche ma conservati – in altre lingue – in contesti relativi agli ebrei o a ciò che gli autori non ebrei a essi associavano. In questa sede vorrei trattare una forma di decadologia molto importante, quella di dieci potenze positive e dieci negative, per poi rintracciarne parallelismi nelle fonti medioevali, perlopiù cabbalistiche. In alcuni casi la decade malvagia è ritenuta cronologicamente anteriore rispetto a quella positiva. La mia interpretazione è che in alcune cerchie ebraiche circolasse una teoria ricevuta dalla tarda antichità relativa all’esistenza di tale decade di potenze negative, che può essere documentata prendendo in considerazione varie argomentazioni indipendenti tra loro.

Uno degli esempi più importanti della diffusa presenza di mitologemi ebraici nell’antichità sono gli scritti attribuiti pseudepigraficamente a Clemente Romano, le Homiliae e le Recognitiones. Composti probabilmente nel IV secolo, offrono numerose notizie sulle concezioni dei giudeo-cristiani, categoria socio-religiosa quanto mai incerta.318 Alcuni studiosi ne avevano già scritto nell’Ottocento.319 Erano state talora valutate le affinità tra questi scritti e alcuni testi associati alla mistica ebraica,320 in particolare il Sefer Yetzirah.321 Come ha sottolineato Jean Daniélou, nei testi pseudoclementini affiorano anche concezioni attestate nei trattati ritrovati a Qumran.322 È opportuno ricordare che Shlomo Pines non ha mai affermato che i testi attribuiti all’antico pontefice avessero influenzato direttamente il Sefer Yetzirah o viceversa, ma che motivi ricorrenti negli scritti latini e che circolavano in alcune cerchie ebraiche non identificate dovevano essere stati condivisi anche dall’anonimo redattore del Sefer Yetzirah.323 All’interno di questo capitolo seguirò questa ipotesi di lavoro: materiale affidato alla scrittura da cerchie ebionite e giudeo-cristiane rifletterebbe, in alcuni casi, idee e temi di origine ebraica che riecheggiarono anche in seguito, non necessariamente in forma scritta.324 Alcuni motivi potenzialmente pertinenti al nostro tema conservati da questi scritti, importanti per l’interpretazione della storia della letteratura esoterica ebraica, non sono stati ancora oggetto di studio. Due di essi, che furono riproposti dalla tradizione ebraica medioevale, meritano un’analisi specifica: l’anteriorità del male rispetto al bene e il parallelismo tra una decade negativa e una positiva, delle quali la prima probabilmente preesisterebbe.325

Leggiamo in un discorso attribuito all’apostolo Pietro, all’interno di un lungo confronto intellettuale ed esegetico con Simon Mago, l’arci-eretico che precedette il futuro primo papa:

 

Perché ... Dio ha determinato delle coppie per questo mondo; in esse viene prima l’elemento cattivo, mentre il buono viene dopo. In tal modo è offerta a ognuno la possibilità di stabilire quale sia il retto giudizio, sia agli stolti326 sia ai saggi. Nel caso del semplice, egli può credere a chi viene prima, anche se solo sulla base di segni e prodigi: di necessità, per la stessa ragione, dovrà credere anche a chi viene dopo, perché a tale conclusione sarà persuaso da altri segni e prodigi, come prima. Quando crederà a chi viene dopo, apprenderà da costui a non credere al primo, che viene dal male; e così l’errore del primo sarà corretto dalla riparazione del secondo. Ma se non accetterà il secondo, perché ha creduto al primo,327 sarà necessariamente condannato come ingiusto, perché è ingiusto che, avendo creduto al primo in base ai suoi segni, non abbia creduto al secondo, sebbene anch’egli palesi gli stessi segni o altri addirittura più possenti. Ma se non ha creduto al primo, ne deriva che potrebbe essere mosso a credere al secondo. Perché la sua mente non si è spenta del tutto ma può essere risvegliata dall’iterazione dei prodigi. Invece, nel caso di un saggio, questi è in grado di operare una distinzione dei vari segni. E se invero ha creduto al primo, sarà indotto a credere al secondo dal maggior numero di miracoli e, dal confronto, capirà quali sono i migliori, sebbene prove evidenti di miracoli siano accettate da tutti i dotti, come abbiamo mostrato nell’ordine della nostra argomentazione. Ma se qualcuno, sano che non ha bisogno di medico, non è propenso ad accogliere il primo, sarà indotto al secondo dalla continuità stessa della cosa e opererà distinzioni tra segni e prodigi seguendo questo metodo: chi viene dal male, opera segni che non fanno bene a nessuno, mentre i segni operati da un uomo buono sono vantaggiosi per tutti.328

 

Il passo dovrebbe essere letto a confronto con un altro brano delle Recognitiones:

 

Pertanto le dieci coppie di cui abbiamo parlato sono state assegnate a questo mondo dall’origine dei tempi. La prima coppia furono Caino e Abele. La seconda, i giganti e Noè; la terza, Faraone e Abramo; la quarta, i Filistei e Isacco; la quinta, Esaù e Giacobbe; la sesta, i maghi e Mosè legislatore; la settima, il tentatore e il Figlio dell’uomo; l’ottava, Simone e io, Pietro; la nona, tutte le nazioni e chi sarà mandato a seminare nel mondo tra le nazioni; la decima, l’Anticristo e il Cristo. Su queste coppie ti daremo maggiori informazioni in seguito.329

 

Le dieci coppie non sono solo un problema di accadimenti storici ma la loro struttura, fondata sulla priorità temporale del male sul bene, è concepita nei termini di uno schema predisposto da Dio fin dall’inizio dei tempi. Invero, come si osserva altrove nello stesso contesto, «vediamo che tutto è disposto a coppie e contrari e, come viene prima la notte rispetto al giorno,330 così l’ignoranza prima della conoscenza e la malattia prima della guarigione».331 Le coppie umane comprendono figure del passato e del futuro, ma all’autore interessa specificamente il confronto tra i membri della nona coppia, cioè Pietro, l’io narrante dei trattati pseudoclementini – da un lato –, e Simon Mago, che rappresenta il male e anticipa Pietro, la parte buona – dall’altro. In ogni caso, la concezione delle coppie ricorre anche nelle Homiliae pseudoclementine,332 dove il principio dell’anteriorità del male è formulato ancora una volta in maniera chiarissima,333 benché questo valga per gli uomini ma non per Dio.334 Si legge inoltre che Dio «ha distinto tutti i princìpi in coppie e opposti. Essendo Lui stesso un unico e solo Dio dall’inizio, che ha fatto il cielo e la terra, il giorno e la notte, la luce e il fuoco, il sole e la luna, la vita e la morte».335 Ecco un ottimo esempio di ciò che ho definito pseudo-simmetria subordinata.

Meno incentrato sul tema delle coppie umane è un passo significativo attestato all’interno di questo stesso corpus letterario. Qui il tema che ci interessa è l’esistenza nella Bibbia ebraica di altre due decadi:

 

A causa di quanti compiacciono il malvagio trascurando la loro salvezza e di quelli che, ricercando il loro profitto, tentano di compiacere chi è buono, sono state prescritte dieci cose che possono valere come paradigma per quest’epoca, secondo il numero delle dieci piaghe che furono inflitte all’Egitto. Perché quando Mosè, seguendo l’ordine di Dio, chiese a Faraone di lasciar libero il suo popolo, come segno del suo mandato celeste operò prodigi e la sua verga gettata a terra divenne un serpente. Ma poiché Faraone non fu convinto neanche con questi mezzi, essendo dotato di libero arbitrio, ancora una volta sembrò che i maghi compissero analoghi segni, con il permesso di Dio, perché potesse essere provato il libero arbitrio nell’intenzione del re, se avesse creduto ai segni operati da Mosè, mandato da Dio, o se fossero migliori quelli dei maghi. Perché invero avrebbe dovuto capire dal loro stesso nome336 che non erano operatori di verità, perché non si chiamavano messaggeri di Dio, ma maghi, come riporta anche la tradizione. Inoltre, essi riuscirono apparentemente a tener testa alla contesa fino a un certo punto, ma poi si resero conto che avrebbero dovuto cedere a chi era loro superiore. Perciò fu inflitta l’ultima piaga, l’uccisione dei primogeniti, ed è allora che fu ordinato a Mosè di consacrare il suo popolo con l’aspersione di sangue; e così, dopo offerte di doni, fu pregato di andarsene con la sua gente.337

 

Si fa qui menzione di due decadi, una buona e una cattiva, ed è ovvio che la malvagia, costituita dalle dieci piaghe, non solo precede quella positiva, il Decalogo, ma le due sono anche associate dal riferimento al numero condiviso, il che crea una specie di simmetria, benché non si faccia menzione delle corrispondenze specifiche tra gli elementi delle due decadi. Più avanti nello stesso testo si legge:

 

Dopo che furono dette tali cose, anche il sommo Pietro prese la parola: «Dovete capire, fratelli, la verità della regola della congiunzione: chi se ne allontana non può essere fuorviato. Dato che, infatti, come si è detto, vediamo che tutto esiste a coppie e contrari e, come la notte viene prima del giorno e l’ignoranza prima della conoscenza, prima la malattia poi la guarigione, così sono gli errori a venire prima nella nostra vita e poi sopravviene la verità, quando il medico interviene sulla malattia. Ecco perché, quando la nostra nazione amata da Dio stava per essere riscattata dall’oppressione degli egiziani, prima furono inflitte malattie dalla verga trasformata in serpente, data ad Aronne, e poi furono offerti i rimedi, grazie alle preghiere di Mosè. E anche adesso che i gentili stanno per essere riscattati dalla superstizione degli idoli, la malvagità che regna su di loro ha inviato in avanscoperta il suo alleato, come un nuovo serpente, questo Simone che conoscete, che opera prodigi per stupire e ingannare, non segni di guarigione per convertire e salvare. Perciò spetta a voi giudicare chi opera miracoli in base ai prodigi che compie, qual è il suo carattere e quale la natura della sua opera. Se opera prodigi inutili è un agente del male ma se compie miracoli a buon fine è una guida del bene».338

 

Possiamo stabilire un’affinità tra le pseudo-simmetrie subordinate dei passi pseudoclementini, i testi di Qumran e il materiale zurvanico di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente? Secondo gli studiosi dell’Ottocento, la fonte della polarità rilevabile dai testi citati sarebbe stata lo zurvanismo.339 Con la scoperta dei rotoli del Mar Morto, la tendenza della ricerca è stata quella di considerare alla loro base i materiali rinvenuti nei pressi di Qumran, come si è visto in precedenza.340 Non è chiaro quale delle due tesi sia la più attendibile, dal momento che, adottando la seconda, sarebbe comunque dimostrata l’influenza zurvanica, almeno indirettamente. Non vorrei peraltro servirmi di una soluzione univoca, dato che sulla questione del male, come su molte altre, dovremmo postulare più fasi di contatto tra concezioni zurvaniche ed ebraiche: ad esempio, tali connessioni sono attestate nella Bibbia, a Qumran negli ambienti giudeo-cristiani. Considerando tali influenze progressive, si possono comprendere meglio alcune concezioni ebraiche come sviluppi di combinazioni di tradizioni precedenti, che trovavano fondamento testuale nei versetti della Bibbia di cui si è parlato nell’introduzione. Così, possiamo sostenere con ogni evidenza una quarta fase di influenza zurvanica sull’ebraismo, documentata dall’epistola di Agobardo. La ricezione delle concezioni da lui menzionate da parte di gruppi ebraici medioevali sarebbe culminata nelle speculazioni cabbalistiche sull’origine del male da ricondurre agli atti primordiali di Dio. È poco plausibile, comunque, ridurre il contenuto della quarta fase a una mera combinazione, reinterpretazione o fraintendimento dei temi attestati nelle tre fasi precedenti, dato che vi troviamo anche motivi non presenti in esse, come il nome Agrimas e la concezione dei demoni prodotti dal pensiero. Perciò si può sostenere che anche questi elementi penetrarono nelle cerchie ebraiche, ma vennero in luce solo in epoche posteriori: dal punto di vista della loro attestazione letteraria, per quanto ne sappiamo, compaiono infatti solo in età medioevale.

Invero, in molti testi tardo-antichi, gnostici o affini allo gnosticismo, si discute lo status specifico delle dieci piaghe e del Decalogo. Penso, ad esempio, al trattato che Ch.A. Baynes ha pubblicato, tradotto in inglese e intitolato A Coptic Gnostic Treatise: nella sua edizione, la studiosa ha operato parallelismi tra il testo e alcuni motivi ebraici anche di origine cabbalistica.341 Gershom Scholem aveva già notato alcune affinità tematiche tra l’opera gnostica e lo Shi‘ur Qomah, trattato appartenente al corpus della letteratura degli Hekhalot.342 In seguito sono stati osservati altri motivi affini a quelli del testo gnostico ma diversi dai temi hekhalotici, che apparentemente riemersero in età medioevale.343 È interessante il seguente passo copto: «Ha fatto le venti dita a somiglianza delle due decadi – la decade occulta e quella manifesta».344 Un altro esempio di una duplice serie antropomorfa di decadi attestata nel periodo tardo-antico appare nell’opera di Monimo l’Arabo, citato da Ippolito. Monimo include nella sua argomentazione anche un’interpretazione della tetrade, cioè della sacra tetraktys pitagorica, la cui somma interna ammonta a dieci.345

La dottrina delle due decadi, attestata in opere non composte in ebraico e plausibilmente ignote ad autori ebrei medioevali, ricorda una concezione cui si allude nel Sefer Yetzirah, là dove si afferma l’esistenza di due decadi, una di sefirot e l’altra di abissi – ‘omaqim, ciascuno dei quali provvisto di un nome specifico.346 Dato che uno è l’abisso del male, i vari commentatori cabbalistici al breve testo di età rabbinica si sono sbizzarriti nelle interpretazioni. D’altra parte è probabile che la decade delle dieci dita delle mani sia parallela a quella delle dieci dita dei piedi, benché nel libro, almeno nella versione a noi pervenuta, non si faccia alcuna menzione di tale concezione.347

Vediamo adesso un altro genere di fonte, la ben nota Didascalia apostolorum, dove si parla di Gesù nei seguenti termini:

 

... l’inizio del suo nome è la Decade. Ascolta, tu, Chiesa Cattolica di Dio, che fosti liberata dalle dieci piaghe, che ricevesti le Dieci Parole e apprendesti la Legge, credi fermamente «e riconosci la Decade» e manifesta la fede nella yod iniziale del Nome.348

 

In questo passo, come nel successivo, si associa l’iniziale ebraica del nome di Gesù alla decade. Tale concezione non pare da intendere in connessione con una visione più generale di Gesù, in cui, ad esempio, a essere riferito al numero dieci sia il corpo e non solo il nome: «Perché quando Egli pronunciò le Dieci Parole alludeva a Gesù: perché dieci indica la yod e yod è l’iniziale del nome di Gesù».349 In maniera ancor più esplicita la connessione tra iota e l’umanità di Gesù è sottolineata nel testo gnostico copto:

 

... quell’apice indivisibile è ... l’apice di uno iota,350 con molti volti, occhi innumerevoli351 e nomi infiniti, ed è [l’apice] un’immagine di quell’uomo invisibile perfetto ... rappresenta il figlio perfetto di un uomo perfetto.352

 

Nei Misteri delle lettere greche, un trattato cristiano tardo-antico pervenutoci in copto e in greco e che contiene anche elementi ebraici,353 l’anonimo autore parla del «mistero della decade»354 che, sommata alle ventidue lettere, dà la cifra trentadue, come nel Sefer Yetzirah.355

Qual è il possibile significato di questi testi per la successiva evoluzione della mistica ebraica? Come vedremo nelle pagine seguenti, esistono varie espressioni della teoria della priorità temporale del male nella Qabbalah, da un lato, e dell’idea della centralità di una decade di potenze malvagie, dall’altro. Una delle spiegazioni potrebbe essere l’influenza del documento giudeo-cristiano sulle fonti ebraiche successive, ascrivibile all’interpretazione accademica secondo cui la Qabbalah medioevale derivava da fonti gnostiche e giudeo-cristiane.356 Una seconda possibilità potrebbe consistere nell’ammettere che studiosi che interpretano indipendentemente gli stessi testi raggiungano conclusioni simili; le affinità sarebbero dunque una coincidenza statistica e non esisterebbe alcun contatto effettivo tra gli scritti dal punto di vista storico. L’ultima possibilità è che le tradizioni giudeo-cristiane di cui si è detto riflettessero mitologemi ebraici precedenti, che potevano essere penetrati nei testi citati sopra oppure che potevano essere stati adottati anche indipendentemente da cerchie ebraiche medioevali come tradizioni, forse esoteriche, scritte o orali. La terza spiegazione della genesi delle affinità tra mitologemi antichi e discussioni medioevali è simile alla spiegazione che ho fornito delle affinità tra temi gnostici e cabbalistici357 e che qualche anno fa ho proposto anche per spiegare la possibilità che motivi giudeo-cristiani ricorressero anche in seguito nella Qabbalah, secondo una formulazione confortata da uno studio di Yehuda Liebes.358 In ogni caso, è evidente il ruolo di strutture decadiche già in alcuni passi rabbinici e midrashici. Esse appaiono successivamente in maniera molto più diffusa nella Qabbalah teosofico-teurgica. Per quanto mi è noto, a differenza dei trattati pseudoclementini, le due decadi della letteratura rabbinica non compaiono in contesti in cui si distinguono dieci elementi positivi e dieci negativi. In altri termini, non si afferma l’esistenza di nessuna decade negativa nei materiali rabbinici a noi pervenuti.

In un testo enciclopedico zoroastriano del IX secolo intitolato Denkart si sostiene che alcuni ebrei avrebbero parlato di «dieci desideri del demone supremo Dahag, che inficia la creazione,359 di contro a dieci consigli benefici offerti alle creature da Yima dai buoni greggi».360 Dahag è il capo dei demoni e, in seguito, degli ebrei, mentre Yima è l’eroe fondatore positivo;361 ciascuno possiede una decade di azioni, che possono essere descritte come una cattiva in opposizione a una buona, in apparenza in contrapposizione ai dieci comandamenti della Bibbia ebraica. Come è stato osservato da Shaul Shaked, si tratta di una polemica antigiudaica, dato che è agli ebrei che si attribuisce la fede in una decade malvagia.362 Sia che il testo rifletta un’effettiva dottrina storica di due decadi sia che voglia solo esprimere un contrappasso che si serve di un’ipotetica affermazione ebraica, abbiamo qui la prova dell’esistenza del motivo delle due decadi – una buona e una cattiva – tra ebrei orientali prima del IX secolo, il che corrobora la tesi che tale concezione fosse attestata nelle cerchie giudaiche prima della Qabbalah e che abbia influenzato la speculazione medioevale.

2. Decadologie cabbalistiche del male e del bene

Nelle più tipiche trattazioni cabbalistiche e in alcuni degli studi scientifici sulle dieci sefirot si dà per scontato che il dieci sia il numero massimo delle potenze divine e che la loro struttura sia composta da dieci elementi. La centralità di un unico sistema decadico dovrebbe invece essere definita sostanzialmente sulla base di varie considerazioni, soprattutto delle affinità tra le potenze divine e l’osservanza dei precetti, quel che definiamo «teurgia». Inoltre, la varietà delle principali tipologie simboliche – antropomorfiche, architettoniche, vegetali – contrasta con la spiegazione unitaria del sistema decadico. Congetture semplicistiche relative all’importanza esclusiva di una sola decade o a una specie di simbolo onnicomprensivo sono rese problematiche dall’esistenza di migliaia di discussioni alternative.

In effetti, in molte fonti cabbalistiche appaiono riferimenti a più di una serie di decadi di potenze divine e cosmiche.363 Così, ad esempio, esistono numerosi testi che trattano di una decade nell’Infinito, in opposizione alla decade rivelata delle sefirot. La logica di tali testi si basa su un sistema vagamente platonico, che consiste di dieci sefirot superne e statiche, modello delle sefirot inferiori, dinamiche.364 Questa concezione fa parte di una tipologia di speculazioni più ampia e variegata, che definirei presefirotica, cioè di stratificazioni speculative teosofiche che si immaginavano preesistenti all’emergere delle sefirot intese come parte del mondo dell’emanazione. Molti di tali testi presuppongono che anche le potenze sovrasefirotiche rivelino una sorta di antropomorfismo, ciò che sottolinea significativamente la loro natura neoplatonica. Inoltre, l’esistenza delle sefirot superne può essere ritenuta finalizzata alla manifestazione di due serie di decadi, una delle quali definita impura.

Altri cabbalisti parlano di decadi in diversi mondi cosmici e ammettono l’esistenza di quaranta sefirot, corrispondenti ai quattro mondi.365 In molti altri testi, all’interno di ogni sefirah se ne postulano altre dieci, per permettere l’unificazione del sistema, consentendo a ogni sefirah di essere associata a ciascuna delle altre per mezzo delle qualità delle sefirot racchiuse in ciascuna di esse.366 Secondo altri autori, ogni sefirah comprende sia l’attributo di misericordia sia quello del giudizio e calcoli sui numeri delle sefirot che si ricavano da questa interpretazione sono forniti da vari trattati cabbalistici.367 Talora nella stessa opera sono amalgamati sistemi decadici diversi, come vedremo in un passo della scuola di David ben Yehudah he-Ḥasid, tradotto e analizzato in questo capitolo.

Anche se più raramente, i cabbalisti fecero ricorso a due altre decadi: la serie dei dieci intelletti cosmici separati, adottati dall’ontologia di Al-Farabi, Avicenna e Maimonide, e la sacra tetrade pitagorica, che costituisce una decade.368 È del tutto plausibile che nel Medioevo fosse nota la tavola pitagorica dei dieci opposti, conservata dalla Metaphysica di Aristotele.369 Inoltre esistono decadologie in trattati ismailiti, alcuni dei quali influenzati da fonti ebraiche più antiche, che potevano essere note ai cabbalisti.370 Si fa menzione di dieci luci nella cerchia di cabbalisti associati alla redazione del Libro della contemplazione (Sefer ha-‘iyyun).371 Il hassidismo ashkenazita del XIII secolo e gli scritti dei primi cabbalisti parlano di dieci hawayyot, entità o presenze divine, concezione destinata a influenzare anche pensatori successivi.

Gli interessi concettuali specifici di ciascuno di questi autori dovrebbero essere intesi fini a se stessi, prima di formulare fenomenologie generali dei sistemi di dieci sefirot.372 Una mappatura dettagliata e diversificata delle argomentazioni dei singoli cabbalisti è invece solo agli inizi. Nella produzione scientifica attuale sulla teosofia cabbalistica non può che provocare stupore la totale assenza di consapevolezza da parte di studiosi di chiara fama riguardo alle potenziali implicazioni della complessa struttura dei mondi sefirotici per una varietà di temi associati ai processi che caratterizzano ciascuno dei sistemi cabbalistici, come il simbolismo e la teurgia.

Nelle discussioni summenzionate la questione delle dieci sefirot malvagie è secondaria. Nella maggior parte delle discussioni cabbalistiche della corrente teosofico-teurgica, la fonte del male è situata in una delle potenze divine all’interno del sistema sefirotico.373 Tale approccio appare abbastanza presto in questa corrente, dato che si ritrova già nel Sefer ha-Bahir.374 Da questo punto di vista, si tratta di tendenze polari ma asimmetriche, che assegnano al male una o due fonti all’interno di una struttura gerarchica molto più ampia. Comunque, esistono affermazioni in cui si sostiene in maniera esplicita l’esistenza di decadi positive, buone, pure o sante, in contrasto con decadi impure, negative o malvagie. Il tema è discusso solo marginalmente dalla ricerca, e merita una descrizione e un’analisi più dettagliate, sebbene in questo contesto sia difficile presentare un inventario esaustivo delle fonti pertinenti.375 Tale simmetria decadica appare in un breve passo di incerta attribuzione:

 

Ho ricevuto dalla tradizione che, proprio come ascese al Suo pensiero di innovare dieci sefirot sante e pure [destinate] a ricompensare quelli che compiono la Sua volontà, così ascese al Suo pensiero di causare l’emanazione di dieci sefirot dal [lato] sinistro, emanazione separata della Causa causarum.376

 

Il manoscritto di Parma, apparentemente l’unico a riportare il passo, contiene tradizioni cabbalistiche della scuola del Nahmanide377 e dei cabbalisti geronesi della cerchia di Yitzḥaq il Cieco,378 oltre che di alcuni cabbalisti castigliani.379 Non vi si trova praticamente nessun materiale composto dopo l’inizio del Trecento. A mio parere è plausibile che l’autore sia Mosheh da Burgos.380

Possiamo dunque ritenere che, all’inizio della seconda metà del Duecento, esistesse una teoria che presentava una duplice emanazione, derivante dalla stessa fonte superna, la Causa causarum, consistente in due decadi, una buona e una cattiva. Benché il pensiero vi sia menzionato due volte, non ritengo che dovremmo interpretare il termine in chiave teosofica, cioè in riferimento a una specifica sefirah, ma solo come riflesso di un’espressione talmudica, che descrive la manifestazione dell’intenzione divina.

La logica del passo relativo alle dieci sefirot positive o sante si spiega con il riferimento all’adempimento da parte degli uomini della volontà divina: si tratta dunque di una logica teurgica. Implicitamente dovremmo ritenere che le sefirot negative avessero il compito di punire i peccatori. Per il cabbalista anonimo sembra essere irrilevante la sequenza di questi due tipi di emanazione, plausibilmente simmetrica; altrettanto dubbio è quale venga prima in termini cronologici. Vorrei soffermarmi su questa prima connessione storica tra l’emanazione duplice e l’adempimento della volontà divina. Abbiamo una spiegazione teleologica del male, che si trova anche in altri casi nel giudaismo: il male è necessario per compensare il malvagio, come il bene è compensazione per l’adempimento della volontà divina. In altri termini, troviamo qui una specie di simmetria subordinata pseudo-cosmica, chiaramente connessa a una polarità di comportamento etico.

Il concetto di «adempimento della volontà di Dio» ricorre nella letteratura rabbinica nel contesto di quel che ho precedentemente definito teurgia; è stato analizzato dettagliatamente da vari studiosi nell’ultima generazione e indubbiamente costituisce una delle componenti principali del pensiero cabbalistico.381 Quel che è meno noto e che invece è significativo per il nostro proposito è che una simile concezione ricorre nello zoroastrismo:

 

Nel pensiero di chi accoglie la sapienza di Wahman, questo spirito saggio gli mostra il retto cammino. Attraverso di lui conosce la volontà del Creatore. Adempiendo la Sua volontà egli lo magnifica e proclama colui che causerà la Risurrezione per mezzo del bene dei Rinnovamenti.382

 

Due motivi nel passo ricordano le discussioni rabbiniche e cabbalistiche sulla teurgia: l’adempimento della volontà di Dio e il suo ruolo per magnificare la divinità. Purtroppo è difficile datare con precisione i testi zoroastriani e ricostruirne la storia, ma l’evidente affinità tra questo brano e le fonti rabbiniche alla base della Qabbalah merita certo un’analisi più approfondita.

In alcuni casi rilevanti la simmetria è espressa da una nomenclatura tecnica per indicare le sefirot negative: temurot. Temurah, al singolare, ha varie connotazioni in ebraico: può significare, tra l’altro, «scambio», «permutazione» o «sostituzione». Ma per i cabbalisti teosofi il valore più frequente è «controparte», secondo le affermazioni al riguardo contenute nel capitolo 4 del Sefer Yetzirah, e in questa scuola il vocabolo è stato interpretato come controparte negativa delle potenze divine positive. Il termine è stato usato come tecnicismo soprattutto in alcune opere di ‘Azri’el da Gerona, in seguito da Mosheh da Burgos383 e, sotto la loro influenza e in maniera più estesa, da una scuola cabbalistica della fine del Duecento-inizio Trecento, rappresentata da Yosef ben Shalom Ashkenazi,384 David ben Yehudah he-Ḥasid e dai loro seguaci, nonché da molti loro epigoni teosofi, in particolare nel Sefer ha-temunah, della metà del Trecento, e nel più tardo Sefer ha-peliy’ah.385

In tale contesto vorrei sottolineare come l’espressione «il mondo delle temurot» – ‘olam ha-temurot – riferita alle dieci potenze in opposizione, compaia per la prima volta nell’opera di David ben Yehudah he-Ḥasid386 e si sia mantenuta fino all’epoca del hassidismo settecentesco. Infatti, negli scritti composti all’interno del movimento dell’Europa orientale si riscontrano diversi tipi di decade, come si è osservato. A mio parere, solo prendendo in considerazione questa complessa varietà di strutture sefirotiche sarà possibile capire appieno la loro teosofia. Le temurot – secondo i cabbalisti – sarebbero state emanate nello stesso tempo o addirittura prima delle sefirot sante o rappresenterebbero una specie di contenitore di queste ultime; secondo altri autori esse costituirebbero un sistema che si trova al di sotto del sistema divino.

Non è mio intento qui descrivere dettagliatamente il complesso di potenze demoniche immaginato da questa o da altre correnti esoteriche, mentre mi concentrerò solo sul problema dell’origine del sistema decadico del male nella sua formulazione cabbalistica. Così, ad esempio, David ben Yehudah scrive: «le temurot superne, che sono le temurot di Keter».387 Come abbiamo già osservato, negli scritti di Yosef da Hamadan ricorrono vari esempi di parallelismo tra decadi pure e impure, benché egli descriva le dieci sefirot impure nei termini di scorie, pesolet, che emergono dalle dieci potenze pure.388 Di particolare rilievo per l’evoluzione successiva della Qabbalah è la trattazione sistematica delle temurot nella Porta delle temurot dell’importante compendio Pardes rimmonim di Mosheh Cordovero.389 In questo caso la relazione tra le due decadi non ha a che fare con una sizigie, ma è la decade malvagia che riflette la struttura di quella positiva.

Citerò due testi da un manoscritto anonimo tardo (XVII secolo), probabilmente composto nell’Africa del Nord, che conserva concezioni teosofiche derivate, a mio parere, da opere cabbalistiche forse redatte in Spagna prima dell’espulsione:

 

Il segreto di quei «re che regnarono» [ecc.] [Gn, 36, 31]390 è il segreto delle temurot e delle scorze [qelippot] che furono create prima, prima del regno di un re sui figli d’Israele, [cioè] prima dell’emanazione delle sefirot sante, ma la cui esistenza in potentia precedette quella delle dieci sefirot delle temurot. E i saggi di benedetta memoria dissero che le dieci sefirot vennero prima nel pensiero [divino] e «l’inizio del pensiero è la fine dell’azione»391 ... e le temurot vennero prima, perché esse sono giudizio. E l’influsso scendeva su di esse dalla Causa omnium causarum senza alcuna mediazione.392

 

L’anonimo cabbalista, cui tenterò tra breve di attribuire un’identità, ritiene che la decade negativa sia stata creata prima di quella positiva ma che all’interno del pensiero divino esistessero dieci potenze divine positive che esistevano ancor prima, ma in potentia. Altrove nello stesso testo si afferma che:

 

Ti trasmetterò un ulteriore segreto del motivo per cui le scorze vennero prima nel pensiero, anche se sono la fine dell’azione. La parabola di questa cosa è come un re che voleva costruire una città ... e ordinò a tutti i suoi ospiti di costruirla. Ognuno di essi costruì un luogo adatto a sé ma il re non si costruì un posto per sé finché tutti i suoi ospiti non si furono costruiti un posto per loro e ognuno vi si stabilì. Allora il re costruì un palazzo per sé e vi andò a risiedere. Questo è il significato di quanto è scritto «Quei re ecc.», cioè che erano prima, e le dieci sefirot erano in potentia [e] occultate e questo è il segreto di «Prima che il Santo, benedetto sia, creasse il mondo, Egli e il Suo nome erano una cosa sola».393 L’intenzione è che non c’è differenza tra il Primo senza un inizio e l’Ultimo senza una fine e le dieci sefirot, perché le dieci sefirot erano anteriori nel pensiero e restarono in potentia finché non si rivelò la volontà da Lui, benedetto sia, che è il Suo nome, che è il nome Hawayah, il suo nome principale, poi il Prima senza un inizio e l’Ultimo senza una fine, le dieci sefirot sono i Suoi strumenti ed Egli è lo spirito che li mantiene in essere. È come dire che se Lui venisse meno anch’esse verrebbero meno, mentre Egli non potrà venire meno se esse venissero meno. Esse hanno bisogno di Lui ma Lui non ha bisogno di loro.394 Invero erano in potentia fin quando sono state rivelate le sefirot sante, pure e raffinate.395

 

Il passo è anonimo ma la terminologia e i concetti che racchiude si ritrovano nel pensiero di Yitzḥaq da Acco. In primo luogo non conosco nessun altro cabbalista che abbia utilizzato l’acronimo dell’espressione ebraica ha-Rav R. Abba nella frase ha-Rishon beli reshit, Aḥaron beli aḥarit, «il Primo senza un inizio e l’Ultimo senza una fine».396 La teoria che le sefirot siano strumenti delle azioni divine è anch’essa caratteristica della teosofia di quest’autore,397 per quanto, in effetti, non sia l’unico ad accoglierla. Date le analogie tra le due ultime citazioni penso che anche la prima rifletta almeno l’influenza di Yitzḥaq da Acco. È importante osservare la combinazione del concetto di catarsi associata al pensiero, cioè alla prima sefirah, da un lato, e il concetto di potenzialità e la sua attualizzazione, dall’altro.398 Come vedremo, questo cabbalista si è occupato varie volte nelle sue opere del problema del male primordiale.

Dal punto di vista concettuale, la teosofia descritta nell’ultimo passo ricorda alcuni aspetti del pensiero di Avicenna, la cui influenza su alcuni cabbalisti della fine del Duecento è stata convincentemente dimostrata.399 Dio non necessita delle sefirot dato che la Sua esistenza è necessaria, mentre quella delle sefirot è contingente, poiché dipende dalla Sua esistenza. Anche il concetto dello status potenziale delle sefirot può essere riferito all’idea avicenniana che l’essenza di ogni cosa esiste sempre, almeno in potenza.400

L’uso del termine temurot in un contesto analogo ricorre anche in un cabbalista fiorito nel secondo terzo del Cinquecento, attivo perlopiù a Gerusalemme, Yosef ibn Tzayyaḥ:

 

Quando si manifestò il segreto del mondo delle dieci temurot, allora si rivelarono le sante sefirot a sua somiglianza, secondo il segreto della rotazione del cerchio indietro e avanti, a destra e a sinistra.401 Prima della sua402 rivelazione, si rivelarono anche altre potenze delle sefirot.403

 

Non c’è dubbio che, riferendosi al mondo delle dieci temurot e sefirot, si implica un processo parallelo: i due mondi si manifestano allo stesso tempo dal mondo divino più elevato, come due rami che traggono linfa dalla stessa radice: ecco perché ricorrono i termini «destra» e «sinistra». Il cabbalista si concentra sulla tecnica della permutazione delle lettere per mezzo di cerchi concentrici su cui sono scritte le lettere dell’alfabeto: muovendo i singoli cerchi, si generano sempre nuove combinazioni. Ciò nonostante, quel che è più rilevante secondo Ibn Tzayyaḥ è che le sefirot sono rappresentate a somiglianza delle temurot, le prime a manifestarsi. In tale concezione è poco plausibile l’interpretazione effimera del male primordiale. In questo caso è meglio parlare di simmetria invertita, forse ispirata dal sigillo che lascia una forma inversa alla propria, immagine attestata anche in alcune discussioni cabbalistiche.404 Qui la manifestazione delle strutture metafisiche opposte è descritta ricorrendo all’idea del Sefer Yetzirah che tratta di permutazioni di lettere, in grado di determinare significati opposti mediante una stessa serie di tre consonanti. Il nesso tra teosofia e arte combinatoria non è nuovo; deriva da tendenze esoteriche già presenti nel XIII secolo ed ebbe influenza su una versione determinata della Qabbalah luriana, quella di Yiśra’el Sarug.405

Sebbene l’estensione della potenza malvagia a una struttura che comprende una decade effettiva crei una forte simmetria tra le potenze positive e quelle negative, questo sviluppo non è accompagnato da un aumento e un’intensificazione delle attività delle potenze malvagie o delle discussioni dei cabbalisti al riguardo. La strutturazione delle potenze malvagie a immagine dello schema sefirotico, più che aumentare il potenziale mitico della moltiplicazione di tali potenze lo riduce, esattamente come accade alle dieci sefirot divine.406 In questi testi possiamo discernere un’arcanizzazione del tema delle dieci sefirot negative. Nel manoscritto di Parma il motivo è definito come parte di una tradizione, mentre negli altri casi si parla esplicitamente di segreti. Dovendo occuparsi dei primi processi manifestatisi all’interno del mondo divino e con un tema potenzialmente delicato, la fonte primordiale del male, è facile capire perché sia così così importante l’idea del segreto.

Vorrei comunque chiarire il significato del segreto in questa e altre discussioni cabbalistiche: non stiamo parlando di misteri, di qualcosa che può essere compreso a fatica solo per mezzo di simboli vaghi. Una descrizione in senso «misterioso» del simbolismo cabbalistico, che ricorda l’idea cristiana della centralità del mistero e la cabala cristiana, si trova in effetti negli studi di mistica ebraica ma a mio parere è un fraintendimento da parte di studiosi che hanno seguito in maniera poco critica le interpretazioni di Scholem.407 Nella maggior parte dei casi, il segreto è piuttosto un qualcosa che può essere compreso e spiegato, ma la tradizione esoterica e la scelta dei cabbalisti spingevano ad astenersi dall’elaborare argomenti che in principio possono essere spiegati a uomini dotti.408

Prendiamo adesso in esame un denso brano conservato in un testo anonimo ma riconducibile alla scuola di David ben Yehudah he-Ḥasid:

 

Solo En Sof è misericordia totale, priva di qualsiasi miscela409 di giudizio e di scorze. Invece le dieci sefirot rivelate hanno, dal loro lato, scorze, perché insieme alla [sefirah] Keter fu creata la sua scorza perché essa precede tutto, così come l’inclinazione al male precede quella al bene. E la scorza è dal lato del limite410 che fu dato al [processo dell’]emanazione e le scorze si manifestano quando escono dal loro luogo appropriato e vogliono entrare in un luogo puro ... e le scorze delle dieci sefirot rivelate sono spirituali e furono emanate da un [processo] emanativo, proprio come l’ombra, perché ogni cosa ha un’ombra e se non fosse stato per il peccato di Adamo che le ha causate, sarebbero state assorbite e sarebbero divenute invisibili ... e l’ombra delle dieci sefirot, quelle scorze sono dure e malvagie, perciò si chiamano albero di Sama’el e della sua compagna, Lilit,411 perché proprio come le dieci sefirot hanno delle scorze, così esistono scorze che corrispondono ai palazzi412 delle dieci [sefirot] al di sotto di Malkhut, che sono ombra e specchio delle dieci sefirot, dato che ognuna di esse ha un palazzo che le corrisponde.413

 

Ecco qui una sintesi di quattro diverse teorie del male: la teoria ontica, che suppone l’anteriorità del male alla purezza; l’idea del male come limite; la descrizione del male come dislocazione – idea ispirata dalle opere più tarde di Yosef Giqatilla, e che ricorre in molte produzioni cabbalistiche414 –; e l’idea del male come ombra. Anche a un esame superficiale del passo, si osserva la contraddizione tra l’immaginario delle potenze malvagie intese come ombre delle sefirot e la teoria che ammette la loro anteriorità. Un tentativo di sciogliere questa tensione appare subito dopo nello stesso trattato, quando si scrive che al di sopra delle sefirot rivelate c’è un’altra decade priva di ombre.415 In ogni caso, sebbene le ombre siano emerse indipendentemente dalle azioni dell’uomo, il peccato di Adamo le ha corroborate. Se non fosse stato per tale deviazione, esse sarebbero scomparse dopo la loro manifestazione.

Infine, secondo il passo, il male rappresenta l’ombra delle dieci sefirot. Questo nesso si scorge già, anche se solo in parte, in un trattato anonimo attestato da vari manoscritti e intitolato Commento al libro della contemplazione, da associare o forse addirittura da attribuire a Yosef ben Shalom Ashkenazi. Probabilmente fu scritto verso la fine del XIII secolo. Vi si afferma che l’emanazione della prima sefirah è al di là del tempo e si realizza come l’ombra del corpo o della mano, benché in questo contesto non si faccia menzione dell’idea del male.416 Secondo un’affermazione attestata in uno scritto autentico di Yosef Ashkenazi, l’esistenza delle scorze è considerata necessaria per la sussistenza stessa dell’albero e credo che con questo termine l’autore si voglia riferire all’albero delle sefirot.417 Tale concezione fu accolta da Mosheh Cordovero. In effetti, pare plausibile che la quarta teoria avesse fonti precedenti.418

Prenderò adesso in esame un altro passo, attestato all’interno di un responsum della fine del Quattrocento a opera di Yosef Alcastiel, cabbalista attivo a Valencia, in Spagna, e indirizzato al più noto Yehudah Ḥayyaṭ. Nel testo, scoperto e pubblicato da Scholem, l’autore combina la concezione delle decadi con quella della preesistenza del male, inteso come scorza:

 

... l’espansione419 delle forme420 dell’Adam yashar421 è una prima espansione di mille generazioni,422 perché è la fine dei dieci ma’amarot, ognuno dei quali li comprende tutti e dieci, cosicché ognuna ne comprende centinaia e comprende tutte le altre di modo che il numero ammonta a mille.423 Osserva: la sua espansione [dura] mille generazioni. E anche Adam Beli‘al si trova così, [costituito da] forme di migliaia di generazioni, dato che [Qo, 7, 13] «il Signore ha fatto questo in opposizione a quello» e ha fatto precedere questi mondi alla rivelazione della santa emanazione; ecco perché Esaù fu il primogenito di Giacobbe e [Gn, 36, 31] «i suoi figli regnarono prima che regnasse un re sul popolo d’Israele», dato che la scorza precede il frutto per proteggerlo ... Ed ecco che il primogenito [Caino] iniziò ad attingere da quelle forme che accusano e distruggono, Qina di-metz’avuta,424 il potere del serpente ... E osserva subito che la fonte contaminata425 fu aperta a causa di Caino, era opportuno espanderla in questo mondo per mille generazioni e l’espansione dell’albero della vita in quel periodo sarebbe stata occultata. Ma la Sua misericordia prevalse dopo la trasmigrazione e la purificazione del primo Adamo [nelle anime degli] antenati426 e l’albero della vita non fu occultato per più di ventisei generazioni.427

 

Questo passo non segue necessariamente le idee espresse dalla scuola cabbalistica di Yosef Ashkenazi e David ben Yehudah he Ḥasid, benché sembri condividere alcuni suoi temi. Come aveva osservato Scholem, il testo influenzò un classico della Qabbalah cinquecentesca, il trattato ‘Avodat ha-qodesh di Me’ir ibn Gabbay, che ne parafrasò il contenuto.428 Così, le concezioni di Alcastiel sul male furono incorporate in uno dei testi cabbalistici che ebbero maggiore diffusione e circolazione a stampa presso pubblici estesi, come vedremo nel capitolo 6. Il passo tradotto presenta una storiosofia onnicomprensiva, basata su materiali biblici, soprattutto versetti che includono concezioni antitetiche.

Vorrei concentrarmi sulla predilezione per quella che ho definito pseudo-simmetria nella maggior parte delle discussioni cabbalistiche precedentemente citate, e in altri testi di cui parleremo più avanti. Le sefirot buone, come quelle cattive, non condividono solo la stessa struttura numerica, la decade, ma anche la forma, come mostra la metafora dell’ombra. Tuttavia, nei passi precedenti le ombre precedono le forme. Nei sistemi cabbalistici che si servono del parallelismo tra i due tipi di decade, troviamo anche altre decadi, di cui la malvagia è solo un elemento di una struttura più complessa con ulteriori parallelismi.429 Questa proliferazione di strutture decadiche è riferita all’articolazione delle molteplici strutture cosmiche, che in molti testi e sistemi cabbalistici hanno a che fare con quattro mondi. Ecco perché il concetto del male come scoria, che inficia l’idea di una struttura delle potenze malvagie intesa come entità indipendente, è meno appropriato per descrivere il sistema decadico. Ciò nonostante, nelle forme cabbalistiche più tarde, soprattutto nel sistema luriano, compare sia la teoria della scoria primordiale sia quella delle dieci temurot, esempio della natura eclettica di numerose versioni posteriori della dottrina che non possono essere riassunte in termini semplicistici.

In questo contesto si dovrebbe sottolineare il nesso tra ombra e male, che ricorda una concezione attribuita da Henri Corbin al pensatore sufi Sohrawardi (morto ad Aleppo nel 1191) e soprattutto all’autore cinquecentesco Ṣayyid Aḥmad Alawi, secondo i quali la fine dell’emanazione è un’ombra. Si tratta di un’interpretazione affine a quella zurvanica di Ahriman.430 Nonostante la discutibilità di alcuni tentativi di Corbin di sostenere analogie tra sistemi di pensiero diversi, non c’è dubbio che alcuni sufi persiani si sforzarono di integrare nel loro pensiero temi zoroastriani e zurvanici. In ogni caso, è evidente che motivi zurvanici furono noti, adattati e adottati da Sohrawardi e dai suoi seguaci.431 Rimane aperta la questione se tali concezioni abbiano avuto influenza sul concetto di male come ombra di Carl G. Jung ma è noto che questi fu in contatto per molti anni con Corbin.

Il termine temurah implica una qualche simmetria, evidente sia nella cifra delle dieci sefirot sia nella struttura di ciascuna delle due decadi, talora rappresentata in forma umana. Mentre tali simmetrie non traspaiono dalla modalità catartica o perfezionista, esse sono attestate dal sistema luriano, dove ricorre l’idea che la prima scintilla – che è anche la prima emanazione – contiene bene e male, così come la struttura della lettera yod.432 Anch’essa,433 come la scintilla,434 contiene due decadi.

La simmetria tra le due decadi appare evidente in un’opera scritta in Terra d’Israele nel 1553, forse a Gerusalemme, dal noto David ibn Avi Zimra:

 

Dovresti sapere che come Egli, benedetto sia, ha emanato dieci corone sante, così ha creato in contrapposizione dieci corone che non sono sante ma che derivano tutte dal lato sinistro, perché «Dio ha creato una cosa a confronto dell’altra», di modo che noi abbiamo paura di Dio ed Egli le possa punire.435

 

Dal contesto non si comprende se le «corone sante», espressione diffusa nella Qabbalah teosofica, siano le sefirot e se siano state create prima o dopo le potenze non sante. Comunque, da un altro passo attestato nel Commento al Cantico dei Cantici di Ibn Avi Zimra, si evidenzia la concezione dell’anteriorità della parte malvagia, benché in questo caso l’autore non si riferisca necessariamente a strutture decadiche:

 

Sai già che la privazione precede le hawayyot436 ed ecco perché hanno detto che le scorze precedono le hawayyot, come è scritto [Gn, 1, 2-3] «e tenebre sul volto del Tehom e il Signore disse: Sia luce437 ecc.» Così anche nel caso dei frutti degli alberi: la scorza precede il frutto per proteggerlo438 e il giudizio e l’oscurità emergono dal lato della privazione e la luce e la misericordia dal lato dell’esistenza e da ciò dovresti comprendere la priorità dell’emanatore sull’emanato, dato che l’emanato era in potentia ed è stato attualizzato.439

 

La primordialità del processo si riflette qui attraverso l’uso dei versetti biblici e del concetto di privazione superna, che svolse un ruolo significativo nella Qabbalah fin dalle sue prime fasi, come vedremo più specificamente in seguito. È necessario sottolineare questo elemento, nonostante l’esplicita affermazione del cabbalista nel passo immediatamente successivo a quello tradotto, in cui ogni qual volta parla delle scorze, le associa alle potenze non sefirotiche, al di sotto del mondo divino dell’emanazione.440 Non sono in grado di spiegare il senso della contraddizione, dato che abbiamo visto nel passo tradotto che emanatore e emanato sono esplicitamente connessi alle scorze. Inoltre, altrove nello stesso trattato l’autore afferma che non esiste privazione anteriore all’En Sof, in un contesto in cui sembra implicare che l’Infinito precede le prime tre sefirot.441 Ritengo che si tratti di un caso di fluidità concettuale. Non è chiaro se il plurale hawayyot sia da intendere in relazione al numero dieci. Questa lettura è possibile. Del resto è evidente l’uso del plurale, «scorze», immaginate anteriori alle hawayyot, fenomeno piuttosto raro nelle numerose versioni dell’aforisma che vedremo più avanti e che potrebbe indicare una qualche simmetria.

Appare innovativa nel passo l’evidente giustapposizione di due aforismi che hanno a che fare con l’idea di anteriorità – ontologica, relativa alla privazione che precede l’esistenza, e vegetale (le scorze precedono i frutti) –, applicati qui alla struttura teosofica per descrivere non concezioni fisiche aristoteliche ma eventi metafisici relativi alla manifestazione del bene superno e delle potenze malvagie. Tutto questo viene proiettato sul versetto di Gn, 1. Così abbiamo una teoria che tiene conto di varie concezioni, per quanto espresse in maniera non sistematica: dalla prima sefirah/emanazione alla fisica e al mondo naturale.

In una versione della Qabbalah luriana, formulata da Ya‘aqov Ḥayyim Tzemaḥ all’inizio del Seicento, si propone una simmetria e una coesistenza di due strutture parallele:

 

La scorza e la santità, dall’inizio del [mondo dell’]Emanazione alla fine del [mondo di] ‘Aśiyah, sono a somiglianza di un uomo santo, e l’emanazione riveste la creazione e la creazione la formazione e la formazione la fabbricazione e la scorza, che è Adam Beli‘al, comprende ABY‘A della scorza, che sta al fianco e dietro il santo uomo, che comprende ABY‘A di santità.442

 

Questo stretto parallelismo strutturale, le due figure macro-antropiche descritte come isomorfiche, forse una sorta di gemelli simmetrici, non si addice alla teoria della catarsi. Non è sempre chiaro dal contesto se la struttura dipenda anche da fattori di consanguineità o da una manifestazione congenita. Si osservi che, sebbene non si specifichi una precedenza del male, il testo menziona due volte la scorza prima del termine «santo», ciò che difficilmente può essere accidentale, soprattutto all’interno di una scuola cabbalistica che attesta più volte la precedenza del male, come vedremo ancora nel capitolo 5. Potremmo pensare che ognuno dei quattro mondi cosmici includa anche strutture decadiche. In ogni caso l’idea che la lettera yod generi due strutture decadiche implica che anch’essa è una goccia di seme e così si generano due catene dell’essere parallele.

In questo quadro d’insieme è possibile inserire la netta «alterità» della descrizione dei gentili, intesi come male: il processo emanativo rappresenta spesso una biforcazione tra due sistemi opposti che traggono origine dalla stessa radice. Si dovrebbe sottolineare che, sulla base del morfismo fondamentale che ispira le teosofie prese in esame, sia il mondo del bene sia quello del male possiedono strutture isomorfe. Comunque le due strutture antropiche dovrebbero essere considerate in interazione dinamica, come nella Qabbalah luriana, che sottolinea il mescolamento e la crescita interiore, e non solo nella loro dimensione anatomica.

3. Affinità tra Qabbalah teosofica e fonti precedenti

A mio parere, lo sviluppo nella Qabbalah di argomentazioni sull’anteriorità dell’emanazione delle dieci sefirot negative rispetto a quelle positive richiede una spiegazione storica. A mia conoscenza, il principio del male che precede il bene non è attestato in maniera esplicita in fonti ebraiche precedenti la manifestazione della Qabbalah e il cambiamento può avere a che fare con l’arrivo in Europa di tradizioni più antiche, qualunque sia la loro fonte originale. Dato che le due componenti delle discussioni cabbalistiche – la precedenza del male e l’esistenza di dieci entità – compaiono già in materiale tardo-antico che, secondo gli studiosi, presenta analogie con temi ebraici, sembra di poter cogliere nelle affermazioni cabbalistiche il riaffiorare di idee attestate in cerchie ebraiche tardo-antiche.

Le concezioni cabbalistiche spiegate precedentemente mediante la ricerca di possibili affinità con idee espresse nei trattati pseudoclementini differiscono sostanzialmente dalla visione gnostica del male, che relegava la manifestazione delle potenze malvagie a uno stadio molto più basso nell’autogenesi del pleroma divino. Inoltre, la ricorrenza del motivo della manifestazione iniziale della decade negativa all’interno del pensiero divino ricorda la teoria zurvanica di cui si è parlato nel capitolo precedente del «pensiero cattivo» di Zurvan – da un lato – e il passo polemico zoroastriano del Denkart menzionato in questo capitolo – dall’altro. Un motivo che si dovrebbe sottolineare quando si confronta il materiale discusso in questo capitolo con alcuni dei testi cabbalistici trattati nel precedente è la concezione che le potenze del male, originate all’inizio stesso dei processi intradivini, rimasero ontologicamente esistenti anche in seguito, divenendo parte effettiva della struttura del reale nel presente e non solo un evento effimero.

Per concludere: un motivo che ricorda il parallelismo tra le strutture del bene e del male ricorre in molte versioni dei fratelli gemelli coinvolti nella creazione, che rappresentano il bene e il male. Questa concezione è associata alla sequenza di Satanael e Gesù della mitologia bogomila443 e, nella sua scia, in una varietà di storie del folklore balcanico riferite alla creazione.444 Anche l’idea di Jacob Böhme, adottata da Hegel, parte dal presupposto che Lucifero fosse il figlio primogenito di Dio, che poi cadde, mentre Gesù sarebbe il secondo figlio.445 Comunque non si tratta di gemelli.

4. Alcune osservazioni comparative

Abbiamo parlato di una distribuzione simmetrica delle potenze del bene e del male: le due strutture condividono sia il numero dieci sia l’immaginario antropomorfico. A mio avviso, abbiamo qui una concezione più simile al dualismo rispetto alle spiegazioni del male ontologico che abbiamo passato in rassegna nel capitolo 1. Lì abbiamo osservato varie concezioni: che il male è associato alla dislocazione del seme virile – in sé considerato positivo –; che è necessario alla perfezione; che fa parte di una miscela in cui è compreso anche il bene. Comunque, per quanto distinte siano le due decadi, nei passi summenzionati l’antagonismo tra loro non è accentuato. L’unico esempio di una grande tensione potenziale, attestata nel passo dalla raccolta Ma’or wa-shemesh citato sopra nel paragrafo 2 dove si menzionano Sama’el e Lilit, si riferisce a potenze al di sotto del mondo sefirotico.

Anche qui le forze malvagie superne non sono indipendenti e la subordinazione, a mio avviso, è evidente. Tuttavia possiamo ritenere che non avvenga una trasformazione delle potenze malvagie in buone o una purificazione o evacuazione dalla miscela primordiale, il che significa che esiste una biforcazione ontologica nelle fonti stesse che alimentano la struttura del reale fin dalle sue origini e che presumibilmente essa non può essere superata. Nonostante l’idea di un male incontrovertibile, sembra che nei passi menzionati non si rifletta la netta differenziazione tra le due decadi intese come entità distinte e anche attivamente antagoniste del dualismo zoroastriano e zurvanico e difficilmente si può affermare l’esistenza di una teoria del «male radicale» che indichi un tipo di esistenza che non ha niente in comune con il lato positivo e che lotta costantemente con esso. Benché la decade negativa sembri ineliminabile e ineludibile e non sia neppure associata al concetto di riparazione, non si possono discernere sintomi di un’opposizione attiva acuta alla decade pura. È una struttura che poteva trasformarsi in una sorta di dualismo più antagonistico, anche se subordinato, o evolversi nel mito di una battaglia continua tra bene e male: almeno a quanto mi è noto, non è mai accaduto niente del genere.

Un altro modo di comprendere due dei passi summenzionati, quello di Alcastiel e quello di Ya‘aqov Ḥayyim Tzemaḥ, è di vederli come riflesso di una duplice grande catena dell’essere, una buona e una cattiva, teoria ignota alla cultura occidentale europea, che ha sempre privilegiato una visione platonica del reale. La teoria di due serie di quattro mondi cosmici costituisce un adattamento originale dell’interpretazione cosmica della Qabbalah, che non si occupa solo del mondo teosofico ma estende il suo riflesso ai mondi intradivini. Inoltre, entrambe le catene differiscono da quella platonica per il loro dinamismo e per la possibilità lasciata all’uomo di intervenire su di esso per mezzo della sua attività religiosa – ciò che ho chiamato teurgia –, benché questo elemento non si rifletta nella maggior parte dei passi precedentemente presi in esame.446 Si tratta di un ulteriore esempio dell’appropriazione di una concezione filosofica estesa da parte dei cabbalisti, di cui però si inverte il significato, secondo modalità di cui parleremo nel prosieguo di questa trattazione.447

Per concludere, l’immagine della duplice decade sefirotica, come quella della luce rispetto all’ombra o della destra rispetto alla sinistra, differiscono da un’altra rappresentazione, secondo cui le sefirot dell’impurità attorniano – e talora proteggono – le sefirot pure, come scorze che circondano frutti.448 Questa concezione fu importante anche per l’evoluzione della Qabbalah nel Cinquecento, quando le scorze furono rappresentate nell’atto di catturare le scintille divine nel mondo cosmico inferiore.