Mrs. Martin, sulla cinquantina, era proprio come si poteva immaginare una cuoca: paffuta, con i capelli bianchi, la cuffia inamidata ben dritta e fermata con le forcine, il grembiule cosparso di farina.
La conoscevo da qualche anno, poiché era amica della donna che mi aveva addestrata, anche se poi avevamo preso strade diverse.
Al momento era impegnata a preparare un pasto leggero e mi venne spontaneo aiutarla, battendo la pasta per gli scones e tagliandoli. Non mi sembrava giusto sedere in ozio mentre un'altra cuoca era indaffarata.
«Oh, aye, non sono male i signori» dichiarò Mrs. Martin in risposta alle mie domande. «Non ditemi che cercate un altro posto, Mrs. Holloway. In ogni caso, non avrete il mio. Qui sto comoda, anche se a volte il padrone è un po' tirchio. La signora vuole ostriche e tartufi, ma lui mi ordina di comprare pesce da poco e funghi comuni. Poi Lady Godfrey corre fuori con le amiche e lui cena comunque da solo.»
«È sconvolto per i furti?» le chiesi. «I dipinti rubati valgono una fortuna, a quanto ho capito.»
«Così mi hanno detto.» Mentre lei tagliava le carote a dadini, io infornai gli scones e mi sedetti al tavolo a sgusciare piselli. «Di sicuro ci soffre. Spende tutto quello che ha per i ninnoli che colleziona e che mostra agli amici. Per lui sono più importanti dei vestiti della moglie o dei mobili.»
«È stato rubato altro?» mi informai.
«Non che sappiamo. Io e il maggiordomo abbiamo esaminato con cura l'argenteria, e anche i vini, ma c'era tutto. Però non mi sento al sicuro nel mio letto. È stato ovunque a Mayfair, no, questo ladro? Sono state derubate anche altre case.»
«Davvero?» Non me ne era giunta voce. Daniel aveva accennato che i furti dilagavano a Londra, ma parlava in senso generale.
Mrs. Martin mi rivolse un cenno sinistro. «Questa città è pericolosa, l'ho sempre detto. Non sono tranquilla, sapendo che abitate in Mount Street. Lord Rankin è fuori di sé da qualche parte nel Surrey, a quanto pare, e la giovane Lady Cynthia è un tipo ribelle. Gli zii la dovrebbero tenere sotto controllo.»
Non mi stupiva che Mrs. Martin fosse al corrente di tutto ciò, poiché Mayfair era un autentico covo di pettegoli, però non mi piaceva sentire parlare male di Lady Cynthia. «Sua Signoria è vivace, ma ha un'anima buona» dichiarai.
«Può darsi.» Non sembrava convinta. «Avete finito con i piselli, cara? Il padrone è arrivato a casa presto e tra poco reclamerà la cena.»
Glieli passai e, quasi nello stesso istante, tornò il lacchè che mi aveva accompagnata giù. Mi avvisò che Lady Cynthia era pronta ad andarsene.
Rivolsi alla cuoca un cortese saluto e le promisi di mandarle la ricetta dei funghi stufati, che aveva sempre apprezzato.
Trovai Cynthia già a bordo del landò. «Ebbene?» mi chiese non appena venne chiusa la portiera e il veicolo si avviò con un sobbalzo. «Siete in grado di aiutare la povera Clemmie?»
«Non sono sicura che sia un aiuto» risposi, «ma la soluzione dell'enigma è semplice: Sir Evan Godfrey ha rubato i propri quadri per venderli.»
Lei mi fissò in volto. «Evan? Dio mio, ne siete sicura?»
Io posai le mani in grembo, tenendo i piedi allineati alla perfezione. «Sono abbastanza convinta che abbia perso soldi con regolarità e si sia ritrovato in ristrettezze. I mobili sono vecchi e bisognosi di restauri. È probabile che fossero in ordine quando è rientrato dal Punjab, se era davvero laggiù, ma ormai sono passati vent'anni. Avete detto che ha sposato Lady Godfrey pochi anni fa, eppure non le ha permesso di rinnovare la dimora e le consente di tenere arredi di suo gusto soltanto nel salottino privato e, a giudicare dalle condizioni logore, lei li ha portati con sé dalla casa paterna, oppure li ha comprati di seconda mano.»
La mente pronta di Lady Cynthia valutò i miei ragionamenti. «Sì, sì, capisco. In effetti ha preso dal solaio del padre i mobili che le piacciono. Tuttavia Evan, tramite Mr. Harmon, il curatore finanziario, fino a quest'anno ha saldato senza tante storie i debiti di gioco di Clemmie.»
«Procurava i soldi per pagarli, così da non sentirsi in imbarazzo. Ma alla fine dell'anno scorso deve essere successo qualcosa, che richiedeva in fretta una gran quantità di denaro. Ha venduto i quadri, uno ogni due mesi. Mi chiedo quale intenda smerciare in luglio.»
Cynthia strinse i pugni. «Che farabutto! Rende infelice Clemmie. Suppongo che Mr. Harmon gli avesse consigliato la vendita per restare solvibile. Ma perché diavolo accusare la moglie di averli rubati? No, aspettate, ho capito: per allontanare i sospetti da se stesso e tenere nascosto a tutti che era al verde. Poiché era assurdo fingere che la casa fosse stata svaligiata, ha additato come colpevole Clemmie. La quale, mi spiace ammetterlo, è una creatura deliziosa, ma non ha un grande acume. Si limita a frignare e a chiedere consigli alle amiche. Spero che Evan non la rimproveri per avermi mostrato la sala. Comunque, a quanto pare, ha trovato consolazione altrove, no?»
«La persona che ha pagato i debiti per lei, intendete» dedussi. «Un uomo, immagino. Magari si è limitata a questo.»
Cynthia emise una secca risata. «Il suo rossore rivelava che si è spinta molto oltre. Be', buon per lei. Godfrey è arido e prepotente. Lo ha sposato perché aveva soldi ? e invece non ne ha più ? e relazioni importanti. Pregustava grandi feste alle quali invitare tutti i riccastri della città. Proprio per questo non cado in trappola, Mrs. H. Chissà con quale imbecille ci si ritrova incastrate per la vita.»
Non la potevo biasimare se la pensava così. «Se permettete, al vostro posto presterei attenzione con Sir Evan» azzardai. «Non mi è piaciuto come vi guardava.»
Lei annuì, senza stupirsi. «Sì, me ne sono accorta. Però è affascinato da me solo perché sa che indosso i pantaloni. Molti gentiluomini mi riservano occhiate simili, compreso il vostro Mr. Thanos.»
Pensai a Elgin Thanos, l'amico di Daniel che era un genio dei calcoli e della matematica. Era anche uno dei giovanotti più gradevoli che avessi mai conosciuto. «Non è il mio Mr. Thanos» ribattei secca. «Ed è ben diverso da Sir Evan Godfrey. Lo sapete. Mr. Thanos è buono e gentile, anche se un po' distratto nella vita quotidiana.»
Cynthia accantonò il discorso agitando una mano, ma arrossì un poco. «Oh, è un tipo a posto. Non vi offendete. In ogni caso, una femmina in panni maschili stuzzica la fantasia degli uomini, non negatelo.»
«Ve lo concedo. Però questo mi induce a chiedermi perché li indossiate.»
Lei mi scoccò un rapido sorriso. «Non avete idea di come ci si senta ad andare in giro in piena libertà, in grado di recarsi dove si desidera, di comprare quello che si vuole e di esprimersi a piacimento perché gli altri vi credono un uomo. Vi presterò un paio di calzoni, Mrs. H.»
Non riuscivo a pensare a niente di più orribile. «Neanche per idea, milady. Sembrerei lo zio grasso di qualcuno.»
Cynthia scoppiò a ridere. Aveva una bella risata e si abbandonava all'ilarità senza vergogna. «Siete una grande donna, Mrs. H. Grazie per essere stata così schietta riguardo a Clemmie e al marito.» Sospirò, tornando seria. «Glielo riferirò. Magari questo le darà il coraggio per affrontare Evan. Avrebbe dovuto parlarle delle difficoltà finanziarie... In fondo è sua moglie.»
Avevo l'impressione che non fosse il tipo da coinvolgere la consorte nelle questioni private. Nessun vero gentiluomo avrebbe accusato la moglie per la scomparsa dei dipinti, invece lui non aveva esitato. Mi auguravo che Clemmie lo mettesse in riga.
Io e Cynthia ci separammo appena scese dalla carrozza, davanti all'ingresso principale. Io corsi giù per i gradini della porta di servizio, sfilandomi i guanti mentre entravo, ansiosa di vedere come se la fosse cavata Tess durante la mia assenza. Le occhiate di traverso che mi scoccarono al passaggio la sguattera e Paul, il lacchè, non mi aiutarono a calmare l'apprensione.
Trovai Tess seduta scomposta al tavolo della cucina, con i piedi su un'altra sedia. Comunque stava sbucciando le cipolle, come le avevo indicato, e ne aveva un cestino pieno accanto al gomito.
«Ah, eccovi!» esclamò senza alzarsi. «Mi avete spiegato come iniziare a pelare una cipolla.» Batté la lama su quella davanti a sé. «Ma quando si smette? Si può continuare in eterno, eh?»
«Nel nome del cielo!» Appesi giacca e cappello, mi misi in fretta il grembiule e le presi di mano tutto quanto. «Togliete i piedi dalla sedia e guardatemi. Vi fermate dopo avere tolto la buccia sottile e appena arrivate al bianco. Adesso vanno tritate.»
Le porsi un coltello grande, rimasi al suo fianco e le spiegai come procedere, finché la prima cipolla non fu ridotta a dadini un po' sghembi.
Tess tirò su con il naso, travolta dalle esalazioni potenti. «Misericordia, non avevo mai pianto così in vita mia!» dichiarò, asciugandosi gli occhi con la manica. «Le devo tagliare tutte?» mi domandò incredula, guardando il canestro pieno.
«Esatto.» Ero già ai fornelli, impegnata a versare in una pentola il brodo ristretto che avevo tenuto al caldo sulla piastra dietro. Intendevo cucinare un bel sauté di verdure per guarnire l'arrosto.
«Non mi resterà in corpo nemmeno un goccio d'acqua, quando avrò finito» si lagnò Tess. «Vi siete divertita, in giro in carrozza con Sua Signoria?»
«Siamo andate a trovare una sua amica che non sta bene.» Non era un'esagerazione. «Comunque non vi riguarda.»
«Ho sentito che Sua Signoria combina di tutto» proseguì lei mentre pelava un'altra cipolla. «Va in club segreti dove le signore se la spassano e si baciano tra loro. Vi ha portata in uno di questi?»
Io mi girai e la inchiodai con un'occhiata. «Certo che no. E parlate con rispetto di Lady Cynthia. Altrimenti dico a Mr. McAdam che qui dentro non c'è posto per voi.»
Tess mi fissò a occhi sbarrati, sbalordita perché difendevo un membro della famiglia. «Be', scusate.» Il tono era più mite. «È solo quello che ho sentito, missus.»
«Mrs. Holloway» la corressi con fermezza. «Andate avanti con quelle cipolle.»
Tess chiuse la bocca e si impegnò a lavorare. Terminò di tagliare in fretta e bene, il che spiegava perché Daniel me l'avesse mandata.
La guidai nei passi successivi e, dopo avere brasato e infornato l'arrosto, imburrammo insieme le casseruole, le riempimmo di cipolle, aglio, carote novelle e asparagi e le lasciammo sfrigolare. Per il pesce, versai la salsa di aneto, burro e panna sulla sogliola già cotta e fredda e accompagnai il tutto con brodo chiaro di manzo e panini freschi. L'arrosto venne mandato al piano superiore, tornarono i piatti vuoti e infine i lacchè aiutarono a portare nella saletta della servitù il pasto per il personale.
Decisi di cenare con gli altri, anziché ritirarmi nella stanza della governante, perché volevo presentare Tess e assicurarmi che evitasse osservazioni fuori luogo.
Poiché era il primo giorno, la lasciai in pace, però le spiegai che quasi tutte le sere avrebbe dovuto servire me e Mr. Davis. Lei alzò gli occhi al cielo, ma quando si avventò sul cibo, in modo meno selvaggio che a colazione, mangiò con gusto e senza commenti.
Gli altri domestici le chiesero da dove venisse. Lei, piuttosto evasiva, si limitò a rispondere Londra, ma in un tono allegro e ridente che mise gli altri a proprio agio.
Avevo temuto che fosse scontrosa, invece si dimostrava aperta e amichevole. Mi rilassai. Continuando così, si sarebbe inserita bene. La tensione in cucina non era certo desiderabile.
Dopo cena, Tess e io ci dedicammo a predisporre la colazione, poi le mostrai dove avrebbe dormito.
Il corridoio del solaio era freddo e squallido, e la mia candela proiettava ombre inquietanti sul soffitto. L'unico posto disponibile per lei era uno stanzino minuscolo in fondo al passaggio, dove avrebbe condiviso il letto con Emma, una delle inservienti alla cucina. Mi fermai davanti alla porta della camera e le indicai che era sua. A quel punto Tess mi gettò le braccia al collo, a rischio di farmi cadere di mano il lume.
«Santo cielo, ragazza!» esclamai, barcollando sotto il suo assalto.
«Grazie, missus... Mrs. Holloway.» La voce era rotta dal pianto. «Grazie per non avermi sbattuta per strada. Mi aveva detto che sareste stata buona con me, ed è vero. Da tanto non stavo al caldo, con la pancia piena, e adesso ho anche un letto insieme a una sola ragazza. Non mi mandate via, vero? Vi prego, Mrs. H. Farò del mio meglio, lo prometto.»
«Calma, calma.» Le diedi una pacca sulla spalla, tenendo la fiammella ben lontana. «Non fate così.»
Tess mi lasciò bruscamente come mi aveva abbracciata e si asciugò le lacrime. «Voi non sapete, missus... Mrs. Holloway. Non sapete.» Si sfregò gli occhi con il palmo della mano. «Guardatemi. Piango come una scema, come quando tagliavo le cipolle.»
Dopo un'altra piccola pacca, la esortai: «Dormite, mi raccomando. Ho bisogno che siate fresca al mattino».
«Ci proverò. Anche se sono così emozionata che quasi me la faccio addosso.»
«Evitate questo linguaggio, signorina.» Le scoccai un'occhiata di rimprovero, ma gli occhi mi bruciavano... senza dubbio a causa del fumo della candela. «Buonanotte, Tess.»
«Buonanotte, Mrs. Holloway.» Si catapultò nel locale, cantando un ehilà a Emma. Quindi sbatté la porta con tanta violenza da fare tremare il sottile pannello divisorio.
«Spero sappiate cosa state combinando, Daniel McAdam» mormorai mentre mi dirigevo alla mia camera da letto e vi entravo. «Lo spero tanto.»
Tess si presentò in cucina l'indomani all'alba, con l'abito, il grembiule e la cuffia in perfetto ordine, da attribuirsi, pensai, più all'aiuto di Emma che alla sua ansia di piacere. La mandai nel retro a sciacquarsi la faccia e le mani. Lei se ne stupì, ma obbedì lo stesso. Immaginai che, in passato, nessuno le avesse mai indicato di lavarsi.
Non avevo ancora avuto occasione di parlate con Lady Cynthia o Mrs. Bywater riguardo alla sua assunzione, ma avrei provveduto quel giorno. Tess apprendeva in fretta e si rendeva già utile, mentre Sara preferiva di gran lunga servire le signore al piano di sopra, piuttosto che offrire assistenza a me.
Spiegai a Tess come fare bollire le uova fino al perfetto punto di cottura, senza che si crepassero, e intanto misi la pancetta in forno per grigliarla. Da tipico inglese, Mr. Bywater amava, per colazione, le uova, il bacon e una montagna di pane tostato e imburrato. Che i colleghi gustassero pure le bistecchine di manzo o la frutta fresca. Per lui c'erano solo le uova, la pancetta e il pane, in una forma o nell'altra, come le frittatine e i funghi che avevo servito il giorno prima.
A causa della sua passione per il pane tostato, avevo convinto Mr. Davis ad acquistare una griglia dove si poteva collocare mezza dozzina di fette alla volta. Le imburravo prima di metterle in forno, servendomi di un manico di ferro dotato di una molla, e lasciavo che le fiamme svolgessero il loro compito. Intanto posavo al caldo, sul fornello, quelle già pronte.
Utilizzavo sempre il pane avanzato dal giorno prima: era assurdo sprecare quello fresco per ridurlo a una crosta intrisa di burro. Per il pane della giornata, mostrai a Tess come battere la pasta che avevo fatto lievitare durante la notte, manipolarla un poco e lasciare che si gonfiasse ancora.
«Buon Dio.» Davis era seduto al tavolo della cucina, in maniche di camicia, con il viso nascosto dietro il giornale.
Avevo appena messo da parte parecchie fette già tostate per il personale, impegnato nei mestieri mattutini, quando udii uno scricchiolio di carta e un'esclamazione soffocata.
«Che c'è, Mr. Davis?» chiesi. «Abbiamo un nuovo primo ministro? Oppure gli astronomi hanno scoperto un altro pianeta intorno al sole?»
Tess mi lanciò un'occhiata interrogativa, ma io scossi la testa. Mr. Davis mi tempestava con ogni sorta di informazioni, dalle più importanti alle più banali.
«C'è stato un omicidio» annunciò lui, incredulo.
Io mi chinai per fissare il manico alla griglia ed estrarla. Le fette erano dorate, quasi sul punto di diventare brune. Perfette.
«Ogni notte viene ucciso qualcuno a Londra» commentai. «O almeno così sembra. Gli uomini bevono e poi litigano. Spuntano fuori i coltelli e il pavimento della taverna si macchia di sangue. Si può solo compatirli.»
«Giusto» confermò Tess, impegnata ad affettare la pancetta. «A volte la moglie fa fuori il marito perché la picchia, oppure lui ammazza lei perché ha l'amante. Magari elimina anche questo, tanto per essere sicuro.»
Mr. Davis piegò il giornale per fissarci in volto. «Senti, senti... Non sapevo che le signore fossero così violente. No, mi è caduto l'occhio perché si tratta del nostro Mr. McAdam.»
Io mi raggelai e mi lasciai sfuggire la presa sulla griglia.
«Mr. McAdam?» strillò Tess, poi espresse la domanda che mi si era bloccata in gola: «Cosa gli è successo? Non ditemi che è stato ucciso».
Davis la guardò accigliato. «Ebbene, non lo so. Ricordate il banco dei pegni dove vi avevo detto di averlo visto lavorare, Mrs. Holloway? Stamattina hanno trovato un cadavere. Un uomo in completo di lana marrone, con i capelli scuri, però la faccia era maciullata. Giaceva sul pavimento e non c'era nessun altro. Ahi, ahi... Spero non sia il nostro Mr. McAdam. Sarebbe un vero peccato. Era bravo a raccontare storie.»
Il manico di ferro mi cadde di mano, rimbalzò contro lo sportello del forno e mi colpì un piede prima di finire sul pavimento. Io non me ne resi nemmeno conto. Così come non avvertii il calore del fuoco e nemmeno la bruciatura sulla mano tesa mentre la colazione di Mr. Bywater veniva inghiottita dalle fiamme.