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Il mio stato d'animo, che si era aggrappato a un filo di speranza, precipitò alle parole di Mr. Thanos. Nel vederlo, mi ero illusa di ricevere da lui l'assicurazione che tutto andava bene, che Daniel era al sicuro altrove, impegnato in un ruolo diverso.

Elgin Thanos era un suo caro amico, nonché un genio, almeno nella matematica e nei calcoli. Prendeva un miscuglio di numeri, li rigirava nella mente e ne traeva conclusioni sorprendenti.

Per quanto riguardava il resto della vita, era sempre un po' confuso. Quel giorno aveva la giacca abbottonata male e la cravatta girata da un lato, come se si fosse abbigliato in fretta e furia, senza perdere tempo a guardarsi allo specchio. Aveva l'aria di non dormire e non mangiare come dovuto da giorni.

«Mr. Thanos» lo salutai. «Mi dispiace rivedervi in circostanze simili.»

«Anche a me, cara signora.» Si schiarì la gola. «Ieri avrebbe dovuto incontrarsi con me, invece non si è presentato. Io non sono bravo a rispettare gli appuntamenti, ma il nostro amico? Al contrario. E poi cosa leggo stamattina sul giornale? Sono corso alla bottega, dove si era appostato come un ragno nella ragnatela, e l'ho trovata brulicante di agenti. Mi hanno spedito alla Yard, ed eccomi qui.» Lanciò uno sguardo al corpo. «Non è uno spettacolo per signore, temo. Aspettate là mentre do un'occhiata.»

Aveva ereditato dal nonno greco la carnagione olivastra, ma al momento era pallido come un cencio.

Alzai il mento. «Sciocchezze, Mr. Thanos. Ho una buona tempra.» Al presente non ne avevo l'impressione, però era necessario farsi forza. «Avanti, sergente. Procediamo.»

Questi si portò in fondo al tavolo. «Non vi mostrerò il volto. È quasi distrutto e orribile a vedersi. Sono stati i colpi in testa a ucciderlo, secondo il medico legale.»

Mentre parlava, piegò il lenzuolo da un lato, esponendo una spalla, un braccio e il petto dell'uomo.

Il poveretto era nudo e un grosso segno rosso percorreva il busto, probabilmente il taglio effettuato per l'autopsia. La pelle grigiastra metteva in risalto la peluria nera sul torace e sul braccio. Aveva mani grandi, quasi quadrate, con dita tozze, piene di calli e cicatrici, e unghie spezzate e irregolari. Parevano sproporzionate rispetto al resto del corpo, che era di statura media, non superiore a quella del sergente al mio fianco.

Un sollievo immenso mi sopraffece. Guardai esultante Elgin, che strizzava con forza gli occhi. «Mettetevi gli occhiali, Mr. Thanos. Non è lui.»

Questi batté le palpebre, quasi avesse dimenticato di avere la vista debole, ed estrasse la custodia di seta degli occhiali. Li inforcò, poi si chinò per esaminare la parte esposta del cadavere.

«Avete ragione, per Giove.» Agganciò con un dito il pollice dell'uomo e, con cautela, sollevò la mano. «Il nostro amico ha le mani da operaio, è vero, però questo tizio ha svolto un lavoro molto duro. Magari nelle cave del Dartmoor» commentò in tono obiettivo, poi riabbassò con delicatezza il braccio. «Non vi pare, sergente?»

Il poliziotto lanciò una rapida occhiata al morto. «In effetti ha l'aspetto di un prigioniero. La domanda è: cosa ci faceva a Londra? Dunque non lo conoscete, missus? Sir?»

«No» dichiarai, sforzandomi di celare l'esultanza. «Per me è un estraneo.» Mi venne il dubbio che fosse quel Varley, ma non avevo modo di confermarlo. Lo avevo appena intravisto dallo spiraglio della porta.

«Anche per me» affermò Elgin. «Mi chiedo chi diavolo sia.»

Placata l'ansia, era tornata la curiosità.

Avvertii un soffio d'aria e trovai James al mio fianco che osservava con avidità il corpo senza vita. «Non è il mio papà.» Si girò verso di me con occhi lucenti. «Non è lui.»

Io gli abbracciai le spalle e le strinsi. «No, infatti. Ringraziamo Dio.»

James annuì con fervore, con le ciglia umide di lacrime. Si asciugò in fretta il naso, rosso in volto.

Tess allungò il collo per esaminare la carne esangue dello sconosciuto, appena prima che il sergente vi lasciasse ricadere sopra il telo. «Però» esordì, ritrovando l'abituale voce robusta, «se quello non è il papà di James... dove cavolo si è cacciato lui?»

Ottima domanda. Lo pensò anche il sergente, a giudicare da come si spostò per bloccarci l'uscita.

«Bene!» esclamò. «Se questo non è chi pensavate, magari è stato ucciso dal vostro tizio. Vorrei tanto parlarci. Come avete detto che si chiama?»

Nessuno di noi aveva pronunciato il nome di Daniel. Elgin arrossì e si sforzò di assumere un'espressione neutra.

Il poliziotto ci guardò in cagnesco. «Se preferite, vi faccio interrogare dall'ispettore, al piano di sopra.»

Tess impallidì, invece io sollevai il mento. «Che assurdità. Il nostro amico non è un assassino. È evidente cosa è successo: quest'uomo è entrato nella bottega insieme a un altro per svaligiarla. Hanno litigato, e il complice lo ha ucciso. Era un delinquente, spedito nel Dartmoor o in un posto simile. Di sicuro era evaso, oppure aveva scontato la pena ed era tornato subito a rubare, non avendo altro modo per sopravvivere. Credetemi, sergente, è molto probabile che sia andata così.»

«Può darsi.» Spostò lo sguardo da me a Thanos, incerto su cosa pensare di lui. «Comunque salite dall'ispettore incaricato del caso. Esponetegli pure le vostre teorie. A quanto pare, temevate che la vittima fosse il padre del ragazzo. Spiegategli almeno perché lo credevate. Per di qua, prego.»

Elgin non si mosse. «Insomma, sergente, non potreste lasciare tornare a casa i miei amici? Parlerò io con il vostro ispettore, se volete, però non è il caso che la signora e i due ragazzi rimangano a lungo in una centrale di polizia.»

Un'offerta gentile, tuttavia non ero sicura di cosa avrebbe dichiarato, messo sotto pressione, e preferivo essere presente. «Io rimango» mi affrettai ad annunciare. «Comunque Mr. Thanos ha ragione. Il ragazzo e la mia aiutante possono andare via.»

Il sergente rifletté, storcendo le labbra e corrugando la fronte mentre dibatteva con se stesso. «Aspetteranno nell'atrio» concluse. «Voi, missus, e voi, sir, racconterete quello che sapete. Ma forse l'ispettore vorrà parlare anche con il lad. Vuoi trovare tuo padre, no?»

James si limitò ad annuire in silenzio, rivelando la profonda apprensione. In genere non esitava a esprimere il proprio parere.

Tess serrò le labbra e gli andò accanto.

Ci dirigemmo in gruppo alle scale, lasciandoci alle spalle il puzzo di morte, grazie al cielo. Anche se l'odore sembrava seguirci mentre approdavamo nel corridoio principale.

Il sergente scortò me ed Elgin in una stanza rivestita di pannelli di legno, con la finestra munita di sbarre affacciata sul retro dell'edificio, contenente un tavolo e quattro sedie. Ci venne indicato di sederci da un lato mentre un uomo in completo marrone scuro, con il panciotto abbottonato fino al mento che faceva a pugni con la cravatta, entrava e lasciava cadere sul tavolo un fascio di documenti.

I folti baffi biondi e i favoriti si univano a formare un semicerchio. Gli occhi nocciola, sopra il naso adunco, erano impazienti, attenti e sospettosi.

«Sono l'Ispettore McGregor» si presentò senza nemmeno salutare. «Mi servono i vostri nomi e quello dell'uomo che cercate. Poi mi direte come mai pensavate che il morto fosse lui e per quale motivo, a quanto afferma il sergente, voi avreste già risolto il caso.» Puntò il grosso indice verso di me.

Mi domandai se fosse sposato. Non mi pareva, a giudicare dalle condizioni del panciotto e dalla mancanza di fede nuziale, anche se non tutti la portavano ogni giorno. Una moglie avrebbe assicurato che si vestisse in maniera adeguata e fosse più gentile. Se era coniugato, mi spiaceva per la poveretta.

«Certo» rispose Elgin con il suo tipico accento colto. «Mi chiamo Mr. Elgin Thanos. Siamo...»

La porta si aprì all'improvviso ed entrò un altro uomo. Aveva i capelli brizzolati, così come i baffi, gli occhi azzurri e il viso segnato, che sembrava avere assistito a scene orribili. Un soldato, immaginai. O almeno lo era stato in passato. Era vestito meglio del collega, con la cravatta bene annodata e un'aria autorevole che indusse McGregor a scattare in piedi, dopo avermi scoccato un'occhiata rabbiosa.

«Sir» lo salutò questi con riluttante deferenza.

«McGregor, avete un momento?» Gli indicò con un cenno di uscire in corridoio e lasciò la porta aperta.

Io ed Elgin ci scambiammo uno sguardo, poi ci voltammo verso il nuovo arrivato, che parlava sottovoce con l'ispettore. Lui lo ascoltava a bocca aperta, sempre più stizzito.

Infine McGregor fece un brusco cenno e si allontanò. L'altro tornò nella stanza, senza chiudere la porta.

«Sono l'Ispettore Capo Moss» annunciò. «Vi chiedo scusa per il disturbo.» Il tono non era pentito. «Andatevene, per favore, e smettete di chiedere di Mr. McAdam.»

Io mi alzai, mascherando il sussulto perché aveva chiamato Daniel per nome. «Voi sapete dov'è?»

«No.» Pareva adirato, sia per la domanda sia perché ignorava la risposta. «Buona giornata, madam, sir.»

Il tono era conclusivo. L'Ispettore Capo Moss indicò la porta, impaziente di vederci uscire. Mr. Thanos gli rivolse un cenno cordiale e mi scortò fuori.

Tornammo sui nostri passi, giù per le scale e nell'atrio, dove ci aspettavano James e Tess. Il primo mi rivolse uno sguardo interrogativo. Io rimasi in silenzio, poiché non volevo discutere della faccenda a portata d'orecchio degli agenti che ci turbinavano intorno, e sospirai di sollievo quando sbucammo per strada, di nuovo liberi.

Elgin aveva una carrozza a nolo in attesa, che ci offrì gentilmente di usare. In circostanze normali lo avrei ringraziato, chiedendogli di trovarmi invece una vettura di piazza, oppure avrei cercato la fermata dell'omnibus o anche camminato fino a casa. Non sono affatto una creatura fragile.

Tuttavia James era spossato, anche se tentava virilmente di non mostrarlo, e Tess non aveva un aspetto molto migliore. Quindi accettai la proposta per il loro bene.

Tess si rifiutò di entrare nell'abitacolo. «Non ho mai viaggiato in carrozza con un riccone» dichiarò, «e non comincerò adesso.» Senza lasciare a me o Elgin il tempo di ribattere, si arrampicò a cassetta e, salutando il cocchiere con un allegro ehilà, si lasciò cadere sulla panca.

James esitò, incerto, ma io lo afferrai per un braccio mentre mi aiutava a salire e lo trascinai dentro. Lui prese posto al mio fianco e si rintanò nell'angolo come un cane impaurito.

Dopo essersi accomodato di fronte a noi, Elgin chiuse la portiera e la carrozza si avviò. «Chi diavolo è quella creatura?» domandò indicando il tettuccio, in direzione della panca del cocchiere.

«Tess? È uno dei randagi di Daniel... Mr. McAdam, scusate» spiegai. «Come tutti noi, suppongo.»

Lui rise. «Un bel modo per dirlo, Mrs. Holloway.» Si era dimenticato di levarsi gli occhiali e mi guardava senza strizzare le palpebre. A quanto affermava Daniel, avrebbe dovuto portarli sempre, però si vergognava.

Raccontai a James cosa era accaduto nel locale dell'interrogatorio, che era ben poco. McGregor si era rivelato meno informato di noi. L'ispettore capo, da parte sua, aveva dimostrato di conoscere Daniel. Questo significava che, con ogni probabilità, era al corrente che aveva finto di essere un prestatore su pegno. Avevamo appena incontrato il suo capo? Ma se Daniel lavorava per la polizia, come mai l'Ispettore McGregor ne era all'oscuro?

James era imbronciato. «Allora dov'è finito il mio papà? Se c'è stata una rissa e quel tipo è stato ucciso, lui era là? Magari è corso dietro l'assassino? Oppure...»

Si interruppe, ma a quel punto si presentò un numero allarmante di possibilità. Forse Daniel era stato sequestrato dall'omicida, magari ammazzato altrove, e il suo corpo giaceva in fondo al Tamigi. Mi rifiutavo di pensarlo.

Dovevo riconoscere che poteva avere ucciso lui stesso l'uomo che giaceva all'obitorio. In questo caso, al momento poteva essere ovunque, con qualunque sembianza.

Speravo tanto che fosse scappato. Preferivo di gran lunga che si trovasse a Parigi, sano come un pesce, piuttosto che nel fiume, senza vita, anche se sarei stata troppo lontana per sgridarlo per averci fatto spaventare in quel modo.

«Dovremmo recarci al banco dei pegni» proposi. «Magari ci ha lasciato qualche indicazione sull'accaduto.»

Elgin scosse la testa. «Quando ci sono andato, poche ore fa, c'erano agenti dappertutto. Stavano anche di guardia alla porta per impedire l'accesso. Immagino temessero gli sciacalli.»

In effetti un negozio deserto e non sorvegliato avrebbe attratto i malfattori. Benché ogni singolo oggetto, in quell'accozzaglia, non valesse molto, un ladro poteva ricavare un discreto gruzzolo vendendo tutto insieme.

«Ebbene, in ogni caso dovrò investigare in seguito» concessi. «I signori esigono ancora il pasto di mezzogiorno, e sono già in ritardo. Accidenti a Mr. McAdam. Mi farà perdere il posto.»

Il tono scherzoso strappò un sorriso ai miei compagni, ma non placò la mia ansia. Potevo solo pregare che Daniel fosse vivo e in buona salute e che sarebbe spuntato fuori nel momento più inaspettato, con la sua energia abituale.

Dovevo ammettere che sedere a bordo della carrozza noleggiata da Mr. Thanos era un modo assai comodo per spostarsi nella metropoli. La schiena riceveva molti meno colpi che in omnibus, o persino in una vettura di piazza. Inoltre, a giudicare dall'odore, era stata pulita almeno un paio di volte: alcuni cab in cui avevo viaggiato puzzavano in maniera nauseante.

Il cocchiere fermò davanti al 43 di Mount Street ed Elgin, con gentilezza, scese per offrirmi assistenza. Uno degli aspetti che apprezzavo in lui era che trattava tutti con pari rispetto e cortesia, che si trovasse davanti una cuoca, la figlia di un conte o un ragazzo cresciuto per strada. Non vedeva differenze tra noi; forse non si rendeva nemmeno conto che esistessero.

James balzò a terra, poi alzò le braccia per aiutare Tess a scendere. Lei appoggiò le mani sulle sue spalle larghe e si preparò a saltare giù, infine atterrò con leggerezza sui piedi. «Grazie, allora» gridò al conducente, che sembrava meno seccato di quando, alla partenza, se l'era ritrovata al fianco. A quanto pareva, quella ragazza ci sapeva fare con la gente.

Ringraziai Mr. Thanos e mi incamminai dietro di Tess, in direzione della scala di servizio. Lui, però, mi trattenne con una mano sulla spalla. «Mrs. Holloway.» Si schiarì la gola. «Salutereste Lady Cynthia da parte mia? Sta bene?» Il tono era ansioso.

Ah! Dedicai alla domanda la dovuta attenzione. «Molto meglio» gli assicurai. «Ha sofferto per il lutto, ma ha un animo forte e si è ripresa in fretta. Le riferirò senz'altro che avete chiesto di lei.»

«Bene, bene.» Tentò di raddrizzare la cravatta. «E ha...» Sospirò, rassegnato. «Oh, dannazione. È inutile sperare di incontrarla ancora. A meno che non frequenti la biblioteca o gli archivi del British Museum, oppure il pub vicino a Bedford Square. Gli studiosi come me si incontrano là.» Mi lanciò un'occhiata speranzosa.

«Non saprei» ammisi. «Però c'è un club per gentiluomini in Leicester Square dove Lady Cynthia e le amiche cercano di piazzarsi, come si esprime lei. È probabile che la troviate là il mercoledì sera.»

Lui lanciò un'occhiata ammirata alla casa. «Che ardire, quella ragazza!» Di colpo si mostrò abbattuto. «Se il circolo ammette solo i soci, magari non lasceranno entrare me

«Chiedetele di accompagnarvi» gli suggerii. «Buona giornata, Mr. Thanos, e grazie per la gentilezza.»

«Eh? Ah, di niente.» Si toccò il cappello, sfiorò gli occhiali mentre abbassava la mano, si rese conto di portarli ancora e se li strappò via, rosso in volto. «Buona giornata a voi, Mrs. H. Scusate, Mrs. Holloway. James, lad, non scappare via. Mettiamo insieme le teste e vediamo se riusciamo a rintracciare quel pazzo di tuo padre.»

James si avvicinò a passi spediti. «Giusto, Mr. Thanos. Torno presto, Mrs. H.» Raggiunse di corsa la carrozza e saltò dentro, seguito da Elgin, che mi salutò con la mano. Il veicolo si avviò all'istante.

Tess mi aspettava davanti alla porta del retro. Io entrai, appesi il cappello al piolo e mi accorsi solo allora di avere ancora in testa la cuffia da cuoca, a quel punto un po' schiacciata. Dovevo avere un aspetto tremendo. Il soprabito leggero, adatto per la primavera, finì accanto al cappello.

Presi il grembiule dal gancio, tolsi la cuffia per gonfiarla un po' e, per rimetterla, andai davanti allo specchio annerito, appeso nel retrocucina.

Nel riflesso, vidi Tess alle mie spalle. «Allora, chi è quel tizio?» mi chiese. «Il signore con le lenti. Un amico di Mr. McAdam?»

«Mr. Thanos» risposi. «Sì, sono buoni amici. È molto intelligente. Riportava eccellenti risultati a Cambridge, a quanto so.» Daniel mi aveva riferito che spesso aveva messo in crisi i professori, incapaci di stare al passo con la sua mente agile.

«A Mr. McAdam piacciono tipi di ogni genere, eh?» commentò lei scuotendo il capo.

«Già» confermai in tono di rimprovero. «Come me e voi.»

Tess sbarrò gli occhi. «Nessuna offesa, missus. Bisogna pelare altre cipolle?»

Ruotò su se stessa nel suo tipico modo energico ed entrò con decisione in cucina. Io la seguii dopo avere sistemato ancora una volta cuffia e grembiule, ma mi fermai di colpo sulla soglia.

Lady Cynthia sedeva al tavolo, in completo da uomo, e leggeva una copia dello Sporting Times. Lacchè e domestiche svolgevano i loro compiti, ignorandola, abituati alle sue fughe nel seminterrato per allontanarsi da quella che definiva l'atmosfera soffocante dei piani superiori.

Appena mi notò, gettò il giornale e scattò in piedi. «Vi ho vista sfrecciare via con una vettura di piazza, Mrs. H. Dove siete andata e cosa diavolo è successo?»