«Commissioni» improvvisai, consapevole della presenza della sguattera impegnata a lavare i piatti e di Charlie, il ragazzino addetto al fuoco, seduto nel suo angolo preferito, oltre che di Mr. Davis, che ci spiava dal corridoio mentre sfregava con vigore con un panno una zuppiera d'argento. «Adesso c'è tanto da fare. Bisogna preparare le torte e comprare le verdure. Tess, andiamo al mercato.»
«Siete appena rientrate.» Mr. Davis varcò la soglia della cucina, zuppiera in mano. Riconobbi l'odore di soda detergente, aceto e succo di limone del preparato per lucidare, che confezionava lui stesso. Si rifiutava di acquistarlo già pronto, diceva, perché chissà quali diavolerie chimiche ci mettevano. Io ero d'accordo. Ogni giorno si leggeva di scienziati che mescolavano vasetti di liquido per creare sostanze dal nome impronunciabile, di cui si era fatto a meno per secoli.
«Elsie» chiamai la sguattera. «Quando avete finito con i piatti, prendete la pentola da zuppa e assicuratevi che sia ben pulita. Per oggi cucino vermicelli in brodo, sogliola fritta nel burro e, come carne, costolette di vitello. Occorrono anche le torte. Spezzate il pane di zucchero che c'è nella dispensa e mettetelo in una scodella grande. Charlie, alimenta bene le fiamme, poiché devo cuocere tutto in fretta. Mr. Davis, suppongo che la zuppiera sarà bella lustra, quando ne avrò bisogno. Tess, dovete imparare a comprare le provviste che ci servono, quindi andiamo.»
Lei, che aveva appena appeso il cappello, batté le palpebre, ma poi comprese, lo recuperò all'istante e se lo cacciò in testa. «Avete ragione, Mrs. Holloway.»
«Vi chiedo scusa, Vostra Signoria» dissi a Cynthia, di nuovo seduta e intenta a osservare il personale che si affrettava a obbedirmi. «Occorre affrettarci, altrimenti i prodotti migliori spariranno.»
Esitai, in attesa che mi congedasse, poiché non potevo limitarmi a girare sui tacchi e uscire, se era presente la signora di casa.
Cynthia inarcò le sopracciglia, gonfiando il petto snello dentro il panciotto da uomo. Parve capire, poiché si levò in piedi e, con un gesto vago, confermò: «Sì, sì, certo». Si guardò intorno, notando che i domestici si erano bloccati non appena si era alzata. «Andate avanti, voialtri.»
Mise quindi sottobraccio il giornale piegato e si diresse a passo di marcia alle scale. Nel giro di pochi istanti scomparve e la porta in alto si chiuse con uno scatto. I servitori tirarono il fiato e tornarono ai loro compiti. La sguattera cominciò a canticchiare, come sempre quando lavava le stoviglie.
Mentre uscivo di nuovo insieme a Tess, riflettei che la povera Cynthia era fuori posto nei due ambienti. Non avrebbe mai fatto parte di quello della servitù, perché glielo impedivano i nobili natali, però era a disagio in quello delle signore e dei gentiluomini dell'alta società. Loro criticavano la sua abitudine di leggere le notizie di ippica, cavalcare a perdifiato e condurre il calesse, mentre lei detestava indossare abiti ricchi di pizzi e discutere della difficoltà di trovare una brava cameriera personale. I professori di chimica delle prestigiose università inventavano ogni anno nuovi sistemi per alimentare le lampade, eppure erano incapaci di aiutare una persona che si sentiva diversa a trovare il proprio posto nel mondo e la felicità.
«Stiamo andando davvero al mercato?» mi chiese Tess appena fummo per strada. Il clima si era rinfrescato e le nuvole oscuravano il sole.
«Certo» confermai. «Ne avevo già intenzione prima, ma poi siamo state distratte.»
«Da un morto? Eh già, missus, ci ha proprio distratte. Cosa facciamo per Mr. McAdam?»
«Tutto il possibile.» Rabbrividii, non a causa del vento. Volevo rintracciare Daniel, assicurarmi che stesse bene. «Ma se non vogliamo perdere il posto, dobbiamo servire il pranzo ai signori.»
Così dicendo, mi diressi in fretta a South Audley Street e, questa volta, svoltai verso nord, diretta a Grosvenor Square e, più oltre, Oxford Street.
Per comprare ortaggi e altre merci, il posto migliore era Covent Garden, e per la carne Smithfield. Questo, però, solo se ci si alzava presto e si attraversava di corsa la città al risveglio, per poter scegliere i prodotti migliori prima che arrivassero in massa cuoche, sguattere, chef e personale dei ristoranti.
Quando non potevo recarmi nei mercati principali né mandare qualcuno al posto mio, mi arrangiavo con le botteghe e gli erbivendoli; in fondo servivano a questo. Parecchi negozi erano spuntati a Mayfair e dintorni per rifornire le dimore eleganti.
«È importante coltivare buoni rapporti con gli ortolani e i macellai del quartiere» spiegai a Tess mentre camminavamo. «Se provano simpatia per voi, vi tengono da parte le merci migliori e vi scontano qualche penny. Se invece non vi apprezzano, tentano di vendervi carne avariata, zucchero pieno di sabbia e farina scadente. Occorre prestare cautela, ragazza mia, quindi mostratevi accorta, ma anche gentile.»
«Insomma, provano a fregarvi?» domandò indignata. «Uff. E la gente dice che sono cattiva io.»
«Purtroppo è vero che tanti cercano di approfittarsi degli altri» confermai. «Per questo dovete essere guardinga, ma non sboccata. È meglio che non parliate durante questa prima visita.»
Tess scosse la testa. «Mamma mia, le cose che succedono nel mondo dei ricconi.»
«È un ambiente pericoloso» la misi in guardia. «Bisogna fare molta attenzione. Ci si può stare bene, se si rispettano le loro regole, almeno in apparenza.»
Lei sorrise divertita. «Bisogna fare finta, giusto? È tutto un gioco.»
«Un gioco serio, necessario per mantenersi. Ricordatevelo. Questo mondo vi può rovinare in un batter d'occhio, quindi comportatevi bene.»
Lei emise il fiato. «Cavolo! Imparo qualcosa di nuovo ogni giorno. Ehi, quella non è Sua Signoria in calzoni?»
In effetti, Lady Cynthia aspettava vicino a una cancellata, all'angolo di Grosvenor Square. Aveva imparato ad atteggiarsi da uomo e, con il cappello calato sulla fronte e la sciarpa sopra i capelli, sembrava davvero un giovanotto di mondo, che non aveva niente da fare, se non abbordare una cuoca diretta al mercato.
Mentre passavamo, si girò e iniziò a camminare al nostro fianco. «Spiegatemelo subito, Mrs. H.» mi intimò. «Cosa è successo?»
Nella relativa calma della via che stavamo percorrendo, raccontai che Mr. Davis aveva letto l'articolo riguardo a Daniel e che io ero corsa a Scotland Yard per verificare se la vittima fosse lui. Le parlai anche dell'Ispettore Capo Moss e dell'Ispettore McGregor. Terminai esprimendo la nostra preoccupazione per Daniel e aggiunsi che Mr. Thanos e James erano andati alla sua ricerca.
«Per Giove!» esclamò lei alla fine. «Spero proprio che McAdam stia bene. Lavorava in un banco dei pegni, dicevate?»
«Sì.» Ero incerta su quanto Daniel volesse rendere nota la propria attività in quel posto, però Cynthia era al corrente delle sue strane avventure. «Per conto della polizia, credo. Cercava beni rubati.»
«Capisco. E magari quel tizio intendeva ucciderlo perché fingeva di stare dalla parte dei ladri.»
«Vorrei tanto saperlo. Ritracciare Daniel è la chiave per risolvere l'enigma, ne sono certa.»
Con i piedi calzati di stivali, lei fece un saltello. «È là che state andando? A cercarlo?»
Tess mi guardò speranzosa, ma io scossi la testa. «No, siamo davvero dirette al mercato. Sono una cuoca, non un ispettore di polizia.»
«Scotland Yard sarebbe fortunata ad avervi, Mrs. H.» commentò Cynthia con un largo sorriso. «Facciamo così: sistemate il montone lesso per il mio vecchio, noioso zio, e io mi guardo in giro, in cerca del povero McAdam. Da dove potrei cominciare?»
«Cielo, non so molto più di voi. Frequenta ambienti malsani, temo.» Riflettei un istante. «C'è un pub sulla Edgware Road, che si chiama Dog and Bell. Forse anche tutte le taverne e le locande tra qui e là. In realtà non ne ho idea.» Mi accorsi di avere alzato il tono di voce sull'ultima frase, rivelando la mia ansia.
Con gentilezza, Cynthia mi posò la mano sul braccio. «Calmatevi, Mrs. H. Avete affermato che Mr. Thanos lo sta già cercando? Saprà dove recarsi, no?»
«Sì» ammisi. «E anche James.» Pescai dalla tasca il fazzoletto e mi tamponai gli occhi.
«Vado a prendere cavalli e carrozza e mi reco nei posti più probabili» si offrì lei. «Il vecchio Rankin mi ha proibito di toccare il phaeton, però non è qui, e lo zio Neville se ne infischia di cosa faccio. Mi giudica abbastanza mansueta rispetto al resto della famiglia.» Rise, ma senza gioia.
«Tuttavia c'è un individuo pericoloso che si aggira per Londra e ammazza a bastonate la gente» le rammentai.
Lei annuì, ma si capiva che non era allarmata quanto avrebbe dovuto. «Ero scesa in cucina anche per parlarvi di Clemmie. L'ho presa in disparte ieri sera a teatro per riferirle le vostre conclusioni, e cioè che il marito sta vendendo i quadri di casa. Inutile dirlo, è furibonda. Il vento è cambiato, penso. Ha intenzione di sbattergli in faccia la verità.» Estrasse un grosso orologio da taschino e lo aprì. «Più o meno a quest'ora. Mi pare ottimo. Magari il vecchio Godfrey smetterà di trattarla come un pezza da piedi. Non è strano che si sia trovata un Casanova.»
«Speriamo che facciano la pace» azzardai, però ero pessimista. Quando marito e moglie perdevano il rispetto reciproco, il matrimonio era condannato.
Cynthia ridacchiò. «Mi auguro che lui le regali qualcosa di carino, oppure che la spedisca a Parigi o in un altro posto simile e la lasci in pace. Be', adesso mi dedico a perlustrare la metropoli.» Ci rivolse un allegro saluto, pronta a precipitarsi a casa per recuperare il phaeton.
«Tra l'altro» dissi appena prima che se ne andasse, «Mr. Thanos vi saluta.»
Le sue gote si tinsero di rosa. «Davvero? Gentile da parte sua.»
Si voltò a guardare gli alberi, oltre la recinzione del parco di Grosvenor Square. Credevo volesse aggiungere altro, invece si girò e si incamminò a passi decisi verso casa, con le spalle rigide e i pugni chiusi.
Tess mi lanciò un'occhiata di intesa. «Allora è infatuata di quel greco?»
«Mr. Thanos non è greco» la corressi. «Insomma, non più. Lo era il nonno, che però sposò un'inglese. Lui è britannico quanto me e voi.»
«Non proprio» negò Tess con convinzione. «Non avevo mai visto un uomo con i capelli così neri, e anche gli occhi. Non è male. Se porta a passeggiare Sua Signoria, lei si mette i pantaloni? I ricchi sono strani, vero?»
«Tenete a freno la lingua» l'ammonii, percorrendo in fretta North Audley Street. «Non dovete fiatare riguardo a Lady Cynthia o Mr. Thanos, né nessun altro dei piani superiori.»
Lei fece il gesto di chiudere a chiave la bocca. «Non parlo in giro. Altrimenti metà dei miei amici finisce in gattabuia, no? Dove sono cresciuta, si impara presto a non fare la spia.»
Non era proprio quello che intendevo. Non rivelare alla polizia l'identità di un ladro o di uno scassinatore era diverso dall'esercitare la discrezione. Avevo ancora tanto da insegnarle.
«Già» tagliai corto e la esortai a proseguire.
Di fronte agli ortolani di un vicolo di Oxford Street, Tess rimase sbalordita per la quantità di cibo. Mucchi di cetrioli lustri erano esposti accanto a teste di cavolo e ad asparagi disposti in file ordinate. Li tastai per verificare che la punta fosse soda e non ci fossero insetti, prima di indicare al venditore cosa desideravo.
«Il cetriolo deve essere pesante per le sue dimensioni, e verde scuro» spiegai a Tess. «Il cavolo migliore è compatto, senza foglie annerite. State attenta, per favore: tra non molto avrete il compito di fare la spesa da sola.»
Lei intanto fissava rapita alcuni grappoli di bacche verde chiaro striato. «Possiamo comprare l'uva spina?» mi chiese con entusiasmo. «Mi piace tanto e l'ho mangiata una volta sola.»
Poiché dovevo preparare una torta, acconsentii. «Sceglietene un po'. Assicuratevi che sia soda, ma non dura. E nemmeno schiacciata né troppo sporca. Sbrigatevi. Dobbiamo ancora andare dal pescivendolo.»
L'ortolano calcolò il totale della spesa, che comprendeva anche cipollotti e patate novelle, e l'annotò sul quaderno dove teneva il conto di Lord Rankin. Anche se questo rimaneva nel Surrey, e Mrs. Bywater amministrava la casa in sua assenza, pagava per gli alimenti. Per fortuna, poiché la zia di Cynthia era piuttosto parsimoniosa. Non avremmo mangiato così bene se si fosse occupata lei della dispensa.
Frugai nella borsetta. «E qui c'è qualche penny per le bacche che Tess ha già mangiato» spiegai, porgendo le monete al venditore. «La sto ancora educando. In futuro non lo farà più.»
Lui, che era un tipo cordiale, prese i soldi e li lasciò cadere in tasca. «Non vi preoccupate, Mrs. Holloway. Sembra affamata. Comunque la terrò d'occhio quando tornerà senza di voi.» Si batté l'indice su un lato del naso.
«Vi conviene.» Condussi fuori Tess. Era ammutolita, ma solo perché aveva la bocca piena di uva spina.
Eravamo quasi arrivati nella zona dei pescivendoli quando riuscì a mormorare: «Scusate, Mrs. H.».
«Santo cielo, Tess! Tengo sempre da parte cibo in abbondanza per il personale. Quando lavorate per me, non dovete temere di restare a digiuno.»
Lei passò il canestro pieno sull'altro braccio per toccarmi la spalla. «Siete troppo buona con me. Ehi, mi fate di nuovo piangere.»
«Evitatelo» le intimai. «Siamo per strada. Comunque non importa. Vi lacrimeranno gli occhi al mercato del pesce. A volte è assai puzzolente.»
«Meglio dell'obitorio» rispose allegra. «Tutto lo è, credo.»
Era quasi impossibile comprare pesce buono se non si arrivava alla bancarella poco dopo che la merce era stata scaricata dalla barca. Riuscii comunque a trovare un pezzo decente di salmone, tenuto al fresco nella segatura, e lo acquistai.
«Avevo programmato la sogliola» avvisai Tess sulla via del ritorno. Alcuni mendicanti vicino all'ufficio postale mi tesero la mano e io offrii un centesimo a ognuno di quei poveretti. «Però bisogna lasciare la mente aperta riguardo al menu. Magari trovate qualcosa di meglio di quello che avevate previsto e vi adattate.»
Tess annuì, come sforzandosi di memorizzare tutti i miei consigli.
Una volta in cucina, Elsie pulì il salmone e io lo tranciai in grossi pezzi. Quindi preparai una salsa con burro, vino, scalogno, prezzemolo e capperi, ve lo immersi e lo misi a cuocere a fuoco lento, mentre facevo bollire i vermicelli. Dimostrai quindi a Tess come tagliare i cetrioli per ricavarne fette molto sottili, e insieme li condimmo con olio saporito, aceto, pepe macinato e sale.
Non ero riuscita a trovare costolette di vitello abbastanza buone, quindi mi arrangiai con quelle avanzate di maiale. Le battei per assottigliarle, le rivestii di pangrattato e le frissi nel burro, rendendole tenere e gustose quanto il vitello.
In seguito era prevista la crostata di uva spina, che approntai molto in fretta. Mentre Tess lavava le bacche, io preparai la pasta sfoglia. Infornai la torta mentre cuocevano il salmone e la carne.
Un ottimo pasto, mi dissi quando fu pronto da mandare al piano di sopra.
In un giorno normale ne sarei stata soddisfatta e mi sarei avventata sulle porzioni tenute da parte per il personale, tuttavia ero troppo inquieta per Daniel per mangiare molto. Il sollievo per la scoperta che non era l'uomo all'obitorio aveva lasciato il posto a un'ansia divorante per le sue condizioni. James, Elgin e a quel punto Lady Cynthia, che non era tornata per il pranzo, lo stavano cercando, ma avevano qualche possibilità di rintracciarlo, vivo o morto? Magari era fuggito da Londra, a bordo di un treno diretto chissà dove. Per esempio in Scozia, dove aveva affermato di essere sparito all'inizio della primavera. Forse non lo avremmo visto per mesi.
Venni colta da brividi freddi, che mi impedirono di gustare anche un solo boccone di quel pasto prelibato.
Il resto della giornata passò cucinando e spiegando a Tess cosa mi aspettavo da un'aiutante. Doveva approntare tutti gli ingredienti per consentirmi di preparare in fretta ogni piatto, e se occorreva sale, zucchero o altro in più, me li doveva passare all'istante. Giocare a dadi con il giovane sguattero e insegnargli a barare non era uno dei suoi compiti, come chiarii con freddezza a entrambi.
Tess non si lasciava abbattere. Di fronte ai miei rimproveri si limitava a sorridere e a promettere di comportarsi meglio, strizzando l'occhio a Charlie quando si credeva inosservata.
Ammiravo la sua energia e la sua vivacità, ed ero felice che Daniel l'avesse salvata dalla forca, in qualunque modo ci fosse riuscito. Quando lo avrei trovato, e sarebbe accaduto di sicuro, lo avrei esortato a raccontarmi l'intera storia
Infine trovai un momento per chiedere a Mrs. Bywater il permesso di prendere Tess come aiuto cuoca, anche se ero così impegnata che fui costretta a mandarle un messaggio tramite Mr. Davis. La signora, mi riferì il maggiordomo, rispose che se io e lui avessimo garantito per la ragazza l'avrebbe inclusa tra il personale.
Mr. Davis pareva dubbioso, ma io lo fulminai con lo sguardo e gli strappai un sospiro. «D'accordo, Mrs. Holloway» concesse altezzoso. «Però tenetela lontana dall'argenteria e dal vino. So riconoscere una ladruncola quando la vedo.»
Speravo si sbagliasse, tuttavia non mi azzardavo a fidarmi alla cieca. «La terrò d'occhio» promisi.
Lui scosse la testa, ma non aggiunse altro sull'argomento.
Completata la cena, terminammo per la serata. Tess, sotto il mio sguardo attento, mescolò la pasta per il pane del mattino. Se la cavò bene, a parte l'eccesso di farina, compensato da un goccio d'acqua in più.
Collocai l'impasto nella dispensa per lasciarlo lievitare, poi salii con Tess fino al sottotetto. Lady Cynthia, se era rientrata, non mi aveva mandata a chiamare né era scesa in cucina. Poiché spesso rincasava a tarda notte, conclusi che non l'avrei rivista fino all'indomani.
Al mattino preparai la semplice colazione inglese per i Bywater, poi mi dedicai a friggere le patate, la pancetta, i peperoni e le cipolle per il personale e li servii insieme alle uova sode avanzate.
Dopo colazione, mi misi il cappellino migliore e avvisai Tess che mi sarei recata alla cappella, poiché era domenica. Ci andavo con un gruppetto di domestici. Avevamo cominciato dopo che erano venuti ad abitare in casa gli zii di Cynthia. Non ero mai stata una grande praticante, però Mrs. Bywater ci aveva avvisati che sarebbe stata lieta se l'avessimo accompagnata alla Grosvenor Chapel, un piccolo edificio accogliente sulla South Audley Street, costruito il secolo scorso.
Dunque quella mattina mi preparai a uscire insieme a Sara, Elsie e un lacchè e a seguire Mrs. Bywater a una certa distanza, come anatroccoli dietro la madre.
Tess si rifiutò di venire. «Io, in chiesa?» domandò sbalordita. «Neanche per sogno. Tanto non mi lasciano entrare.»
«Tutti sono bene accolti» le rammentai mentre infilavo uno spillone nel cappello per fissarlo alla folta crocchia. «Siamo uguali di fronte a Dio.»
«Be', io no. Sono nata nei bassifondi e non ero un angioletto, sul serio. Non posso mettere piede in una cappella da ricconi.»
La ragazza non aveva idea di cosa fosse la carità cristiana, però in parte la comprendevo. Lo sfarzo di certi templi e il lusso eccessivo dei paramenti liturgici potevano risultare sgradevoli, anche se, a mio parere, Grosvenor Chapel aveva un'eleganza discreta.
«I miti erediteranno la terra, Tess» tentai.
Lei riprese ad aggiungere burro alla farina per preparare la pasta di una torta. «Be', io non sono tanto mite» dichiarò con decisione. «E poi cosa me ne faccio della terra?»
Impossibile discuterne. L'affidai a Mr. Davis, che sosteneva di avere troppo da fare per partecipare alla funzione domenicale. Considerato che, mentre lo affermava, era in maniche di camicia nella saletta della servitù, intento a scorrere il giornale, non gli diedi troppo credito, comunque lo salutai.
Mi avviai insieme agli altri. Le due cameriere più giovani e Paul, il lacchè, camminavano in fretta. Quella mattina le strade non erano molto affollate, ma c'erano comunque parecchi veicoli, carrozze dirette in chiesa o altrove, gente che passeggiava a piedi o a cavallo e si godeva il sole dopo la pioggia.
Come il giorno prima in Oxford Street, alcuni poveri erano appostati accanto alla cappella, nella speranza che i fedeli, uscendo dalla funzione, dessero prova di carità.
I mendicanti mi tormentavano sempre la coscienza. Da un lato mi impietosivo ed ero portata ad aiutare i meno fortunati di me; dall'altro, però, tanti miserabili sperperavano l'elemosina per il gin, invece di acquistare cibo sano e pagare per un posto sicuro dove dormire. Si ubriacavano, venivano arrestati e poi sbattuti di nuovo per strada, dove smaltivano la sbornia dormendo; infine tornavano a mendicare. Gli ospizi erano troppo pieni per accogliere tutti gli indigenti di Londra, anche se non avrei augurato a nessuno di andarci a finire.
Scelsi di placare la coscienza e mi trattenni un po' indietro per porgere a ognuno una moneta.
«Usatela per mangiare» raccomandai a un uomo che puzzava talmente da costringermi a respirare con la bocca mentre gli lasciavo cadere il soldo sulla mano. «Cibo sostanzioso, capito?»
Il disgraziato borbottò qualcosa, chiuse le dita sull'offerta e chinò il capo.
Mi girai verso quello al suo fianco, che per fortuna non era attorniato da una nuvola di cattivo odore, e posai un centesimo sul palmo aperto. «Anche voi» gli dissi. «Se lo usate per il gin, non migliorerete mai.»
Lui annuì. I capelli ispidi erano sporchi e il berretto così pieno di buchi da non essere di nessuna utilità.
Mi scoccò un'occhiata mentre stavo per voltarmi. Il viso era sudicio e coperto di pustole, davvero pietoso. Gli occhi, però... Nel breve istante in cui incrociai il suo sguardo, notai che erano blu e che il bianco era limpido, non iniettato di sangue come quello dei compagni.
Un istante dopo scappò via. Alla velocità consentita dal corpo ingobbito, si lanciò lungo il passaggio in ombra accanto alla cappella, lasciandomi a bocca aperta.
«Oh no!» esclamai richiudendo la borsetta con uno scatto. «Non mi sfuggirete così facilmente.»
Raccolsi le gonne e lo rincorsi.