18

Penelope non aveva troppa voglia di fare una visita dopo quella conversazione, ma Benedict sembrava deciso. Bussò con il batacchio, poi indietreggiò, si mise al suo fianco e in un istante la sua postura cambiò del tutto. Portò indietro le spalle, raddrizzò la schiena, ogni traccia di tensione o irritazione scomparve dal suo volto. Ora sembrava sereno e composto come un sovrano uscito a fare una passeggiata.

Penelope restò sconcertata. Fino a pochi minuti prima avevano discusso animatamente, lui aveva alzato la voce. Ora sembrava che quello scambio non fosse mai avvenuto.

«Lady George è in casa?» domandò al domestico che venne ad aprire.

«Sì, milord.» Il valletto li fece entrare, poi li condusse in un salottino. Benedict andò alla finestra, e si mise a guardare fuori, sembrava affascinato dal panorama. Senza sapere che cosa dire, Penelope prese a giocherellare con un bottone del guanti. Forse era meglio stare zitta. Quel giorno qualunque cosa dicesse pareva sbagliata. La mamma non le aveva forse raccomandato tante volte di controllare la sua tendenza a manifestare sempre il proprio pensiero? Non le aveva sempre consigliato di mostrarsi più sensibile con gli altri? Abigail le aveva detto che il Conte di Stratford aveva frustato Benedict. Penelope stessa aveva visto con i propri occhi quanto poteva essere freddo e crudele quell'uomo. Era difficile pensare che qualcuno potesse preferire schierarsi al fianco di Lord Stratford anziché di Sebastian, che era un uomo gentile e sensibile, ma il conte era il padre di Benedict e, se per lei era molto facile scegliere, per lui non doveva esserlo per nulla. Peccato che lei se ne rendesse conto soltanto adesso. Ah, forse avrebbe dovuto rinchiudersi in un convento, tra le monache che rispettavano il voto del silenzio.

Dopo qualche minuto il domestico tornò. «Sua Signoria vi chiede di raggiungerla nella sala da pranzo, milord.»

«Ah, il murale» mormorò Benedict, seguendolo. Una volta ancora le offrì il braccio e Penelope, sentendosi una moglie ben poco adeguata, lo prese. Se suo marito voleva che si presentassero come una coppia felice, ebbene, lo avrebbe assecondato. «Samantha dice che Gray aveva minacciato di dipingerne uno.»

«Davvero?»

«Sì, è un artista. E anche talentuoso, a quel che si dice.»

Quando arrivarono nella sala da pranzo, li accolse una visione sorprendente. Su una parete tutta bianca, che contrastava nettamente con le altre, di un rosso profondo, un uomo alto, dai capelli spettinati e issato su una scala, dipingeva il volto di una dea che somigliava in modo stupefacente a Samantha. La gentildonna in questione venne subito loro incontro.

«Siete venuti voi, mentre avrei dovuto venire io a trovarvi!» esclamò, e gettò le braccia intorno al collo di Benedict, che la strinse con affetto. «Spero possiate perdonarmi» aggiunse poi, rivolgendosi a Penelope. «Da parte mia, io non perdonerò mai Benedict per non avermi detto del vostro matrimonio!»

Penelope le rivolse un sorriso incerto. «Non vi aveva informato?» Samantha era cambiata dall'ultima volta che l'aveva vista, tre mesi prima. In quell'occasione, addolorata per la parte che aveva avuto nella scomparsa del denaro di Stratford e del padre di Sebastian, era stata silenziosa e triste. Ora era una donna nuova, il volto era arrossato di felicità, gli occhi luminosi, e non c'era traccia di rigidità nei suoi movimenti.

«Non me lo ha detto in tempo!» gridò, dando un colpo sul braccio al fratello. «Gray, tu sapevi che Benedict stava per sposarsi?»

«No» rispose l'uomo sulla scala, senza voltarsi.

«È stata una cerimonia intima e voi non eravate a Londra.» Benedict allargò le braccia. «Che cosa avrei dovuto fare?»

Samantha gli scoccò un'occhiata di rimprovero. «Avresti dovuto aspettare.» Poi si girò verso Penelope. «Vi auguro una grande felicità. Mio fratello ha bisogno di avere accanto una donna decisa, e credo che sarete perfetta per lui.»

«Vi ringrazio» rispose Penelope. «Lo spero.» Suo marito la guardò, inarcando le sopracciglia, ma lei lo ignorò. Benedict credeva forse che bastasse una lite a farle cambiare idea su certe cose fondamentali?

«Gray, vieni a conoscere la tua nuova cognata» chiamò Samantha. Suo marito agitò una mano in segno di saluto, il pennello tra i denti, e lei sospirò. «Starà lassù tutto il giorno. Vogliamo spostarci nel salotto?» Prendendo sottobraccio Penelope, li condusse in un salottino privato. «Ditemi delle nozze. Com'è andata la cerimonia?»

«Oh, è stata incantevole» rispose Penelope.

«Ne sono così felice.» Samantha sorrise. «E avete già preso una casa? È tempo che Ben lasci gli alloggi degli ufficiali.»

«Sì, proprio questa mattina ne abbiamo vista una che ci piace» la informò Benedict. «Veniamo da là. È in Margaret Street.»

«Oh, ma è molto vicino a qui! Dobbiamo dare una cena. Elizabeth vorrà venire con Turley, naturalmente. Ci sarà anche vostra sorella?» Samantha chiese a Penelope. «Spero che lei e Mr. Vane stiano bene.»

Penelope restò sbigottita, si aspettava che tutti gli Stratford evitassero di nominare i Vane. Guardò il marito, in una silenziosa richiesta d'aiuto, ma Benedict non disse nulla, conservando la sua espressione di neutra cortesia. «Stanno bene entrambi, grazie» mormorò infine lei.

«Mi fa tanto piacere saperlo!» Samantha scoccò loro un luminoso sorriso, che però si spense dopo qualche istante. «Qualcosa non va?»

«Ma no, niente affatto» si affrettò a risponderle il fratello. «Sottoponi sempre i tuoi ospiti a un simile interrogatorio?»

Samantha sospirò. «Ben, che cosa hai fatto?»

Lui la guardò per un lungo momento. «Le ho detto di nostro padre.»

«Oh, cielo.» Samantha impallidì, la sua voce divenne un bisbiglio. «Lui è... Ha...?»

«Mi ha bandito da casa, così non c'è nulla di che preoccuparsi.» Benedict si stampò di nuovo un sorriso fiducioso sulle labbra. «Suppongo tu non abbia niente da offrirci, vero?»

«Ma certo che sì!» Con un'espressione preoccupata, Samantha suonò il campanello e chiese al domestico di portare dei rinfreschi. «Siete rimasta molto sconvolta, Penelope?» domandò poi, in tono esitante.

«Ecco, vostro padre sembra un uomo molto... esigente» replicò lei, cauta.

La padrona di casa rabbrividì. «Sì.» Dopodiché seguì un lungo, teso silenzio.

Penelope cominciò a detestare suo marito. Perché le aveva detto la verità su suo padre soltanto quel giorno, e poco prima di arrivare a casa della sorella? Non aveva pensato che le sarebbe servito un poco di tempo per assorbire ciò che aveva appena saputo? Ora si sentiva fuori posto e la faceva soffrire la sensazione di essere stata insensibile e sconsiderata. Nel timore di irritare o turbare Samantha, non sapeva che cosa dire.

«Mi sono resa conto che i vostri genitori sono molto diversi dai miei» cominciò, pregando di non peggiorare la situazione. «Sotto molti aspetti. Uno dei miei più grandi difetti è presumere che gli altri condividano i miei sentimenti e le mie percezioni, così commetto molti errori di valutazione. Ma cercherò di non dire sciocchezze quando incontrerò di nuovo Lord e Lady Stratford.»

Fratello e sorella si scambiarono uno sguardo che Penelope non riuscì a decifrare. Poi Samantha sorrise. «Sì, credo che i nostri genitori siano diversi da Mr. e Mrs. Weston. Immagino tuttavia che nostra madre sia stata felice di sapere che finalmente Benedict si è sistemato.»

Benedict si rilassò. «Oh, sì! Ha augurato a entrambi di essere felici e mi ha chiesto di portarti a trovarla, mia cara.»

Poiché Penelope ricordava la contessa come una donna fredda e distante, si disse che non c'era alcuna fretta di organizzare quell'incontro.

«Bene.» Anche Samantha ora sembrava meno tesa. «Devo organizzare una cena in vostro onore. Sarà un evento intimo, soltanto i familiari e gli amici più stretti, per festeggiare il vostro matrimonio. Ditemi che me lo permettete. Vi prometto che Gray avrà finito il suo lavoro e non dovremo cenare tra le latte di colori.»

«Che cosa ne pensi, Penelope? La accontentiamo?»

«Accontentarmi! Oh, che uomo orribile sei!» gridò la sorella.

Penelope incontrò lo sguardo del marito. Benedict aveva un'espressione ironica mentre punzecchiava Samantha, ma c'era anche una luce incerta nei suoi occhi. Che cosa le aveva detto poco prima di arrivare a casa della sorella? Andiamo a trovare un membro per bene della mia famiglia. Forse aveva deliberatamente scelto quel momento per parlarle del conte, come se avesse voluto mitigare la crudeltà del padre con la successiva gentilezza della sorella. «È molto generoso da parte vostra» disse a Samantha.

«Sarà un piacere per me» replicò l'altra con sicurezza. «Sarà il nostro primo ricevimento. Oh, che bello! Da tanto tempo desideravo avere una nuova sorella!»

«Immagino che per voi sia stata una sorpresa» osservò Penelope.

Samantha scoppiò a ridere. «La migliore delle sorprese! Vi auguro ogni felicità, Penelope. Sono così lieta che Benedict abbia scelto di sposare qualcuno cui già volevo bene.»

Penelope sorrise, incerta, poi mormorò qualche vaga parola di ringraziamento. Ardeva dal desiderio di sapere di più su Samantha e su tutti i Lennox. Che cosa aveva cercato di dirle Benedict mentre andavano là? Suo padre era davvero un mostro? Lei non voleva pensare che suo marito fosse un bugiardo, ma era difficile conciliare tutti i lati della sua personalità. Aveva abbandonato un amico per essere leale verso suo padre, ma l'aveva avvisata che il conte era un uomo spietato e crudele, non certo il tipo di persona che poteva ispirare una cieca lealtà. Aveva affermato di avere agito per proteggere Samantha, ma sua sorella non era stata percossa e ora era sposata con un uomo attraente che, era evidente, la adorava. Che cosa aveva temuto potesse accaderle Benedict? Quando era stato menzionato Lord Stratford, per un momento Samantha era parsa davvero preoccupata, poi però sia lei sia Benedict si erano comportati come se nulla fosse. E anche ora Samantha chiacchierava del ricevimento che avrebbe dato, mentre lei, Penelope, riusciva soltanto a domandarsi: A che razza di famiglia mi sono legata?

Nelle due settimane che seguirono, condussero una vita apparentemente serena. Penelope non discuteva più, non roteava gli occhi a ogni cosa che lui diceva. Diventò, semmai, ancora più riservata e docile, proprio la moglie che Benedict un tempo aveva dichiarato di volere. Ma ciò, invece di dargli la conferma che quel matrimonio era stata un'ottima scelta, lo innervosì. Perché mai aveva pensato che una dolce, amabile compagna gli sarebbe bastata? Lui voleva la donna dalla lingua affilata che lo aveva sedotto sul sofà, ma quella donna sembrava stargli sempre più lontana. Così ora erano diventati quasi due estranei, che si giravano intorno con reciproca diffidenza.

Benedict trovava ci fosse una certa ingiustizia in quella situazione. Aveva sperato che, raccontando alla moglie tutti i risvolti della sua storia con Sebastian Vane, il loro rapporto migliorasse. Penelope aveva deciso che lui era stato crudele con Sebastian, era evidente. Era anche evidente che Sebastian, ora marito di Abigail, aveva raccontato alle Weston la sua versione della storia, una versione nella quale lui era il cattivo. Prima Benedict non si era curato della questione, ma ora Penelope era sua moglie e perciò aveva ritenuto giusto che lei meritasse di conoscere anche la sua, di versione. Si era persino immaginato la reazione di Penelope quando glielo avesse detto: attonita, contrita, profondamente pentita di avergli accollato tutta la responsabilità delle sofferenze di Sebastian. Invece Penelope era sembrata prima scettica, poi quasi distante.

Poteva immaginare il perché. Sua moglie non gli credeva, o forse non lo capiva. La maggior parte dei giovani veniva frustata se si comportava male; la maggior parte dei padri si aspettava che i figli stessero dalla loro parte. Al mondo, Lord Stratford si presentava come una persona intelligente e corretta, sempre molto controllata. Era famoso per la sua collezione di opere d'arte e pubblicamente acclamato per il mecenatismo nei confronti di artisti emergenti. Poteva essere spietato negli affari, ma anche questo aspetto in lui veniva apprezzato. In pubblico si aspettava che sua moglie e i suoi figli fossero un esempio di fascino ed eleganza, degni dell'illustre nome che portavano, e loro non osavano deluderlo. Benedict riteneva che solo una persona su cento avrebbe creduto alla verità che si celava dietro quell'impeccabile facciata, e lui forse era stato un pazzo a sperare che sua moglie potesse essere quella persona.

Si disse che quello non era un ostacolo insormontabile. Penelope, giustamente, non era molto interessata a incontrare il conte, proprio come il conte non lo era a incontrare lei. Dal canto suo, lui doveva considerare quel fatto una benedizione ed essere lieto di non dover organizzare nessun incontro. Cercare di spiegarle com'era la sua famiglia aveva soltanto indotto la moglie a dubitare ancora di più di lui, così in futuro meno avesse detto su Stratford, meglio sarebbe stato.

Si stabilirono nella nuova casa in Margaret Street e per qualche tempo Benedict sperò che nel nuovo ambiente si sarebbe ricreata fra loro la stessa sincerità sbocciata il giorno in cui aveva mostrato a Penelope la dimora. Rammentava bene la promessa che le aveva fatto di mostrarle come si facesse l'amore contro una parete e voleva mantenerla, ma, una volta arrivato il grande letto, un atto simile gli parve forzato, e d'altronde Penelope non ne aveva mai più fatto menzione. Fintantoché avessero continuato a fare l'amore sul letto, si diceva, non c'era nulla di cui lamentarsi. Sessualmente lei non gli negava niente, ma dopo non si rannicchiava mai fra le sue braccia. Benedict cominciò a desiderare di non averle mai chiesto di cavalcarlo su quel sofà, perché ora sapeva che cosa si stava perdendo.

Con il passare dei giorni, quella perfetta, noiosa rispettabilità cominciò a irritarlo. Ogni volta che lei accettava educatamente di accompagnarlo a fare una passeggiata o un giro in carrozza, non poteva fare a meno di chiedersi che fine avesse fatto lo spirito battagliero di sua moglie. Che cosa le stava succedendo? Sulle prime si era sentito sollevato che Penelope avesse smesso di porgli domande scomode, poi però cominciò a sentire la mancanza delle loro discussioni... e delle riconciliazioni che seguivano.

Quando una sera, in carrozza, la colse a osservarlo con aria seria e meditabonda, la sua frustrazione esplose. «Che cosa c'è?»

Lei batté le palpebre e Benedict si rese conto di avere avuto un tono molto brusco, così cercò di ammorbidirsi. «A che cosa stai pensando, mia cara?»

Lei si girò a guardare fuori dal finestrino. «Niente. Stavo solo tentando di capirti.»

«Che modo inutile di passare il tempo! Non sono certo un enigma tale da causarti tanto sconforto.»

«Sconforto!» Penelope si voltò di scatto a guardarlo. Per un istante l'antico fuoco le brillò negli occhi e Benedict fu percorso da un improvviso fremito di anticipazione. Subito però la giovane si calmò e tornò a guardare verso il finestrino. «Come volete, milord.»

Benedict si sentì all'improvviso un idiota. Senza pensarci, le coprì una mano con la propria. «Ho parlato avventatamente, è solo che ti ho vista così seria. Spero di non essere io la causa della tua poca allegria.»

Sua moglie lo guardò con la coda dell'occhio, diffidente. «Benedict» cominciò, mentre la vettura si arrestava e un valletto apriva lo sportello.

«Sì?» Lui protese una mano per fermarlo, lo sguardo fisso sulla moglie.

«Siamo arrivati» disse però Penelope, e a lui non restò che scendere e guidarla verso le scale.

Per la prima volta da anni si rese conto di avere un'espressione che contrastava con le sue emozioni. In quanto figlio del Conte di Stratford, era stato educato a non perdere mai il controllo nelle occasioni pubbliche. Un visconte, erede di un conte, non doveva mai dimenticare dove si trovava. Nessuno doveva mai sospettare che nutrisse qualche insicurezza, o che non fosse all'altezza di ogni situazione. Per anni aveva interpretato quel ruolo senza fatica. Non era un uomo collerico, inoltre lo gratificava piacere anche quando ciò gli costava uno sforzo, e la gente preferiva sempre un gentiluomo affascinante a uno altezzoso o che non faceva che lagnarsi. Quella sera, però, si sentiva irrequieto e scorbutico e pensò che non gli sarebbe importato se qualcuno lo avesse notato.

Nella sala si era riunita una compagnia più eterogenea del solito. Con l'avanzare dell'autunno, la maggior parte del bel mondo londinese aveva lasciato la città, ma i coraggiosi rimasti erano decisi a divertirsi. I ricevimenti erano più contenuti, gli ospiti non si conoscevano tutti, ma questo non pareva avere diminuito la curiosità di Penelope, che ben presto abbandonò il suo fianco per partecipare quasi a ogni danza.

Benedict non era incline a tanta attività. Così, sorseggiando un bicchiere di vino scadente, guardò con aria meditabonda la moglie stringere la mano di un uomo che non conosceva e scoccargli il suo sorriso provocante. No, non era geloso di lei, però gli sarebbe piaciuto vederla altrettanto allegra anche quando era in sua compagnia.

Quella sera indossava un abito impreziosito da ricami dorati e, mentre volteggiava tra gli altri ballerini, pareva letteralmente scintillare alla luce delle candele. La scollatura le abbracciava in modo incantevole il seno, la gonna si sollevava nei passi della danza, offrendo visioni tentatrici delle caviglie fasciate dalle calze. Benedict bevve dell'altro vino. Sapeva che, se l'avesse invitata, Penelope avrebbe ballato con lui, ma non lo avrebbe guardato così.

«È molto bella» osservò una voce femminile al suo fianco.

Benedict si girò e alla sua sinistra vide una donna insignificante, con indosso un abito di velluto marrone, intenta a guardare i ballerini. Non aveva idea di chi fosse. «Prego?»

«La signora con l'abito dai ricami dorati. Non avete mai smesso di guardarla.»

«Sì.»

Lei avvicinò un po' di più la testa alla sua. «Anche lei vi guarda continuamente, tuttavia suppongo lo sappiate. È la vostra amante?»

L'osservazione della donna su Penelope, quella secondo cui lei lo stava guardando, lo incuriosì. Volle saperne di più. «È mia moglie.»

La signora gli rivolse un sorriso astuto. «Ancora meglio!» esclamò, e tornò a voltarsi verso i ballerini. «Allora come mai vi evitate? Avete forse litigato?»

«No» rispose Benedict, irrigidendosi.

«No!» La donna parve delusa. «Che peccato. Già immaginavo tutti i modi in cui un uomo e la sua amante, o sua moglie, potrebbero riconciliarsi. Forse lei spende troppo; forse lui ha un'amante e lei lo ha appena scoperto. Forse...»

«Non c'è stata nessuna lite» la interruppe lui, irritato. «E non credo che lei mi abbia rivolto più di un paio di occhiate in tutta la sera.»

«Oh, invece vi sbagliate.» La signora gli scoccò un rapido sguardo di apprezzamento. «E non c'è da meravigliarsene. Siete molto attraente, signore.»

Benedict la fissò, in parte oltraggiato, in parte sconcertato, ma ancora una volta la curiosità in lui ebbe la meglio. «E quando mi avrebbe guardato, secondo voi?»

«Ogni volta che il suo compagno si volta dall'altra parte. Una rapida occhiata da sotto le ciglia, niente di più, ma direi proprio che ora sa che parlate con me.»

Benedict si voltò verso Penelope. Lei pareva avere gli occhi fissi sul suo cavaliere. La coppia si prese per l'ennesima volta per mano e scivolò leggera lungo la fila di ballerini che battevano a tempo le mani. Penelope aveva le gote arrossate, il volto luminoso di eccitazione.

«Penserete che sono impertinente, ma credo vi stia aspettando» mormorò la donna accanto a lui. «Sta cercando di ingelosirvi.»

«Di ingelosirmi!» Benedict restò talmente stupefatto da quelle parole che dimenticò di offendersi. Cupo in volto, guardò ancora una volta il compagno di sua moglie. Era un uomo alto e muscoloso, e pareva molto interessato a lei. Razza di infido libertino.

«Ci sta riuscendo?» La voce della sconosciuta ora era morbida, quasi gentile. «In tal caso, dovreste portarla a casa e fare selvaggiamente, disperatamente l'amore con lei. Questo le dimostrerà che non v'importa della vostra amante e nemmeno quanto ha speso per quel vestito, perché vi ha fatto venire voglia di strapparglielo di dosso. Siete un uomo che impazzisce di desiderio per lei.»

Quel pensiero gli fece ribollire il sangue. «Io non ho un'amante» sibilò. «E non ho idea di quanto sia costato quell'abito.»

«Ancora meglio.» Lei gli si fece più vicina e, senza riflettere, Benedict chinò il capo verso il suo. «Vostra moglie sembra una donna appassionata. Spero sarete in grado di soddisfarla. Possedetela senza freni, amico mio.»

«Signora!» Benedict si ritrasse di scatto. «Quale impudenza!»

Un sorriso caustico curvò le labbra della sconosciuta. «Perché riesco a interpretare i desideri di una donna? Molto bene, continuate a meditare allora. Tornate a casa con lei in un altezzoso silenzio e passate la notte frustrato a fissare il soffitto solo perché ho osato dirvi una bruciante verità.» Scrollò le spalle e aggiunse: «Siate come tutti gli altri noiosi uomini inglesi, ma poi non sorprendetevi quando lei si troverà un amante».

Benedict si sentiva fremere sempre di più di frustrazione e desiderio, ogni parola era come la stilettata di un pugnale. Dannazione, non voleva che Penelope si trovasse un amante, nessuna delle sue visioni del matrimonio comprendeva quella possibilità. «La mia vita privata non vi riguarda» replicò, gelido, ma non ricevette risposta. Quando si girò, la donna in velluto marrone era scomparsa. Aggrottando la fronte lui perlustrò la sala con lo sguardo, ma non la vide più. Chi diavolo era e perché vagava per una sala da ballo offrendo consigli non richiesti? Chi credeva di essere?

Un pensiero improvviso lo colpì. Forse era...? La cercò di nuovo, questa volta con più impazienza. Frugò nella sua memoria, tentando di ricordarsi il suo aspetto. Capelli scuri, ma non troppo. Lineamenti insignificanti, così ordinari che gli era difficile descriverli. Il suo vestito era semplice, non trasandato ma nemmeno lussuoso. C'era soltanto una donna a Londra audace come quella, e se gli aveva appena dato un consiglio sul suo matrimonio... Piombò sulla pista da ballo quasi prima che la musica finisse. Penelope stava ancora ringraziando il suo cavaliere quando lui la prese per mano. «Saluta» le mormorò all'orecchio. «Andiamo a casa.»

Lei lo guardò, attonita. «Ma è presto!»

«Non ho mai detto che saremmo andati a casa a dormire» le sussurrò lui all'orecchio, e le fece guizzare la lingua sul lobo.

Penelope sobbalzò, impallidendo. Si voltò verso il suo compagno e gli scoccò un sorriso abbagliante. «È stato un grande piacere danzare con voi, Mr. Greene, ma ora mio marito e io dobbiamo tornare a casa. Buonanotte.»

Nella carrozza, Benedict le sedette di fronte, per poterla ammirare meglio. Penelope si aprì i lembi del mantello e incrociò le gambe, sfiorandogli la caviglia con la scarpina. «Perché siamo dovuti venire via con tanta fretta, Lord Atherton?»

«Perché voglio fare l'amore con te.» Accidenti a quella donna misteriosa. O forse che fortuna che ci fosse stata. Benedict era in preda a un desiderio così violento che non riuscì a trovare parole più eleganti.

Penelope sgranò gli occhi. «Ora?»

«Sì, ma aspetterò che arriviamo a casa.»

Lei parve misurare con lo sguardo l'interno della carrozza. «Perché?»

«Perché il tempo di questo tragitto non basterà per ciò che ho in mente» replicò Benedict con un sorriso affamato.

Penelope si limitò a inarcare le sopracciglia e a rivolgergli quel sorriso fintamente riservato che rendeva ancora più intenso il desiderio del marito.

Quando giunsero a casa, si spogliò fino a restare in camicia e pantaloni, poi congedò il suo valletto. Attraverso la porta udiva Penelope parlare con la cameriera. Sempre più impaziente, cominciò a camminare per la stanza. Si sentiva vitale e all'erta, come un soldato di pattuglia lungo la linea del fronte. Possedetela senza freni, gli sussurrò all'orecchio la voce della sconosciuta. Si fermò presso lo scrittoio accanto alla finestra e d'impulso ne sollevò il coperchio. Eccola, la copia dell'indecente, meraviglioso libello. Benedict cominciò a leggere. Quello doveva essere uno dei numeri preferiti da Penelope se lo aveva lasciato in giro.

E non c'era da meravigliarsi. Dio Onnipotente!

Lady Constance, se era davvero lei la donna in velluto marrone, aveva ragione. Quella sera lui doveva davvero possedere senza freni sua moglie.