Muhammad Ali in effetti trovò una moglie in Africa, ma non era né Abigail, né Susie, né Cecilia, né Peaches, e nessun’altra del suo harem immaginario. Si trattava invece di una barista di Chicago e modella part-time di nome Sonji Roi. Herbert Muhammad si portò dietro la sua fotografia nella valigetta durante il loro viaggio africano, e un giorno la mostrò ad Ali, promettendo di presentargliela una volta tornati negli Stati Uniti.
Perché Herbert custodiva l’immagine della ragazza nella ventiquattrore mentre attraversava l’Africa? La risposta è semplice: dirigeva uno studio fotografico nel South Side di Chicago, dove amava scattare foto di donne seminude per poi vantarsi del proprio lavoro. All’epoca, l’Fbi seguiva da vicino lui e altri membri della Nation of Islam, nell’ambito di un programma che puntava a neutralizzare le organizzazioni che il direttore J. Edgar Hoover considerava sovversive. I rapporti del Bureau non erano sempre accurati, anche perché riflettevano i pregiudizi degli agenti in prevalenza bianchi, impazienti di accontentare i loro superiori. L’agenzia federale sosteneva che Herbert riempisse le ragazze di regali costosi per convincerle a svestirsi davanti all’obiettivo, dedicandosi non solo a immortalarle ma anche a girare filmini pornografici che custodiva nel seminterrato di casa sua e che poi mostrava agli amici.509 A detta del fratello di Muhammad Ali, Herbert era già andato a letto con Sonji, e come lui anche altri membri della Nation of Islam. Ostentare la foto per lui era un modo per pavoneggiarsi e promuovere i servigi della ragazza. Secondo l’Fbi e uno dei migliori amici di Herbert, può essere che Sonji fosse una prostituta.510
«Era una creaturina focosa» diceva Lowell Riley, un fotografo che condivideva con Herbert lo Star Studio sulla Settantanovesima Strada.
Ali e Sonji uscirono per la prima volta assieme il 3 luglio 1964. Il pugile si trovava a Chicago, nella camera 101 del Roberts Motel, sulla Sessantatreesima est, quando Herbert bussò alla porta e la fece entrare. Lei indossava una parrucca liscia nera, jeans stretti e una giacca a maniche lunghe con strisce rosse. Come Sonji avrebbe ricordato anni dopo, Ali saltò giù dal letto e disse: «Parola d’onore, Herbert, lo sai cosa stavo facendo? Ero sdraiato sul letto a pregare Allah perché mi desse una moglie, ed eccola che arriva. E siccome arriva col figlio del Messaggero deve essere lei». Poi si voltò verso di lei, con cui non aveva ancora scambiato una sola parola, e le chiese: «Ragazza, vuoi sposarmi?».
«Così subito?» fu la replica.
«Così subito».511
Andarono a prendere un gelato dall’altra parte della strada, e poi in un ristorante cinese per mangiare chop suey, prima di recarsi all’appartamento di Sonji, all’angolo tra la Settantunesima e la Crieger, dove lei mise della musica e si svestì.
La mattina successiva Ali la riportò al Roberts Motel, la sistemò nella camera 102 e le disse che non si sarebbero mai più separati. Più tardi, le tolse la parrucca e le lavò i capelli.
«E la maniera in cui mi toccavi la testa…» ricordava Sonji. «Non avevo mai pensato che un pugile potesse avere mani così dolci».
Meno di una settimana dopo partirono alla volta di Louisville per incontrare Odessa e Cash.
«Io ancora non riuscivo a crederci. Era tutto così improvviso… così improvviso…» raccontava lei.512
Sonji era sola al mondo, senza genitori. E sentiva che anche Ali aveva bisogno di qualcuno.513 Era un uomo che traboccava di amore e desiderio, un uomo che non aveva paura di esprimere i suoi sentimenti, di manifestare la sua voglia di sposarsi, e di parlare con gli amici della sua brama di sesso. «Era giovane» diceva sua cugina Charlotte Waddell. «Era inesperto. Non aveva mai frequentato donne facili».514 Per tutta la vita aveva messo in mostra un bisogno fuori dal comune di essere desiderato, ammirato, amato – e quindi non era sorprendente che fosse affamato di sesso, e anche molto, e che il matrimonio seguisse di lì a poco.
Sonji Maria Roi aveva ventisette anni ed era uno schianto – minuta, snella, con occhi marroni sotto la lunga parrucca liscia alla moda. Indossava tacchi alti e cortissime gonne aderenti dai colori sgargianti, come se fosse una corista di Berry Gordy, il fondatore della Motown. Suo padre era stato ucciso durante una partita a carte quando Sonji aveva due anni. La madre si era guadagnata da vivere cantando e ballando nei nightclub ed era morta quando la figlia ne aveva otto.515 A quattordici aveva già avuto un bambino e mollato la scuola. Poco dopo aveva partecipato ad alcuni concorsi di bellezza e iniziato a lavorare come barista in locali notturni. La sua vita cambiò quando incontrò Herbert Muhammad, un uomo piccolo e grassottello che compensava la mancanza di istruzione con la faccia tosta e la furbizia. Grazie all’appoggio del padre, possedeva o gestiva tre attività sulla Settantanovesima: un panificio musulmano specializzato nella torta di fagioli, preparata seguendo la ricetta della madre; lo Star Studio, la cui vetrina era decorata con ritratti glamour; e il giornale della Nation of Islam, il «Muhammad Speaks».
Dopo aver posato per alcuni scatti nello studio di Herbert, Sonji venne assunta come operatrice telefonica commerciale per il giornale. Ma un lavoro part-time come venditrice per il «Muhammad Speaks» non bastò a renderla una musulmana. In base alle regole della Nation of Islam, le donne non potevano truccarsi, indossare abiti succinti e bere alcol. Lei invece continuò a fare tutto questo, e anche di più. Herbert sapeva che il padre non avrebbe approvato la scelta di Ali, che avrebbe voluto che il suo discepolo più famoso sposasse una donna del suo gregge.
«Cercammo di convincerlo a non sposarla» disse un giorno Lowell Riley sfogliando un album fotografico contenente delle immagini di Sonji in costume da bagno. «Ma lei se lo teneva stretto col sesso, e lui pensava che nessuno avrebbe potuto fargli quello che gli faceva lei».516
Il fratello Rudy – anch’egli diventato da poco membro della Nation of Islam con il nome di Rahaman Ali, o Rock, come lo chiamavano gli amici – aveva una spiegazione più romantica: a parer suo, si trattava di vero amore.
Il 14 agosto 1964, meno di sei settimane dopo il loro primo appuntamento, Sonji Roi e Muhammad Ali si sposarono davanti a un giudice di pace di Gary, Indiana. Lei indossava un tubino a quadri bianchi e neri con una sciarpa arancione.517 A officiare la cerimonia fu un giudice di pace perché la Nation of Islam non aveva un rituale per il matrimonio. Sul certificato lui si firmò Muhammad Ali, sebbene per la legge fosse ancora Cassius Clay. Dichiarò che quel nome gli era stato assegnato da Elijah Muhammad, e che «tutto ciò che lui fa è legale».518
Interrogati sui loro progetti, Ali spiegò che volevano che i loro figli nascessero «nell’aldilà», non in America. Quando un cronista gli chiese dove si trovasse quell’«aldilà» Ali replicò: «Da qualche parte vicino all’Arabia».519
Molti genitori sarebbero come minimo preoccupati scoprendo che il figlio benestante ha sposato una donna conosciuta appena sei settimane prima, specie una con il vissuto di Sonji: orfana, ragazza madre, modella part-time, ballerina e, secondo alcune voci, prostituta. Ma Odessa e Cash Clay la adoravano. Il giorno del loro primo incontro, le due donne frissero insieme una serie di polli nella cucina della mamma di Ali.520 Sonji fu divertita dal fatto che Odessa chiamasse ancora il figlio, ormai adulto, «tinky baby» e «woody baby». E così anche lei ben presto si mise a chiamarlo «woody baby».521
Sonji era incantevole, schietta, spiritosa e – forse la sua qualità migliore per il signore e la signora Clay – non apparteneva alla Nation of Islam. Ed è possibile che i due si augurassero che l’amore del figlio per lei fosse più forte di quello per Elijah Muhammad, e che quel matrimonio potesse spronarlo a uscire dall’organizzazione.
Cash continuava a denigrare la Nation of Islam appena ne aveva l’occasione, il che spiegava in parte come mai il figlio si recasse sempre meno a trovare i genitori a Louisville. «Continuo a ripetergli che quelle sanguisughe lo rovineranno» raccontò Cash a un giornalista, tralasciando di menzionare che lui era esattamente come loro, visto che aveva convinto Ali a investire in un nightclub posseduto e gestito da lui, un posto chiamato Olympic Club che chiuse nello spazio di pochi mesi dopo la sua apertura perché Cash si era alienato le simpatie di un cliente dopo l’altro.522
Secondo la zia del pugile, Mary Clay Turner, i genitori speravano ancora che si rendesse conto dell’errore commesso e tornasse a vivere con la famiglia, riprendendo il vecchio nome e lasciando la Nation of Islam. «Perché devi essere quasi analfabeta per abboccare a tutte quelle fregnacce musulmane» spiegò la Turner in un’intervista a Jack Olsen per «Sports Illustrated».523 «Cassius è probabilmente l’essere più pulito di quella dannata organizzazione musulmana. Tutti gli altri hanno una pessima reputazione. Se in passato non sono stati dei trafficoni, beh, lo sono adesso! Se in passato non sono stati dei ladri, beh, lo sono adesso! È così, lo sa anche lei che ho ragione. Sono stati quasi tutti in carcere. Cassius si sta facendo ingannare da tutte quelle storie sul divieto di bere e fumare, ma non sa che bevono di nascosto, che bestemmiano, che picchiano le loro madri, e via dicendo. E la ucciderebbero su due piedi come ucciderebbero me, non se lo dimentichi!».
Ali aveva altre opzioni a parte la Nation of Islam. Aveva conosciuto altri attivisti e ne era diventato amico. Il 4 settembre del 1964, mentre gli agenti dell’Fbi li tenevano sotto sorveglianza, lui e Martin Luther King parlarono al telefono. In base alla registrazione dell’agenzia federale, Ali assicurò a King «che segue Mlk e che Mlk è suo fratello e che è al cento per cento dalla sua parte, ma che non può correre rischi e che Mlk dovrebbe fare attenzione e “diffidare dei bianchi”». Sebbene non fosse chiaro cosa intendesse dichiarando che non poteva correre rischi, probabilmente aveva più timore di contrariare Elijah Muhammad che l’establishment bianco o l’Fbi. Il suo rispetto per il Messaggero superava tutto. Un giorno, Ali confidò a Jack Olsen: «Non posso più guidare. Mi ha detto che non avrebbe mai voluto scoprire dai giornali che avevo fatto un incidente, così mi ha chiesto di non guidare più. E così ho smesso. È davvero potente. Facciamo tutto ciò che ordina. I bianchi, l’intero paese ha paura di lui».524
Elijah Muhammad non commentò mai in pubblico la decisione di Ali di sposare Sonji Roi. Ciononostante, il matrimonio mise il pugile davanti a un bivio. Mettendo su famiglia, aveva di nuovo la possibilità di decidere del proprio futuro, ma scelse di conservare lo stesso orientamento in ambito religioso e dichiarò ai giornalisti che la moglie aveva scritto una lettera a John Ali, segretario nazionale della Nation of Islam, in cui manifestava la sua intenzione di diventare musulmana. «Questo è l’unico motivo per cui l’ho sposata,» spiegò «perché ha accettato di fare tutto ciò che le avrei chiesto… Le ho detto che per essere mia moglie avrebbe dovuto indossare gonne che scendevano almeno otto centimetri sotto il ginocchio, che non avrebbe potuto usare il rossetto e che avrebbe dovuto smettere di fumare e di bere».525
Si trattava di preoccupazioni minori per un uomo così profondamente innamorato.
«Io e mia moglie staremo assieme per sempre» disse Muhammad Ali alla stampa.526
Poco dopo il suo matrimonio, Ali e Liston trovarono un accordo per la rivincita, che venne fissata per il 16 novembre del 1964 al Boston Garden. Il Louisville Sponsoring Group negoziò il contratto con l’Inter-Continental. Dopo quattro anni nel mondo della boxe, gli uomini d’affari del Kentucky capivano meglio in cosa si erano ficcati, e non ne erano particolarmente felici. Non solo furono incalzati dai giornalisti per aver raggiunto un’intesa sottobanco con Liston e i fratelli Nilon per una rivincita, ma questi ultimi non avevano ancora versato le centinaia di migliaia di dollari che spettavano ad Ali dal primo match. E così, mentre le parti definivano i dettagli di un nuovo contratto, il gruppo di Louisville intentò una causa contro Liston e il suo management per costringerli a pagare. Solo nel pugilato potevano accadere cose simili.
Ali non prestò troppa attenzione alle questioni finanziarie. Undici giorni dopo essersi sposato, era di nuovo a Miami per iniziare la preparazione. Secondo alcuni il suo peso era schizzato a centodieci chili, mentre per altri si attestava sui centodue. In ogni caso, aveva comunque del lavoro da fare: correva con ai piedi scarpe da due chili e mezzo l’una527 e in ciascuna mano pesi da settecento grammi.528 Dopo aver corso, quasi tutti i giorni guardava il filmato del primo match con Liston, e dopo averlo studiato a sufficienza, individuò la chiave della vittoria: la sua capacità di schivare i jab dell’avversario. Nel momento in cui Liston, più grosso e più lento, si era accorto che i suoi jab non andavano a segno, aveva provato dei larghi ganci sinistri, che però non avevano sortito alcun risultato perché Ali era troppo veloce per lasciarsi sorprendere da quei colpi. E così Liston si era ritrovato senza più armi, incapace di aggredire, sempre più frustrato e stanco, mentre Ali si scatenava.
Questi era giunto alla conclusione che se aveva funzionato la prima volta, avrebbe funzionato ancora. Liston era come uno squalo: bastava non permettergli di muoversi e sarebbe morto.
A una settimana dal match, il campione pesava novantotto chili, vale a dire due e mezzo in più di quando aveva conquistato il titolo a Miami. Anche con qualche chilo di troppo, era tirato a lucido. Anzi, se possibile, sembrava addirittura più in forma. Secondo «Sports Illustrated» era anche cresciuto di un centimetro, raggiungendo il metro e novantadue, la circonferenza dei suoi bicipiti misurava quarantatré centimetri e quella delle cosce sessantotto.529 Quella del torace era rimasta invariata: ottantasei centimetri.
«Sono così bello che dovrei essere cesellato in oro» disse.
Anche Liston si era messo in forma per la rivincita. Sapeva di aver preso sottogamba l’avversario nella prima sfida. Per la prima volta dopo anni, si era allenato come se il match dovesse andare alla distanza, salendo a tutta velocità i gradoni, correndo otto chilometri al giorno e lavorando con un istruttore di arti marziali per migliorare rapidità e agilità. Iniziò la preparazione a Denver e poi, quando la data del match si avvicinava, si trasferì a White Cliffs, un country club dalle parti di Plymouth, Massachusetts. Diede un taglio alle birre e alle notti passate a giocare a carte. A fine ottobre pesava novantaquattro chili – quattro e mezzo in meno che a Miami. Tuttavia, non tutti ritenevano che perdere peso gli avrebbe giovato. «Sembrava essersi ristretto» scrisse Arthur Daley del «Times» «e anziché a un trentenne, la sua età dichiarata, assomigliava più a un quarantenne».530
Il 26 ottobre l’ex campione maltrattò uno dei suoi sparring partner, causandogli un taglio profondo in mezzo agli occhi che richiese otto punti di sutura. Il danno inferto lo rincuorò. Sebbene Ali fosse imbattuto e lo avesse sconfitto in maniera convincente a Miami, i bookmakers e i giornalisti di boxe lo consideravano ancora il favorito, con una quota di nove a cinque. In apparenza, gli addetti ai lavori credevano a ciò che Liston, la moglie e i suoi preparatori continuavano a ripetere: che nel corso del primo incontro era stato penalizzato da un braccio malconcio. Sostenevano che fosse troppo forte e cattivo per perdere due volte. Certo, nel primo match aveva gettato la spugna, ma adesso avrebbe dato battaglia per salvare carriera e reputazione. Anche Ali sapeva che nella rivincita Liston avrebbe opposto una maggiore resistenza, e predisse che avrebbe avuto bisogno di nove riprese per vincere. «Dato che lo vedo meglio, gli concedo tre round in più».531
Da quando si era laureato campione, il suo entourage si era allargato. Aveva ancora il fratello, sempre pronto a fare da eco alle sue dichiarazioni e a dirgli quanto era divertente, e c’era Bundini Brown, che raccontava barzellette, scriveva poesie e alzava il volume del televisore su richiesta del pugile.532 Ma ora, in più, aveva tre cuochi musulmani, un assistente dell’assistente allenatore, un autista per la nuova limousine Cadillac da dodicimila dollari e una mascotte.533 La mascotte in questione era Stepin Fetchit, un attempato comico di varietà presentato alla stampa come lo «stratega personale» di Ali, che affermava che stava insegnando al pugile il «pugno àncora» segreto di Jack Johnson. Si trattava forse solo di finzione, ma agli occhi dei giornalisti e dello stesso Ali sembrava convincente. Fetchit, all’anagrafe Lincoln Theodore Monore Andrew Perry (il padre gli aveva dato il nome di quattro presidenti), era stato la prima stella nera del cinema americano, ma era diventato famoso interpretando il ruolo di personaggi pigri, ambigui e leccapiedi che incarnavano i peggiori stereotipi razziali. E per questo, risultava un compagno piuttosto improbabile per Ali e i suoi sodali musulmani.
Secondo alcuni, l’amicizia tra i due era la prova della complessità emotiva del pugile.
«A mio parere, è soltanto un tipo davvero confuso» affermò Ferdie Pacheco.534
Erano entrambi grandi attori, e Fetchit aver compreso a pieno il talento di Ali per lo spettacolo. Prima della rivincita con Liston, Fetchit dichiarò: «La gente non capisce il campione, ma un giorno di questi lui diventerà uno dei più grandi eroi del paese. È come in una di quelle commedie in cui quello che fa il cattivo nel primo atto, nell’ultimo diventa l’eroe. […] Ed è così che lui vuole, perché se la gente lo fraintende, invece di capirlo, è meglio per il botteghino».535
Domenica 8 novembre, Ali e il fratello assistettero a una funzione musulmana celebrata da Louis X in un tempio di Boston.536 Il 13, a tre giorni dal match, il pugile si stava rilassando nella camera 611 dello Sherry Biltmore Hotel. Quella mattina aveva corso otto chilometri, ma non si stava più allenando con gli sparring partner, per evitare di farsi male. Il Boston Garden era esaurito, e dalla diffusione televisiva a circuito chiuso ci si attendeva un incasso di oltre tre milioni di dollari.537 Nei giorni che precedettero l’incontro, quando non correva, non saltava la corda o non si faceva massaggiare da Luis Sarria, passava gran parte del tempo nella sua stanza d’albergo, guardando film, ascoltando musica e scherzando con il fratello, Bundini, Captain Sam Saxon e altri. C’era un continuo viavai di cronisti, così come di membri della Nation of Islam, tra cui Louis X, Clarence X (noto in precedenza come Clarence Gill, uno dei leader della moschea della Nation of Islam di Boston e a tempo perso sua guardia del corpo) e John Ali. Quella sera, il pugile mangiò una bistecca, spinaci e una patata al cartoccio, pane tostato e un’insalata condita con olio e aceto prima di accendere un proiettore da sedici millimetri e guardare Piccolo Cesare, il film di gangster del 1931 con protagonista Edward G. Robinson.538
Quindici o venti minuti dopo aver finito la cena, intorno alle sei mezza, si precipitò in bagno per vomitare. Tutt’a un tratto, si sentiva malissimo.
Qualcuno chiamò un’ambulanza. Saxon, Rudy e alcuni altri lo accompagnarono in fondo al corridoio fino a un ascensore di servizio, attraverso un locale lavanderia e fuori, dove ad attenderli c’era già il mezzo di soccorso.
I medici del Boston City Hospital gli diagnosticarono un’ernia inguinale incarcerata della grandezza di un uovo nel tratto destro dell’intestino, una condizione potenzialmente letale che richiedeva un intervento immediato.
Sonji, che alloggiava a casa di Louis X, si fiondò all’ospedale.539 E come lei, Angelo Dundee. William Faversham e Gordon Davidson del Louisville Sponsoring Group si trovavano al Boston Garden per assistere alla partita tra Celtics e Lakers, quando un agente di polizia li rintracciò e disse loro di recarsi subito in ospedale.540 Un altro agente venne spedito al teatro dell’opera per recuperare il chirurgo, che avrebbe eseguito l’operazione in frac.
A intervento finito e con la vita di Ali ormai fuori pericolo, iniziarono subito a girare voci e teorie complottiste di ogni tipo: ad avvelenarlo erano stati gli allenatori di Liston, la Nation of Islam, Malcolm X, la mafia. Oppure, Ali stava semplicemente fingendo perché aveva troppa paura di combattere.
Quando Liston venne a sapere che il match era stato cancellato, si preparò uno screwdriver. Si era allenato duramente, tirandosi a lucido, e ora avrebbe dovuto ricominciare daccapo. Un altro punto per Ali, il suo flagello.
«Quel maledetto idiota» disse. «Quel maledetto idiota».541
509. Promemoria al direttore dell’Fbi, 6 ottobre 1965, Herbert Muhammad File, Malcolm X Manning Marable Collection, Columbia University Libraries, New York.
510. Intervista dell’autore a Lowell Riley, 8 luglio 2014.
511. Ali con Durham, op. cit., p. 184 [trad. it. cit., pp 225-226].
512. Ibid., p. 187. [trad. it. cit., p. 229].
513. Hauser con Ali, op. cit., p. 115 [trad. it. cit., p. 119].
514. Intervista dell’autore a Charlotte Waddell, 2 ottobre 2015.
515. Intervista dell’autore a Safiyya Mohammed-Rahmah, 6 agosto 2015.
516. Intervista dell’autore a Lowell Riley, 8 luglio 2014.
517. Clay Honeymoon May Be in Egypt, «The Louisville Courier-Journal», 15 agosto 1964.
518. Ibid.
519. Olsen, op. cit., p. 151.
520. Ali con Durham, op. cit., p. 188 [trad. it. cit., p. 231].
521. Intervista dell’autore a Rahaman Ali, 30 agosto 2014.
522. Olsen, op. cit., p. 161.
523. Ibid., pp 166-67.
524. Registrazione audio, Ax 322, tapes 1-34, Jack Olsen Papers, cit.
525. Olsen, op. cit., p. 153.
526. Work, Play, Talk and All-Star Cast Fill Clay’s Camp, «The Louisville Times», 12 novembre 1964.
527. Clay Undergoes Successful Surgery for Hernia, «The New York Times», 14 novembre 1964.
528. Still Hurt and Lost, «Sports Illustrated», 16 novembre 1964.
529. Ibid.
530. Sports of the Times, «The New York Times», 15 novembre 1964.
531. Still Hurt and Lost, art. cit.
532. Clay Shows No Worry over Folley or Draft, «The Louisville Times», 21 marzo 1967.
533. Work, Play, Talk and All-Star Cast Fill Clay’s Camp, art. cit.
534. Intervista di Jack Olsen a Ferdie Pacheco, appunti registrati, s.d., Jack Olsen Papers, cit.
535. Remnick, King of the World, cit., p. 246 [trad. it. cit., p. 251].
536. Intervista di Jack Olsen a Ferdie Pacheco, appunti registrati, s.d., Jack Olsen Papers, cit.
537. Clay Undergoes Successful Surgery for Hernia, art. cit.
538. Clay Undergoes Surgery; Fight Off, «The Louisville Courier».
539. Intervista dell’autore a Louis Farrakhan, 8 agosto 2015.
540. Intervista dell’autore a Gordon Davidson, 18 aprile 2014.
541. Remnick, King of the World, cit., p. 239 [trad. it. cit., p. 244].