29. Stand by me

Un giorno, nell’agosto del 1970, Joe Frazier fece salire Muhammad Ali nella sua Cadillac dorata. Il campione in carica era seduto di traverso nel posto del guidatore, come se stesse cavalcando all’amazzone, e teneva il volante con la mano sinistra mentre con la destra gesticolava verso Ali. Frazier indossava una maglietta gialla, pantaloni gialli a strisce, stivali color cuoio e un cappello da cowboy marrone chiaro. Andarono da Philadelphia a New York, Ali davanti e il suo ghostwriter Richard Durham sul sedile posteriore, con il registratore acceso.

Quel viaggio era stato un’idea di Ali, per raccogliere materiale per il libro che si sarebbe intitolato Il più grande: la mia storia.

ALI (dopo quasi dieci minuti di silenzio): «Quanto ci vorrà?».838

FRAZIER: «Saremo là per le cinque».

ALI: «Speriamo. Io alle cinque ho un appuntamento».

FRAZIER: «Di cosa ti lamenti? Io avrei dovuto esserci alle tre. (Bisbetico) Ho perso tempo ad aspettarti».

ALI (lunga pausa): «Come va la gamba? Quella che ti sei rotto a Las Vegas?».

FRAZIER: «Andrà a posto. Ancora due o tre settimane e poi potrò tornare sul ring. Intanto sono calato di peso, amico. Guarda».

ALI: «Sì, mi sembri in forma».

FRAZIER: «Non sono grasso, credimi».

ALI: «Però sei come me. Aumenti facilmente di peso, vero?».

FRAZIER: «Troppo facilmente. È tutta colpa di quei buoni piatti che ci fanno le mogli».

ALI: «Di tutta quella buona cucina».

FRAZIER: «Quando sei a riposo te ne stai in casa… non esci quasi mai».

ALI: «Sì, per rimetterti in sesto, e poi vai a dormire. È questo che ti butta giù».

FRAZIER: «Sì, ti fa ingrassare».

ALI: «Prova a mangiare pompelmi senza zucchero, amico».

Notarono una macchina della polizia e si chiesero perché gli agenti li stessero fissando. Parlarono degli imminenti match di Frazier.

ALI: «Dimmi la verità, amico. Se dovessi batterti con me, avresti paura?».

FRAZIER: «No, amico. Te lo giuro!».

ALI: «Davvero non avresti paura?».

FRAZIER: «No, per niente!».

ALI: «Neanche del mio jab sinistro e dei miei passi di danza?».

FRAZIER: «Noooo! Ti starei sempre vicino. Dicono tutti che sei così svelto ad allontanarti. Ma ti accorgeresti come sono svelto io ad avvicinarmi».

Ali lo incalzò. Frazier avrebbe finito per ammettere di essere spaventato.

ALI: «Non potresti mai sfuggire al mio jab» disse. «Mai!».

FRAZIER: «Vedi, gli altri ti lasciano fare quello che vuoi. […] Ti lasciano saltare sul ring e danzare e tutto il resto…».

ALI: «Non potresti mai impedirmi di saltare e danzare. Come faresti?».

FRAZIER: «Ti sarei sempre addosso. Ogni tuo respiro lo soffieresti sulla mia testa».

ALI: «Ma ti stancheresti, dopo cinque o sei round di corpo a corpo».

FRAZIER: «Ti stancheresti anche tu, cercando di sfuggirmi. Di correre, di tirare jab, di abbassarti, di schivare… ti stancheresti anche tu».

L’auto si fermò a un semaforo e Ali si sporse dal finestrino: «Ehi, voi due lì in quell’angolo! State in guardia!». Le ragazze riconobbero Ali ma non Frazier. Ali aveva vinto il primo round.

Quando la macchina si mosse Frazier dichiarò che non vedeva l’ora di affrontarlo.

FRAZIER: «[…] Perché tu non hai paura di me e io non ho paura di te. Capisci?».

ALI (lunga pausa): «Io però sono convinto che di me tu hai paura».

FRAZIER (lunga pausa): «No. Sono sicuro di non averne».

La discussione proseguì amabilmente finché Ali disse a Frazier che non aveva il jab. Davanti a quelle parole, il campione in carica frenò di colpo.

FRAZIER: «Non ho il jab?».

ALI: «Tu pensa a guidare! E guarda dove vai! No, non hai il jab».

FRAZIER: «Amico, io con un jab posso staccarti la testa dal collo. Ho un jab che pare una mitragliatrice!».

ALI: «No, amico. Non sai lavorare di gambe. Non danzi».

FRAZIER: «Ascolta. Certa gente si fa delle idee sbagliate su quello che succede lassù. Quando vado contro il jab di qualcuno, non ci vado con la testa, ci vado con le mani. Le tengo davanti a me, capisci? E se tu fai partire un jab per colpirmi, c’è questa mano qui che lo ferma. Dopo di che io ti colpisco col mio. Semplicissimo».

ALI (sprezzante): «I miei jab sono un po’ troppo svelti perché tu possa bloccarli».

FRAZIER (scuote tristemente il capo): «Mi piacerebbe risolvere la questione sul ring».

ALI: «Piacerebbe anche a me, sta’ sicuro. Ho in serbo qualcosa per te, Joe. Ma perché dici sempre che arrivi sul ring fumando?».

FRAZIER: «Perché è così che faccio. E non c’è nessuno che possa spegnere quel fumo. Magari smorzano un po’ il fuoco, ma una volta sparito il fuoco, rimane ancora il fumo».

ALI: «Sai amico, che ho scritto una poesia su di te? Dice:

Joe Frazier vien fuori fumando

io invece arrivo scherzando,

io lo becco, io lo tocco,

su quel fuoco verso acqua.

Qualcun forse si stupirà

ma al tappeto Joe cadrà!».

FRAZIER (dopo una pausa): «Ah sì? Ma il fumo continua a fumare. Continua a fumare».

I due risero. Si lasciarono andare ai ricordi. Parlarono dell’unico uomo ammirato da entrambi: Muhammad Ali. Frazier ammise di essersi allenato più duramente, correndo e facendo i guanti, perché sapeva che un giorno avrebbe affrontato Ali. Proseguirono in quel modo per chilometri, mentre la New Jersey Turnpike passava dagli ondulati terreni coltivati alle putride cisterne di petrolio di Elizabeth, stuzzicandosi, paragonando i loro vecchi incontri, ciascuno perorando la propria superiorità. Ali interrompeva di continuo l’altro, che però accettava di buonumore.

FRAZIER: «Io quando distruggo uno, non gli serbo rancore. E a te, dopo che ti avrò intronato di pugni, ti comprerò un gelato. (Vede Ali che sta per interromperlo) Lasciami parlare! Hai finito? Lasciami parlare. Non ho niente contro di te, né qui né altrove. Ma quando saremo sul ring tu sarai solo».

ALI: «E anche tu sarai da solo».

FRAZIER: «Non potrebbe essere altrimenti».

Poi seguì un lungo monologo di Ali, una descrizione round per round, con effetti sonori, di come si sarebbe svolto il loro match, con Ali che avrebbe danzato per la prima ripresa senza sferrare un solo pugno, usando solo il jab nella seconda, e aggiungendo destri incrociati e ganci sinistri nella terza…

Frazier imprecò e cercò di fermarlo, ma Ali non glielo permise. Alla fine, quando Frazier ebbe diritto a parlare, predisse che avrebbe messo ko il rivale al sesto round. Una cosa che scombussolò Ali. I pronostici di solito erano il suo giochino.

Dopo qualche altro scambio di battute, Ali, con aria seria, disse a Frazier che aveva bisogno di un lavoro e gli domandò se avrebbe preso in considerazione l’idea di ingaggiarlo come sparring partner.

ALI: «Senti. Siamo realistici. Supponi che non mi sia più permesso di battermi. Ma io voglio egualmente tenere il mio corpo in forma. Ora, tu per tenerti sveglio hai bisogno di un uomo bravo e svelto ed è per questo che consumi tanti sparring partner. Non ti piacerebbe averne uno capace di battersi con te per quattro o cinque round al giorno, finché non sei stufo? Insomma non doverli più cambiare in continuazione perché non ti resistono?».

FRAZIER: «Sì, certo, sarebbe bello…».

ALI: «Non ti piacerebbe, insomma, un bravo sparring partner che sappia anche colpirti? E che tu possa colpire, senza che lui ti pianti in asso? Mi serve un lavoro».

FRAZIER: «No che non ti serve».

ALI: «Non dirlo a nessuno. Rimanga tra noi, ma mi serve. Quanto paghi tu?».

FRAZIER: «Tu quanto vuoi?».

ALI: «Duecento la settimana. Che significa ottocento al mese».

FRAZIER: «Merda! Sono tanti».

Ali disse che stava parlando seriamente. Era pronto a diventare lo sparring partner di Frazier. Quest’ultimo non rispose né sì né no, ma propose ad Ali di dargli la chiave della palestra di sua proprietà affinché potesse allenarsi lì ogni volta che lo desiderava. E poi aggiunse che lo avrebbe voluto in forma se e quando si fossero affrontati.

Avvicinandosi a New York, assomigliavano a due vecchi amici che ammazzavano il tempo e si godevano la compagnia reciproca. Ali offrì all’altro dei consigli di natura finanziaria, dichiarando di aver imparato dai propri errori. Comprati una casa, gli disse. Resisti all’impulso di comprare troppe macchine. Una buona Cadillac basta e avanza. Lo esortò a vendere la moto, perché pericolosa. Parlarono dei pugili da inserire nella categoria Zio Tom, trovandosi d’accordo su Jimmy Ellis, George Foreman, Floyd Patterson e Buster Mathis. Parlarono delle mogli incinte. Si confrontarono sulle loro capacità canore. Ali interpretò la sua Mighty Whitey, e poi assieme intonarono Stand by Me.

Quando Frazier si vantò di aver guadagnato 30.000 dollari cantando a Las Vegas, Ali ammise di essere impressionato.

ALI: «No, non è possibile che tu guadagni tanto, uomo. Quanto hai nel portafoglio?».

FRAZIER: «Quattro o cinque centoni. Ti serve qualcosa?».

ALI «Va bene un cento? Può darsi che mi tocchi dormire a New York».

FRAZIER: «Sì, certo».

Frazier gli porse una banconota, e Ali promise di restituirgliela la settimana successiva. Poi cantarono ancora, e mentre entravano a New York Ali chiese a Frazier di aprire la capote della Cadillac.

ALI: «Santi numi! Guarda quella bambola… (Si sporge) EHI, SONO MUHAMMAD ALI. JOE FRAZIER E MUHAMMAD ALI! VIENI QUI! Mi è sempre piaciuta New York. È la nostra città, Joe. È qui il mondo».

Frazier accostò sulla Cinquantaduesima per permettere all’altro di scendere.

ALI: «Non dobbiamo farci vedere troppo insieme».

FRAZIER: «Sì, ci crederebbero amici. E sarebbe un guaio per l’incasso».

ALI: «Già. Nessuno sborsa i soldi per vedere due amiconi».

E a quel punto si separarono, andando ognuno per la sua strada.

838. Tutte le citazioni e i dettagli contenuti in questo capitolo provengono da Ali con Durham, op. cit. Il manoscritto originale di Durham è conservato alla Carter G. Woodson Regional Library di Chicago, ma non le registrazioni audio. La moglie di Durham, Clarice, nel corso di un’intervista all’autore ha affermato che il marito ha attinto fedelmente dalle registrazioni. Sonja D. Williams, nella sua biografia di Durham, afferma che questi e Ali, vincendo le obiezioni di Herbert Muhammad, insistettero affinché i dialoghi presenti nel libro fossero autentici e non censurati. Qui alcune frasi esplicative di Durham sono state tagliate e alcune parti di dialogo abbreviate, ma nessuna parola o gesto è stato aggiunto né modificato.