Mike incontrò Danny Doyle al tramonto, sulla spiaggia della North Avenue, al termine del frangiflutti. La Gold Coast si stendeva alle loro spalle. Tra le nuvole a sud si poteva a malapena distinguere il bagliore arancione delle acciaierie di Gary. Il vento era, come al solito, brutale.
Danny si era presentato in abiti civili. Indossava un soprabito, un berretto di panno e guanti, il viso e il collo erano fasciati da uno spesso sciarpone blu.
Mike era seduto sull’ultima panchina, guardando il lago. Si alzò mentre Doyle si avvicinava e notò che Doyle aveva interpretato correttamente l’invito ed era venuto senza uniforme.
«Bene, a posto» disse Doyle, «e camminiamo, altrimenti moriamo di freddo».
Cominciarono a camminare su e giù lungo il frangiflutti.
«Tu devi avere» disse Doyle «una sfumatura di romanticismo, e visto che non sei né ebreo né tantomeno irlandese, sarà stata probabilmente la tua bambinaia a farti cadere di testa fuori dalla culla». Poi, avendo finito le chiacchiere, si fermò.
«Voglio sapere dell’IRA» disse Mike.
«Molto bene, Gesù, Maria, sì, e Giuseppe» disse Doyle. «Tu non vuoi molto».
Continuarono a camminare.
«Molta gente era in Francia» disse Doyle. «Potevi chiedere a qualcun altro, piuttosto che a me».
«Dimmi a chi chiedere».
Doyle scosse la testa disgustato.
«Mia madre?» disse. «Stavo crescendo, mi ha detto due cose: ‘Qualunque cosa tu stia facendo, non mettere mai nei guai una brava ragazza’». Voltò le spalle al vento e si accese una sigaretta. «E: ‘Non fidarti mai di un protestante’».
Si voltò verso Mike.
«Il modo migliore in cui ti posso aiutare» disse, «e ti aiuterò, e ti assicuro, questo è un dono che ti faccio: non abbiamo mai avuto questa conversazione».
Doyle si allontanò, giù per il sottopassaggio verso Lake Shore Drive.
Il segretario del consolato britannico si rammaricava che sir William Frederick sarebbe stato a Chicago solo per una breve visita e che non sarebbe stato disponibile per interviste, perché ‘non era padrone del suo tempo’.
Mike riagganciò il telefono. Scese nell’Obitorio del giornale e cercò documenti su sir William. Poi, dopo quello che sentì essere stata una deliberazione vergognosamente breve, tornò a casa e si appuntò sul petto la Croce di Guerra francese e la British Distinguished Flying Cross.
L’impiegato al banco della Palmer House conosceva Mike, e gli passò il numero dell’appartamento. Mike bussò alla porta, e fu ammesso da una guardia del corpo nei primi metri dell’anticamera. Un tipo educato a una scrivania alzò gli occhi con fare annoiato e chiese: «Cosa c’è?» nell’accento più snob e sprezzante che Mike avesse mai sentito.
Il suo sguardo cadde sulle decorazioni sul petto di Mike, e si alzò, modificando inconsapevolmente la sua attenzione.
«Chiedo scusa» disse, «come la posso aiutare?»
«Il mio nome è capitano Hodge» disse Mike. «Vorrei un colloquio di tre minuti con sir William». Passò all’uomo un suo biglietto da visita.
«Potrebbe anticiparmi la natura del colloquio?»
«Mi dispiace, non posso» disse Mike.
Il segretario passò nell’altra stanza. Mike e la guardia del corpo restarono da soli a fissare il vuoto. Mezzo minuto dopo Mike fu invitato nella stanza di sir William.
Il soggiorno aveva un caminetto carico di ciocchi di betulla, un pianoforte bianco a mezza coda e una grande scrivania decorata. La guardia del corpo era in piedi accanto al muro, a metà strada tra Mike e sir William.
Sir William si alzò dalla scrivania, ancora con gli occhi sul biglietto da visita di Mike. Posò il cartoncino e si tolse gli occhiali. Portava un completo, e sul bavero, l’emblema ad ala unica dei Royal Flying Corps.
«Capitano Hodge» disse.
«Una volta» disse Mike.
«Non conservate il grado, qui, giusto?»
«Nell’esercito regolare, potrebbero; sebbene nessuno sotto il grado di colonello lo faccia. In pensione, talvolta. Un semplice capitano non è nulla di cui andare in giro a vantarsi».
«Beh, no; ma qualcuno lo fa. Lei si è presentato come ‘capitano’» disse sir William, rivolgendo alle medaglie di Mike il più cortese degli sguardi interrogativi.
«Mi vergogno di me stesso» disse Mike.
«Perché sono false?» chiese sir William.
«No. Sono mie» disse Mike, «ma il mio sfruttarle è un insulto a quei gloriosi che sono caduti per assicurare un futuro a tutti noi».
«Vuole un drink?» disse sir William.
La guardia del corpo versò il whisky. Sir William e Mike presero posto davanti al caminetto, e Mike fu contento che sir William prendesse spunto dal colloquio iniziale per sviluppare la conversazione.
‘Che cosa ha visto, con chi ha volato, chi le ha appuntato le medaglie’ erano argomenti facili, buttati lì con spontaneità, come chiacchiere casuali tra due vecchie conoscenze. E Mike fu ancora più compiaciuto di notare che, dopo quello che era stato in effetti un interrogatorio, la guardia del corpo lasciò la stanza, per verificare le sue credenziali. Non c’era nulla da fare finché qualcuno non avesse garantito per lui, e così Mike passò il tempo a chiacchierare amabilmente con sir William.
«Presumo che lei abbia volato con i R.F.C.» si avventurò a dire Mike, come se non avesse fatto già fatto delle ricerche.11
«Cosa? Suppongo di averlo fatto» rispose sir William, come facendo la sua parte nella farsa, ed entrambi risero.
Il telefono squillò. Sir William rispose. «Sì?» disse. Ascoltò per un momento, poi disse: «Grazie» e riagganciò.
«Capitano Hodge» disse. «Capitano Hodge. Qualcuno, sembra, ha garantito per un capitano Hodge».
«Quello sarei io» disse Mike.
«Chi era il suo comandante di squadrone, in Francia?»
«Hubert Devere» disse Mike.
«Si ricorda il nome di sua moglie?»
«Non gli interessavano le donne» disse Mike.
Sir William annuì e riempì nuovamente i bicchieri.
«Come posso aiutarla?» disse.
«Voglio sapere dell’IRA» disse Mike.
Sir William invitò Mike a pranzo al Drake Hotel. Il ristorante si affacciava su East Lake Shore Drive.
«La mia vera guerra è stata in Sud Africa» disse sir William. «Ma forse è più dura qui».
«Almeno i territori sono definiti» disse Mike, «a quanto ho capito laggiù era tutto un giocare a nascondino».
«Non c’era modo di combattere una guerra» disse sir William, «a meno che non fosse a modo loro, e hanno vinto».
«Beh, forse si può imparare da loro» disse Mike.
«Si potrebbe» rispose sir William. «Qualcuno l’ha fatto. Gli irlandesi. Fanno fuori un gruppo di innocenti, lanciano una bomba, e poi via al di là della frontiera con Jock O’Hazeldean».12
«E che si può fare, in proposito?» domandò Mike.
Sir William fece un cenno. «Con gli irlandesi? Puoi fare così» disse, «farti un drink, e ringraziare il Signore che non è la tua lotta».
«È la sua lotta» disse Mike.
«Sì».
«Cosa ne verrà fuori?»
«Vuole la verità?»
«Sì».
«Devo essere sincero? Farà crollare l’impero». Alzò le spalle.
«Adesso» disse, «le vostre guerre qui, le vostre lotte tra bande, riproducono, questo è interessante, i conflitti di frontiera dell’Europa. Importati, per intero, dalla Sicilia, a quanto mi dicono; e come so, direttamente, dall’Irlanda»
«Noi cosa possiamo fare?»
«Qui» disse sir William «i clan combattono al loro interno per gli spazi e per le risorse; e, come clan, contro l’Altro, per il territorio.
«E ognuno combatte, inoltre, contro quello che gli istruiti chiamerebbero il meccanismo ospitante».
«La cultura dominante» suggerì Mike.
«Forse» disse sir William, «ma che cosa domina? È dominata da quei gruppi capaci di combattere e poi disperdersi. La gente di frontiera. Come il nostro amico Piet in Sud Africa, le varie bande, qui, possono scegliere le loro lotte. A noi rimane solo la scelta di accettare o rifiutare ogni particolare battaglia».
«Napoleone ha detto: ‘Chi può dettare i termini dello scontro, detta i termini della pace’» disse Mike.
«Lo ha detto, infatti» disse sir William. «E, come il resto dell’umanità, non ha seguito il suo stesso consiglio e la sua grande armata è perita tra le nevi della Russia».
«E qui?» chiese Mike.
«Qui le nevi sono le ricchezze della vostra città di mercanti. Che tenterà e convincerà gli immigrati che la via più facile al potere è quella propria del luogo. In Sud Africa il nostro amico Piet si nascondeva dietro alle rocce e ci colpiva, come faceva con le gazzelle.
«I vostri immigrati qui rubano e uccidono; e hanno l’autorizzazione dei locali per il peccato, e vendono liquori, droghe e donne, su licenza del municipio. I riformisti possono chiamarle mazzette o tangenti, ma in fondo sono solo licenze.
«I politici che li contrastano, quelli che non possono essere corrotti, se ce ne sono, attualmente vengono ammazzati. Con il tempo, e forse lo si può già vedere, gli irlandesi e gli italiani si chiederanno: perché non diventare politici? E lo faranno.
«Quindi, come un soldato con l’altro, avranno insegnato a loro stessi la lezione fondamentale: studia il terreno. A quel punto non avranno soltanto la licenza per il peccato, ma per ogni altro bene mobile, servizio e autorizzazione».
«Che cosa farete con l’IRA?» chiese Mike.
«Al momento, al momento l’unica cosa che possiamo fare è ammazzarli. Se e quando li troviamo».
«Potete prevenirli?»
Sir William scosse la testa. «Possiamo bloccare le loro armi, qualche volta. Loro si rivolgeranno altrove, ovviamente, ma la loro arma preferita è, attualmente, il vostro...»
Il cameriere entrò con la caffettiera.
«Credo di sì» disse Sir William, «e lei?»
Mike disse di sì. Il cameriere versò i caffè e si allontanò.
«... il mitragliatore Tommy...» disse sir William.
«E li acquistano qui?» disse Mike.
«Non possono comprarli qui» disse sir William, «dato che c’è un embargo sulle armi. Li rubano qui».
«A chi?» chiese Mike.
«Al vostro esercito».
«Sto cercando un irlandese che potrebbe essere dell’IRA» disse Mike.
«Se riesce a trovarlo spero che me lo faccia sapere» disse sir William.
«Può aiutarmi?»
«Lo farei se potessi» disse sir William, «il che non è del tutto vero, e da soldato a soldato io le devo la verità. E mi duole rifiutargliela. Potrei forse darle una traccia, ma sarebbe un tradimento del mio giuramento di servizio. L’IRA è coinvolta nel furto di queste armi dalle vostre armerie. Loro sono qui. Mi permetto di suggerirle di stare alla larga da loro. Non esiteranno a ucciderla. Uccidono chiunque».
Sir William si passò il tovagliolo sulle labbra e si alzò. «Bene» disse. «Ora: ecco un suggerimento, comunque, se posso fare una buona azione per lei».
La buona azione riguardava le automobili sparite. Le vetture di lusso rubate nel North Shore, e portate a Chicago Est, disse sir William, venivano caricate su navi cargo, e trasportate attraverso le chiuse di Sault Ste Marie, il San Lorenzo, e attraverso l’oceano, per essere vendute in Europa, soprattutto in Francia.
Un contingente britannico di ‘osservatori’ aveva in programma di eseguire una retata in occasione del prossimo carico, il primo del mese seguente. La retata vera e propria e gli arresti sarebbero stati eseguiti dall’Ufficio di investigazione di Washington.
Il due uomini si alzarono e si avviarono attraverso il ristorante.
«Perché vi interessate a furti d’auto?» domandò Mike.
«Oh, no, non ce ne interessiamo» disse sir William. «Ma i furti ci conducono ai moli. Che, ci riferiscono dei buoni amici, sono gli stessi da cui i nostri amici irlandesi imbarcano le loro armi».