Poco più a sud di Otranto, lasciandosi alle spalle la luminosa cittadina e procedendo lungo la litoranea, ci si imbatte nella Croce del Papa, che si staglia nell'azzurro del cielo con il suo colore rosso mattone. Andando oltre, chi scegliesse di abbandonare la provinciale optando per la prima svolta a sinistra, dopo aver percorso un centinaio di metri potrebbe notare alla sua destra un alto cumulo di terra rossastra. Scalarlo non è impresa delle più agevoli, stante una pendenza accentuata e la naturale friabilità del suolo. Se si riesce nell'intento però si ha ben presto la sensazione di essere stati catapultati in un mondo differente. La vegetazione si fa più rada, mostrando la terra viva, piena di screpolature e solcata da profonde fenditure alluvionali. Una moltitudine di piccoli sassi tondeggianti e levigati, color marrone, spunta ovunque dal suolo. In cima alla bassa altura, con il suo paesaggio marziano ed i forti contrasti di colore tra il rosso mattone acceso della terra e l'azzurro intenso del cielo, si è portati a credere di trovarsi lungo il bordo di un cratere. Spostandosi più avanti, verso l'interno, il cuore di quel luogo insolito si palesa come uno specchio d'acqua dalle infinite sfumature di verde, tra cui domina lo smeraldo, che risplende pieno di misteriosa vita. Fitti ciuffi di Phragmites australis, incoronano le rive di quell'iride levando in alto i loro pennacchi. Un esercito di rane gracida in sintonia con la leggera brezza che sfiora la pelle portando con sé l'aroma dei fiori selvatici. Libellule azzurre, rosse e nere planano silenziose, posandosi per brevi soste sugli affilati steli d'erba.
A sinistra, il mondo prosegue in una macchia di pini profumati che si stende verso un mare che sorride in lontananza, e i suoi luccichii risuonano come un coro angelico sulle note di una sinfonia solare superiore.
Una giovane coppia di appena vent'anni passeggiava esplorando la zona. Innamorati, entusiasti, un po' inquieto lui forse, ma tutto sommato felici. Amavano fare escursioni lungo la costa, avventurandosi in cerca di quell'energia decantata nella profezia di Celestino, di luoghi fiabeschi dove giurarsi amore eterno, dove tenersi per mano fotografando quanto di bello il loro mondo avesse da offrire e nutrendosi di quella speciale magia sintetizzata nel mantra salentino: lu sule, lu mare, lu jentu. [1 ]
Non era la prima volta che visitavano la Cava di Bauxite di Otranto, ma era comunque uno spettacolo di cui non ci si saziava mai.
Quel giorno però il posto non era tranquillo e deserto, come la maggior parte delle volte. Auto dei Carabinieri, e due autoambulanze sostavano ai piedi della grande duna marziana. C'era un agente che gesticolava davanti ad un gruppetto di persone, turisti a giudicare dal numero di macchine fotografiche appese sul petto. Una giornalista con un microfono in mano stava dicendo qualcosa indicando la zona alla sua sinistra davanti ad un tizio panciuto che impugnava una grossa videocamera con il simbolo di un'emittente locale.
I due ragazzi furono calamitati dall'insolita scena, ma in quel momento una voce gracchiante li raggiunse da destra, esprimendosi nel dialetto locale per invitarli a non avvicinarsi.
Si voltarono, c'era un vecchio seduto su una grossa roccia, un pastore locale a giudicare dagli abiti e dal bastone di legno d'ulivo con il quale si sorreggeva. I due si avvicinarono.
«Cos'è successo?», chiese il ragazzo, indicando con la testa l'assembramento di auto e agenti.