Otranto, località Laghi Alimini, il giorno prima.
Ada nuotava pigramente, facendosi cullare dal mare mentre osservava il cielo distesa sul dorso. Non si vedeva una sola nuvola e l'immensità azzurra, che la sovrastava, era solcata appena dalla scia di un aereo che era un puntino scintillante migliaia di metri più in alto. Chiuse gli occhi e reclinò piano il capo, immergendo le orecchie. Di colpo, il vociare delle persone e il ritmo tribale della musica diffusa da un vicino lido, annegarono in un universo liquido che li rese ovattati e distanti.
Respirò, fluttuando leggera in quel mondo fatto di luce e colori brillanti, mentre si godeva ogni istante stirandosi nell'acqua, la cui temperatura aumentò man mano che il fondale di sabbia bianca si sollevava. A quell'ora del pomeriggio, in pieno agosto, la gente cercava invano un po' di refrigerio nelle placide e limpide acque di un mare scaldato dal sole estivo al punto da diventare un brodo.
La quiete fu interrotta da un tonfo ed uno schizzo d'acqua sul viso. Si riscosse e aprì gli occhi. Il mondo si presentò a lei più luminoso, ed immerso in una sorta di aura dorata. C'era una palla di un giallo acceso davanti a lei e, poco distante, un ragazzo dai capelli ricci che gli ricadevano sulla fronte e la faccia sorridente che le chiedeva di passargliela.
Il solito marpione... , pensò mentre si alzava in piedi per lanciare il pallone, quindi si voltò per dirigersi verso riva, facendo finta di non sentire la voce del giovane che le chiedeva se volesse unirsi al suo gruppo per giocare. Abbassò lo sguardo per sincerarsi che il suo costume fosse a posto e i suoi capelli, neri come la notte, scivolarono ai lati, incorniciandole il viso triangolare.
Elena, la sua migliore amica, le andò incontro nell'acqua bassa. Al contrario di Ada lei aveva la pelle di un chiaro spettrale, che risaltava tra i corpi abbronzati in spiaggia, e capelli e sopracciglia così biondi da sembrare bianchi. Fece una smorfia furbetta ed un cenno di no col capo, rivolta al ragazzo riccioluto che si era spostato per raccogliere la palla che Ada aveva lanciato in modo maldestro, e le guardava con un sorriso non del tutto rassegnato. Elena fece scivolare un braccio dietro la schiena dell'amica e le diede una pacca sul sedere, per poi cingerle la vita mentre si dirigevano sul bagnasciuga. Negli ultimi metri l'acqua scottava.
Si fecero strada nella selva di lettini e teli da spiaggia che ricoprivano ogni centimetro quadrato di sabbia, per giungere nel punto in cui avevano lasciato le loro cose.
Maria, sorella maggiore di Ada, era seduta su una stuoia. Alzò uno sguardo annoiato dal libro che non stava riuscendo a leggere. Passò alla sorella un telo pescato da uno zaino e si alzò, schermandosi gli occhi verdi contornati da efelidi mentre puntava lo sguardo verso il mare.
«E gli altri? Non sono ancora tornati?»
«No...», le rispose Elena osservando a sua volta verso l'orizzonte. «E non mi sembra di vederli, c'è troppo viavai di gente e imbarcazioni in acqua...»
«Per forza non si vedono...», aggiunse Ada. «Ennio ha dimenticato la boa, o almeno dice di averla dimenticata. Come al solito. Mi fa preoccupare, tra barche, moto d'acqua e windsurf...»
«Sta' tranquilla, saranno nei paraggi. Certo però che ogni volta è la stessa storia», continuò Maria scocciata, mentre usava il libro a mo' di ventaglio. «Questa fissa per la pesca subacquea non la capisco. Fa un caldo boia, c'è troppa gente, mi sta mancando l'aria!»
«In effetti fa fin troppo caldo», convenne Ada mentre avvolgeva il telo intorno ai capelli per asciugarli. «L'acqua in riva è bollente, devi spingerti un po' al largo per trovare un po' di fresco, ma quando torni sei punto e accapo.»
«Che ne dite di andare al bar?», propose Elena. «Sotto la tettoia forse si sta meglio, avrei proprio bisogno di qualcosa di ghiacciato.»
«Per me va bene», le rispose Maria sistemandosi gli occhiali da vista dalla spessa montatura color tartaruga. I suoi occhi si strinsero mentre metteva a fuoco lo sguardo in lontananza. «Oh, guardate! Forse sono loro!» Indicò un punto alla loro sinistra, in acqua, appena oltre quei trenta o quaranta metri che brulicavano di persone, laddove il verde chiarissimo del mare in prossimità della costa iniziava a sfumare in un azzurro intenso.
Tre teste munite di boccaglio si spostavano affiancate, una quarta emerse appena dietro le altre, soffiando via uno spruzzo d'acqua. Uno di loro sollevò il capo quando giunsero ad appiedare. Si tolse la maschera scoprendo un volto dai tratti marcati sormontato da una folta capigliatura riccia e scura. Ennio sollevò un braccio che reggeva un lungo fucile subacqueo fuori dall'acqua. Gli elastici penzolavano mentre faceva un cenno verso le ragazze.
«Hai ragione, sono loro», aggiunse Ada, rispondendo al saluto. «Meno male, stanno uscendo.» Si avviò nuovamente verso la riva, seguita da Elena.
«Hei!», le chiamò Maria. «Ma non stavamo andando al bar?»
Elena si voltò, senza fermarsi, schermandosi gli occhi dai raggi del sole. «Vai avanti, ti raggiungiamo tra un minuto!»
Maria fece una mezza smorfia contrariata. A differenza di Ada ed Elena, lei non faceva coppia con qualcuno del gruppo, e quel pomeriggio a mare si stava rivelando fastidioso. Maria non avrebbe potuto essere più diversa dalla sorella. Se Ada era simpatica, spigliata e accattivante, innamorata del mare e della vita all'aria aperta trecentosessantacinque giorni all'anno, Maria era introversa, poco accomodante, e in quel momento più che mai convinta che avrebbe dovuto essere a casa, comoda sulla dondolo che avrebbe reclamato tutta per sé e all'ombra del suo albero prediletto: un pitosforo che era già lì quand'era bambina, cresciuto fino a formare una grande chioma di un verde profondo, immerso nella quiete del giardino e rinfrescato dagli irrigatori.
Accarezzò l'idea, condendola con una ciliegina sulla torta: un romanzo di Camilleri che le tenesse compagnia. Era tra i suoi autori preferiti.
Invece le toccava starsene nella versione estiva di un girone dantesco, circondata da chiasso e gente in continuo movimento, districandosi tra fusti e pupe da spiaggia, marmocchi che facevano la guerra lanciandosi palle di sabbia, Pelé della domenica che si lanciavano in improbabili rovesciate col rischio di fare goal con la sua faccia, gli immancabili entusiasti dei racchettoni e via dicendo.
L'universo ha a volte un curioso senso dell'ironia, e proprio in quel momento una palla da tennis la colpì su un fianco. Si girò stizzita mordendosi la lingua, limitandosi a rivolgere uno sguardo di fuoco alla ragazza responsabile, quindi si diresse a passo svelto verso il bar, e lì dovette attendere che un'anziana donna dalla voce antipatica passasse in rassegna tutti i gelati disponibili prima di optare per un banale ghiacciolo al limone.
Dopo qualche minuto che le parve interminabile, Maria riuscì finalmente ad ordinare un tè alla pesca.
Mentre lo sorseggiava, appoggiandosi alla balaustra in legno che si affacciava sul mare, cercò con lo sguardo Ada ed Elena. Si erano portate sul bagnasciuga, percorrendo qualche decina di metri lungo la riva, e attendevano il quartetto di ragazzi che si stava avvicinando.
Giovanni fu il primo a raggiungerle. Alto e muscoloso, aveva un viso sottile, incorniciato da capelli castani schiariti dal sole e dal mare, che arrivavano a lambire le larghe spalle. Reggeva la maschera ed il boccaglio nella destra ed una coppia di pinne sotto il braccio. Intorno alla mano sinistra era avvolto uno spesso filo di nylon di un colore verde fosforescente, cui era fissato un punzone d'acciaio che era stato fatto passare attraverso la testa di un numero imprecisato di polpi. Giunto ad un paio di metri dalla sua ragazza, Elena, sollevò orgoglioso il braccio, i tentacoli più lunghi gli arrivavano fino alle caviglie.
Elena si fece avanti, contenta. «Vieni qua, vieni», gli disse mentre gli afferrava il volto sorridente con entrambe le mani, e lo tirava a sé per baciarlo con passione.
Un paio di metri alle spalle di Giovanni, si avvicinò suo fratello minore, Luigi, ed un altro ragazzo che si chiamava Enzo. Entrambi reggevano le estremità di una rete ingombrante piena di ricci.
Luigi aveva il fisico scolpito di chi, per sua natura, è magro e privo di un filo di grasso, ma era più basso e notevolmente più esile rispetto a suo fratello, Giovanni. D'altro canto Enzo ostentava un ventre tondo che faceva una piega laddove l'elastico dei pantaloncini da bagno era legato troppo stretto.
Dietro di loro, Ennio si sciacquò bene il viso per rimuovere eventuali frammenti di alghe o secrezioni del naso, quindi si accinse a sistemare la sagola del fucile avvolgendola meglio sul mulinello montato sotto l'asta. Da uno spesso filo di nylon avvolto intorno alla vita, identico a quello che reggeva Giovanni, penzolavano un paio di grossi cefali, una seppia poco più grande di una mano, il cui inchiostro nero gli macchiava una coscia, ed un pesce lungo più di mezzo braccio, con le fauci spalancate che lasciavano intravedere file di denti aguzzi.
«Finalmente!», esclamò Ada avvicinandosi. Gli diede un bacio sulle labbra, ma lui non parve soddisfatto: le sorrise, quindi l'attirò a sé prendendone un altro.
«Avete fatto buona pesca, vedo...», disse Elena.
«Mmm... sì», rispose Giovanni. «Ma è meglio evitare di dire quelle parole. Noi pescatori siamo gente superstiziosa...»
«Quali parole? Buona pesca?», continuò Elena ridendo. «Dai, scherzo, lo so che non si dice, e poi non è un augurio ma una constatazione.»
«E dal mare siete appena usciti, non ci state andando», aggiunse Ada. «Che pesce è quello?», chiese poi ad Ennio, indicando una delle prede che penzolavano dal fianco come un gonnellino hawaiano.
Lui lo sollevò, e mentre lo reggeva per il ventre con una mano, con l'altra tirò giù la punta della bocca, facendo sì che spalancasse le fauci al massimo.
«Caspita, che denti!», constatò Elena.
«Infatti», esclamò Giovanni. «Quello è un pesce serra, un predatore e un vero rompiballe.»
«Serra?», chiese Ada, chiedendosi se i due non avessero in serbo una qualche battuta sul suo cognome.
«Mordace, veloce, temibile e...», fece Ennio.
«Non continuare», disse Ada, ponendogli un dito sulle labbra.
«Perché rompiballe?», chiese Elena.
«Perché mangia gli altri pesci», le rispose Luigi, che si guardava intorno per sincerarsi che nei paraggi non ci fosse qualche camicia bianca della capitaneria di porto che pattugliava le spiagge. Farsi sorprendere con una rete con oltre duecento ricci poteva significare una multa salata e la confisca dell'attrezzatura.
«Spigole, saraghi, mormore...», aggiunse Enzo, «...quando ci sono i serra sparisce tutto. Sentite...», continuò abbassando la voce. «Forse sarebbe il caso di mettere questi ricci in macchina, no?»
«Non è un po' presto?», chiese Ennio. «Saranno appena le quattro, fin quando andremo via hai voglia a cucinarsi in macchina...»
«Le quattro, come no...», rispose Elena. «Sono passate le sei, siete stati in acqua per ore.»
«Così tanto?», domandò Giovanni incredulo. «Non me ne sono proprio reso conto.»
«In effetti siamo tutti cotti», aggiunse Elena. «Che ne direste di levare le tende?»
«Niente falò sulla spiaggia quindi?», domandò il suo ragazzo fingendo un'aria triste.
«Mmm... no», rispose Elena. «Troppi ragazzini, basta mare per oggi, preferirei un posto più tranquillo.»
«Concordo pienamente», aggiunse Ada mentre legava i capelli in una crocchia. Poi, rivolta ad Ennio: «Tu avevi in mente qualcosa?»
«Oh, un mucchio di cosucce carucce...», le rispose lui, avvicinandosi per baciarle il collo. «Sei davvero fantastica oggi, e questo costumino ti sta d'incanto.»
Ada arricciò il naso e si sottrasse. Il collo era uno dei suoi punti deboli. «Tienine un po' per dopo, di questi baci. Comunque mia sorella credo sia più cotta di noi. Sai che il mare non fa per lei, in più...», abbassò il volume della voce, sussurrandogli all'orecchio, «...ha le sue cose quindi non è di buon umore. Dove si va quindi?»
«Mmm... dipende...», rispose Ennio. «Potremmo tornare a casa, cambiarci, e ritrovarci più tardi per andare in qualche posto dove dovremo attendere in piedi come dei fessi, perché si liberi un tavolo...»
«Nooo, per carità», commentò Elena. «Facciamo qualcosa di diverso, una volta tanto!»
«Oppure...», continuò Ennio sulla scia del discorso. «Ci sono un paio di posticini interessanti. Romantico l'uno, mentre l'altro è... una sorpresa. Dovete vederlo», strizzò l'occhio a Giovanni.
«Oh», fece quest'ultimo, intuendo il corso dei suoi pensieri. «Intendi quel posto di cui mi hai parlato ieri?»
«Proprio quello. Potremmo passare la notte là. È in campagna, lontano quanto basta da spiagge affollate, locali strapieni e feste patronali. Il tutto condito con un pizzico di mistero che... beh, non guasta, no?»
«Seee», fece Ada sorridendo con una punta di malizia nello sguardo. «Attenta a questi due...», rivolta ad Elena, «...so io dove vogliono andare a parare. Ti ricordo che mia sorella è con noi.»
«Già, dov'è Maria?», chiese Enzo, mentre tentava di far sparire la piega della pancia cercando un compromesso tra l'elastico dei pantaloncini, il contrarre gli addominali mosci e il poter respirare liberamente.
«Dovrebbe essere al bar», rispose Ada. «Vado a recuperarla e vi raggiungiamo.»
«L'accompagno», fece Elena con voce suadente ed uno sguardo al suo ragazzo che prometteva tante cose. Diede ancora un bacio a Giovanni, che fece per morderla mimando un ringhio, quindi raggiunse l'amica.