L'aria all'interno del capanno puzzava di nafta e di roba vecchia e ammuffita.
Ennio entrò, guardandosi intorno per esplorare l'ambiente. La parete alla sua sinistra era trafitta da un numero imprecisato di grossi chiodi, ai quali erano appesi numerosi attrezzi. Chiavi inglesi, pinze a pappagallo e tenaglie, cacciaviti ed altri ferri che non riconobbe. Vide un paio di forbici d'acciaio che penzolavano aperte. Le loro lame lunghe e appuntite avevano un ché di minaccioso, e richiamarono alla sua mente un vecchio film che aveva visto solo in parte durante una di quelle notti antipatiche: quando ti svegli alle 3 e non riesci più a prendere sonno, allora vai alla TV per sfuggire ai pensieri che sembrano assediarti, e finisci per rimbalzare di continuo tra vecchi documentari in bianco e nero, telefilm di un'altra epoca, repliche di telegiornali, televendite, film demenziali oppure horror di serie meno che zeta.
La scena che ricordava con disgusto, era in un vecchio poliziesco, un film violento e crudo, come li facevano negli anni '70, in cui un maniaco si dedicava ad uccidere e mutilare giovani donne usando appunto delle forbici. Storse la bocca al ricordo di una scena che gli aveva dato il voltastomaco e passò oltre con lo sguardo, verso matasse di cavi elettrici le cui guaine erano cristallizzate da tempo e si stavano sbriciolando, esponendo il metallo interno che si colorava di verde e si polverizzava come la sabbia in una clessidra. Per terra, addossate alla parete, riposavano per sempre delle casse da frutta in legno. Si mostravano sgangherate, coperte da un telo grezzo che un tempo doveva essere stato un sacco di patate. Poco oltre, sulla parete risaltavano le forme raggrinzite di pomodori appesi e dimenticati.
Il ragazzo sollevò il telefono verso il soffitto. C'erano delle grosse travi di legno in parte ancora ricoperte di vernice bianca di calce. Reggevano l'inconfondibile superficie ruvida e ondulata di lastre di eternit. Nell'angolo con la parete verticale la luce illuminò un grosso favo di vespe.
Un rumore, come di foglie secche smosse, attirò la sua attenzione verso destra. Il pavimento proseguiva libero in un corridoio tra due macchinari, dai quali spuntavano altrettante canne fumarie ed una serie di tubi che curvavano verso il basso per scomparire sottoterra. Una delle ombre generate dalla luce della torcia del suo telefono si mosse in modo diverso rispetto alle altre, mettendolo in allarme. Il ragazzo fece per chinarsi, tese il braccio per osservare meglio. C'era una massa color bianco sporco in una nicchia dietro uno dei macchinari.
Ennio aveva appena accennato un passo, quando qualcosa scattò con un movimento brusco verso di lui.