Il fiume di ratti terrorizzati continuò a scorrere intorno alle loro gambe per un tempo dilatato, i secondi sembravano ore.
Ennio sollecitò Ada a muoversi, risalendo la corrente di quella massa brunastra che odorava di sporco e selvatico. Dopo aver percorso alcuni metri, il flusso di ratti diminuì. Gli ultimi sparuti esemplari, tra cui uno che aveva la schiena deformata in modo grottesco e si muoveva più lentamente, sparirono in fretta alle loro spalle.
«Cosa può averli spaventati a tal punto?», bisbigliò Ada.
Ennio restò taciturno: non aveva una risposta.
Pian piano, i due percorsero un altro tratto, superando dei grossi rami che una qualche piena del fiume sotterraneo aveva accumulato a formare una specie di diga.
Fu Ada ad accorgersene per prima.
Un sentore nauseabondo iniziò ad intorbidire l'aria man mano che avanzavano.
«Lo senti anche tu?»
Ennio annuì, le sue dita si strinsero con più forza intorno alla torcia che rischiarava loro il cammino. Quasi a voler rinsaldare il legame con quel fuoco e quella luce che li difendevano dall'oscurità che regnava nell'abisso in cui erano caduti.
L'odore sulfureo si fece più intenso.
Dopo qualche metro, scorsero una delle aperture nella volta. Da essa colava un'atmosfera densa, inspessita, giallastra. Scivolava lentamente in basso, in molteplici piccoli vortici che si avvolgevano su se stessi, raggiungeva il terreno e da lì si spandeva, nascondendolo alla vista.
«Siamo vicini...», mormorò Ennio.
Una ventina di metri più avanti l'aria si era fatta pressoché irrespirabile. La luce della loro torcia formava come una sfera che si arrestava dopo pochi metri. Percepivano qualcosa di malsano, e non era soltanto per l'odore di marcio che ristagnava nella foschia. I loro corpi riconoscevano quei segnali, come se ricordassero un certo retaggio ancestrale. Erano sensazioni che non passavano per la sfera cosciente, e infondevano direttamente nei loro cuori un senso di pericolo, di angoscia e solitudine in un mondo brutale e predatorio.
Percorsero ancora pochi altri metri, lo scrosciare del fiume si era fatto più forte, nervoso, violento. Poco oltre, la mano sinistra di Ennio perse il contatto con la parete.
«Aspetta», disse alla compagna.
Si spostò, cercò nuovamente il muro, toccò uno spigolo.
«Forse ci siamo...», mormorò.
In quel momento un forte ronzio emerse dal nulla, si avvicinò rapidamente alle loro spalle.
Si voltarono, Ennio portò il braccio con la torcia in avanti, come a farsi scudo. Qualcosa spuntò dal mare di nebbia, colpì Ada alla spalla sinistra, spingendola quasi a terra, cadde poco oltre con un tonfo attutito. Si sentì uno squittio straziante.
Ennio tirò Ada indietro, frapponendosi tra lei e l'essere che era apparso. Si fece avanti, preceduto dalla torcia. La sua luce illuminò una massa che si contorceva a terra.
Ada si lasciò sfuggire un grido quando vide di cosa si trattava.