Elena giunse nella tavernetta al piano interrato, fu in parte consolata dal fatto di trovarla deserta, ma nell'aria aleggiava un odore nauseante come di spazzatura e uova marce. Si accorse anche che il pavimento era appena velato da uno straterello di foschia che lo ricopriva per non più di una ventina di centimetri.
Lei era risoluta ad ignorare tutto ciò che potesse dar forza ai pensieri negativi, portando nuova linfa alle sue paure.
Si disse che non era quello ciò di cui aveva bisogno.
Si portò verso le scale che salivano al piano rialzato, dov'era stata con i suoi amici fino a poco tempo prima. Un campanello di allarme, come un sesto senso, le suggerì di muoversi piano, tenendosi bassa. L'odore nauseante era più forte ora che era quasi giunta al piano. Lì l'atmosfera era densa, e non tardò a scoprirne la ragione. Per quel poco che riusciva a vedere grazie alla torcia del telefono, la parete in prossimità della finestra, dove avevano visto per la prima volta una delle mostruosità volanti, presentava una vistosa breccia. L'inferriata metallica era divelta su di un lato e ripiegata verso l'interno, i vetri erano andati in frantumi, e dall'apertura si riversava nella casa un torrente di nebbia fetida che aveva riempito l'ambiente per più di un metro in altezza.
Elena rallentò, tese le orecchie. Vide la nebbia agitarsi in vortici nervosi, in un punto in prossimità di una parete. Per brevi istanti credette di distinguere qualcosa, una massa appena più scura della nebbia stessa, che si spostava agilmente agitando delle grosse ali. Le giunsero alle orecchie dei fischi modulati, come una serie di ocarine non in sintonia, che suonassero tutte insieme.
Era indecisa su cosa fare, ma accadde qualcosa che le tolse ogni dubbio. Udì un ronzio, simile a quello che aveva sentito poco prima nel deposito al piano interrato. Cresceva d'intensità, sembrava si stesse avvicinando.
Elena vide con orrore una delle mostruosità volanti emergere dalla nebbia, stazionare in aria a neanche tre metri da lei, come un infernale colibrì, per poi dirigersi in picchiata nella sua direzione. La ragazza gridò, e si lanciò in una fuga disperata. Corse su per le scale che aveva già esplorato prima insieme a Giovanni, la torcia del telefono illuminava la scena con un ritmo stroboscopico. Sentì l'abominio urtare la parete poco dietro di lei. La ragazza raggiunse il piano superiore, svoltò a sinistra, nel corridoio.
Si sentì morire quando, pochi metri davanti a lei, scorse uno sconosciuto con una lampada da campeggio in mano. La sua faccia, rischiarata da una luce fredda proveniente dal basso, assumeva tratti grotteschi a causa dei giochi di ombre, e sembrava quella di un poco di buono, con quel tipo di pelle che è sempre scura anche se rasata da pochi minuti. Alla vista di Elena, l'uomo sembrò infastidito più che sorpreso. La ragazza impallidì nel vedere che lui sollevava il fucile da caccia che impugnava nella mano destra e lo puntava nella sua direzione. Gridò e si lanciò sulla porta alla sua sinistra.
Aveva appena varcato la soglia quando il rumore di uno sparo esplose nel corridoio.