Elena si alzò, aiutata dal guardiano che la prese per un braccio. Quell'uomo continuava a non piacerle, ma in fondo era solo qualcuno che faceva il suo lavoro e le aveva salvato la vita già due volte nel giro di neanche mezz'ora. Si guardò intorno, come se soltanto allora fosse divenuta consapevole dell'ambiente che li circondava. Erano in una sala dall'aspetto singolare e le geometrie bizzarre. Il pavimento era di marmo bianco, solcato da venature grigio chiaro che si diramavano come fulmini di pietra. Dello stesso materiale erano rivestite le pareti. La stanza aveva una forma trapezoidale, loro due erano ora sulla base minore, lunga appena un paio di metri o poco più, e le pareti proseguivano in avanti divergendo verso la base maggiore, larga almeno tre volte tanto. Sulla parete alla loro sinistra erano addossati degli armadietti metallici, di colore bianco, alternati a delle panche, bianche anch'esse. A destra c'era una fila di docce, Elena ne contò almeno sei, distanziate di un paio di metri l'una dall'altra.
I due si spostarono in avanti, come per tornare verso l'unica uscita. Ma avevano fatto appena pochi passi quando il guardiano costrinse Elena a fermarsi, afferrandola nuovamente per un braccio.
Lei si girò a guardarlo allarmata. L'uomo aveva le palpebre semichiuse, come se cercasse di mettere a fuoco lo sguardo su qualcosa. Sempre più agitata, anche lei guardò in avanti, cercando di capire cos'è che avesse messo l'uomo in allarme. Vide una pozza scura sul pavimento, pressapoco al centro della stanza, vicino ad una delle docce. Non le sembrò particolarmente inquietante, volse nuovamente lo sguardo verso il guardiano, che le strinse un paio di volte il braccio e indietreggiò di un passo, spostandosi verso la parete sinistra.
«Che succede?», chiese lei, preoccupata per il suo silenzio.
«La vedi quella pozza scura, lì per terra?»
«Beh?», rispose lei incerta. «Sì, la vedo.»
«Prima, quando siamo entrati, non c'era.»
Elena tornò ad osservare quella che sembrava una macchia d'olio motore esausto. Ne seguì i contorni, si accorse che era collegata con lo scarico di una delle docce per un sottile rivoletto. Poi il suo sguardo si focalizzò sul perimetro della macchia, e sulle venature del marmo.
E si accorse che quella cosa, qualsiasi cosa fosse, stava scivolando molto lentamente verso di loro.
«Dobbiamo andare, e in fretta», sussurrò l'uomo.
Elena non capì perché parlasse così a bassa voce.
Lui la guidò sul lato sinistro, dov'erano gli armadietti. La cosa senza nome reagì come il mare increspato dal vento. La ragazza non riusciva a staccare gli occhi da essa, dal suo colore nero dai riflessi metallici iridescenti che sembravano diffondere una tenue luminescenza. Inorridì quando si accorse che aveva cambiato direzione, sembrava muoversi più in fretta, come per intercettarli e bloccare loro il passo.
«Cristo...», mormorò Sabatino.
Erano prossimi al centro della stanza, quando tutto sembrò accelerare.
La cosa ebbe un guizzo, e si proiettò verso di loro. Sembrava una via di mezzo tra un'onda e uno schizzo d'acqua.
Sabatino reagì in fretta, scartò verso la parete, tirandosi dietro Elena, afferrò uno degli armadietti e lo ribaltò sul pavimento, con un frastuono che rimbombò nella stanza chiusa. La ragazza gridò quando vide la massa scura aprirsi per evitare di esserne colpita. Quell'espediente diede loro il tempo di scappare. Saltarono sull'armadietto riverso, che produsse un rumore concavo deformandosi sotto il loro peso, e si lanciarono dall'altra parte verso l'uscita. Il guardiano aprì in fretta la porta, uscirono nel corridoio e se la chiusero alle spalle. Furono raggiunti da un suono liquido, come se qualcuno avesse tirato una secchiata d'acqua contro l'altro lato.
«Presto, andiamocene», disse Sabatino. «Questa porta non fermerà a lungo quell'accidente...»
«Che cos'era?», domandò lei. La voce le morì in gola quando si accorse che da sotto la porta chiusa iniziava a filtrare qualcosa di scuro.
«Non lo so, sta' zitta per l'amor di Dio. Vediamo di trovare i tuoi amici.»
Lei lo seguì nel corridoio, dopo pochi metri rallentarono: i resti contorti delle creature che il guardiano aveva ucciso erano spariti, e di loro restavano piccole pozze di plasma, zampe, pezzi di ali mangiucchiati.