Capitolo 51

 

 

Maria era accoccolata a terra, in un angolino tra la consolle con la pulsantiera che regolava il funzionamento della macchina, e quei venti o trenta centimetri di parete prima della porta chiusa. Pregava dentro di sé, in una sorta di meditazione meccanica che non riusciva tuttavia ad estraniarla completamente dal mondo esterno.  

Luigi era di poco alla sua destra, a ridosso della consolle, chino sul corpo del fratello, che si era destato un paio di volte, o per meglio dire era stato sul punto di svegliarsi, si era agitato, come nel tentativo di trovare una posizione migliore, e aveva mugugnato qualcosa di incomprensibile. Suo fratello teneva le mani su una benda premuta contro la ferita che aveva al fianco. Era stata Maria ad avere l'idea di sacrificare una parte del suo pareo per ricavarne due strisce. Non che si potesse far molto, il detrito proiettato contro Giovanni, quando la macchina si era disintegrata, aveva trapassato il fianco da parte a parte. L'emorragia si era fermata, poi era ricominciata quando Giovanni si era mosso, quindi si era arrestata nuovamente. Era il meglio che potessero fare mentre attendevano immersi nel buio. Di tanto in tanto avevano l'impressione di udire dei suoni, a volte provenienti dall'abisso che si apriva poco oltre i loro piedi, ma fortunatamente nulla era emerso per ghermirli.

Giovanni gemette ancora, per qualche istante aprì gli occhi, non vide niente. Mormorò qualcosa, sembrò riconoscere la voce di Luigi, poi l'oblio lo reclamò nuovamente per sé.

«Tuo fratello è forte...», disse piano Maria, «...se la caverà, abbi fede.»

Luigi ebbe un moto di irritazione nel sentire la voce di lei. Il meglio che potesse fare, in quella situazione, era starsene zitta, avevano meno di due metri quadrati di spazio da dividere in tre, e tutto avrebbe voluto tranne che sentire le sue stupide chiacchiere sulla religione e quant'altro.

Stava per dirle qualcosa, ma si fermò. Per una volta attese, pensò a quello che lei gli aveva detto. Sì, non c'era mai stato buon sangue tra loro due, ma sembrava sinceramente preoccupata per le sorti del fratello, e in fondo non era lei il pericolo maggiore in quella casa. In quel momento Luigi decise che forse Maria non meritava di restare nel cono d'ombra tra le file delle persone che conosceva. Provò a formulare delle parole, gli sembrarono tutte vuote e sciocche, così improvvisò.

«Sai... Forse... Non so, probabilmente ti ho giudicato male. Voglio dire... sei pallosa come un insegnante di catechismo, il più delle volte simpatica come la merda in tasca... però hai rischiato la vita per venire in aiuto a me e mio fratello, e questo... beh, ti fa onore.»  

Pensò che sì, tutto sommato non era stato un discorso troppo fiacco, le tese una mano, nel buio, non considerando il fatto che lei non potesse vederla. Un gesto innocente, ma per errore le sfiorò un seno, e lei trasalì.

La manata che Maria diede al braccio di lui risuonò forte nel buio.

«Ooh», esclamò, come avrebbe fatto con un asino per farlo fermare. «Tieni le mani a posto, ragazzino, cosa pensi di fare? Te la do io la cacca in tasca!»  

Lui rise, a bassa voce. Quella battuta non le era piaciuta per niente. «Non fraintendere, ti stavo soltanto porgendo la mano in un gesto di pace...», si schermì. «Non è che volessi palparti le zinne . Per carità, mica mi chiamo Enzo io...»

Quelle parole la fecero sorridere, e si diede della stupida, perché anche nel buio, dove lui non poteva vederla in viso, si sforzava di mantenere la sua maschera di serietà austera.  

«Un rametto d'ulivo non si rifiuta mai», disse piano. «Vada per una tregua, almeno fino a quando non usciremo di qua, poi tornerai ad essere un moccioso maleducato senza timore di Dio per quanto mi riguarda.»

«E tu una vecchia catecumena bisbetica con la fica di legno», rise lui.

Entrambi cercarono il contatto con le mani e se le strinsero a vicenda. Sul volto di Maria però albergava un'espressione interrogativa.

Che cavolo vorrà dire fica di legno?

«Cosa pensi sia accaduto agli altri? Voglio dire Enzo, Elena... Lei è via già da un po'...», domandò Maria.

«Non ne ho idea... Amsterdam sarà andato a prendere i ricci in macchina, e si sarà fermato a farsi una canna, o due. Lo sai com'è quello. Sono più preoccupato per Elena. Hei... senti...», disse dopo una pausa. «Anche tua sorella è forte, e pure Ennio non è da meno. Non sappiamo cosa c'è laggiù, io sono sicuro che sono ancora vivi...»

«Come fai ad esserne certo?»

«Perché me lo sento. Prima, quando quella macchina si è accesa, mi sono sentito come... trafitto, da tutta quella luce. Lo so, sembra stupido ma è cosi. Tanta, tanta luce, fuori e dentro. E anche ora che si è spenta, e siamo qui in queste tenebre del cazzo, una parte di me è come se fosse ancora circondata da tutto quel bagliore. È... è come se li vedessi, tutti quanti. Come fossimo tutti in piedi, nella stessa stanza. Mio fratello, Elena, Enzo, Ada, Ennio. So che sono vivi, lo sono tutti. E poi Ennio è...», rise, «...è un cazzo di animale! Lascia che te ne racconti una...», continuò Luigi a ruota libera. «Una volta eravamo a pesca subacquea, alle Orte, a Otranto. Mio fratello aveva infilzato un polpo enorme con la fiocina. Era a più di sei metri di profondità, un sant'Antonio che...»

«Aspetta, che c'entra sant'Antonio?»

«Eddai... è soltanto un modo di dire, si usa quando vuoi descrivere qualcosa di grosso. Sant'Antonio è un santo importante, no? Non è... che ne so, san Procopio, san Pistone, insomma roba minore...»

«Vabbè, ho capito, lasciamo stare i santi per favore.»

«Okay, okay, non cominciare. Insomma, c'era questo polipone – va bene così? – e mio fratello l'aveva infilzato con la sua fiocina a tridente, soltanto che quello si era rintanato e non ne voleva sapere di uscire...»

«Che schifo, povera bestia...», commentò lei.

Luigi la ignorò. Era strano il suo modo di parlare, entusiasta, quasi allegro, ma con voce così bassa da essere poco più che un bisbiglio.

«Allora mio fratello fece una cosa che non avrebbe dovuto fare. Mise una mano nella tana, per tirarlo fuori. Non fai una stronzata del genere quando ti trovi a più di sei metri di profondità. E non lo fai facendo scivolare la mano accanto alla fiocina. Lui riuscì ad afferrare alcuni tentacoli e strattonò, ma così facendo una delle punte gli entrò nel polso. Era rimasto bloccato, non riusciva più a tirar fuori la mano, né la fiocina. Quel polpo era forte, e veramente grosso. Io ero lì, lo vidi buttar fuori un tentacolo e strappare via la maschera dal volto di mio fratello. Mi spaventai, provai a tirarlo via, ma più tiravamo e più la fiocina penetrava a fondo nel suo braccio... C'era sangue, non si vedeva niente, anche perché i movimenti avevano sollevato sospensione.»  

«È terribile... e come ha fatto a liberarsi poi?»

«Lo ha salvato Ennio. Prendeva fiato, scendeva giù, passava aria a mio fratello, bocca a bocca, poi a colpi di coltello tentava di fare a pezzi lo scoglio. Fece su e giù non so quante volte, ormai Giovanni non si muoveva quasi più, ero sicuro che l'avrei perso quel giorno. Poi Ennio riuscì a spaccare un grosso pezzo di roccia, grande quasi quanto il cofano della sua Rover, ed a sollevarlo, in questo modo scoperchiò la tana di quella bestia. Trascinammo in superficie Giovanni, che venne su portandosi dietro la fiocina e il polpo... Un sant'Antonio di quattordici chili, roba che se non l'avessi visto non ci avrei creduto... Questo per farti capire quanto Ennio sia forte e determinato. Fisicamente e come persona. Credimi, se c'è uno al mondo che può tirare tua sorella fuori di lì, questo è lui.»

«Ada non mi ha mai raccontato questa storia.»

«Perché non lo sa», interloquì Giovanni.

La sua voce era bassa, appena il sussurro di chi si è svegliato da pochi secondi. «E non lo sa Elena, altrimenti pianterebbero delle grane ogni volta che andiamo a pesca...»

«Giò!», esclamò Luigi. «L'ho sempre detto che hai la buccia dura!»

«Sia lodato il cielo», aggiunse Maria. «Come ti senti?»

«Senza un grammo di forza, a parte quello sto bene.» Fece per sollevarsi, ma Luigi lo bloccò.

«Fermo! Sei ferito al fianco, se ti muovi la ferita si aprirà di nuovo.»

In quel momento scorsero un bagliore provenire dal nulla più avanti.

«Guardate!», esclamò Maria.  

Ammutolirono. Sei occhi scandagliarono le tenebre, come anime perdute condannate a vivere in un abisso buio e senza fondo, bramose per il minimo accenno di luce.

L'alone crebbe, due figure iniziarono a prendere forma in esso.

«Elena!» Maria fu la prima a distinguere la sagoma dell'amica.  

Alle spalle di lei si intravedeva una figura massiccia, non sembrava Enzo, né Ennio. I tre si chiesero chi potesse essere.

«Grande!», commentò Luigi parlando piano. «Elena ha trovato un ciccione... se quello non sta attento finisce per far crollare il resto del pavimento...»

«Chiudi quella bocca, Gigi», lo zittì suo fratello.