Il quadrante al polso di Ennio segnava due minuti alle quattro.
I sei amici erano in cerchio, vicino al divano su cui sedevano Elena e Giovanni. Quest'ultimo aveva ripreso conoscenza pochi minuti dopo essere svenuto. Nonostante le ragazze pensassero non fosse una buona idea, aveva insistito per mandare giù un dito di liquore, e questo sembrava avergli messo un po' di energie in corpo.
Si guardarono in silenzio, ognuno vide riflesso se stesso nei volti degli altri. Erano sporchi, esausti, dovevano lottare per ricacciare indietro nelle loro menti i ricordi dei momenti terribili vissuti fino ad allora, ma erano ancora tutti insieme. Tranne Enzo, ovviamente, ma tutti si auguravano che stesse bene e, chissà, forse era riuscito a scappare e chiedere aiuto. Nella solennità di quel momento, c'era la consapevolezza di una sorta di addio.
Addio un cazzo ... pensò Luigi mentre alzava il machete.
«Io sono pronto», disse. Era a petto nudo, e aveva dei segni dipinti sul petto con un pigmento rosso ricavato dalla polvere di cinabro rinvenuta in uno dei vasi.
«Dio è con noi!», esclamò Maria, citando un antico motto. Lei si era limitata ad una piccola croce tracciata sulla fronte. Ognuno si aggrappava a quello che poteva. Sulla schiena reggeva la federa di un cuscino in cui erano state poste tre bottiglie molotov, e nella mano impugnava una delle torce realizzate con le gambe delle sedie.
«Bella armata Brancaleone...», commentò Giovanni. Si alzò a fatica e si fece avanti, subito seguito da Elena. Entrambi sollevarono la loro torcia. Una fitta all'addome si fece sentire, ma lui l'ignorò. «Io ci sono», aggiunse. «Con un ombelico in più, ma ci sono. E farò la mia parte. Soltanto una cosa vi chiedo... dovesse succedere qualcosa, non pensate a me. Non intendo rallentarvi e...»
«Piantala!», lo interruppe Elena, dandogli un buffetto su una guancia. «Non ti libererai di me così facilmente.»
«Suona come una minaccia...», commentò lui.
«Credimi, lo è.»
Gli occhi si spostarono verso Ada, lei restò taciturna e con le labbra contratte. La ragazza impugnava il tagliacarte. Per nulla al mondo se ne sarebbe separata. Non era un gran ché come arma, ma tenerlo con sé le infondeva un barlume di sicurezza. Si sistemò sulla schiena un'altra delle bisacce improvvisate che avevano creato con le federe dei cuscini del divano. Dentro c'era una bottiglia di liquore, un paio di bende arrotolate, ed una bottiglia di un'anonima vodka, che era stata svuotata per far posto a dell'olio combustibile. Luigi ne aveva trovato una latta sepolta sotto la scaffalatura che Ada aveva fatto crollare sul millipede che le dava la caccia. L'aveva usato per ricaricare la lanterna, e per creare una poltiglia con le resine che avevano trovato, utilizzandola poi per cospargere le strisce di tessuto applicate sulle fiaccole. Avevano comunque scelto di tenere spente entrambe le lampade per risparmiare la carica.
Ennio accese la torcia che aveva portato con sé dal tunnel dell'orrore, e che Luigi aveva ripristinato con strati di tessuto imbevuti con la sua resina speciale. Si era dimostrata solida come arma, gli aveva portato fortuna, permettendogli di salvare Ada dalle grinfie della bestia che le era piovuta addosso, e lui credeva nel detto squadra che vince non si cambia . La fiamma si accese con vigore, diffondendo un tanfo che aveva un ché di speziato.
«Luigi ed io andiamo avanti», esclamò mentre accostava la sua fiaccola a quella di Giovanni e Maria per accenderle. Una torcia per coppia, si era detto.
Si portarono verso l'apertura che scendeva verso il tunnel, rimossero le sedie e iniziarono a scendere.
Giunsero rapidamente al pianerottolo con la nicchia nella parete e il crocifisso. Maria si sentì sollevata nel vedere una traccia della presenza del Signore perfino in quel posto così remoto.
«Lui è con noi», disse animata da un certo fervore mentre si segnava. «Questo è un segno della sua benevolenza. Non capite?»
Gli altri la guardavano taciturni. A Luigi vennero in mente una o due battute, a proposito di quella benevolenza, ma preferì tacere. Maria era diversa da lui, spesso insopportabile, ma era lì, immersa nella merda fino al collo, come loro. E come loro lottava con quello che aveva: il proprio corpo, la propria mente, il proprio credo, le proprie speranze, la voglia di continuare a respirare.
Meritava rispetto.
Nessuno obiettò quando lei recitò una preghiera mormorandola a bassa voce. Si limitarono ad attendere in silenzio. In quel momento avevano bisogno di tutto l'aiuto possibile, e se c'era davvero un Dio in ascolto da qualche parte, beh, meglio tenerselo buono.
Quando la ragazza ebbe finito, Ennio raccomandò ancora una volta di fare attenzione, e non si riferiva solo ai gradini, che da lì in poi erano scavati nella roccia, consunti, e resi scivolosi da residui lasciati dalle creature che erano passate di là per seguirli.
Scesero, e man mano che procedevano iniziarono a percepire il tanfo nauseabondo della nebbia.
La scalinata verso il basso compì un tragitto a spirale. Nonostante i lunghi corridoi che avevano percorso, tutti nel gruppo provarono la sensazione di trovarsi ancora sotto la casa. Ne ebbero la conferma quando, giunti in fondo, le loro torce illuminarono la galleria che correva nel sottosuolo. Parte della volta era crollata, in corrispondenza del corso d'acqua che in quel punto scorreva più violento. Da esso, come ossa che sporgono da una ferita, spuntavano i resti della macchina infernale che aveva scatenato quel pandemonio.
Ada rabbrividì quando vide dove era precipitata insieme ad Ennio. Si fece un segno della Croce, perché si rendeva conto che soltanto un miracolo aveva potuto permettere che da quella caduta ne uscissero pressoché illesi. Se si esclude un ramo nella gamba di Ennio ed una collezione di lividi e dolori sparsi, ma a quelli c'era rimedio.
Non avevano trovato traccia della creatura che l'aveva assalita, e che Ennio aveva ucciso a randellate. A quanto pareva, niente andava sprecato negli equilibri tra le specie che avevano invaso quell'angolo di mondo.
La nebbia, seppur presente, si era in parte diradata, o forse era soltanto un effetto delle fiaccole. Tre illuminano meglio di una.
«Cioè, fatemi capire...», esclamò piano Elena. «Voi siete caduti là dentro?», indicò il corso d'acqua che scorreva producendo uno scrosciare continuo che rimbalzava tra le pareti della galleria, risuonando amplificato.
La domanda restò ad aleggiare nella foschia, che si faceva più densa man mano che si avvicinava al livello del terreno.
«Da che parte si va?», chiese Luigi.
«Per di qua», indicò Ennio.
«Siete sicuri che questo passaggio porti a mare?», domandò preoccupata Elena.
«È probabile», le rispose Maria. «Questa struttura è artificiale, il canale sembra abbastanza largo per far passare delle barche o delle chiatte. Da qualche parte porterà di sicuro.»
«Mah...», commentò Ada scettica. «Non mi convince.»
«Cosa non ti convince?», domandò Ennio.
«Qui si vive di turismo. Soprattutto d'estate, tutta la costa è praticamente invasa di gente, barche di ogni tipo, quelli che fanno le escursioni alle grotte, sub... Se questa galleria arrivasse fino a mare qualcuno l'avrebbe già scoperta, non vi pare?»
«Magari spunta in qualche proprietà privata. Ti stupiresti di quante rovine, resti di templi e santuari siano in mano ad antiche famiglie locali, e noi comuni mortali non ne sospettiamo minimamente l'esistenza», replicò Ennio.
«In ogni caso da qualche parte deve portare di sicuro», interloquì Maria. «E comunque...»
Ada sollevò una mano in segno di resa. Non c'era bisogno di ribadire il concetto.
Non avevano altra scelta.