Capitolo 67

 

 

Il demone aveva smembrato il grosso millipede. I suoi succhi digestivi ne avevano sciolto i tessuti, ed era intento ad assorbirne i fluidi.

Alle sue spalle, distante pochi metri, qualcosa di scuro e lucido scivolava lentamente sulla fanghiglia. Cellule ciliate arrivarono a lambire la pietra con cui era lastricata la galleria, fecero presa, si spostarono in alto, risalendo l'argine. Milioni di recettori rilevavano la presenza di cibo, tanto cibo. Era da un po' che ne seguiva le tracce, ma le sue prede si muovevano in fretta. Alcune si spostavano velocissime, balzavano da una parte all'altra, in alto, verso luoghi che la creatura avrebbe potuto raggiungere con gran difficoltà, qualora avesse trovato una superficie su cui arrampicarsi. Un'altra fonte di cibo, più corposa e dagli aromi più intensi e variegati, si spostava più lentamente, per quanto fosse in ogni caso più veloce dell'essere senza forma, costretto per sua natura a strisciare e lottare per ogni centimetro.

In quel momento però, una delle sue possibili prede si era fermata. Era lì, poco distante. E man mano che la creatura guadagnava terreno percepiva il suo odore, e gli effluvi invitanti del millipede che era stato dilaniato.

Si portò verso di essa, una miriade di cellule fremeva alla prospettiva del pasto imminente.

Il demone continuò a nutrirsi indisturbato, ignaro del pericolo.

Poi qualcosa, nella complessa architettura del suo sistema sensoriale, lo mise in allarme. Sollevò il capo, si guardò intorno. Si voltò, i suoi sensi percepirono qualcosa di insolito, come un nastro luminoso che si snodava sul terreno a pochi metri da lui. Capì di cosa si trattava, dopotutto venivano dallo stesso mondo. Afferrò con una mano artigliata una metà del corpo della sua preda, quindi estese le ali e balzò in alto, verso la volta della galleria. Si allontanò, nella direzione che avevano preso quegli strani bipedi puzzolenti che amavano tanto far baccano. Li sorvolò con noncuranza, spostandosi oltre.

L'essere strisciante rallentò il suo incedere, man mano che le sue cellule sciamavano sui resti di liquidi organici rimasti laddove il demone si era sfamato. Mentre si nutriva del magro pasto toccatogli, i suoi sensi scandagliarono l'ambiente intorno in cerca delle prede.

Si erano allontanate di nuovo, ma la creatura era paziente, come un ragno al centro della tela, era questa una delle sue principali virtù. E tutti gli animali a cui dava la caccia prima o poi rallentavano, si fermavano a riposare, a bere, a nutrirsi. 

Quando ebbe finito di ripulire la roccia dai residui di cibo iniziò nuovamente il suo lento inseguimento.