Capitolo 68

 

 

«Sono esausta», mormorò Ada. «Mi sembra di aver camminato per chilometri e chilometri...»

Ennio si fermò, appoggiandosi alla parete umida e fredda del tunnel che stavano percorrendo. Gli altri furono lieti di imitarlo.

«Questo cazzo di galleria non finisce mai...», esclamò Luigi. «Quando finirà ci ritroveremo in Africa.»

«Semmai in Albania», lo corresse Maria.

Luigi fece un cenno vago con la mano, come per scacciare una zanzara che gli ronzava vicino ad un orecchio. Non le aveva ancora perdonato la crisi e il modo in cui si era comportata prima.

«Voi riposatevi», disse rivolto al fratello Giovanni. «Io vedo cosa c'è più avanti.»

«Non credo sia saggio separarci...», commentò Ennio.

La cosa parve spazientire Luigi.

«Senti...», disse. «Se non sono troppo indiscreto... mi dici chi è che ti ha eletto al ruolo di grande capo? Io non prendo ordini da te né da nessun altro!»

«Gigi piantala...», esclamò Giovanni senza troppa convinzione. Era stanco, troppo stanco per stare appresso alle uscite adolescenziali del fratello. 

Luigi ignorò il suo richiamo, e sostenne lo sguardo deluso di Ennio, poi, con una torcia in una mano, ed il machete nell'altra, riprese a camminare.

Ennio scosse la testa. 

«Lascialo stare», gli disse Ada. «È ancora un ragazzo.»

«Ho una sete terribile», esclamò Giovanni.

«Anch'io», seguì Elena a ruota. Gli sguardi di tutti corsero automaticamente al corso d'acqua, che in quel punto scorreva piano, dopo essere stato rallentato per un lunghissimo tratto dal pantano di fango. «Ma non berrei quell'acqua neanche se fossi nel deserto. Abbiamo visto mostri e schifezze varie, ma chissà quante cose pericolose ci sono e non le vediamo.»

«È vero», commentò Ada. «Credo dovremo tutti andare in un ospedale e farci dare un'occhiata quando tutto questo sarà finito. Non è escluso che in quella nebbia ci fossero virus o batteri di un mondo estraneo, e possono averci infettato semplicemente respirando o per contatto con la pelle...»

«È proprio un bel casino...», commentò Giovanni.

«Beh, di buono c'è che la nebbia si è ormai diradata del tutto. Non so di quanto ci siamo spostati, il mio telefono non prende, ma credo che ci siamo allontanati molto dalla casa», disse Ennio.

«Quella cosa non si è più vista, per fortuna», aggiunse Elena.

«Ve l'ho detto», continuò lui. «Mangia quelle bestiacce che volano, sarà tornata indietro, nella nebbia. Forse ne hanno bisogno per respirare, e fuori da essa hanno un'autonomia limitata. Non sappiamo niente di loro.»

Ennio non poteva saperlo, ma una di quelle mostruosità era sulle loro tracce. 

Pochi istanti dopo, il grido di Luigi li fece trasalire.