Cava di Bauxite, Otranto.
«Cos'è successo?», chiese il ragazzo al vecchio pastore che aveva davanti.
L'uomo fece per rispondere, scosse la testa, si grattò la barba bianca e incolta che gli sporcava il collo.
In quel momento, la ragazza dai capelli biondi richiamò l'attenzione del compagno, stringendogli un braccio.
«Fra', guarda!», disse piano lei.
Indicò l'assembramento di agenti e veicoli poco più avanti. Da un sentiero laterale che correva lungo il perimetro del cratere, erano spuntati due paramedici che reggevano una lettiga. C'era qualcuno adagiato su di essa. Era una donna. Aveva una maschera per la respirazione sul viso, i capelli di un biondo quasi bianco, e il colore della pelle pallido come un fantasma.
Il pastore raccontò loro di come, quella mattina, mentre accompagnava il suo piccolo gregge di pecore e capre a brucare nella zona, il suo cane si fosse messo ad abbaiare, e subito dopo si era udito un forte sciabordio. Come quando butti a terra un secchio d'acqua grande quanto una casa , aveva detto, nel suo dialetto storpiato dalla mancanza di numerosi denti. Il vecchio aveva imboccato il sentiero che aggirava il cratere per approssimarsi allo specchio d'acqua all'interno, ed era stato quasi trascinato via da un fiume che fuoriusciva da esso e l'aveva preso alla sprovvista. Imprecando e aiutandosi col bastone, era riuscito a tenersi in piedi e portarsi più in alto, da dove aveva potuto osservare meglio la scena. L'acqua al centro dello stagno ribolliva, disse, come una pentola. Il livello si era alzato costringendolo a riparare più in alto. Nel calderone spuntavano rami, fanghiglia scura, detriti. Al pastore si erano rizzati i pochi capelli rimasti sul cranio quando aveva visto affiorare dei corpi. Si era precipitato, per quanto glielo permettessero le sue ginocchia, verso la strada provinciale. La prima macchina l'aveva quasi messo sotto e non si era fermata, portandosi dietro una serie di benedizioni rivolte ai defunti del guidatore. La seconda vettura era un camper di turisti olandesi. C'era voluta tutta la sua eloquenza e gestualità per farsi capire da loro, ma alla fine in due l'avevano seguito, avevano visto, avevano gridato qualcosa in una lingua che non se ne capiva un beato cazzo , e avevano soccorso alla meglio tre persone, chiamando poi i soccorsi. Da lì a breve era giunta la prima pattuglia.
Il ragazzo chiese qualcosa, ma la domanda si perse nel vento, perché furono distratti dal ronzare di una moto che si avvicinava.
Era un modello da Enduro, rossa fuoco, con sellino azzurro ed una grande scritta RX su un fianco. A bordo di essa c'era un ragazzo corpulento. Fece per avvicinarsi al terzetto, aveva un ché di sconvolto e trafelato sul viso. Poi cambiò idea e diresse la moto verso l'ambulanza. In quel momento il personale di soccorso stava portando un'altra lettiga, sulla quale c'era il corpo di un ragazzo. Non aveva mascherina di respirazione, e sembrava privo di conoscenza. La mano destra era avvolta in spessi bendaggi provvisori.
«Gigi! Gigi!», sentirono gridare al ragazzo che era giunto in moto. Questi si catapultò a terra, mise in fretta un cavalletto che sprofondò nel terreno morbido facendo coricare il veicolo su un fianco. Fece per avvicinarsi alle autoambulanze, ma fu intercettato da un agente, con il quale si mise a discutere in un gesticolare agitato.
Oggi è il giorno dei pazzi , aveva commentato il pastore nel suo dialetto colorito. Tornatevene a casa, è meglio , aveva consigliato ai due ragazzi che gli stavano davanti. Aveva fatto un cenno con la mano, quasi una sorta di benedizione, quindi si era voltato e si era incamminato per allontanarsi.