Enzo fu costretto, suo malgrado, a togliersi di mezzo, affinché i medici potessero fare il loro lavoro. L'agente che l'aveva trascinato via era con lui, modulo e penna in mano, gli stava chiedendo qualcosa, ma il ragazzo non lo vedeva e non lo sentiva.
L'autoambulanza con a bordo Elena e Luigi si allontanò a sirene spiegate. Si udirono delle grida, uno dei paramedici corse verso la seconda ambulanza.
Non era un buon segno, non era mai buon segno quando perdevano la calma o gridavano.
Il mondo perse all'improvviso i suoni e i colori, mentre Enzo vide l'uomo muoversi rapidamente per preparare un defibrillatore.
Ennio era su una lettiga, o almeno, così gli sembrava. Il volto era tumefatto, e un profondo taglio gli deturpava il lato sinistro della faccia. Vide i dottori scoprirgli il petto, costellato di ferite. Accostare gli elettrodi al torace, che si inarcò sussultando verso l'alto.
«Ancora, maledizione!», gridò uno dei medici, ma Enzo non lo sentì.
Ennio, con la sua fissa per la Rover demodè... Con la sua passione per il mare e la pesca... Ennio, che era capace di immergersi a ripetizione per soccorrere un amico e strappare macigni dal fondale per liberarlo e riportarlo in superficie... Ennio, l'amico ideale, quello che ti fa ragionare quando non vuoi o non ci riesci, quello che non esagera mai nel bere, perché sa che toccherà a lui riportarti a casa ubriaco, quello che viene a darti una mano e tirarti fuori dai guai quando anche i tuoi genitori ti voltano le spalle...
Enzo non credeva che una persona come lui stesse lottando tra la vita e la morte.
Vide i soccorritori somministrare una seconda scossa, quindi procedere col massaggio cardiaco.
Forza amico mio!
Si sentì morire quando uno dei dottori fece cenno di no con la testa.
No! Non mollate!
«Non mollate!», gridò forte Enzo. Tutti si voltarono nella sua direzione.
«Vieni via!», gli intimò l'agente alla sua sinistra, che lo tratteneva per un braccio.
Quando Enzo si accorse che uno dei medici stava sollevando il lenzuolo per coprire il volto di Ennio, non ci vide più.
Mollò una manata in un occhio all'uomo in divisa che lo tratteneva, si liberò e corse verso la lettiga.
«È mio amico!», gridò. «Lo conosco!» Si avvicinò al corpo di Ennio, picchiò forte i pugni sul suo petto. Il ragazzo non reagì, le sue labbra erano livide, non respirava.
«Non può andarsene così!» gridò rivolto ai medici, «È uno tosto lui, il migliore di tutti! Ennio! Ennio!», scie di lacrime scorrevano sul volto di Enzo. «Avanti Ennio! Forza, svegliati! Svegliati!»
Due agenti lo abbrancarono da dietro per trascinarlo via.
«Provateci!», gridò disperato Enzo ai medici. «Ancora una volta! Non vi costa niente! Vi prego!»
I due uomini vestiti di bianco si guardarono, uno fece un cenno di assenso con la testa. Un sibilo intenso prese nuovamente vita mentre la carica si accumulava nel defibrillatore. Le piastre toccarono ancora il petto di Ennio, il suo torace si sollevò, tornò giù, giacque immobile.
Uno dei medici gli auscultò il petto, scosse di nuovo la testa, fece un cenno verso l'altro, come per invitarlo a riporre l'attrezzatura. Nell'istante che seguì Enzo credette che l'universo intero stesse per crollare in pezzi.
Poi accadde.
Ennio emise un colpetto di tosse sincopato. Il mondo si congelò, gli occhi furono tutti su di lui.
Vivi Ennio!
Un altro colpo di tosse seguì il primo, e un altro ancora. Uno dei medici auscultò di nuovo il battito, gridò qualcosa al collega. Si affrettarono ad applicare una mascherina al volto del ragazzo che giaceva sulla barella.
«Sì, evvai!», gridò Enzo che, in un eccesso di gioia, si voltò ad abbracciare forte l'agente che poco prima aveva colpito.
«Avanti, vieni via...», esclamò autoritario un altro uomo in divisa, accorso quando aveva visto il collega in difficoltà.
Enzo acconsentì di buon grado, asciugandosi il viso e tirando su col naso.
Si bloccò però quando udì il suono del portello dell'autoambulanza che si chiudeva.
«Un momento, aspettate!», gridò.
«Cosa c'è ancora? Hai già combinato abbastanza guai», accennò a dire uno degli agenti che lo avevano preso in custodia.
«Mancano due persone, due ragazze!», esclamò lui.
«Ti sbagli, non c'è nessun altro. Erano soltanto in tre.»
Nel frattempo giunsero il padre di Luigi e Giovanni, insieme al cugino maresciallo.
«Edoardo!», gridò Enzo, liberandosi e correndogli incontro. «Luigi è vivo! È vivo! Lo stanno portando in ospedale!»
I due agenti raggiunsero Enzo e fecero per bloccarlo, ma si fermarono ad un cenno del cugino di Edoardo. «Tranquilli, lui è con me», disse.
«Non vogliono darmi retta!», gridò Enzo. «Mancano due persone, due ragazze che erano con loro!»
Il maresciallo alzò uno sguardo interrogativo verso i colleghi.
«Non c'è nessun altro», rispose uno dei due.
«Devono esserci!», ribadì Enzo. «Ennio non le avrebbe mai lasciate sole, sono sicuro!»
«Mi dispiace...», disse il padre di Luigi e Giovanni, «...ma io non posso trattenermi, devo andare in ospedale.»
«Va' pure, io mi faccio riaccompagnare da loro», replicò il maresciallo che era arrivato insieme a lui.
Enzo cercò invano comprensione nei volti che lo circondavano. Capì che non lo avrebbero preso in considerazione.
Fanculo! , si disse.
Si voltò e iniziò a correre verso il sentiero da cui erano risaliti i paramedici con le barelle.