Ada era sulla spiaggia. Di colpo si rese conto di stare osservando una scia di conchiglie. Le guardò, le senti sgranocchiare sotto i piedi, vide un truciolo di posidonia secco rotolare nel suo campo visivo portato da un refolo di vento lieve come una carezza. Udì il canto del mare, alla sua destra. Sollevò lo sguardo, schermandosi gli occhi con una mano. Era confusa, non ricordava come fosse giunta fin lì. Tutto era luminoso, leggero come un acquerello, sereno. Osservò l'immensa distesa, con le sue molteplici tonalità di azzurro. Girò la testa verso riva, la costa sembrava infinita, in entrambe le direzioni, appena una ventina di metri di sabbia con striature zebrate, rami spiaggiati da trascorse mareggiate, sbiancati dall'azione combinata dell'acqua di mare e del sole, e poi la bassa vegetazione di macchia mediterranea.
Non riusciva a riconoscere il posto ma, per qualche ragione, non diede a ciò troppa importanza. Sollevò il volto verso il cielo, beandosi del tepore dei raggi del sole.
«Ada!»
Si riscosse.
Qualcuno l'aveva chiamata?
«Ada!»
Le sembrò di vedere una figura lontana, in acqua. Era nel punto in cui il sole accendeva la superficie con un manto di riflessi, rendendo difficile distinguere i dettagli.
Udì ancora quella voce.
La riconobbe.
Ennio!
Si incamminò verso l'uomo che si sbracciava per richiamare la sua attenzione. Le conchiglie continuarono a produrre quel suono croccante al ritmo con i passi di lei.
«Ennio!», gridò.
Si mise a correre, raggiunse l'acqua, che le sembrò più fredda di quanto si aspettasse. Abbassò lo sguardo verso il fondale, ricoperto da alghe marroncine che le solleticavano i piedi. Si mosse stando attenta a non pestare eventuali ricci o conchiglie appuntite.
«Ennio!», chiamò ancora. Pensava di essersi avvicinata, ma forse aveva calcolato male le distanze. Lui era sempre lì, una figura avvolta nel luccichio dei riflessi. Ada continuò. Si tuffò quando l'acqua arrivò a lambirle l'ombelico, nuotò a rana per un tratto, riemerse, si girò sul dorso, continuò a nuotare, sbattendo le palpebre quando schizzi d'acqua le finivano negli occhi.
«Ennio!»
Si fermò, si girò a cercarlo.
Non lo vedeva più. Ennio non era da nessuna parte. Forse si era immerso. Non era la prima volta che spariva sott'acqua per nuotarle vicino e farle il solletico quando non se l'aspettava.
Ada volse lo sguardo verso riva, e si accorse di essersi allontanata troppo. Un senso di timore si impossessò di lei. Amava il mare, ma non le era mai piaciuto molto allontanarsi dalla costa a nuoto.
Fece per tornare indietro, ma la corrente era contraria, e in qualche modo l'acqua si era fatta più alta.
Com'era possibile?
Non appiedava più.
Udì uno sciabordio, verso destra. Si girò allarmata, aspettandosi di vedere Ennio comparire come un delfino e schizzarle acqua addosso.
Invece no. Intravide una forma indistinta e contorta di colore bruno, un tronco forse, scomparire rapidamente sotto la superficie. Qualcosa la urtò con violenza su un ginocchio, facendola trasalire.
Iniziò a provare un senso di timore. La corrente si era fatta ancora più forte, e spingeva verso il largo.
Anche il cielo e i colori erano cambiati, senza che si fosse accorta della transizione. Erano più scuri, come se il sole fosse tramontato all'improvviso. E a proposito di sole, non sentiva più il calore dei raggi sulla pelle.
Il mondo era divenuto un posto freddo.
Udì nuovamente lo sciabordio, come prima. Ne cercò la fonte, vide nuovamente qualcosa di contorto ruotare piano, galleggiando su qualcosa di scuro, nero, forse una macchia d'olio o del catrame che la corrente portava verso di lei.
Iniziò a nuotare nervosamente verso la riva, che per qualche ragione si era ridotta ad una linea sottile, mentre il mare si era gonfiato, e la spingeva lontano.
«Ennio!», gridò la ragazza, sempre più presa dal panico.
L'acqua si era fatta improvvisamente agitata, un'onda la schiaffeggiò mentre prendeva fiato, facendola tossire e boccheggiare.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò immersa nel buio.
Sputò fuori un fiotto d'acqua salmastra.
«Ennio!», gridò ancora, e si stupì di quanto la sua voce risuonasse rauca e gracchiante.
Nessuno rispose.
Era immersa nell'oscurità, una corrente d'acqua gelida le scorreva intorno al corpo intorpidito, premendola contro un intrico di rami che si erano incastrati tra le rocce.
Respirò, a fondo, mosse le braccia, cercò a tentoni di orizzontarsi. Un dolore lancinante le esplose dove avrebbe dovuto trovarsi la sua mano sinistra. Reagì d'istinto, richiamandola verso il petto. La mano destra non aveva sensibilità, quando tentò di tastare l'altra per capire cosa ci fosse di sbagliato avvertì ancora delle fitte terribili.
Devo essermi rotto qualche osso...
Dove mi trovo?
In risposta a quel pensiero, i ricordi si riaffacciarono alla mente, come un film accelerato, e spazzarono via gli ultimi residui di quell'effimero senso di pace provato poco prima in quella dimensione di sogno.
«Ennio!», gridò ancora, con minor convinzione. «Maria!»
Nel silenzio che seguì si sentì perduta.
Si accorse che i denti le battevano senza che riuscisse a controllarsi.
Era così dunque che sarebbe finita?
Fece per chiamare ancora il suo uomo, quando le sembrò di udire un gemito.
Attese, tendendo l'orecchio per qualsiasi cosa di diverso rispetto al suono dell'acqua che le scorreva intorno.
«Ennio?!?», azzardò, quasi con timidezza.
«Ada!», rispose una voce stentorea.
Maria!
«Maria! Maria, sei tu?»
«Sono qui!», le rispose la sorella, da qualche parte, sulla destra forse, era difficile orizzontarsi in un mondo vuoto senza punti di riferimento a parte la corrente che le premeva sull'addome.
Ada si spostò
«Maria, continua a parlare!»
«Non sono in vena, Ada», le rispose scherzando l'altra. Quella battuta ebbe il potere di addolcirle i lineamenti contratti.
Continuarono a chiamarsi, fin quando non furono vicine, vicinissime.
«Sono qui, Maria!»
«Ada, sia ringraziato Dio! Sei viva!»
Ada pregò in cuor suo che la sorella non avesse ferite gravi, ma la sua voce flebile faceva presagire il peggio.
«Eccomi», disse mentre si avvicinava con la testa alla fonte della voce che la guidava nel buio. Percepì il contatto con il viso della sorella. Restarono guancia a guancia per qualche istante, nutrendosi del contatto reciproco.
«Stai bene?», chiese Ada. «Sei ferita?»
«Non riesco a muovermi, sono bloccata. Non mi sento più le gambe, Ada!»
Maledizione!
«Aspetta, fammi controllare!»
«Fa' attenzione, io non mi muovo da qui...»
Quella battuta non riuscì a sollevarla, com'era accaduto poco prima. Maria era una ragazza seria, che molti giudicavano severa. Non era tipa da spirito facile.
Cercò a tentoni il corpo della sorella, le percezioni tattili dell'unica mano che poteva usare le arrivavano distanti, opache, erano più pensieri che sensazioni. Riuscì comunque a percepire qualcosa di rigido, forse tronchi, che schiacciavano le gambe della sorella. Provò a smuoverli, la sentì gemere, per un attimo le sembrò anche di riuscire a sollevarli. Poi quel qualcosa di contorto si spezzò. Maria gridò di dolore.
Ada si sentì morire quando si rese conto che non ce l'avrebbe mai fatta a liberarla.
«Non ci riesco! Maledizione non ci riesco!», gridò affranta.
«Ascoltami! Ada, ascoltami!», disse Maria con un tono stranamente pacato.
«Devi andartene. Non ha senso che resti qui.»
«No!» Quella prospettiva l'atterriva forse più della morte stessa. «Non ti lascio qui. Non dirlo neanche.»
«Ada...», disse Maria, con quella voce dolce che usava con lei quando la doveva rimproverare per qualcosa. «Non farmi tirare giù un santo proprio ora. Sarebbe il colmo, non credi?»
Quell'immagine riuscì a strapparle un sorriso amaro.
«Ragiona: se resti qui moriremo in due. Se riesci ad uscire tu sarai salva, ed io avrò una possibilità che tu riesca a portare qui qualcuno che mi aiuti.»
Mentiva. Sapeva che le probabilità erano una su un milione, ma in quel momento le premeva soltanto fare o dire la cosa giusta per il bene di sua sorella.
«Non ho idea di come uscire di qui, Maria!», rispose singhiozzando lei, ma l'altra non si perse d'animo.
«Va'. Segui la corrente, porta di sicuro da qualche parte. Forse troverai gli altri. Magari Ennio è più avanti. Vai!»
«Io...»
«Vai, Ada, non farmi incazzare proprio ora! Vai! Siamo nelle mani del Signore, Lui saprà aiutarci. Continua ad avere fede, come hai fatto prima.»
Fede...
Dov'era finita quella luce che aveva rischiarato la sua anima quando aveva affrontato l'incubo senza forma?
Fece per asciugarsi le lacrime con le mani bagnate, il suo volto assunse un'espressione decisa.
«E sia. Tu resta qui, cercherò aiuto da qualche parte.»
«Te l'ho detto», replicò Maria accennando una risata che risuonò come un rantolo. «Non vado da nessuna parte.»
Ada la baciò sulla fronte. Staccarsi da lei le lacerava l'anima.
Ma doveva farlo.
Si scostò dalla sorella, il suo corpo si tese per assecondare la corrente. La seguì, sentendola farsi più forte. Urtò la testa contro la roccia, il ché le strappò un ringhio sommesso.
«Guarda che ti ho sentita», l'ammonì la voce dell'altra. Sembrava già lontana anni luce.
Il flusso d'acqua premeva in discesa, in quel punto il fiume si inabissava.
Ada respirò a fondo, ossigenando i polmoni come le aveva insegnato Ennio, fin quando la punta del naso non iniziò a formicolare.
Adesso! , si disse.
Si immerse, cercò a tentoni di seguire il flusso. La mano sinistra la torturava ogni qualvolta toccava qualcosa di solido, ma Ada non ci badò. Non c'era tempo per quello.
Non c'era tempo per niente altro che non andare avanti, nuotare, strisciare.
Intravide un debole baluginio che la fece ben sperare.
Nuotò, come non aveva mai fatto. Mentre davanti agli occhi della sua mente scivolavano i ricordi delle immersioni con Ennio, le parole di lui le risuonavano nelle orecchie. Consigli su come respirare, come muoversi, come non aver paura mentre scivolava tra gli scogli.
La luce divenne più intensa, ma l'ossigeno iniziò a scarseggiare. I polmoni singhiozzavano nel suo torace, bramando un'aria che non c'era. Ada serrò i denti, minuscole bollicine le fuggirono dal naso, correndo veloci verso l'alto, verso una luce verde sempre più intensa.
Sempre più intensa...