Capitolo 80

 

 

Enzo era sulla riva fangosa dello specchio d'acqua all'interno della cava di Bauxite. Aveva perlustrato il canneto, sondato gli anfratti sommersi con un bastone che aveva recuperato tra i detriti lasciati dall'ondata di piena del fiume sotterraneo, ma la sua ricerca non aveva avuto successo.  

I due agenti che l'avevano seguito lo guardavano come indecisi su cosa fare di lui, che in quel momento si stava chiedendo se Ada e Maria fossero ancora nella casa. Forse, dopotutto, i suoi amici si erano divisi.

Qualcosa però gli suggeriva che non era così.

Ennio non avrebbe mai lasciato Ada sola!

Era una verità ferrea, scritta nella pietra, qualcosa di cui Enzo era convinto.

Com'era vero che Ada non avrebbe mai lasciato sola Maria.

Punto.

Dove siete...

Dove siete, cazzo...

A volte, ma solo a volte, l'universo ascolta seduta stante le nostre preghiere. Il ragazzo lanciò un grido quando vide Ada spuntare in superficie e ingoiare aria come se fosse stata in apnea per mezz'ora.

Ada!

«Ada!», gridò, per poi tuffarsi a soccorrerla.

La ragazza tremava, boccheggiava e annaspava nell'acqua intorbidita, provava un senso di nausea, le girava la testa e le tempie le scoppiavano per la carenza d'ossigeno.

«Ada!», esclamò ancora Enzo. La raggiunse, l'afferrò come si fa con chi sta annegando, ringraziando in cuor suo chi gli aveva consigliato di fare un corso di bagnino e primo soccorso, e la trascinò verso riva, mentre uno degli agenti si affrettava a comunicare alla radio che c'era un altro superstite.

«Enzo! Enzo, sei vivo!», gracchiò Ada quando gli occhi le si abituarono alla luce intensa e l'ebbe riconosciuto.

«Dov'è Maria?», chiese lui.

Nell'udire il nome della sorella la mente le si schiarì dalle nebbie provocate dalla prolungata mancanza d'ossigeno.

«Dobbiamo aiutarla, Enzo! È intrappolata!» Indicò il centro dello specchio d'acqua. «C'è un passaggio, la corrente è forte. C'è una grotta sommersa, con una sacca d'aria, lei è laggiù!»

«Presto, allertate la squadra di sommozzatori!», esclamò uno degli agenti rivolto al collega con la radio.

«Non le resta molto tempo!», disse Ada guardando Enzo negli occhi.

Non c'era bisogno di altre parole.

A volte le cose vanno fatte subito.

«Vado a prenderla e te la riporto», le disse piano.

Si sollevò, sistemò alla meglio i suoi pantaloncini da mare. Aveva ancora indosso quelli del giorno prima, non aveva avuto tempo né testa per cambiarsi, e l'elastico in vita aveva disegnato un contorno arrossato e in rilievo sulla pelle.

«Aspetta! Cosa credi di fare?», esclamò uno degli uomini in divisa, ma Enzo si era già allontanato verso il centro dello specchio d'acqua.  

Respirò a fondo per ossigenarsi, ricordando a se stesso che nel gruppo era lui quello che si immergeva e riusciva a portar su una quindicina di ricci tutti in una volta.

Si immerse, e andò giù, verso il fondo torbido.

La corrente è forte... aveva detto Ada.

La cercò, si ancorò alle rocce sul fondo, com'era solito fare, iniziò a muoversi come un'iguana marina quand'è a caccia.

L'ombra cancellò il mondo man mano che si lasciava la luce alle spalle. Seguì il flusso che lo respingeva, muovendosi alla ricerca di appigli. Un paio di volte provò a riemergere, sperando in una sacca d'aria, ma ne ebbe in cambio due bernoccoli che fecero fischiare le orecchie ad altrettanti santi.

L'acqua era fredda, lo ricacciava indietro, ma Enzo non intendeva cedere. Se Maria era laggiù l'avrebbe riportata fuori.

Era la sua occasione , si disse.

Ebbe la sensazione di nuotare fino al centro della Terra, poi finalmente la morsa della corrente accennò a diminuire, sentì il proprio dorso emergere dall'acqua gelata.

Intanto Maria pregava. Al prezzo di un sovrumano sforzo di volontà era riuscita ad estraniarsi dal mondo, per cercare rifugio nel suo tempietto interiore. Là, riusciva a parlare con Dio, lo percepiva vicino, scaldarla con la sua luce dolce come il miele, quasi le sedesse accanto.

In quel momento, dopo aver recitato tutte le preghiere che conosceva, si stava rivolgendo a Lui, in una sorta di dialogo in cui la sua mente faceva botta e risposta.

«Ti prego», stava mormorando. «Benedici e proteggi mia sorella. Lei è giovane, è bella, ha la vita davanti. Stalle vicino nei momenti difficili. E per quanto riguarda me, perdonami se ti ho offeso senza volerlo... Perdonami se l'ego mi ha accecata facendomi credere di essere l'eroina che avrebbe sconfitto il diavolo. Ti scongiuro, Signore, manda il tuo angelo a salvarmi, o prendimi con Te. Non lasciarmi qui da sola. Ascolta quest'umile peccatrice, dammi un segno della tua benevolenza...»

Il cuore le balzò in gola quando il silenzio del luogo fu squarciato da un suono che la terrorizzò, e la raggiunse per strapparla al suo mondo interiore.

Uno scroscio d'acqua...  

Il rantolo di chi si riempie i polmoni...

L'imprecazione più ardita che avesse mai sentito...

Ma che cavolo?!?

«Maria! Maria!»

Si sentì strana nell'udire la voce di Enzo. Sorrise in cuor suo, a quel Dio che aveva uno strano senso dell'umorismo, e invece di un angelo biondo e splendente nelle sue candide vesti, le aveva mandato un rozzo bifolco capace di concepire qualcosa di così osceno in una situazione come quella.

«Ossignore...», disse Maria con poca convinzione. «Enzo?!?»

«Dove sei?»

Per un attimo, ma soltanto un attimo, si chiese se non avesse fatto meglio a tacere. Forse il diavolo la stava mettendo di nuovo alla prova.

La paura tuttavia ebbe la meglio.

«Sono qui!», disse piano. «Sono qui!», replicò più forte.

Enzo si lasciò guidare dalla sua voce, la cercò.

«Eccomi!», si avvicinò. «Eccomi!»

La sentì vicina, percepì il fiato di lei. Provò una strana eccitazione nel sentire la sua bocca così vicina.

«Ce la fai? Riesci a respirare?»

Senza attendere risposta, Enzo si fece avanti, appoggiò malamente le sue labbra su quelle di lei, i loro denti cozzarono, lui soffiò forte, come quando si gonfia un pallone.

Maria tossì, lo spinse via con una mano, emise un verso indefinibile.

«Ma che diamine! Riesco a respirare da me! Sei scemo?»

«Scusa, è che io...»

«Porca pupazza, che cavolo hai mangiato?!? Oddio mi sento male...»

Lui rise, non era sicuro che fosse qualcosa di carino, ma che cazzo, era riuscito a baciarla. Si sentì sollevato quando udì lei ridere nel buio. Non era una situazione divertente, ma la tensione accumulata necessitava di uno sfogo.

«Ada ha detto che eri bloccata!», disse lui.

«Ada! Dimmi che sta bene!»

«Sta bene, e anche gli altri. Un po' a pezzi, ma penso che sopravvivranno. Ora tocca a te, avanti, ti porterò fuori di qui. Fammi vedere...» Portò una mano verso la voce di lei, la sentì trasalire quando le sfiorò una guancia. Scese lungo il profilo, cercò la spalla, proseguì lungo il fianco.

Nonostante il freddo si sentì avvampare nel percepire il tocco della mano del ragazzo che scivolava su di lei con la delicatezza di un petalo. Le sembrò così in contrasto con la natura di Enzo, di solito irruenta ed espansiva al punto che spesso lo aveva definito un personaggio Rabelaisiano, cosa che lo aveva lasciato a lungo con enormi punti interrogativi sospesi sul capo.  

A quanto pareva quel ragazzo sapeva avere un lato gentile quando voleva.  

Per lunghissimi istanti ci fu soltanto il buio e la sensazione ovattata della sua mano, una nota di calore che le scorreva sul fianco sinistro senza alcuna malizia, ma forse proprio per questo le sembrò una cosa sensuale, e quel pensiero la turbò, facendola irrigidire.

Enzo sondò la gamba sinistra di lei, fin quando non incontrò la superficie scheggiata di un grosso ramo di legno. Provò a smuoverlo, ma tutto ciò che ottenne fu un mugolio di dolore che Maria si lasciò sfuggire.  

«Senti...», le disse. «Ho trovato la cosa che ti blocca, o almeno credo. Scusa se ti farò male, okay?»

Scusa se ti farò male?!?

Era davvero Enzo?

Per un attimo pensò che avrebbe preferito la prima versione, almeno le avrebbe permesso di borbottargli contro. Così invece si sentiva spiazzata, non sapeva bene come reagire.

Non ce ne fu il tempo.

Maria vide le stelle quando il ragazzo insinuò le dita tra la pelle della sua gamba e il ramo che la bloccava. Lo udì emettere un suono strozzato e se lo immaginò rosso e con il collo gonfio come un torello mentre spingeva quel ramo disgraziato come avrebbe fatto un lottatore di sumo.

Il dolore che Maria provava, era una sensazione strana, come se le gambe fossero percorse da fulmini. Sapeva tuttavia che, qualora la circolazione si fosse riattivata e fosse riuscita a scaldarsi, sarebbe stato ben diverso.

All'improvviso si sentì leggera, percepì la gravità inclinarsi, mosse le braccia nell'acqua fredda.

«Coraggio», le disse lui, sorprendendola per quanto la sua voce risuonasse vicina alla sua faccia. Nel buio non aveva altra percezione se non i suoni e un tatto filtrato dal torpore provocato dall'acqua gelata che le scorreva intorno. «Dobbiamo immergerci e nuotare. Abbiamo la corrente a favore, non sarà troppo difficile...»

Enzo parlava, ma lei captava soltanto alcune parole.

Immergerci...

Nuotare...

All'improvviso fu colta da un'ondata di panico.

Non era una nuotatrice, non si avventurava mai dove non si appiedava, figurarsi trattenere il fiato sott'acqua.

«Senti... no!», disse risoluta. «Non ce la farò, io non so nuotare, non so come si trattiene il fiato, io...»

Si sentì nuovamente avvampare quando lo sentì ridere, ancor più perché percepì il suo fiato sul viso.  

«Come sarebbe a dire? Abbiamo fatto tutto questo per fermarci proprio ora? Non ci vuole una laura per trattenere il fiato...»

«A parte che si dice laurea, con la e, in ogni caso... No, ho paura. No, no e poi no. Basta, lasciami qua, dì ad Ada di portarmi dei fiori ogni tanto.» Non sapeva nemmeno lei perché stesse dicendo quelle parole. Si sentì piccola, stupida, inadeguata.  

O forse no , si disse.  

Forse non le andava il fatto di affidare la sua vita nelle mani di qualcuno.

Qualcuno come Enzo per giunta!

«Ti faccio una proposta», le rispose lui con un tono che non le riuscì di interpretare. «Facciamo che i fiori sono quelli di zucchina, fritti, con la pastella?»

Quell'idea la spiazzò. Nella sua mente si stampò chiara l'immagine di quel piatto, tra i suoi preferiti.

Come faceva a saperlo?

Le sembrò di percepirne l'odore e il sapore, e d'un tratto sembrò ricordare quante belle cose ci fossero nel mondo.

Le era venuta fame. Una fame abissale.

No , disse a se stessa.

Non sarebbe potuta morire senza gustare ancora una volta quella prelibatezza...  

E che Gesù la perdonasse per quel peccato di gola...

«Respira a fondo, dai», le disse Enzo. «Fa' come faccio io, così. Forza, Maria, so che ce la puoi fare!»

Il pensiero di nuotare sott'acqua al buio la spaventava, ma nel sentire quel so che ce la puoi fare decise di assecondarlo. Erano state poche, molto poche le volte che qualcuno l'aveva incoraggiata, e mai uno che non avesse il suo stesso sangue in corpo.

Enzo la guidò nella respirazione, facendola iperventilare fin quando non iniziò a formicolarle la pelle del viso.

«Coraggio, dammi le mani», le disse.

«Perché?»

«Uh, quante domande, dammele e basta. Cosa dovrei farci secondo te?»

Un po' riluttante, Maria sollevò le mani verso la direzione da cui proveniva la voce. Lui le intercettò, le prese tra le sue, le guidò sulla sua schiena. Si era voltato.

«Tieniti forte...», le disse, «...senza strangolarmi possibilmente. Tieni giù la testa altrimenti rischi di urtare le rocce e diventi più ttuppata [3 ] di quanto sei già, il passaggio non è tanto grande, non so nemmeno se ci passiamo, in due, ahio!»

«Non chiamarmi mai più in quel modo, intesi?», replicò lei.  

Non era a suo agio a sentirsi addosso ad un uomo, abbarbicata sulla sua schiena, men che meno se questi le dava della tonta.

«Va bene, ma che cavolo. Mi hai pizzicato troppo forte, guarda che ho la pelle delicata io... Proprio all'interno del braccio poi.»

Lì per lì pensò di scusarsi, in fondo lui era lì per salvarle la vita, per qualche motivo però decise di tacere.

«Allora ci sei?», fece lui dopo qualche istante. «Prendi fiato, al tre andiamo. Uno, due...»

Enzo si immerse, portandosi dietro Maria. La paura iniziò a far presa su di lei fin da subito, chiuse gli occhi.

Se da un lato la corrente li spingeva in avanti, dall'altro Enzo era rallentato dal fardello della ragazza, che oltretutto lo stringeva troppo. Maria pregava, sulla sua schiena, pregava perché Dio proteggesse entrambi, perché il gesto del ragazzo, che rischiava la vita per salvare la sua, era qualcosa di cui Lui doveva tener conto, e magari far finta di non sentire quando se ne usciva con qualche imprecazione particolarmente artistica. In fondo era un bravo ragazzo, l'unico che si interessasse a lei, e stava dimostrando di tenerci veramente.

Cavolo se lo stava dimostrando!

La mancanza d'aria iniziò a farsi sentire, lei aprì gli occhi, fu sorpresa quando vide una tenue luce in lontananza.

La luce, la luce in fondo al tunnel, era nuovamente lì dinanzi a loro, come prima, quando Ada si era frapposta tra lei, i suoi amici, e la morte.  

È questa dunque, la Tua luce? , si chiese.

Quando metti tutto ciò che hai su un piatto della bilancia per fare qualcosa di buono per le persone che hai a cuore?

Il pensiero che Enzo potesse volerle bene quanto gliene voleva Ada la fece tremare più dell'acqua fredda. Strinse più forte, ringraziando ancora Dio perché anche in quel frangente le insegnava qualcosa.

Quando infine emersero in superficie fu accolta in un mondo di luce che l'abbagliò. Enzo respirò a fondo, poi lanciò un grido che avrebbe fatto invidia a King Kong.

Maria si guardò intorno, per quanto riuscisse a vedere nonostante la luce che l'accecava.

Gridò anche lei, di gioia, di liberazione.  

Poi lui sposto le braccia di lei, che lo vide girarsi e farsi più vicino, prendere la sua faccia tra le mani e avvicinarsi a baciarla. Le fece abbastanza schifo a vederlo così, pieno di alghe e schifezze portate dalla corrente, ma la cosa la fece sorridere. Decise di lasciarlo fare, purché tenesse la lingua a posto.  

Un bacio in fondo se lo meritava.