Un anno dopo.
Il faro di Sant'Andrea era una stella più lucente delle altre, che brillava forte per brevi tratti, illuminando un'isoletta che tutti, da qualche anno a questa parte, chiamavano la sfinge. Se la si osservava da una certa angolazione il suo profilo non era troppo dissimile dall'originale egizio. L'aria fresca della sera odorava di mare, di piccoli cumuli di posidonia spiaggiata, di fiori nelle aiuole, di crepes farcite alla panna che un ambulante preparava per un gruppetto di ragazzini.
Ada abbracciò Ennio da dietro. Le piaceva appoggiare la testa sulla schiena di lui, sentire il suo calore, l'odore della sua pelle, il suo respiro lento.
«A cosa stai pensando?», gli chiese, anche se conosceva già la risposta.
Era trascorso un anno, un anno esatto dalla quella notte da incubo.
Lui si strinse nelle spalle, sollevò il capo verso l'alto, così che la nuca sfiorasse la testa di lei. Osservò le stelle, per qualche istante, senza dire niente. Poi si scostò, fece passare Ada avanti, e la cinse, incrociando le braccia sull'addome della ragazza.
«A niente», le rispose, ed era sincero. «Mi limito ad osservare e godermi un po' di quiete. È una bella serata.»
Un rumore improvviso li fece trasalire. Si voltarono entrambi a sinistra. Un bambino aveva frenato bruscamente con una bicicletta. Poco oltre, sulla scogliera rocciosa, si intravedevano le aperture di antichi insediamenti. Nello scorgerli, entrambi ritornarono per un attimo ai ricordi delle rovine sotterranee in cui un demone era stato sul punto di annientarli.
Ennio sentì Ada rabbrividire.
«Faremmo meglio a tornare dagli altri», le disse.
Si incamminarono mano nella mano, come sempre. Lui zoppicava leggermente. Il recupero non era stata cosa semplice.
Poco più avanti, sotto uno dei lampioni, Elena posava tenendo in braccio la bambina che Ada aveva partorito tre mesi prima. Avevano deciso di chiamarla Luce.
«E buh! Guarda come ride alla zia!», disse Elena a Giovanni, che la stava fotografando mentre la bimba emetteva dei gridolini divertiti. La ragazza sorrise, e gli lanciò uno sguardo eloquente che lui finse di non vedere. Per lui i marmocchi erano belli, sì, ma fin quando erano quelli di qualcun altro. Voleva godersi la propria libertà ancora per qualche anno, specialmente ora che si era ristabilito, dopo lunghe terapie per le infezioni che si era portato dietro quando era fuggito dalla galleria sotterranea.
Ada prese la bambina dalle mani di Elena. La piccola Luce emise un grido che fece capire a chiunque fosse nel raggio di trenta metri che aveva fame.
«È l'ora della poppata», fece Ada. «Cerchiamo un posto tranquillo. Mi fai compagnia?», chiese all'amica.
«Non devi neanche chiederlo», le rispose lei, mentre prendeva il passeggino, si avviava al seguito di Ada, e si voltava verso Giovanni facendogli una boccaccia con la lingua fuori.
«Amico mio mi sa tanto che...», fece Ennio.
«No!», lo interruppe l'altro. «Non dirlo nemmeno. So già dove stai andando a parare e... no. Senza offese, ma di veglie notturne, cacche, pannolini e passeggini non ne voglio sapere, almeno per ora.»
«Non è tanto male, alla fine ci si abitua, sai?», disse Ennio, ma non sembrava un granché convinto.
Giovanni lo guardò inarcando un sopracciglio.
Risero.
«Quella bambina è stata una benedizione», continuò Ennio. «Anche se la gravidanza non è stata delle più facili. Il suo arrivo è stato come... una luce. È per questo abbiamo scelto quel nome. Se non fosse stato per lei, non so se Ada sarebbe riuscita a superare tutto.»
«Sì, capisco», commentò Giovanni. «Anche Elena è cambiata tanto, voglio dire, da quando per prima ha saputo che Ada era in attesa, l'ho vista diversa. Sono molto legate, praticamente sorelle, e da subito si è sentita una zia. Dio santo, non ha fatto altro che parlare di lei in tutto questo tempo.»
Sorrisero entrambi.
«Ma a proposito di sorelle...», continuò Giovanni. «Dov'è Maria?»
«Le abbiamo telefonato cinque minuti fa, non ha risposto. Penso sia per strada.»
Ennio attese qualche istante, indeciso sulla domanda che stava per porre all'altro. «Novità su quel fronte?», chiese poi, riferendosi alla dimora che era stata teatro della loro terribile disavventura. Dopo l'incidente, le autorità avevano avviato un'indagine che non aveva portato a niente. La nebbia si era dissolta con il calore del sole, e un'ispezione della tenuta non aveva evidenziato nulla di insolito a parte i danni che furono ritenuti causati dal fatto che l'edificio era molto antico. Il proprietario aveva rinunciato a sporgere denuncia per violazione di proprietà privata e danni, a patto che le indagini fossero archiviate e la faccenda dimenticata.
«Novità... novità...», mormorò Giovanni a voce bassa. «Da quel che mi ha detto mio cugino, il maresciallo, la tenuta è stata acquisita da una società che appartiene ad un ente religioso. Ne faranno una specie di casa di riposo per vecchi prelati. O almeno, così dicono. Hanno iniziato dei lavori di ristrutturazione e stanno circondando la zona con muri perimetrali alti tre metri.»
«Ancora il Vaticano...», commentò Ennio.
«Già... L'altra novità riguarda la famiglia di quel guardiano disperso. Poco dopo i fatti, la moglie ha iniziato a spendere come se avesse vinto alla lotteria. La cosa non poteva passare inosservata in un paese di appena settecento anime, e la gente ha iniziato a mettere in giro voci. Sai com'è. Così, dopo qualche tempo, quella donna si è trasferita con la figlia alle Canarie, e ora vivono lì.»
In quel momento sopraggiunse Luigi. Reggeva una tre quarti lucida di condensa nella mano sinistra. La destra era in tasca. Non era mai riuscito a farsi una ragione per la mutilazione subita, e un po' se ne vergognava. Da quel giorno aveva fatto proprio il detto carpe diem , e cercava di godersi la vita per come poteva, senza pensare troppo al domani. Stranamente Giovanni lo lasciava fare. Lui ci sarebbe sempre stato, l'avrebbe sempre aiutato, ma aveva capito che le persone non si possono cambiare, ed era tempo che anche suo fratello crescesse, anche a costo di sbattere la testa contro un muro. Insieme a Luigi c'era una ragazza dalle gambe lunghissime che non sembrava italiana. I due si sedettero su un muretto vicino ad Ennio e Giovanni, che si scambiarono un'occhiata complice quando si accorsero che lei non era la stessa del giorno prima, che a sua volta era diversa da quella del giorno precedente.
«Non fare quella faccia», mormorò Ennio all'amico che gli sedeva accanto. «Qualche anno fa non eravamo da meno. Oh, mi sa che Enzo è arrivato.»
Volsero lo sguardo in direzione del borbottio della RX di Enzo, che non era solo.
«Se me lo avessero detto, non ci avrei creduto», disse Giovanni, mentre osservavano Maria scendere goffamente dalla moto e cercare di togliersi il casco. Qualcosa però non andava, forse una ciocca di capelli si era impigliata nel sistema di chiusura. Enzo si avvicinò, ed ebbe il suo bel daffare per liberarla, mentre lei borbottava a voce alta facendo girare i passanti.
«Che scenetta...», ridacchiò Luigi.
Enzo ripose i caschi nel bauletto della moto, inserì un lucchetto nel freno a disco, quindi con aria contenta, mise un braccio sulla spalla di Maria ed entrambi si apprestarono a raggiungere gli altri. Lei zoppicava, più di Ennio. Quando aveva provato a mettersi in piedi, dopo essere stata salvata da Enzo, era crollata al suolo gridando di dolore. Uno dei medici che prestavano soccorso si era accorto subito che aveva un ginocchio ed una tibia fratturati in modo scomposto. Era stata sottoposta ad un intervento ricostruttivo, con impianti e tiranti, la successiva riabilitazione era stata lunga e tediosa, ed Enzo era andato a trovarla tutti i giorni, viziandola con ghiottonerie che avrebbero fatto impallidire un dietologo. Inizialmente lei era stata molto rigida con lui. Passato l'entusiasmo di quel salvataggio eroico si era chiusa in se stessa. Enzo però non si era arreso, e la sua simpatia, i suoi modi gentili, l'impegno che ci metteva per provare a piacerle, avevano pian piano fatto breccia nel cuore di lei, che in parte si giustificava dicendo che il suo era un atto d'amore per salvare l'anima di un uomo che altrimenti avrebbe imboccato cattive strade.
Erano a un paio di metri dagli altri, quando Enzo, che era fermamente convinto che le infradito fossero l'unica calzatura permessa per legge in qualsiasi situazione durante i periodi estivi, urtò lo spigolo di un mattone sconnesso della pavimentazione della piazzetta, scheggiandosi in malo modo l'unghia dell'alluce.
«Ah!», gridò forte. «Crist...» Si bloccò a metà strada, si girò verso Maria, che lo guardava seria con la testa inclinata e le labbra contratte. Una mancanza del genere poteva significare andare in bianco fino alla Pasqua dell'anno venturo.
«...oforo Colombo...», si affrettò a rimediare alzando un dito con fare dotto, «...che scoprì l'Art..ant...ntide...»
Quel modo di fare raddolcì la ragazza, che in fondo gli voleva bene e non riusciva ad essere veramente in collera con lui. Scosse la testa e le scappò da ridere.
«Era l'America, ttuppatu [4 ] . Ti sei fatto male?»
Enzo atteggiò il volto ad una smorfia sconsolata. In quel momento sentiva il sangue defluire, aveva freddo e pensava che stava per avere un collasso, tanto il dolore era intenso. Si limitò a deglutire pensando che avrebbe davvero voluto avere dell'erba con sé in quel frangente.
«Amico mio», esordì Luigi, a cui non era sfuggita la scenetta. «Ti vedo... domato.»
Enzo ingoiò la frecciata senza rispondere per le rime. Fin quando Maria fosse stata nei paraggi doveva rigare dritto.
«Dove sono le ragazze?», chiese lei.
«Sono lì, alla panchina. Luce aveva fame», le rispose Ennio.
Maria si incamminò in quella direzione. Dopo aver percorso due metri si voltò a guardare Enzo. «Mi raccomando...», gli disse, con quel modo di fare che hanno alcune donne e quella frase che il più delle volte suona come una severa minaccia.
Ennio e Giovanni scambiarono ancora uno sguardo divertito.
«Ragazzi», esordì Enzo, quando Maria fu fuori portata. Aggiunse un paio di pesanti imprecazioni, e in qualche modo si trasformò completamente nel modo di fare, tornando ad essere quello che tutti conoscevano. «Giuro che mi sono veramente rotto i coglioni, uno di questi giorni...»
«Ma zitto, che lo dici tutte le volte», ridacchiò Luigi, per poi prendere la birra dalle mani della ragazza che era con lui e alzarla come per brindare in direzione dell'amico.
«Oh, che vi devo dire...», si schermì Enzo. «Sapete come si dice, si lavora e si fatica ... Ora, a parte gli scherzi... quand'è che usciamo noi quattro? Da soli intendo... Ecco, perché non andiamo a pescare? Seriamente...»
«Non saprei», rispose Ennio senza convinzione. «Domani abbiamo una visita di controllo, per la bambina...»
«Nemmeno io ho tanta voglia», aggiunse Giovanni. «Troppo caldo, una marea di gente in giro, barche...»
«Cristo santo cosa mi tocca sentire!», intervenne Luigi. «Quand'è che siete diventati così mosci voialtri?»
«Guardate che è così che si comincia», provò a insistere Enzo. «Poi finite a comperare le pastigliette blu di contrabbando dal farmacista del paese.»
«Quale farmacista?»
A parlare era stata Ada. Le tre ragazze, si erano avvicinate senza che Enzo se ne accorgesse.
«Già finita la poppata?», chiese Ennio.
«No, non ha voluto mangiare», rispose Ada mentre cullava la bambina in grembo. «Credo fossero quelle colichette fastidiose. Ora dorme.»
«Sentite», intervenne Giovanni. «Non so voi, ma io comincio ad avere fame. Che si fa stasera?»
«Io un'idea ce l'avrei, conosco un posto...», fece per rispondere Ennio, ma si bloccò quando tutti gli altri lo guardarono seri.
«Ennio», disse Enzo. «Te la posso dire una cosa?»
Risero tutti.
«Dai, scherzava», intervenne Ada mentre adagiava piano Luce nella culletta del passeggino. «Abbiamo prenotato alla pizzeria qui vicino.» Si raddrizzò, soffiò via un ciuffo di capelli che le era ricaduto sugli occhi, sorrise. «Andiamo, su! Non so quanta autonomia abbiamo prima che si svegli.»
Ennio si soffermava spesso a guardarla, come in quel momento, nutrendosi dell'essenza radiosa che sembrava emanare da lei. La scopriva ogni giorno di più nel suo nuovo ruolo di mamma. La vedeva crescere, trasformarsi in una versione più completa della donna che aveva sempre desiderato. Le si affiancò e la cinse per la vita, sentendo di amarla più che mai.
Il gruppo si avviò, forte di quell'amicizia speciale che nemmeno le tenebre più buie erano riuscite ad incrinare.
Grazie ad essa erano sopravvissuti, quando si erano trovati catapultati da vivi in un mondo infernale. Si erano sostenuti a vicenda nei mesi che erano seguiti, fatti di dolore, attacchi di panico, sonni popolati da orrori senza forma, interrotti da grida nel cuore della notte e tanta, tanta incertezza. Il grande mare della vita avrebbe portato con sé altre creste d'onda spumeggianti, come l'arrivo della piccola Luce, e abissi fatti di altri momenti bui, ma sapevano che ci sarebbero sempre stati, gli uni per gli altri e, insieme, avrebbero superato ogni difficoltà.