13

Miramar Point distava circa tre chilometri dal centro città. Kate percorse il tragitto in fretta e cercò un buon punto d’osservazione sulla scogliera che dava sullo stretto.

Non era la sola ad avere avuto quell’idea. Binocolo in mano e felpa rossa addosso – felpa che Kate le aveva prestato un mese prima e che ancora non le era stata resa –, Caroline era seduta per terra a gambe incrociate, lo sguardo fisso sul mare. Kate la raggiunse. «Ehi.»

Sua sorella abbassò il binocolo. «Kate! Sei l’ultima persona che mi aspettavo di vedere qui.»

«Cosa vuoi, è il richiamo del vento.»

«Pensavo che fossi immune.»

«Non sempre. Sono contenta di vederti, sai?» aggiunse. «Volevo parlarti di K.C. e papà.»

«Mmm. Hai scoperto perché ha comprato la barca?»

«No. Però ho scoperto che papà farà lo skipper sulla Summer Seas. Vuole gareggiare contro K.C.» Fece una pausa. «Ma il meglio arriva adesso… Papà ci vuole a bordo. Vuole fare una scommessa con K.C., e se vinciamo riavremo la Moon Dancer

«Scusa?» Caroline la fissava a bocca aperta.

«Hai sentito bene. E quando l’ha detto era sobrio.» Kate guardò il mare, e il luccichio del sole sulle onde le riportò alla mente la strana luce che aveva scorto negli occhi di suo padre la sera prima. Duncan sembrava felice, pieno di energia, vivo… e molto arrabbiato con lei. Ma lei non poteva dargliela vinta. Suo padre le aveva già rivoluzionato la vita una volta, non aveva intenzione di cascarci di nuovo.

«Non è un’idea completamente folle» disse Caroline lentamente. «Anch’io non sopporto il pensiero che ci sia qualcun altro al timone della nostra barca.»

Kate non credeva alle proprie orecchie. «Caroline, sii seria! Papà non è abbastanza in forma per affrontare una regata. È vecchio ed è quasi sempre ubriaco.»

«Si allena ancora, qualche volta» replicò Caroline.

«Non farmi ridere. Andare a piedi fino all’Oyster Bar non lo chiamerei allenamento, e tantomeno rincasare barcollando.»

«Solo perché non la penso come te, non significa che abbia torto.»

«E cosa pensi, esattamente?»

«Che forse tornare ad andare in barca gli farebbe bene.»

«Non stiamo parlando di andare in barca, stiamo parlando di una gara. Sono cose molto diverse, e lo sai.»

«Io so che papà non è felice, Kate. Non lo è più da molto tempo. Ma sai qual è la cosa più frustrante per me? Che quando lo invito a cena o mi fermo a fare quattro chiacchiere con lui, presto o tardi finiamo per parlare di te. Sempre. La sua figlia che non lo apprezza e lo tratta come un bambino.»

«Se lo faccio, è perché lui si comporta da bambino.»

«Il punto è, Kate, che lui vuole il tuo rispetto e il tuo affetto più di ogni altra cosa al mondo. Potrei anche dirgli che io sono d’accordo sulla regata, che vado con lui. Ma lui non sarà felice se non ci sarai anche tu. Il punto sei tu

«Il punto è tutt’altro.»

«Sì, certo, hai sempre ragione.» Caroline si tolse la felpa. «Incomincia a fare caldo» sbuffò. «Altro che vento. Ci saranno un mucchio di velisti delusi, là sotto.»

Kate le lanciò un’occhiata e sbiancò. «Ehi! Cosa ti è successo?» chiese, allarmata. Sua sorella aveva un grosso livido scuro sul braccio.

Caroline seguì il suo sguardo. «Oh, sono andata a sbattere contro qualcosa. Niente di che.»

«A me non sembra.»

«Sto bene, Kate.»

«È stato Mike Stanaway?»

«No.» Caroline si fece scivolare la felpa sulle spalle, coprendo i lividi, ma ormai il danno era fatto.

«Allora chi?»

«Allora nessuno. Ho sbattuto il braccio contro una porta, punto e basta. Lasciami in pace.»

«Caroline. Sei nei guai?»

«Smettila di fare la sorella maggiore! Sono un’adulta.»

«Questo lo so, voglio solo aiutarti.»

«Non ho bisogno del tuo aiuto. Ho tutto sotto controllo.»

«Esci con un ex detenuto, Caroline, che picchiava la moglie. Non sono convinta che tu abbia tutto sotto controllo.»

«Mike non ha mai picchiato nessuno, non mi ha fatto niente e non esco con lui. Quindi piantala.»

Kate non aveva alcuna intenzione di piantarla. Ma mettere sua sorella all’angolo non sarebbe servito a niente. Forse era meglio fare due chiacchiere con Mike Stanaway.

«Raccontami di papà e della regata, invece» disse Caroline. «Davvero potrà sceglierlo lui, l’equipaggio? Mi stupisce che Rick Beardsley gli abbia lasciato carta bianca.»

«Così dice lui.»

«Andrà anche a San Francisco e alle Hawaii o farà solo il giro dell’isola?»

«Non gliel’ho chiesto.» Quel pensiero non l’aveva nemmeno sfiorata. Davvero suo padre stava per andarsene da Castleton?

«Quindi papà potrebbe salpare nel giro di una settimana. Wow.»

«Dobbiamo impedirglielo, Caroline. Sappiamo tutte e due che potrebbe fare qualche stupido colpo di testa, là fuori. Dobbiamo dirgli di no, insieme. Per il suo bene. Gli dirai di no, Caroline?»

«Non lo so. Magari, se andassi con lui…» La voce di sua sorella si spense.

«Caroline, ascoltami. Papà ti adora così come sei, non hai bisogno di dimostrargli niente. Smettila di pensare che non ti vuole bene. Sei la sua piccolina, la sua principessa.»

«Sono quella che lo delude sempre. Ma non c’è problema, Kate, ormai me ne sono fatta una ragione. Tu, invece, non vuoi arrenderti all’idea che il passato ci stia raggiungendo. Non lo senti, Kate?»

Sì che lo sentiva. Anche in quel momento aveva la pelle d’oca. «Abbiamo deciso la nostra rotta molto tempo fa» fu la sua replica. «E dobbiamo mantenerla. Niente acque sconosciute, ricordi? Questo significa che dobbiamo fermare papà.»

«Non ci riusciremo. Ma se mi stai chiedendo di venire con te quando andrai a parlargli, d’accordo, verrò.»

«Grazie.»

In silenzio, restarono a osservare le barche sotto di loro. Poi Kate sentì Caroline irrigidirsi. «Che c’è?» domandò.

Sua sorella puntò il dito in direzione del mare. «Eccola.»

Sì, eccola. Kate strizzò gli occhi contro la luce forte del sole e la vide: la vela azzurra con la colomba bianca che s’innalzava verso il cielo. «La Moon Dancer» disse a mezza voce. «Ma non possono essere le stesse vele…»

«Infatti, non sarebbero così ben messe. Forse K.C. le ha fatte fare uguali.»

«E perché?»

«Non chiederlo a me. Io K.C. lo conosco pochissimo. Quand’eravamo bambine stavo più che altro con suo figlio. Mister Simpatia, fra le altre cose.»

«David non ti piaceva?»

«Per niente. Era uno stronzetto irritante o poco più.»

«Non me lo ricordo quasi.»

«Ci credo. Ero io quella che se lo ritrovava tra i piedi. Era strageloso di suo padre, cioè di noi. Una volta K.C. ti aveva portato una di quelle palle di vetro con la neve dentro. Be’, David era così incazzato che ha cercato di romperla mentre non c’eri. Gliel’ho impedito io. Ecco, dimmi pure grazie.»

«Perché non me lo hai mai raccontato?»

«Boh. Forse perché non avrei dovuto trovarmi nella tua cameretta?»

Quindi, rifletté Kate, era vero che David la detestava. Ma era possibile che quell’odio fosse tanto profondo da spingerlo a inventarsi una bugia così cattiva?

«Non ti manca nemmeno un po’?» Caroline indicò la Moon Dancer con il dito. «Dovremmo essere là sopra. Quella è la nostra barca. Non appartiene a K.C. e nemmeno a quell’antipatico di suo figlio.»

Sì, era vero, si disse. Stare a guardare la loro casa sull’acqua governata dalle mani di un altro era un calvario. Eppure…

Poi Caroline si voltò verso di lei, negli occhi lo stesso scintillio che aveva illuminato lo sguardo di Duncan. Kate si irrigidì.

«Non dirlo nemmeno» sussurrò.

Invece Caroline lo disse: «Credo che dovremmo farlo, Kate. Dovremmo aiutare papà a riaverla indietro».

Tyler salì a bordo. «C’è qualcuno?» chiese, sperando di essere nel posto giusto. La barca ondeggiava piano sotto i suoi piedi. Era una strana sensazione. Non ricordava l’ultima volta che era stato sull’acqua. Negli ultimi anni la sua vita era stata tutta aeroplani, macchine veloci, e forse un paio di treni in Europa. Per lui le barche erano un territorio sconosciuto, quelle a vela ancora di più.

Non riusciva a immaginare di dover restare ad aspettare che il vento si alzasse o cambiasse direzione per potersi muovere. Lui aveva bisogno di avere sempre il controllo sulle cose, e di un motore potente e sicuro che lo portasse doveva voleva andare, indipendentemente dal vento.

«Ehi, c’è qualcuno?» ripeté. Scese la scaletta e sbirciò nella cabina vuota: uno spazio piccolo, con una cuccetta sfatta in un angolo, giornali, riviste e vestiti sparsi ovunque. L’aria era impregnata dell’odore di alcol e sigarette, ma di Duncan McKenna non c’era traccia.

Risalì in coperta e si guardò intorno, rendendosi conto che molti moli erano vuoti. Doveva esserci una gara, quel giorno.

E adesso?, si disse con un sospiro. Mossa successiva? Aveva racimolato qualche nuova informazione sulle sorelle chiacchierando con gli isolani nei bar della città. Le McKenna erano le eroine locali, e la gente amava parlare di loro. Così aveva scoperto che Ashley aveva avuto un esaurimento, dopo essere tornata dalla regata, a quel che si diceva causato da stress e dal fatto che mangiasse poco. Quadrava con gli ansiolitici che teneva in borsa. Poi c’era Caroline: era stata arrestata un paio di volte per consumo di alcolici quand’era ancora minorenne, e sembrava una cliente assidua dei bar del luogo, proprio come suo padre.

Il che lo portava a Duncan, ovvero all’uomo che aveva dato il via all’adozione.

Se solo Mark avesse fatto le cose con tutti i crismi, ora non si sarebbero trovati in quel casino. Ma Mark e Susan desideravano un figlio da tanti anni e, quando si era presentata l’opportunità, non avevano voluto aspettare un secondo di più. Avevano acceso una seconda ipoteca sulla casa e si erano comprati un certificato di nascita e una famiglia istantanea.

Non era stata una trattativa legale, però non avevano nemmeno rapito la bambina. Amelia era stata “ceduta” con il benestare di tutte le persone coinvolte. Sfortunatamente, non esistevano lettere né altri documenti firmati che avvalorassero questa versione dei fatti. Tutto era stato fatto nel più completo anonimato. Duncan aveva preteso che nessuno sapesse niente della bambina, e Mark e Susan non avevano osato fare domande per timore di perdere la possibilità di avere una figlia. Per otto anni tutto era andato a gonfie vele. Poi, tre settimane prima, avevano capito che una delle sorelle McKenna aveva assunto un avvocato per rintracciare la piccola.

Perché?, si chiese Tyler. Cos’era accaduto tre settimane prima? Forse doveva concentrarsi su quel breve periodo di tempo e lasciar perdere il passato.

Si girò di scatto nel sentire un uomo che cantava. Eccolo lì, Duncan. Aveva un braccio sulle spalle di un altro tizio, e si stavano avvicinando lungo il molo, barcollando un po’. Vecchi lupi di mare, pensò Tyler, perché non c’era descrizione migliore per la pelle bruciata dal sole e la faccia modellata dal vento di quei due: uomini che vivevano per navigare e navigavano per vivere.

«Ed è tuuutta mia!»

«Tuuutta mia» fece eco l’altro, ubriaco e stonato.

Poi Duncan si fermò di colpo, non appena lo vide sulla barca. «Ma guarda un po’ chi è venuto a trovarmi, il mio giornalista preferito. Pete, conosci già Taylor?»

«Tyler.»

Duncan lo indicò con un dito. «Esatto, Tyler. Lo so benissimo. Scommetto che stai pensando che sono ubriaco. Ora, il mio amico Pete, lui sì è ubriaco. Dico bene, Pete?»

Pete poteva avere dai quaranta ai sessant’anni, e di sicuro non era sobrio.

«Pete è il mio vicino» disse Duncan trascinando il compagno lungo il molo fino alla barca accanto alla sua. «Aiutami a farlo salire a bordo, ti spiace?»

Tyler saltò sul pontile e fece ciò che gli era stato chiesto, dopo di che tutti e tre scesero in una cabina molto simile a quella che aveva appena visitato. Cabine al posto di case, pensò, interrogandosi su quanti fossero i vecchi marinai che vivevano sulle barche a vela ormeggiate al porto.

«Stai bene, Pete?» domandò Duncan. Pete rotolò sulla sua cuccetta e cominciò a russare all’istante. «Sta bene.»

«E tu?» gli chiese Tyler mentre lo seguiva su per la scaletta. Fu sollevato nel notare che Duncan camminava quasi dritto.

«Sto benissimo» replicò McKenna, saltando giù dalla barca con sicurezza. «Ho incontrato Pete mentre tornavo da un appuntamento. Non potevo lasciarlo vagare qui intorno da solo. È messo molto male in questi giorni. Qualche mese fa ha perso sua moglie, e da allora non è più lo stesso.»

«Immagino tu sappia come ci si sente.»

«Lo so eccome, figliolo.» Duncan sospirò. «Quando la mia Nora è morta, per poco non l’ho seguita. Non credevo che sarei mai riuscito a guardare di nuovo il sole, senza lei al mio fianco.»

L’emozione che gli incrinava la voce sembrava confermare che avesse amato la moglie con tutto se stesso. Un marito fedele e innamorato. Ma Nora? Era stata altrettanto fedele e innamorata? «Com’era tua moglie?» azzardò.

McKenna sollevò il viso verso il cielo. «Chiudi gli occhi» disse.

«Cosa?»

«Chiudi gli occhi.»

Tyler esitò, poi obbedì.

«Senti il calore sul viso?»

Ora che glielo faceva notare, sì, lo sentiva. «Certo.» Percepiva il calore sulla pelle, intravedeva la luce dietro le palpebre e avvertiva il profumo dell’estate riempirgli le narici.

«Lei faceva questo, per me» mormorò Duncan. «Nora mi faceva sentire ogni cosa con un’intensità sconosciuta.»

Tyler aprì gli occhi. McKenna si stava asciugando una lacrima. Un gesto un po’ sentimentale, per un duro come lui, tuttavia sembrava sincero. A quanto pareva, quell’uomo era molto più puro di quanto non desse a vedere. Forse era quello il motivo per cui Kate restava al suo fianco.

«Vieni a bordo?» gli chiese mentre saliva sulla barca.

«Vorrei fare due chiacchiere con te» rispose Tyler.

«Non ho molto tempo, figliolo, ho una regata da preparare. Finalmente le cose cominciano a girare anche per me.»

Tyler se n’era accorto. Duncan sembrava un uomo diverso, aveva una luce nuova negli occhi e un passo energico. «Le tue figlie hanno accettato l’invito?»

«Non ancora, ma lo faranno. Kate è ostinata, e le altre fanno sempre quello che decide lei. Ma cambierà idea. Quando si tratta di scegliere, Kate sceglie sempre la famiglia.»

«Posso chiederti perché hai venduto la barca?»

«Avevo bisogno di contanti. E dovevo garantire un futuro alle ragazze.»

Tyler annuì. «Mi piacerebbe fare un giro intorno alle isole. Ti andrebbe di portarmici, una volta?»

«Sai niente di vela?»

«Niente di niente.»

Duncan scoppiò a ridere. «Dritto al punto, eh? Mi piace il tuo modo di fare. Ma non posso portarti con me durante la regata, la posta in gioco è troppo alta.»

«Capisco.»

«Però posso portarti fuori con questa barca. Magari domani. Perché non fai un salto più tardi all’Oyster Bar?»

«Grandioso. Allora a dopo.» Stava scendendo a terra quando si imbatté in Kate e Caroline.

«Tyler.» La voce di Kate era fredda come il ghiaccio. Trovarlo in compagnia di suo padre di certo non la entusiasmava. «Cosa ci fai qui?»

«Sono venuto a salutare Duncan.»

«Be’, spero tu abbia finito, perché io e Caroline abbiamo bisogno di parlare con lui. Da sole.»

«È tutto vostro.»

«Se avete deciso di partecipare alla gara, saltate a bordo e ne parliamo. Altrimenti ho altro da fare.» Duncan era in piedi sul ponte, schiena dritta e petto in fuori. Sembrava davvero il signore del proprio destino, e forse persino di quello delle figlie, pensò Tyler, lanciando un’occhiata obliqua alle ragazze.

«In realtà siamo qui per dirti che è una pazzia» replicò Kate.

Pessima scelta di parole, considerò Tyler tra sé.

«Non è una pazzia» ribatté Duncan. «È un fatto. Sarò al timone della Summer Seas. E mi riprenderò la nostra barca. Vorrei che voi mi aiutaste. L’abbiamo persa insieme, dovremmo riconquistarla insieme.»

«Non l’abbiamo persa, l’abbiamo venduta» specificò Kate.

«Per la verità, voi due l’avete venduta» intervenne Caroline. «Non credo di avere avuto modo di dire la mia sulla questione.»

«Caroline, così non sei d’aiuto» borbottò Kate.

«Allora non parlare al posto mio» ribatté sua sorella. Poi si rivolse a Duncan. «Papà, perché K.C. gareggia con la nostra barca?»

«Per umiliarci, ecco perché. Cerca vendetta. Ma non andrà da nessuna parte, se resteremo uniti. Ho bisogno del vostro aiuto, ragazze. Siamo una famiglia o no?»

Tyler osservò la reazione di Kate mentre McKenna si giocava la carta della famiglia. La vide abbassare gli occhi, indecisa, vulnerabile. Ma solo per un attimo.

Poi la sentì dire: «Ci siamo fatti una promessa, papà. Abbiamo promesso di andare avanti con la nostra vita. Questo non è andare avanti, è tornare indietro».

«Io non la vedo così» replicò Duncan.

«Non c’è un altro modo di vederla.»

«Io rivoglio la Moon Dancer. E la riavrò, con o senza di voi.» E con quelle parole, Duncan si voltò e sparì in cabina.

«Ottimo lavoro, Kate» commentò Caroline. Fece un palloncino con la gomma da masticare, che le scoppiò sulle labbra. «Dargli del pazzo è stata un’idea geniale.»

«Fare regate è una pazzia.»

«Un tempo amavi le regate. Kate era la più coraggiosa di tutti» aggiunse Caroline a beneficio di Tyler. «Era assolutamente intrepida. Il mio mito.»

«Sono ancora qui, Caroline» sibilò Kate irritata.

«Ma non sei più la persona che eri. Quella persona se n’è andata molti anni fa, e mi manca.» Fece una pausa. «Ci vediamo, Kate. Tyler.»

Kate sospirò mentre la guardava allontanarsi.

«Diceva sul serio? Un tempo eri l’intrepida Kate?» chiese Tyler.

«Non ero intrepida, ero stupida. Credevo nelle persone sbagliate e nelle cose sbagliate. Poi sono cresciuta. Vorrei poter dire lo stesso del resto della mia famiglia, ma come vedi mio padre è un perfetto Peter Pan, con la sua personalissima Isola che non c’è.»

Tyler sorrise. «Penso che tu abbia ragione.»

«Ho ragione sì. Comunque: cosa ci fai qui? Sempre a caccia di segreti?»

«Tranquilla. Tuo padre non mi ha detto dove avete sepolto il tesoro di famiglia.»

«E cosa ti ha detto, allora?»

«Che domani mi porta a fare un giro in barca.»

Lei restò a bocca aperta. «Te lo sconsiglio caldamente.»

«Ne ero certo. Ma non capisco perché.»

«Perché mio padre è incosciente e inaffidabile.»

«Forse ti sbagli, visto che qualcuno l’ha scelto come skipper.»

«Non gli hai detto niente di K.C., vero?» domandò Kate. «Intendo di mia madre…»

«No. Sta a te.»

«È assurdo, ma avrebbe senso, sai? Spiegherebbe il motivo per cui hanno cominciato a odiarsi tanto…»

«Quindi adesso ci credi?»

«Non lo so, ma continuo a pensarci.»

«Chiediglielo e basta, Kate. Va’ da lui e fagli questa benedetta domanda. Cos’hai da perdere?»

Lei lo fissò esterrefatta. «Tutto! La mia identità, ecco cos’ho da perdere. In ogni caso, adesso è arrabbiato con me, non credo sia un buon momento.» Girò sui tacchi e si incamminò lungo il molo.

«Dove stai andando?» chiese Tyler trotterellandole dietro.

«Torno al lavoro.»

«Ho un’idea migliore.»

«Ah, sì? E sarebbe?»

Lui le posò una mano sulla spalla, costringendola a fermarsi. «È una giornata stupenda. Che ne dici di un picnic sulla spiaggia?»

«Un picnic sulla spiaggia?» ripeté lei, come se non avesse mai sentito quelle parole in vita sua.

«Hai presente… un cestino di vimini, del pollo fritto, un’insalata di patate, una tovaglia, magari un po’ di vino. Ho letto di una spiaggia con una cascatella. Mi piacerebbe vederla.»

Kate si schiarì la gola. «Non credo sia una buona idea. Ieri le cose non sono andate molto bene tra di noi.»

«Oggi è un altro giorno.»

«Non lo so, Tyler. Perché?»

«Non tutto ha un perché, Kate» replicò lui.

«Senti da che pulpito. Sei venuto qui per una ragione molto precisa, mi pare. Te l’ho già detto: non ho intenzione di aiutarti con il tuo articolo, quindi non capisco cosa ci fai ancora qui.»

Tyler soppesò le sue parole. In effetti, aveva già riflettuto a lungo sulla situazione. L’idea dell’articolo era stata il modo più facile per avvicinare la famiglia McKenna, ma non aveva funzionato come avevano sperato lui e Mark. Forse era giunto il momento di cambiare strategia.

«A dire il vero, ho deciso di fare come mi avevi suggerito tu.»

«Cioè?» chiese lei, sorpresa.

«Parlerò con altri velisti, cercherò di ottenere aneddoti interessanti, mi inventerò un nuovo taglio per il pezzo.» Il che non era una bugia vera e propria, dal momento che non aveva mai avuto intenzione di scrivere alcun pezzo.

«Allora dovresti fare il picnic con qualcun altro.»

«Avanti, Kate, ho voglia di stare un po’ con te» replicò lui con un sorriso. «Dimmi di sì. È solo un picnic.»

Lei non rispose subito, era combattuta. Poi disse: «Ti conviene preparare il miglior cestino che abbia mai visto, e non dimenticare l’insalata di patate, il brie e la torta di cioccolato. Intesi?».

«Intesi.»

«Devo passare in libreria.»

«Ti raggiungo lì tra venti minuti?» Non voleva lasciarle il tempo di cambiare idea.

«Sono abbastanza sicura che questo sia un errore.»

«Be’, anche se fosse, sarà un errore bellissimo.» Poi, fischiettando, Tyler si incamminò lungo la strada in cerca di una gastronomia.