[B 6] 625

 [6-11 giugno 1888]

 

Mio caro compagno Bernard,

mi sembra sempre, sempre più, che i quadri che si dovrebbero fare perché la pittura attuale sia interamente se stessa e salga all’altezza equivalente alle vette serene che raggiunsero gli scultori greci, i musicisti tedeschi, i romanzieri francesi, superino la capacità di un individuo isolato; saranno quindi creati probabilmente da gruppi d’uomini che si accordino per attuare un’idea comune.

Il tale ha una splendida orchestrazione di colori e manca d’idee. Il talaltro trabocca di concezioni nuove, desolate o fascinose, ma non le sa esprimere in maniera sufficientemente sonora, data la timidezza di una tavolozza limitata. Grande ragione per rimpiangere la mancanza di spirito di corpo tra gli artisti, i quali si criticano, si perseguitano, anche se fortunatamente non riescono ad annullarsi. Mi dirai che tutto questo ragionamento è solo una banalità – sia pure! La cosa in sé tuttavia: l’esistenza di un Rinascimento, questo fatto, certo, non è una banalità.

Un problema tecnico. Dimmi un po’ il tuo parere nella prossima lettera. Il nero e il bianco, quali ce li vende banalmente il mercante, li metterò arditamente sulla mia tavolozza e li utilizzerò tali e quali. Quando – e nota che sto parlando della semplificazione del colore alla giapponese – quando vedo in un parco verde con i sentieri rosa, un signore che è vestito di nero e fa il giudice di pace (l’ebreo arabo nel Tartarin di Daudet chiama questo onorato funzionario «Ziudice di pace»)1 e legge l’Intransigeant,2 sopra di lui e sopra il parco un cielo di semplice cobalto. Allora perché non dipingere il suddetto «Ziudice di pace» con del semplice nero d’ossa, e l’Intransigeant con del semplice bianco nudo e crudo. Perché il Giapponese fa astrazione dal riflesso, e pone le tinte piatte una accanto all’altra, e movimenti o forme sono fissati con tratti caratteristici.

In un’altra categoria di idee, quando si compone un motivo di colori che esprimono per esempio un cielo giallo di sera, il bianco crudo e duro di un muro bianco contro il cielo a rigore si esprime, in modo strano – dal bianco crudo smorzato da un tono neutro, perché lo stesso cielo lo colora di un tono lilla chiaro. Ancora, in questo paesaggio* così ingenuo che si ritiene debba rappresentarci una capanna imbiancata interamente a calce (anche il tetto), posata su un terreno arancione, certo, perché il cielo del Midi e il Mediterraneo azzurro provocano un arancione tanto più intenso quanto più la gamma degli azzurri è alta di tono. La nota nera della porta, dei vetri, della piccola croce sul colmo del tetto fanno sì che ci sia un contrasto simultaneo di bianco e nero piacevole all’occhio quanto quello del blu e dell’arancione.

Per prendere un motivo più divertente* supponiamo una donna vestita con una stoffa a quadri, nero e bianco, nello stesso paesaggio primitivo di un cielo blu e di un terreno arancione, sarebbe abbastanza bizzarro da vedere, immagino. Ad Arles per l’appunto si portano spesso dei quadrettati bianchi e neri.3 È sufficiente che anche il nero e il bianco siano dei colori, perché in molti casi possono essere considerati colori, visto che il loro contrasto simultaneo è stimolante come quello del verde e del rosso, ad esempio. I Giapponesi lo usano del resto. Rendono meravigliosamente bene la carnagione olivastra e pallida di una ragazza e lo stuzzicante contrasto della capigliatura nera con della carta bianca e quattro tratti di penna. Senza contare i loro cespugli di spine nere stellati da mille fiori bianchi.

Finalmente ho visto il Mediterraneo, che, probabilmente, tu attraverserai prima di me. Ho passato una settimana a Saintes-Maries4 e per arrivarci ho attraversato in diligenza la Camargue con vigne, lande e terreni pianeggianti come l’Olanda. Là, a Saintes-Maries c’erano delle ragazze che facevano pensare a Cimabue e a Giotto,5 sottili, diritte, un po’ tristi e mistiche. Sulla spiaggia completamente piatta, sabbiosa, delle piccole imbarcazioni verdi, rosse, blu, talmente graziose per forma e colore da far pensare a dei fiori.6 Ci sale un solo uomo, quelle barche non vanno in alto mare. Se la svignano quando non c’è vento e tornano a terra quando ce n’è un po’ troppo.

Sembra che Gauguin sia sempre, ancora, malato. Sono molto curioso di sapere cosa hai fatto ultimamente; io continuo sempre, ancora, a fare del paesaggio, accludo degli schizzi (vedere lo schizzo delle barche). Avrei proprio voglia di vedere anche l’Africa ma non faccio piani precisi per il futuro, dipenderà dalle circostanze.

Quello che volevo sapere, è l’effetto di un blu più intenso nel cielo: Fromentin7 e Gérôme8 vedono il terreno del Midi incolore e un mucchio di gente lo vede così. Dio mio, certo, se si prende in mano della sabbia asciutta e la si guarda da vicino, anche l’acqua, anche l’aria esaminate in questo modo sono incolori. Niente blu senza giallo e senza arancione e se fate il blu fate dunque il giallo e anche l’arancione, d’accordo! Insomma, mi dirai che ti scrivo soltanto delle banalità. Una stretta di mano col pensiero,

 

t. à t.
Vincent