22

Occidente

Sabran Nona e Aubrecht Secondo si sposarono appena l’estate cedette all’autunno. La tradizione imponeva di scambiarsi i voti a mezzanotte, durante la luna nuova, perché è nell’ora più buia che si ha più bisogno di un compagno.

E quella era davvero l’ora più buia. Mai, nella storia dei Berethnet, un matrimonio era stato celebrato a così poca distanza da un funerale.

Il Grande Santuario di Casa del Rovo, come la maggior parte dei templi, era a pianta rotonda su modello degli scudi imbracciati dai primi cavalieri di Inys. A un certo punto dell’Era Dolente il tetto era crollato, e in seguito Rosarian Seconda aveva ordinato di installare vetrate rosse dentro gli archi, in memoria di tutto il sangue dei caduti in battaglia.

Col passare dei secoli le radici di tre alberi prepotenti si erano fatte largo tra le piastrelle e ora i rami si intrecciavano al di sopra della navata, già fulgidi di foglie d’oro e ocra. Seicento persone erano riunite ai loro piedi per assistere alla cerimonia, compresi i membri del Virtuosissimo Ordine dei Sanctarian.

Quando la regina di Inys fece la sua comparsa all’ingresso meridionale, tra i testimoni calò il silenzio. La chioma adorna di fiori assomigliava a ebano lucente. La scollatura era incorniciata dai ricami di un elaborato coprispalle. Indossava una corona in filigrana d’oro, tempestata di rubini che risplendevano alla luce delle mille candele.

Il coro attaccò a cantare, un’onda di voci calde e alte. Sabran fece un passo, poi si fermò.

Dalla sua postazione tra i candelabri, Ead vide la regina rimanere immobile, come ancorata al suolo. Roslain, che l’accompagnava all’altare, la tirò lievemente per un braccio.

«Sab» mormorò.

Sabran d’un tratto parve ridestarsi. Nella penombra del santuario, furono in pochi a notare la rigidità delle sue spalle o quel brivido che poteva quasi essere scambiato per freddo.

Un attimo dopo la regina riprese ad avanzare.

Seyton Combe osservava la scena, circondato dai Duchi Spirituali e dalle loro famiglie. Persino in quella luce tremula era impossibile non scorgere il sorrisetto che gli increspava l’angolo della bocca.

Era in previsione di quella notte che aveva mandato Loth a morire. Ora più che mai la regina avrebbe avuto bisogno di lui: secondo la tradizione di Inys, dovevano essere i migliori amici ad accompagnare all’altare i promessi sposi, per consegnarli ai futuri compagni di vita.

Poco distante c’era Igrain Crest, un’espressione impenetrabile sul volto. Ead immaginava che dovesse sentirsi allo stesso tempo sconfitta e vittoriosa. Desiderava un’erede, anche se non con quel padre. Inoltre il matrimonio di Sabran dimostrava che la regina non era più una bambinetta bisognosa di consigli.

Il Principe Rosso entrò al lato opposto del tempio, accompagnato dalla sorella maggiore. Indossava un mantello dello stesso colore dell’abito della sposa, adorno di seta rossa ed ermellino, e un farsetto con bottoni d’oro. Come Sabran, anche lui portava guanti dai polsini elaborati per attirare ulteriormente l’attenzione durante la cerimonia. Un semplice filo di argento dorato sul capo attestava il suo rango regale.

Sabran incedette elegantemente verso di lui. L’abito da sposa era davvero notevole: rosso scuro, il colore del vino di visciole, con uno spacco sul davanti a rivelare la sottogonna nera intarsiata di fili d’oro e di perle. Le vesti delle ancelle, inclusa Ead, erano a colori invertiti: sottogonna rossa e corsetto nero.

I due cortei si incontrarono sull’umbone posto al centro del santuario, sotto il sontuoso ciborio montato tra le colonne. I testimoni si disposero in cerchio. Ora che il volto di Sabran era illuminato dalle candele dell’umbone, e che la sovrana si trovava abbastanza vicino da vederla bene in viso, il principe deglutì.

La regina prese Roslain per mano, mentre Lievelyn faceva lo stesso con la sorella maggiore, quindi tutti e quattro si inginocchiarono sul primo gradino. Il resto dei partecipanti fece un passo indietro. Spegnendo la sua candela, Ead cercò lo sguardo di Chassar tra la folla.

L’Arci Sanctarian di Inys era un uomo con le dita affusolate, così pallido che sulle tempie spiccavano le nervature azzurre delle vene. La Vera Spada era ricamata con fili d’argento sulla parte anteriore dell’herigaut che indossava.

«Sodali.» La parola riecheggiò nel silenzio. «Siamo qui riuniti, in questo rifugio dal mondo, per assistere al sacro sodalizio tra due anime. Come il Santo e la Donzella, essi stanno per unirsi nello spirito e nella carne per il bene di Virtudom. Quello che prestano è un grande servigio, giacché le fondamenta stesse di Inys poggiano sull’amore tra Galian, cavaliere di Inysca, e Cleolind, eretica di Lasia.»

La cerimonia era appena cominciata e già qualcuno aveva definito la Madre un’eretica. Ead e Chassar si scambiarono una breve occhiata da un capo all’altro della sala.

L’Arci Sanctarian si schiarì la voce, quindi aprì un volume di preghiere con la copertina d’argento e lesse la leggenda del Cavaliere di Sodalizio, il primo a unirsi al Seguito. Ead non prestò ascolto: rimase concentrata su Sabran, che stava immobile come una statua. Anche Lievelyn ogni tanto le gettava un’occhiata.

A lettura conclusa Roslain ed Ermuna, il cui compito era ultimato, lasciarono spazio alla coppia regale. Roslain tornò al fianco del marito, Lord Calidor Acquaferma, che la strinse a sé. L’ancella non aveva mai staccato gli occhi da Sabran, che a sua volta la guardò mentre si allontanava dal ciborio, lasciandola sola con un perfetto sconosciuto.

«Che il rito abbia inizio.» L’Arci Sanctarian fece un cenno a Lievelyn, che in tutta risposta si sfilò il guanto della mano sinistra e lo porse alla regina. «Sabran Nona della Casata di Berethnet, regina di Inys, il tuo amato ti tende la mano in nome del santo sodalizio. Accetti di prenderla, diventando sua fedele compagna da oggi alla fine dei giorni?»

Lievelyn le rivolse un sorriso che gli increspò lievemente i lati degli occhi. La penombra rendeva difficile intuire se la regina, prendendo dalle mani dell’Arci Sanctarian l’anello col nodo d’amore, rispondesse o meno.

«Sì, sodale» si udì infine. «Accetto.»

Quindi si fermò, con le mascelle serrate, e Ead notò che il petto della sovrana tremolava.

«Aubrecht Lievelyn,» disse poi «prendo te come mio sposo.» Gli fece scivolare l’anello all’indice. Era d’oro, materiale riservato ai sovrani. «Sodale, compagno di letto, di vita e di ogni cosa.» Pausa. «Giuro di amarti con tutta la mia anima, di difenderti con la mia spada e di non concedere a nessun altro i miei favori. Questo è il mio voto.»

L’Arci Sanctarian annuì di nuovo. A quel punto toccò a Sabran sfilarsi il guanto sinistro.

«Aubrecht Secondo della Casata di Lievelyn, Illustre Principe del Libero Stato di Mentendon,» proseguì il rituale «la tua amata ti tende la mano in nome del santo sodalizio. Accetti di prenderla, diventando suo fedele compagno da oggi alla fine dei giorni?»

«Sì, sodale» rispose lui. «Accetto.»

Quando il principe prese l’anello che il sacerdote gli porgeva, la mano di Sabran tremò in modo appena visibile. Era l’ultima opportunità di annullare il matrimonio prima che fosse giuridicamente vincolante. Ead sbirciò Roslain, che muoveva piano le labbra, forse per incoraggiarla. O forse stava pregando.

Sabran incrociò lo sguardo di Lievelyn e, alla fine, fece un lieve cenno col capo. L’uomo le prese la mano sinistra con cautela, come se fosse una farfalla, e le infilò l’anello. L’indice della regina scintillò.

«Sabran Berethnet,» disse «prendo te come mia sposa. Sodale, compagna di letto, di vita e di ogni cosa. Giuro di amarti con tutta la mia anima, di difenderti con la mia spada e di non concedere a nessun’altra i miei favori.» Le strinse la mano tra le sue. «Questo è il mio voto.»

Un attimo di silenzio, durante il quale i loro sguardi rimasero intrecciati. Poi l’Arci Sanctarian interruppe la sospensione del momento spalancando le braccia, come per circondare tutti i presenti.

«Dichiaro queste due anime unite nel sacro sodalizio agli occhi del Santo» esclamò «e, per mezzo di lui, di tutta Virtudom.»

Il tempio fu invaso dalle acclamazioni, un’ondata di pura gioia condivisa così intensa che per un attimo il soffitto parve sul punto di crollare di nuovo. Mentre Ead si univa all’ovazione, lo sguardo le cadde sui Duchi Spirituali. Nelda Acquaferma e Lemand Fynch sembravano contenti. Crest, rigida come uno scettro, con la bocca ridotta a una fessura senza labbra, si tamburellava le dita sul palmo della mano nella pallida imitazione di un applauso. Alle sue spalle, il Rapace Notturno sorrideva beato.

Il rito voleva che subito dopo essersi scambiati le promesse gli sposi si baciassero, ma per i reali tale usanza sembrava inappropriata. Sabran si limitò a prendere il braccio che Lievelyn le porgeva e a scendere al suo fianco gli scalini dell’altare. Ead notò che, nonostante l’espressione tesa, la regina di Inys si sforzava di sorridere per i suoi sudditi.

Ead e Margret si scambiarono un’occhiata, poi Margret prese per il gomito una Linora con gli occhi lucidi e, come tre fantasmi, le ancelle scivolarono fuori dalla sala.

Ornamento di separazione

Una volta giunte nella Stanza del Baldacchino, prepararono il letto assicurandosi prima che non ci fossero minacce di alcun genere. Una figurina di bronzo raffigurante il Cavaliere di Sodalizio era stata sistemata sotto le finestre piombate. Ead accese le candele sulla mensola del camino, tirò le tende e ravvivò il fuoco. L’Arci Sanctarian aveva insistito molto su quel punto: la stanza doveva essere calda. Sul comodino giaceva un libro di preghiere, aperto alla storia del Cavaliere di Sodalizio. Sopra le pagine era posata una mela rossa. Simbolo di fertilità, spiegò Linora mentre lavoravano. «È un’antica tradizione pagana,» disse «ma Carnelian Seconda l’apprezzava al punto da imporre all’Ordine dei Sanctarian di includerla nel rito della prima notte.»

Ead si asciugò la fronte. Evidentemente l’Arci Sanctarian desiderava che l’erede al trono fosse concepita alla stessa velocità con cui si infila una pagnotta nel forno.

«Bisogna lasciar loro qualcosa da bere.» Margret sfiorò il braccio di Ead e uscì. Linora, brontolando, riempì di carbone due scaldaletto e li infilò sotto le coperte.

«Linora,» le disse Ead «vai a goderti la festa. Finisco io qui.»

«Oh, Ead, sei così buona.»

Quando se ne fu andata, Ead si assicurò che le finestre fossero ben chiuse. Per quanto la Stanza del Baldacchino fosse rimasta sigillata e controllata a vista per tutto il giorno, e l’unica chiave fosse al sicuro nelle mani di Roslain, di quella corte c’era poco da fidarsi.

Dopo un lungo istante di esitazione durante il quale si chiese se fosse davvero una buona idea, Ead tirò fuori la rosa che aveva colto quel pomeriggio e la nascose sotto il cuscino sul lato destro del letto, quello ricamato con lo stemma di Berethnet.

Che la regina facesse bei sogni, almeno quella notte.

Gli incantesimi scudo l’avvertirono che c’era qualcuno in avvicinamento, un passo familiare. Sulla soglia apparve un’ombra: Roslain Crest, con fare insolente, veniva a perlustrare la stanza.

Una ciocca di capelli le era sfuggita dall’acconciatura a forma di cuore. Si guardò intorno come se vedesse la camera per la prima volta, e non si trattasse affatto del luogo dove in innumerevoli occasioni aveva dormito al fianco della regina.

«Mia signora.» Ead fece la riverenza. «Ti senti bene?»

«Sì.» Roslain emise un lungo sospiro. «Sua Maestà chiede di te, Ead.»

Non se l’aspettava. «Ma solo le Ancelle del Baldacchino possono svestirla…»

«Come ho detto,» la interruppe Roslain «la regina chiede di te. E mi sembra che qui tu abbia finito.» Gettò un’ultima occhiata alla stanza poi uscì in corridoio, seguita da Ead. «Come sai, alle domestiche non è consentito toccare Sua Maestà, ma per stasera, giacché è necessario, farò un’eccezione.»

«Ma certo.»

Il Vestibolo, dove Sabran veniva quotidianamente lavata e vestita, era una stanza quadrata con il soffitto dipinto, la più piccola di tutti gli appartamenti reali. Le tende erano tirate.

Sabran stava in piedi accanto al fuoco, scalza, e sfilandosi gli orecchini osservava incantata le fiamme. L’abito doveva essere già stato riposto nel Guardaroba Privato, perché la regina indossava una semplice sottoveste. Katryen le stava slacciando la cintura imbottita dai fianchi.

Ead si avvicinò alla regina e le spostò i capelli dalla nuca per sganciarle il monile.

«Ead» la salutò Sabran. «Ti è piaciuta la cerimonia?»

«Sì, Maestà. Eravate magnifica.»

«Ora non più?»

Lo chiese per scherzo, ma Ead percepì l’incrinatura del dubbio nella sua voce. «Voi siete sempre splendida, mia signora.» Ead tolse il gancetto e fece scivolare via il gioiello. «Ma a parer mio… mai come in questo momento.»

Sabran la fissò.

«Credi che il principe Aubrecht sarà d’accordo?»

«Sì, a meno che Sua Altezza Reale non sia uno sciocco.»

I loro sguardi si separarono all’ingresso di Roslain, che si avvicinò a Sabran per slacciarle il corsetto.

«Ead,» ordinò «la camicia da notte.»

«Subito, mia signora.»

Mentre prendeva un braciere per scaldare la biancheria, Sabran sollevò le braccia per consentire a Roslain di sfilarle la sottoveste. Quindi le Ancelle del Baldacchino la accompagnarono alla vasca da bagno, dove la regina venne lavata con estrema cura. Ead lisciò le pieghe della camicia da notte, approfittandone per dare una sbirciata.

Priva dei suoi abiti regali, Sabran Berethnet non assomigliava affatto alla rampolla di un santo, vero o falso che fosse. Era una comune mortale. Imponente, certo, e aggraziata, ma in un certo senso più debole.

Le sue forme ricordavano quelle di una clessidra. Fianchi rotondi, vita stretta, seno pieno, con i capezzoli turgidi. Gambe lunghe, i muscoli definiti dalle numerose cavalcate. Alla vista del crepuscolo che le separava, Ead sentì un brivido lungo la schiena.

Tornò a concentrarsi su ciò che stava facendo. Gli Inysh erano suscettibili in materia di nudità: da anni non vedeva un corpo svestito che non fosse il suo.

«Ros,» disse Sabran «sarà doloroso?»

Roslain le tamponò la pelle con un asciugamano pulito. «All’inizio potrebbe, un pochino,» ammise «ma durerà poco. E non se Sua Altezza sarà… premuroso.»

Sabran teneva lo sguardo fisso davanti a sé, ma non pareva vedere nulla, si tormentava l’anello col nodo d’amore.

«E se non riuscissi a rimanere incinta?»

Il silenzio che seguì fu così intenso che si sarebbe sentito il fiato di un topo.

«Sabran,» sussurrò poi Katryen prendendole la mano «non avrete alcun problema.»

Ead preferì stare zitta: le sembrava una conversazione intima, e d’altra parte nessuno le aveva ordinato di andarsene.

«Mia nonna non è riuscita a concepire per anni» mormorò Sabran. «I Grandi dell’Ovest stanno scendendo in campo. Yscalin ci ha traditi. Se Fýredel e Sigoso dovessero invadere Inys e io non avrò ancora un’erede…»

«Ma voi l’avrete, un’erede. La regina Jillian diede alla luce una splendida bambina, la vostra cara mamma. Ben presto sarete madre anche voi.» Roslain appoggiò il mento sulla spalla della regina. «Dopo, rimanete per un po’ a pancia in su e dormite sdraiata sulla schiena.»

Sabran le si strinse addosso.

«Come vorrei che Loth fosse qui» disse. «Doveva condurmi lui all’altare. Gliel’avevo promesso.» Ora che il trucco era scomparso, i cerchi lividi sotto i suoi occhi erano più evidenti che mai. «Adesso è… perso, chissà dove a Cárscaro. E io non so come rintracciarlo.»

«Loth se la caverà. Sono certa che tornerà a casa tra poco.» Roslain la abbracciò forte. «E allora avremo notizie di vostro padre.»

«Un’altra assenza dolorosa. Loth, papà… e Bella. La fedele Bella, devota a tre regine.» Sabran chiuse gli occhi. «È un cattivo presagio che sia morta poco prima del matrimonio. E per giunta nel letto dove…»

«Sabran,» la interruppe Roslain «vi attende la prima notte di nozze. Non date spazio a questi foschi pensieri, o corromperanno il seme.»

Ead svuotò il braciere nel caminetto. Si chiese di sfuggita se gli Inysh avessero effettivamente qualche nozione corretta sul concepimento dei bambini o i loro medici si barcamenassero tra pure e semplici congetture.

Con l’avvicinarsi del momento, la regina si fece silenziosa. Roslain le sussurrava consigli all’orecchio, mentre Katryen le sfilava i petali dai capelli, uno per uno.

Le misero la camicia da notte e una vestaglia con l’orlo di pelliccia. Katryen le sollevò i capelli dal colletto.

«Ead,» la chiamò Sabran, quasi sulla porta, «anche nell’Ersyr si fa così?»

Una ruga le solcava la fronte. La stessa di quando le aveva descritto gli incubi. Ead provò il desiderio irrefrenabile di distenderla con le dita.

«Qualcosa di simile, mia signora» rispose.

Fuori, da qualche parte, un fuoco d’artificio fischiò in cielo. La città si preparava a festeggiare.

Scortarono la regina fuori dal Vestibolo. Tremava, ma teneva il mento sollevato. Una sovrana non doveva mai mostrare paura.

Quando furono in vista della Stanza del Baldacchino, Roslain e Katryen le si strinsero ai fianchi. Sir Tharian Lintley e due Cavalieri Protettori, di guardia davanti alle porte, si inginocchiarono al suo cospetto.

«Maestà,» disse Lintley «il decoro mi impone di non vegliare sulla vostra stanza la prima notte di nozze. Vi lascerò alla protezione di vostro marito e delle Ancelle del Baldacchino.»

Sabran gli appoggiò una mano sul capo. «Buon Sir Tharian,» disse «il Cavaliere di Cortesia vi sorride.»

Il soldato si alzò mentre i cavalieri della scorta si inchinavano per congedarsi. Katryen prese la chiave da Roslain e aprì le porte.

L’Arci Sanctarian stava in piedi vicino al letto, mormorando a mezza voce con un libro di preghiere tra le mani. Aubrecht Lievelyn attendeva con i Valletti dell’Alcova. La camicia da notte, orlata di ricami neri, gli si apriva sul petto lasciando esposte le clavicole.

«Maestà» disse. Alla luce del focolare, i suoi occhi erano neri come calamai.

Sabran si limitò al più lieve cenno del capo. «Vostra Altezza.»

L’Arci Sanctarian si fece il segno della spada.

«Il Santo benedica questo talamo. Possa generare il frutto della sua vite infinita.» Chiuse il libro. «Per i vecchi sodali è giunto il momento di congedarsi, e per i nuovi di imparare a conoscersi. Il Santo ci dia una buona notte, poiché nel buio egli ci osserva.»

«Poiché nel buio egli ci osserva» ripeterono in coro. Tutti tranne Ead.

Ancelle e valletti si inchinarono. Mentre Roslain raddrizzava la schiena, Sabran la chiamò sottovoce: «Ros».

La damigella la fissò negli occhi. Senza farsi accorgere dagli uomini, strinse la mano della regina così forte che le nocche di entrambe sbiancarono.

Quindi Katryen la guidò fuori. Ead le seguì, ma prima di uscire si voltò indietro, incrociando lo sguardo della sovrana.

Per la prima volta da quando la conosceva, vide Sabran Berethnet per come appariva sotto la maschera: una giovane donna fragile, con il peso di un’eredità millenaria sulle spalle. Una regina i cui poteri dipendevano solo ed esclusivamente dalla sua capacità di mettere al mondo una figlia. La parte più folle di Ead desiderava prenderla per mano e trascinarla fuori dalla stanza, ma quella parte era troppo codarda per passare all’azione. Proprio come tutti gli altri, lasciò Sabran da sola.

Fuori, ad attenderla, trovò Margret e Linora. Le cinque ancelle si riunirono nel buio.

«Sembrava tranquilla?» bisbigliò Margret.

Roslain si lisciava inquieta le pieghe della veste. «Non saprei.» Fece su e giù per la stanza. «Per la prima volta in vita mia, non saprei proprio.»

«È normale essere nervose» replicò Katryen in un sussurro. «Con Cal com’è stato?»

«Ma era diverso. Cal e io eravamo promessi fin da bambini. Non era un estraneo» rispose Roslain. «Senza contare che il futuro della nazione non dipendeva dal frutto del nostro letto.»

Rimasero a vegliare fuori dalla soglia, le orecchie tese a ogni minimo movimento proveniente dalla Stanza del Baldacchino. Trascorso il primo quarto d’ora, Katryen appoggiò l’orecchio sulla porta.

«Lui le parla di Brygstad.»

«È giusto che parlino» commentò Ead a bassa voce. «A malapena si conoscono.»

«Ma se il matrimonio non venisse consumato?»

«Sabran farà ciò che deve.» Roslain teneva lo sguardo fisso nel vuoto. «Conosce i propri doveri.»

L’attesa si protrasse per qualche tempo. Linora, che si era seduta per terra, si appisolò con la testa contro il muro. D’un tratto Roslain si riscosse dalla sua totale immobilità e riprese a misurare il corridoio ad ampie falcate.

«E se…» Si tormentava le mani. «E se fosse un bruto?»

Katryen le andò incontro. «Ros…»

«Sapete, mia madre una volta mi ha detto che Sabran Ottava veniva maltrattata dal marito. Lui beveva, andava a puttane, la insultava, e lei non lo diceva a nessuno. Nemmeno alle dame di corte. Ma poi, una notte…» si premette il palmo della mano sul corsetto «quell’uomo spregevole la picchiò. Le spaccò uno zigomo e le ruppe il polso…»

«E venne giustiziato per questo» tagliò corto Katryen. «Ascoltami bene: non succederà mai nulla di simile a Sabran. Ho visto come Lievelyn tratta le sorelle, ha il cuore di un agnellino.»

«Potrebbe anche averne l’aspetto,» intervenne Ead «ma spesso i mostri si nascondono dietro apparenze docili. Sono maestri della dissimulazione.» Guardò le altre dritto in faccia. «La terremo d’occhio. Ascolteremo ciò che dice. Non dimentichiamoci il motivo per cui portiamo armi, oltre che gioielli.»

Roslain le restituì lo sguardo e, lentamente, annuì. Un attimo dopo, Katryen fece lo stesso. In quell’istante Ead realizzò che avrebbero fatto qualunque cosa per la regina, compreso uccidere o dare la propria vita. Qualunque cosa.

Quando fu trascorsa un’ora, si avvertì un cambiamento dentro la Stanza del Baldacchino. Linora si ridestò e si coprì la bocca con la mano.

Ead si avvicinò alla porta. Per quanto i rumori giungessero soffocati, udì abbastanza da intuire cosa accadeva al di là del legno. Quando fu tutto finito, si voltò verso le altre.

La regina aveva compiuto il suo dovere.

Ornamento di separazione

Il mattino seguente Lievelyn lasciò la Stanza del Baldacchino poco dopo le nove. Solo quando la Porta Secondaria gli si fu richiusa alle spalle, le dame d’onore poterono raggiungere la regina.

Sabran era ancora a letto, le lenzuola avvolte intorno al seno. Lei o Lievelyn avevano aperto le tende, ma il cielo era coperto e la luce esigua.

Sentendole entrare, si voltò. Roslain corse al suo fianco.

«State bene, Maestà?»

«Sì.» Aveva la voce stanca. «Credo di sì, Ros.»

Roslain le baciò la mano.

Non appena la regina diede segno di volersi alzare, Katryen le portò un mantello. Mentre Ead si avvicinava al letto seguita da Margret e Linora, le due Ancelle del Baldacchino guidarono Sabran sulla poltrona davanti al focolare.

«Oggi rimarrò nelle mie stanze» annunciò sistemandosi dietro l’orecchio una ciocca di capelli. «Ho molta voglia di frutta.»

«Lady Linora,» ordinò Katryen «porta a Sua Maestà pere e mirtilli. E una tazza di grog, per favore.»

Linora, seccata di doversene andare proprio in quel momento, uscì. Non appena la porta si richiuse, Roslain si inginocchiò ai piedi della regina, gonfiando d’aria le gonne.

«Oh, Sab, ero così…» Scosse il capo. «È andato tutto bene con Sua Altezza?»

«Alla perfezione» rispose Sabran.

«Davvero?»

«Davvero. È stato strano, ma Sua Altezza era… premuroso.» Si accarezzò la pancia. «Potrei già essere incinta?»

Un’unica notte di rado era sufficiente, ma gli Inysh sapevano assai poco dei meccanismi del corpo. «Dovrete attendere fino al prossimo ciclo per saperlo» rispose con pazienza Roslain alzandosi. «Se il sangue non viene, allora siete incinta.»

«Non è detto» si intromise Ead. Sentendosi addosso gli sguardi di Sabran e di entrambe le Ancelle del Baldacchino, accennò una riverenza. «A volte il corpo umano trae in inganno, Maestà. Si chiama falsa gravidanza.» Margret annuì. «Finché il bambino non dà i primi segnali, non c’è nulla di certo.»

«Ma naturalmente» si affrettò ad aggiungere Katryen «siamo tutte più che sicure che rimarrete incinta prestissimo.»

Sabran si aggrappò ai braccioli della poltrona.

«Dunque dovrò giacere ancora con Aubrecht» disse. «Per essere sicura.»

«I bambini verranno a tempo debito.» Roslain le baciò la fronte. «Per ora pensate solo a rendere lieto il vostro matrimonio. Forse voi e il principe Aubrecht potreste partire per un mesetto. Il Castello di Glowan è incantevole in questa stagione.»

«Non posso lasciare la capitale» rispose Sabran. «Non con un Grande dell’Ovest in circolazione.»

«Non parliamo dei Grandi dell’Ovest.» Roslain le accarezzò i capelli. «Non ora.»

Margret colse l’occasione al volo. «Giacché cerchiamo un nuovo argomento,» esordì «perché non ci racconti della tua prima notte di nozze, Ros?»

Katryen eruppe in una risatina, e Roslain rispose con un sorriso allo sguardo d’intesa di Sabran.

Mentre Roslain raccontava del primo incontro amoroso con Lord Calidor Acquaferma, Linora tornò con la frutta. Poco dopo il letto fu rifatto, e si spostarono tutte nel Vestibolo, dove Sabran si sedette accanto alla vasca. Rimase in silenzio mentre Katryen le spalmava balsamo di silene sui capelli e le dava acqua di rose per rinfrescarsi la bocca. A un suo ordine, Margret si mise a suonare il virginale.

«Madonna Duryan,» disse Katryen «continua tu con i capelli di Sua Maestà. Io devo andare dal Lord Ciambellano.»

«Ma certo.»

Katryen prese il cesto di vimini e se ne andò, mentre Ead raggiungeva Roslain vicino alla vasca.

Versò una brocca d’acqua sulla chioma della regina, lavando via la schiuma profumata. Stava per prendere l’asciugamano quando Sabran le strinse il polso.

Ead si immobilizzò. Alle Domestiche Ordinarie non era concesso toccare la regina, e stavolta Roslain non aveva fatto cenno a permessi speciali.

«La rosa profumava divinamente, madonna Duryan.»

Sabran lasciò scivolare le dita tra le sue. Immaginando che volesse aggiungere qualcosa, Ead le porse l’orecchio… e invece Sabran Berethnet le diede un bacio sulla guancia.

Aveva labbra soffici come piume di cigno. Ead sentì la pelle d’oca in tutto il corpo e dovette fare uno sforzo immenso per continuare a respirare normalmente.

«Grazie» disse ancora la regina. «Un gesto molto generoso.»

Ead lanciò un’occhiata a Roslain, che sembrava colpita quanto lei.

«È stato un piacere, mia signora» disse.

Fuori, i cortili erano immersi nella nebbia e le prime gocce di pioggia striavano le finestre appannate del Vestibolo. La regina si rilassò sulla sedia come se fosse sul trono.

«Ros,» disse «appena torna Kate, dille di tornare dal Lord Ciambellano. Deve informarlo che madonna Ead Duryan è stata appena promossa al rango di Ancella del Baldacchino.»