24

Occidente

I primi giorni d’autunno furono agrodolci. Ead aspettava una risposta da Chassar: era ansiosa di sapere se la Priora le avrebbe accordato il permesso di fermarsi a Inys un po’ più a lungo, ma il messaggio tardava ad arrivare.

Man mano che i venti si facevano più freddi e gli abiti estivi lasciavano il posto a vesti rosse e marroni ornate di pelliccia, la corte si lasciava conquistare dal fascino del principe consorte. Con grande sorpresa di tutti, lui e Sabran presero l’abitudine di assistere insieme a balli in maschera e rappresentazioni nella Sala delle Udienze. Gli spettacoli di per sé non erano una novità, ma erano anni che la regina, a eccezione delle feste matrimoniali, li evitava. Ora invece convocava i giullari e rideva delle loro buffonate. Chiedeva alle damigelle d’onore di danzare per lei. A volte prendeva lo sposo per mano e i due se ne stavano lì a guardarsi negli occhi come se al mondo non esistesse nessun altro.

Ead la osservò da vicino per tutto il tempo. Ormai capitava di rado che si allontanasse dalla sovrana.

Una mattina, non molto tempo dopo il matrimonio, Sabran trovò del sangue tra le lenzuola. L’ira che ne seguì fu immensa, lasciò Roslain a torcersi nervosamente le mani mentre tutte le altre ancelle scomparivano dalla stanza. Persino il principe Aubrecht quel giorno optò per una lunga battuta di caccia nella Foresta di Chesten.

C’era da aspettarselo, pensò Ead: Sabran era una regina, convinta fin dalla nascita che il mondo dovesse darle tutto ciò che voleva, quando lo voleva… ma nemmeno lei poteva ordinare al proprio ventre di dare frutti.

«Stamane mi sono svegliata con una gran voglia di ciliegie» le disse una mattina. «Cosa pensi che significhi?»

«Le ciliegie non sono più di stagione, mia signora» replicò Ead. «Forse avete nostalgia dei doni dell’estate.»

La risposta l’aveva delusa, ma la regina non ribatté, e Ead continuò a spazzolarle il mantello.

Non aveva alcuna intenzione di assecondarla sull’argomento. Katryen e Roslain le dicevano quello che voleva sentire, ma lei era determinata a concentrarsi su ciò che era necessario farle sapere.

Sabran non era mai stata una donna paziente. Ben presto divenne restia a dividere il letto con il marito, e prese l’abitudine di giocare a carte con le ancelle fin quasi al mattino. Di giorno poi la stanchezza la rendeva suscettibile. Quando Katryen inveì con Roslain che un simile umore avrebbe reso l’utero della regina meno ospitale, Ead avvertì l’impulso di picchiarla sulla testa fino a farle cascare tutti i denti.

Ma non era solo la mancata gravidanza a turbare la regina. Difendere Mentendon dai wyrm annidati sui Fusi si dimostrò in breve tempo un fardello economico ben peggiore del previsto. Lievelyn aveva portato una controdote, che presto però si sarebbe esaurita.

Finalmente Ead aveva accesso a quel genere di informazioni. Informazioni intime, segrete. Scoprì per esempio che certe volte Sabran se ne restava a letto per ore, divorata da una disperazione che correva nel sangue di tutta la sua famiglia. Scoprì che aveva una cicatrice sulla coscia sinistra, ricordo di una brutta caduta da un ramo quando aveva dodici anni. E scoprì che rimanere incinta era la cosa che la regina più desiderava e allo stesso tempo più temeva al mondo.

Sabran diceva sempre che Casa del Rovo era il suo nido, ma ora come ora assomigliava piuttosto a una gabbia. Mormorii si insinuavano lungo i corridoi e sotto le arcate dei chiostri. I muri stessi parevano trattenere il respiro.

Nemmeno Ead era immune ai pettegolezzi: a corte si domandavano tutti come avesse fatto una convertita di umili origini a diventare Ancella del Baldacchino. Persino lei, d’altronde, non aveva idea di cosa avesse spinto Sabran a preferirla alle molte nobili dell’Alta Servitù. Linora le scoccava spesso sguardi carichi d’odio, ma Ead non ci faceva caso: sopportava quei cortigiani dal cervello di gallina da otto anni ormai.

Un mattino, prima che Sabran si svegliasse, indossò la veste autunnale e uscì a fare una passeggiata. Ultimamente l’unico modo che aveva per ritagliarsi un po’ di tempo per sé era alzarsi all’alba; il resto del giorno lo trascorreva con la regina, con cui ormai era abbastanza intima.

La brezza mattutina era fresca e frizzante, il chiostro misericordiosamente immerso in un silenzio turbato soltanto dal tubare di un colombo. Ead affondò il viso nel collo di pelliccia superando il monumento a Glorian Terza, la sovrana che aveva governato Inys durante l’Era Dolente. La statua la mostrava incinta, come se dovesse partorire da un momento all’altro, armata di tutto punto, con la spada fieramente sguainata a mezz’aria.

Glorian era salita al potere il giorno in cui Fýredel aveva ucciso i suoi genitori. Nessuno si sarebbe aspettato quella guerra, ma la regina Cuore Invitto non si era tirata indietro. Aveva sposato l’anziano duca di Córvugar e promesso in sposa a Haynrick Vatten di Mentendon la figlia che portava in grembo, il tutto capitanando la difesa di Inys. Il giorno in cui aveva dato alla luce la piccola, l’aveva portata sul campo di battaglia e mostrata alle truppe in segno di speranza. Ead non riusciva a decidere se si trattasse di puro coraggio o pura follia.

Circolava un gran numero di storie simili a quella, altre grandi regine che avevano compiuto immensi sacrifici per Inys. Era l’eredità di quelle donne che Sabran Berethnet portava sulle spalle.

Ead imboccò una scorciatoia sulla destra che la condusse a un sentiero di ghiaia ombreggiato da ippocastani. In fondo, oltre le mura del palazzo, si stendeva la Foresta di Chesten, antica quanto la stessa Inys.

Nel cortile c’era una serra di vetro e ferro battuto. Mentre Ead si immergeva in quella tiepida umidità, un pettirosso si librò in volo.

Sulla superficie di un laghetto fluttuavano le ninfee. Quando lo individuò, Ead si accucciò davanti al croco d’autunno e si sganciò un paio di forbici dalla cintura. Al Priorato, le donne si nutrivano di zafferano per giorni prima di tentare di rimanere incinte.

«Madonna Duryan.»

Ead raddrizzò la schiena, stupita. Aubrecht Lievelyn, avvolto in un mantello color ruggine, le si stava avvicinando.

«Altezza Reale.» Si alzò in piedi e fece la riverenza, nascondendosi i bulbi nel mantello. «Perdonatemi, non vi avevo visto.»

«Al contrario, sono io che vi chiedo scusa per il disturbo. Credevo di essere il solo a svegliarmi così presto.»

«Non sempre, ma a volte mi piace la luce prima dell’alba.»

«Io adoro il silenzio. La corte è così rumorosa.»

«La vita a palazzo è molto diversa a Brygstad?»

«Non molto. Ci sono occhi e orecchie in tutte le corti, eppure qui le voci… ma no, non devo lamentarmi.» Le rivolse un sorriso gentile. «Posso chiedervi cosa state facendo?»

Anche se l’istinto le suggeriva cautela, Lievelyn non le era mai parso un tipo infido. «Immagino siate a conoscenza dei terrori notturni di cui soffre Sua Maestà» disse. «Cercavo della lavanda da tritare e metterle sotto il cuscino.»

«Lavanda?»

«Favorisce sonni tranquilli.»

Il principe annuì. «Forse dovreste guardare nell’Orto Botanico» suggerì. «Posso unirmi a voi?»

L’offerta la colse di sorpresa, ma rifiutare era fuori discussione. «Naturalmente, Altezza.»

Uscirono dalla serra nel momento in cui i primi raggi del sole si affacciavano all’orizzonte. Ead si chiese se non dovesse tentare di fare conversazione, ma Lievelyn sembrava più che altro godersi la bellezza dei giardini avvolti nella galaverna mentre passeggiavano fianco a fianco seguiti a distanza dalla Guardia Regia.

«Sua Maestà non dorme bene, è vero» disse dopo un po’. «Il fardello delle responsabilità.»

«Anche voi lo avvertirete, immagino.»

«Oh, ma il mio è più leggero. Sarà Sabran a portare in grembo nostra figlia. Sarà lei a metterla al mondo.» Sfoderando un altro bel sorriso, si diresse verso la Foresta di Chesten. «Ditemi, madonna Duryan, non era tra questi alberi che vagava la Dama dei Boschi?»

Ead venne scossa da un brivido. «È una leggenda molto antica, Altezza. Mi sorprende che ne abbiate sentito parlare, devo confessarlo.»

«Me l’ha raccontata uno dei miei nuovi valletti inysh quando gli ho chiesto di aiutarmi a comprendere gli usi e i costumi della regione. Anche a Mentendon abbiamo folletti, lupi vermigli e altre amenità del genere, ma… una strega che ammazza i bambini suona piuttosto violenta come favola.»

«Inys era una terra piuttosto violenta un tempo.»

«Vero. Grazie al Santo non è più così.»

Ead scrutò in direzione della foresta. «Che io sappia nessuno ha mai detto che la Dama dei Boschi stesse qui» disse. «Il Gualdo si trova più a nord, vicino a Betulladorata, dove è nato il Santo. Gli unici che osano accedervi sono i pellegrini, e solo in primavera.»

«Ah.» Il principe ridacchiò. «Che sollievo. Avevo il timore di svegliarmi una mattina e trovarmela fuori dalla finestra.»

«Non c’è nulla di cui aver paura, Altezza.»

Giunsero ben presto all’Orto Botanico, nel cortile sul retro della Cucina Grande, dove proprio in quel momento si stavano accendendo i forni.

«Posso avere l’onore?» chiese Lievelyn.

Ead gli passò le forbici. «Ma certo.»

«Grazie.»

Si inginocchiarono accanto alla lavanda, dove l’uomo si sfilò i guanti con un sorriso da ragazzino. Forse rimpiangeva l’inattività manuale forzata: i Valletti dell’Alcova si facevano carico di tutto, gli servivano il pranzo, gli lavavano persino i capelli.

«Altezza,» disse Ead «perdonate la mia ignoranza, ma chi è incaricato di governare Mentendon in vostra assenza?»

«La principessa Ermuna fa le mie veci mentre mi trovo a Inys. Certo, mi auguro che prima o poi io e la regina troveremo un accordo che mi consentirà di trascorrere più tempo a casa. A quel punto, potrò essere entrambe le cose: un marito ma anche un re.» Parlando, giocherellava con uno stelo d’erba. «Mia sorella è una forza della natura, però sono preoccupato per lei. Mentendon è fragile, e la nostra è una casata ancora giovane.»

Ead studiò l’espressione del principe, che teneva lo sguardo fisso sul nodo d’amore dell’anello.

«Anche Inys è fragile, Altezza» disse.

«Me ne sto accorgendo.»

Tagliò un mazzetto di lavanda e lo porse a Ead, che si alzò in piedi infilandoselo in tasca. Il principe però non pareva affatto ansioso di andarsene.

«Siete originaria dell’Ersyr, ho capito bene?» chiese.

«È così, Altezza. Io e l’ambasciatore del re Jantar e della regina Saiyma, Chassar uq-Ispad, siamo parenti alla lontana; mi ha allevata lui.»

Erano otto anni che raccontava sempre la stessa bugia; ormai le veniva naturale.

«Ah» rispose Lievelyn. «A Rumelabar, dunque.»

«Esatto.»

Lievelyn rimise i guanti, quindi sbirciò verso l’ingresso del giardino, dove attendeva la Guardia Regia.

«Madonna Duryan,» disse a bassa voce «in effetti sono contento di avervi incontrata stamattina. Se sarete tanto gentile da darmelo, vorrei il vostro consiglio su una questione privata.»

«A quale titolo, Altezza?»

«Come Ancella del Baldacchino.» Si schiarì la gola. «Mi piacerebbe portare la regina in città, dare insieme a lei la carità ai mendicanti di Ascalon, nella prospettiva di un percorso più lungo in estate. Mi pare di aver capito che non abbia mai omaggiato nessuna provincia di una visita ufficiale. Prima di sollevare l’argomento con lei, ecco… mi chiedevo se voi sapeste come mai.»

Un principe chiedeva il suo parere. I tempi erano cambiati davvero.

«Sua Maestà ha interrotto ogni contatto con i sudditi nell’attimo in cui è stata incoronata» spiegò Ead. «A causa… della regina Rosarian.»

La risposta parve confondere Lievelyn. «So che Rosarian fu brutalmente uccisa,» replicò «ma è avvenuto tra le mura del suo palazzo, non in mezzo alla strada.»

Per un attimo Ead squadrò il volto sincero del principe; qualcosa in lui la costringeva a essere onesta.

«Ad Ascalon ci sono persone spregevoli, nutrite dello stesso fiele che ha contaminato Yscalin. Persone che auspicano il ritorno del Senza Nome» raccontò. «E l’unico modo per ottenere ciò che vogliono è abbattere la Casata di Berethnet. Alcuni di loro sono riusciti a insinuarsi a palazzo. Tagliagole.»

Lievelyn rimase muto per un attimo. «Non ne avevo idea.» Pareva turbato, e Ead si domandò cosa Sabran gli dicesse effettivamente di sé. «Quanto sono riusciti ad avvicinarsi a lei?»

«Abbastanza. L’ultimo attacco è stato quest’estate, ma sono più che certa che il mandante continui a tessere le sue trame contro la regina.»

Il principe consorte serrò le mascelle.

«Capisco» mormorò. «Certo, lungi da me voler mettere in pericolo Sua Maestà. Eppure… per i sudditi di Virtudom lei è un raggio di speranza. Dopo il ritorno di un Grande del Nord c’è più che mai bisogno che si ricordino dell’amore e della devozione che la corona nutre nei loro confronti. Specialmente, poniamo, nel caso fosse costretta ad aumentare le tasse per potenziare flotta ed esercito.»

Diceva sul serio.

«Altezza,» rispose Ead «vi supplico, prima di parlare di queste cose con Sua Maestà aspettate di avere una figlia. Una principessa fornirà al popolo tutte le rassicurazioni di cui ha bisogno.»

«Ahimè, per far nascere i bambini non basta desiderarli intensamente. Potrebbe passare molto tempo prima dell’arrivo di un’erede, madonna Duryan.» Lievelyn sospirò. «Essendo suo marito, dovrei saperne più di chiunque altro, ma Sabran è sangue del Santo. Quale mortale può davvero affermare di conoscerla?»

«Ci riuscirete» lo rassicurò Ead. «Non l’ho mai vista guardare nessuno come guarda voi.»

«Nemmeno Lord Arteloth Beck?»

Quel nome la fece trasalire. «Come dite, Altezza?»

«Mi sono giunte alcune voci. Insinuazioni su una storia d’amore» continuò il principe dopo una lieve esitazione. «Ho deciso di ignorarle e propormi lo stesso alla regina… ma a volte mi chiedo se…» Si schiarì la gola, chiaramente a disagio.

«Lord Arteloth è molto caro a Sua Maestà» intervenne Ead. «Sono amici da quando erano piccoli, e si amano come fratello e sorella. Tutto qui.» Continuando a fissarlo negli occhi aggiunse: «Questa è la verità, qualunque cosa dicano le voci».

L’espressione dell’uomo si raddolcì. «Farei meglio a non prestare ascolto ai pettegolezzi. Chissà quanti ne gireranno su di me» considerò. «Lord Seyton mi ha riferito che Lord Arteloth al momento si trova a Yscalin. Dev’essere davvero coraggioso, per sfidare il pericolo tanto apertamente.»

«Sì, Altezza» mormorò Ead. «È molto coraggioso.»

Tra i due ci fu un attimo di silenzio, riempito dal cinguettare degli uccelli.

«Grazie infinite dei vostri consigli, madonna Duryan. Siete stata generosa a offrirmeli.» Lievelyn sfiorò la propria spilla, identica a quella di Ead. «Capisco perché Sua Maestà ha una così alta stima di voi.»

Ead fece la riverenza. «Siete molto gentile, Altezza. Come Sua Maestà.»

Con un inchino elegante, il principe si allontanò.

Aubrecht Lievelyn era tutt’altro che un ghiro. Era abbastanza ambizioso da sperare nel cambiamento e, come tutti i Mentesi, nutriva una vera passione per le idee pericolose. Ead si augurava che desse ascolto ai suoi consigli: portare Sabran in mezzo al popolo quando la sua vita era in pericolo sarebbe stata una follia.

Negli appartamenti reali, trovò la sovrana già sveglia e smaniosa di andare a caccia. Poiché Ead non disponeva di un cavallo abbastanza svelto, le fu affidato un purosangue delle Stalle Reali.

Anche Truyde utt Zeedeur, che aveva sostituito Ead come Ancella dell’Anticamera, sarebbe andata con loro. Quando si ritrovarono faccia a faccia, Ead sollevò le sopracciglia. La ragazza si voltò dall’altra parte, impassibile, e salì in groppa al suo cavallo color nocciola.

Probabile che le speranze la stessero abbandonando: non sarebbe stata così imbronciata se Sulyard le avesse scritto.

Sabran si rifiutava di cacciare con i cani. Erano addestrati per uccidere la preda in modo pulito o non ucciderla affatto. Solo quando il corteo si inoltrò nella Foresta di Chesten, Ead si rese conto di avere davvero voglia di cacciare. Sentì il vento tra i capelli. I polpastrelli che bramavano una corda d’arco.

Moderazione era la parola d’ordine: troppe prede, e ci si sarebbe chiesti dove avesse imparato a colpire così bene. All’inizio Ead rimase defilata a osservare gli altri.

Roslain, che si diceva avesse un talento per la falconeria, quando si trattava di impugnare l’arco era terribilmente maldestra. In meno di un’ora perse la pazienza. Truyde utt Zeedeur abbatté una beccaccia. Margret era la migliore delle damigelle (come suo fratello era una cacciatrice esperta), ma nessuno poteva eguagliare la regina. I battitori si limitavano a tenerle dietro mentre galoppava tra gli alberi, ed entro mezzogiorno aveva già un bel carico di lepri.

Quando intravide un cervo nel fitto della foresta, Ead fu sul punto di lasciarlo andare. Un’ancella giudiziosa avrebbe lasciato la preda migliore alla sovrana; ma forse, pensò, un solo tiro non avrebbe destato sospetti.

La freccia fendette l’aria. Il cervo cadde. Margret, in groppa al suo castrone, fu la prima a raggiungerlo.

«Sab» chiamò.

Ead seguì la regina al trotto nella radura. La freccia aveva colpito il cervo dritto nell’occhio.

Proprio dove Ead aveva mirato.

Truyde utt Zeedeur giunse un attimo dopo. Con aria tesa, osservò la carcassa.

«Sembra che mangeremo spezzatino a cena.» Sabran aveva le guance rosse dal freddo. «Credevo non andassi spesso a caccia, Ead.»

Ead chinò il capo. «Forse ho un talento nascosto, Maestà.»

Sabran sorrise, e Ead non poté trattenersi dal ricambiare.

«Vedremo se ne hai anche altri, di talenti nascosti.» Sabran girò il cavallo. «Venite, signore… facciamo una gara fino a Casa del Rovo. Chi arriva prima vince una borsa.»

Tra le risate le ancelle lanciarono i cavalli al galoppo, delegando ai paggi il compito di raccogliere le prede.

Uscirono dalla foresta e attraversarono il prato con un tuonare di zoccoli. Ben presto Ead si ritrovò testa a testa con la regina: ridevano entrambe a crepapelle, e nessuna riusciva ad avere la meglio sull’altra. Con la chioma scompigliata dal vento e gli occhi accesi per la corsa, Sabran sembrava quasi spensierata… e per la prima volta da anni, anche il fardello sulle spalle di Ead si fece più leggero. Leggero come i semi di un soffione.

Ornamento di separazione

Sabran rimase di ottimo umore per tutto il giorno. Dopo il tramonto congedò le ancelle per dedicarsi ad affari di stato nella Biblioteca Regia.

Da Arbella Glenn, Ead aveva ereditato un doppio alloggio, più vicino agli appartamenti reali rispetto alla sua vecchia stanza. Era composto da due camere attigue, con la boiserie ricoperta di arazzi e un sontuoso letto a baldacchino. Le bifore affacciavano sui giardini.

I servitori si erano già occupati del fuoco. Ead tolse gli abiti da amazzone e si asciugò il sudore con un panno.

Alle otto bussarono alla porta. Era Tallys, una sguattera giovanissima e molto gentile.

«La cena per voi, madonna Duryan.» Fece la riverenza, per quanto Ead le avesse ripetuto mille volte che non era necessario. «Il pane è ottimo, ancora caldo. Dicono che stia per arrivare il gelo.»

«Ti ringrazio, Tallys.» Ead fissò il piatto. «Dimmi, piccola, come stanno i tuoi genitori?»

«Mia madre non troppo bene» ammise Tallys. «Non potrà lavorare per un po’ perché si è rotta il braccio, e il padrone è molto severo. Le mando tutto quello che guadagno, ma… la paga delle sguattere non è granché.» Quindi si affrettò ad aggiungere: «Non che mi lamenti ovviamente, madonna. Sono fortunata a lavorare qui. Un mese difficile, ecco tutto».

Ead si frugò nella borsa.

«Ecco.» Le porse delle monete. «Dovrebbe bastare per l’affitto fino a metà inverno.»

Tallys si limitò a fissare il denaro. «Oh, madonna Duryan, io non…»

«Ti prego. Ho risparmiato molto, e non ho occasione di spendere. In più, non ci hanno sempre insegnato a essere generose?»

La ragazzina, sull’orlo delle lacrime, annuì. «Grazie» mormorò.

Quindi fece ritorno alle sue faccende, e Ead cenò da sola al tavolino della sua stanza. Pane fresco, punch alla birra e zuppa con salvia fresca.

D’un tratto, qualcosa batté contro il vetro della finestra.

Un’aquila delle sabbie teneva l’occhio giallo fisso su di lei. Aveva le piume dello stesso colore del burro di mandorle, che all’estremità delle ali virava al nocciola. Ead corse alla finestra e la aprì.

«Sarsun!»

L’uccello balzò sul davanzale e reclinò il capo. Ead gli accarezzò le piume arruffate del collo.

«Ne è passato di tempo, amico mio» disse Ead in selinyi. «Sei riuscito a evitare il Rapace Notturno, vedo.» L’aquila emise un pigolio di risposta. «Fa’ piano, o finirai nella voliera in mezzo a quegli sciocchi colombi.»

Sarsun le diede un colpetto con la testa. Ead sorrise e gli lisciò le piume finché quello non le porse la zampa. Delicatamente, prese il rotolino di pergamena che c’era attaccato. Quindi l’aquila volò a posarsi sul letto.

«Certo, come fossi a casa tua.»

Sarsun non colse l’ironia e continuò a lisciarsi le piume.

Il sigillo era intatto. Combe intercettava qualunque cosa arrivasse via corriere o colombo delle rocce, ma Sarsun era abbastanza intelligente da sfuggirgli.

Ead decifrò il messaggio in codice.

La Priora ti concede di restare a Inys finché la regina non avrà partorito. Tornerò da te appena ci giungerà notizia della nascita.

Niente discussioni, la prossima volta.

Chassar ce l’aveva fatta.

Ead si sentì di nuovo invadere dalla stanchezza. Gettò il messaggio nel fuoco. Appena fu sotto le coperte, Sarsun le si accovacciò nell’incavo del braccio come un pulcino nel nido. Ead gli grattò la testa con un dito.

Il messaggio l’aveva colmata di sollievo, ma anche di tristezza. Le era stata offerta su un piatto d’argento la possibilità di tornare a casa… e invece eccola ancora lì, volontariamente per giunta, proprio nel luogo che da tempo sognava di lasciare. D’altro canto era l’unico modo per non sprecare tutti gli anni trascorsi a corte. Sarebbe rimasta accanto a Sabran fino al momento del parto.

In fin dei conti il tempo non importava: il mantello rosso era il suo destino, e nulla e nessuno avrebbe potuto portarglielo via.

Ripensò alla mano fredda di Sabran sulla sua. Quando il sonno la vinse, sognò petali di rosa rosso sangue che le sfioravano le labbra.

Ornamento di separazione

All’alba del giorno seguente Ead, già vestita di tutto punto, si diresse agli appartamenti reali pronta per la Festa dell’Equinozio. Sarsun era volato via durante la notte; lo aspettava un lungo viaggio.

Una volta oltrepassato il presidio di Cavalieri Protettori schierati davanti all’Anticamera, Ead trovò Sabran già sveglia. La regina indossava una veste di seta marrone chiaro con maniche intessute d’oro abbinata a un’acconciatura a trecce tempestate di topazi.

«Maestà.» Ead si inchinò. «Non pensavo foste già in piedi.»

«Mi ha svegliata il canto degli uccelli» rispose Sabran riponendo il libro. «Vieni. Siediti vicino a me.»

Ead la raggiunse sulla panca.

«Sono contenta di vederti» le disse la regina. «Prima del banchetto devo confessarti una cosa.» Ma dal sorriso trapelava già tutto: «Aspetto un bambino».

Ead non poté nascondere la diffidenza. «Ne siete sicura, Maestà?»

«Più che sicura. La giusta scadenza del mio ciclo è trascorsa da tempo.»

Finalmente. «Mia signora, che splendida notizia!» esclamò Ead con trasporto. «Congratulazioni. Sono contentissima per voi e per il principe Aubrecht.»

«Grazie.»

La regina si fissò il ventre, col sorriso che svaniva poco a poco. A Ead non sfuggì la ruga tra le sopracciglia.

«Non devi dirlo ancora a nessuno» si raccomandò la regina riscuotendosi. «Perfino Aubrecht non ne ha idea. Solo Meg, i Duchi Spirituali e le Ancelle del Baldacchino ne sono al corrente. I miei consiglieri concordano su un annuncio pubblico solo quando la pancia comincerà a vedersi.»

«Quando lo comunicherete a Sua Altezza Reale?»

«Presto. Voglio fargli una sorpresa.»

«Allora assicuratevi che ci sia una sedia nelle vicinanze quando lo farete.»

A queste parole Sabran sorrise di nuovo. «D’accordo» disse. «Mi prenderò cura del mio ghiro.»

La notizia di una figlia avrebbe reso la posizione del principe a corte ben più stabile, rendendolo l’uomo più felice del mondo.

Ornamento di separazione

Alle dieci in punto Lievelyn e la regina si incontrarono davanti alla Sala dei Banchetti. Una brina argentea scintillava sulla tenuta. La pesante sopravveste orlata di pelliccia di lupo faceva sembrare il principe consorte più massiccio di quanto non fosse davvero. Si inchinò davanti a Sabran, che in risposta lo afferrò per la nuca e, lì davanti a tutti, lo baciò sulla bocca.

Ead all’improvviso si sentì gelare. Osservò Lievelyn stringere Sabran tra le braccia e portarsela al petto con slancio.

Le damigelle d’onore chioccolavano di risatine. Quando alla fine la coppia si ricompose, Lievelyn, con un sorriso stampato in faccia, baciò Sabran in fronte.

«Buongiorno a voi, Maestà» disse, prendendola a braccetto. Quindi si incamminarono insieme, la regina appoggiata al marito, con i colori dei mantelli che si mescolavano come colate d’inchiostro.

«Ead,» la chiamò Margret «ti senti bene?»

Ead annuì. Il turbamento era già svanito, lasciandosi dietro un’ombra senza nome.

Appena Sabran e Lievelyn entrarono nella Sala dei Banchetti, la folla di cortigiani si alzò per omaggiarli. I consorti presero posto al Tavolo d’Onore accanto ai Duchi Spirituali, mentre le ancelle si dileguarono per raggiungere le panche. Ead non aveva mai visto i duchi tanto compiaciuti. Igrain Crest sorrideva e Seyton Combe, la cui sola presenza di solito bastava a gettare un’ombra cupa su qualsiasi stanza, pareva trattenere a stento l’impulso di fregarsi le mani.

La Festa dell’Equinozio era un’usanza piuttosto stravagante. Scorsero fiumi di vino rosso corposo, dolce e intenso, e in onore di Lievelyn venne preparata, seguendo una celebre ricetta mentese, un’enorme torta di frutta al rum, la preferita del principe quand’era bambino.

Prelibatezze di stagione colmavano i piatti di rame: pavone bianco con una lamina d’oro al posto del becco, prima arrostito poi annegato nella salsa di cipolle caramellate al miele, infine ricoperto nuovamente di piume per infondergli un’illusione di vita; susine in acqua di rose; mele in gelatina rossa; torta di mirtilli speziata con glassa lavorata e minuscole tartine di cervo. Ead e Margret fingevano di partecipare alla costernazione di Katryen, che lamentava la perdita di un ammiratore segreto il cui flusso di lettere, a detta sua, era cessato all’improvviso.

«Sabran vi ha detto?» chiese quindi la ragazza a voce bassa. «Desiderava che lo sapeste entrambe.»

«Sì. La Donzella sia lodata» rispose Margret. «Credevo che sarei morta di fastidio sentendomi dire ancora una volta che Sua Maestà ultimamente ha davvero un aspetto magnifico.»

Ead si guardò alle spalle per assicurarsi che nessuno stesse origliando.

«Katryen,» mormorò «sei proprio certa che Sabran abbia saltato il ciclo?»

«Certo. Non angosciarti, Ead.» Katryen prese un sorso di vino di mora. «A breve Sua Maestà dovrà pensare alla servitù per la principessina.»

«Per il Santo. Creerà più scompiglio tra i domestici della morte della povera Arbella» fu il cinico commento di Margret.

«Servitù.» Ead sollevò un sopracciglio. «Di quanti domestici può aver bisogno una neonata?»

«Be’, parecchi. La regina non ha tempo di crescere i bambini. Insomma,» aggiunse Katryen «ora che ci penso, Carnelian Terza insisté per allattare sua figlia, ma non accade spesso. La principessina avrà bisogno di una balia, di una governante, di tutori e così via.»

«Quante persone in totale?»

«Duecento circa, credo.»

Sembrava un tantino eccessivo. D’altronde tutto, a Inys, era un tantino eccessivo.

«E dimmi,» insisté Ead incuriosita «cosa succede se Sua Maestà partorisce un maschio?»

Katryen inclinò il capo. «Immagino non sarebbe un problema,» borbottò «ma non è mai successo, mai, in tutta la storia di Berethnet. Evidentemente il Santo desidera che il nostro sia un reginato.»

Una volta che i piatti furono ripuliti e le chiacchiere presero il via, il ciambellano picchiò a terra col bastone.

«Sua Maestà, la regina Sabran» annunciò.

Lievelyn si alzò in piedi e le porse la mano. Lei la prese e si alzò a sua volta, imitata dall’intera sala.

«Miei cari cortigiani,» disse «vi diamo il benvenuto alla Festa dell’Equinozio. È tempo di raccolto, il periodo prediletto del Cavaliere di Generosità. A partire da questo giorno, l’inverno incomincia la sua lenta avanzata verso Inys, con gran disappunto dei wyrm, il cui fuoco si nutre di calore.»

Applausi.

«Ma oggi» continuò la regina «abbiamo un motivo in più per festeggiare. Quest’anno, in concomitanza con le Celebrazioni di Generosità, faremo visita ad Ascalon.»

La sala si riempì di mormorii. Per poco Seyton Combe non si strozzò con un sorso di vino.

«Sarà l’occasione giusta» continuò Sabran imperterrita «per pregare al Santuario di Nostra Signora, aiutare i bisognosi e offrire conforto a tutti coloro che hanno perso casa e sostentamento nell’attacco di Fýredel. Mostrarci al popolo sarà utile a ricordare che rimaniamo uniti sotto la Vera Spada e che nessun Grande dell’Ovest potrà mai piegare i nostri spiriti.»

Ead fissò Lievelyn, che evitava il suo sguardo.

I suoi consigli non erano stati abbastanza persuasivi. Avrebbe dovuto insistere di più per insinuare in quella specie di pentolone di rame la vera entità del pericolo.

Il principe era uno sciocco, e Sabran pure. Due sciocchi coronati.

«È tutto» concluse la regina tornando a sedersi. «Ora, se non sbaglio, è prevista un’altra portata.»

La Sala dei Banchetti risuonò di ovazioni finché una schiera di servitori non giunse con altri vassoi e tutti tornarono a concentrarsi sul cibo.

Ma Ead aveva perso l’appetito. Non c’era bisogno di essere un veggente: bastava avere un minimo di lucidità per capire che quella storia si sarebbe conclusa in un bagno di sangue.