34

Ma sebbene io fossi convinto non meno di Stroeve che il rapporto fra Blanche e Strickland sarebbe finito male, non mi aspettavo che avesse l’esito tragico che ebbe. Venne l’estate, afosa e soffocante, e nemmeno la notte portava una frescura che riposasse i nervi affaticati. Le strade infuocate dal sole sembravano restituire il calore che le aveva oppresse durante il giorno, e i passanti vi camminavano straccamente trascinando i piedi. Non vedevo Strickland da settimane. Occupato in altre cose, avevo smesso di pensare a lui e agli affari suoi. Dirk, con le sue vane lamentele, aveva cominciato ad annoiarmi, ed evitavo la sua compagnia. Era una vicenda squallida, e non avevo più voglia di impicciarmene.

Una mattina stavo lavorando, ancora in pigiama. La mia mente vagava, e pensavo alle spiagge assolate di Bretagna e alle onde fresche del mare. Accanto a me c’era la scodella in cui la portiera mi aveva portato il caffelatte, e l’avanzo del croissant che il poco appetito mi aveva impedito di finire. Udivo la portiera che in bagno mi stava vuotando la vasca. Ci fu un tintinnio di campanello, e lasciai che aprisse lei. Dopo un attimo sentii la voce di Stroeve chiedere se ero in casa. Senza muovermi dal tavolo dov’ero seduto, gli gridai di venire avanti. Entrò a precipizio.

«Si è uccisa» balbettò.

«Cosa?» esclamai, sbigottito.

Fece dei movimenti con le labbra come se parlasse, ma non emise alcun suono. Farfugliava come uno scimunito. Il cuore mi batteva forte, e, non so perché, andai in collera.

«Per amor del cielo, calmati, accidenti» dissi. «Cosa stai dicendo?».

Faceva gesti disperati con le mani, ma dalla bocca continuava a non uscirgli una parola, come fosse ammutolito. Non so cosa mi prese, lo afferrai per le spalle e lo scrollai. A ripensarci, mi dispiace ancora di essermi comportato così stupidamente. Si vede che le ultime notti irrequiete mi avevano scosso parecchio i nervi.

«Fammi sedere» ansimò alla fine.

Riempii un bicchiere di Saint-Galmier e glielo misi alla bocca come a un bambino. Ne inghiottì un sorso, e un po’ di vino gli si versò sulla camicia.

«Chi si è uccisa?».

Non so perché gli feci questa domanda: sapevo chi intendeva. Cercò di dominarsi. «Stanotte hanno avuto una lite. Lui se n’è andato».

«È morta?».

«No, l’hanno portata all’ospedale».

«Allora che vai dicendo?» esclamai spazientito. «Perché hai detto che si è uccisa?».

«Non trattarmi male. Non posso dirti niente se mi parli così».

Strinsi i pugni, cercando di controllare la mia irritazione. Tentai di sorridere.

«Scusami. Fai con calma, non c’è fretta. Da bravo».

Dietro gli occhiali i suoi rotondi occhi azzurri, distorti dalle lenti, erano lividi dal terrore. «Stamattina la portiera è salita a consegnare una lettera. Ha suonato, non rispondeva nessuno. Ha sentito dei gemiti. La porta non era chiusa a chiave, è entrata. Blanche era stesa sul letto. Stava malissimo. Sul comodino c’era una bottiglia di acido ossalico».

«Era cosciente?».

«Sì. Oh, sapessi come soffre. Non posso sopportarlo. Non posso».

La sua voce era salita a un urlo.

«Maledizione, non sei tu a doverlo sopportare» gridai irritato. «È lei!».

«Come puoi essere così crudele?».

«Tu cosa hai fatto?».

«Hanno mandato a chiamare un dottore e a chiamare me, e hanno avvertito la polizia. Avevo dato alla portiera venti franchi, che mi avvisasse se succedeva qualcosa».

Tacque a lungo, e capii che quanto doveva dirmi non era facile a dirsi.

«Quando sono arrivato non ha voluto parlarmi. Ha chiesto che mi mandassero via. Io a giurare che le perdonavo tutto, ma non voleva ascoltarmi. Ha cercato di sbattere la testa contro il muro. Il dottore mi ha detto che non dovevo restare lì. Blanche continuava a ripetere “Mandatelo via!”. Sono uscito, e ho aspettato nello studio. E quando è arrivata l’ambulanza e l’hanno messa su una barella mi hanno fatto andare in cucina, perché non sapesse che ero lì».

Mentre mi vestivo – Stroeve desiderava che andassi subito con lui all’ospedale – mi disse di aver provveduto perché Blanche avesse una camera per sé, in modo da risparmiarle almeno la squallida promiscuità di una corsia. Lungo la strada mi spiegò perché desiderava la mia presenza: se lei rifiutava ancora di vederlo, forse avrebbe acconsentito a vedere me. Mi pregò di ripeterle che la amava sempre, che non le rimproverava nulla e voleva soltanto aiutarla; non accampava nessuna pretesa, e una volta guarita non avrebbe cercato di indurla a tornare con lui; sarebbe stata perfettamente libera.

Ma quando arrivammo all’ospedale, un tetro casermone che solo a vederlo stringeva il cuore, e dopo essere stati indirizzati da un caporeparto all’altro e aver salito scale su scale e traversato lunghi e nudi corridoi trovammo il dottore incaricato del caso, questi ci disse che la paziente stava troppo male e per quel giorno non poteva vedere nessuno. Il dottore era un ometto barbuto in camice bianco, dai modi sbrigativi. Evidentemente per lui un caso era solo un caso, e i parenti ansiosi dei seccatori che andavano trattati con fermezza. Del resto, quello era un caso banale: una donna isterica che aveva bisticciato con l’amante e si era avvelenata; succedeva di continuo. Dapprima il dottore pensò che la causa della sciagura fosse Dirk, e fu con lui più brusco del necessario. Quando gli spiegai che egli era il marito, desideroso di perdonare, gli dette un’occhiata incuriosita e scrutatrice, in cui mi parve di leggere una punta di canzonatura; vero è che Stroeve era il ritratto del marito ingannato. Poi si strinse un poco nelle spalle.

«Non c’è pericolo immediato» disse, in risposta alle nostre domande. «Non sappiamo quanto veleno abbia preso. Può darsi che se la cavi con uno spavento. Le donne cercano continuamente di suicidarsi per amore, ma di solito stanno attente a non riuscirci. In genere è un gesto per destare pietà o paura nell’amante».

C’era nel suo tono un frigido disprezzo. Era chiaro che per lui Blanche Stroeve era solo un numero da aggiungere alla statistica annuale dei tentati suicidi nella città di Parigi. Era molto occupato e non poteva dedicarci altro tempo. Disse che se tornavamo l’indomani a una certa ora, e la paziente stava meglio, forse il marito avrebbe potuto vederla.