36
La settimana seguente fu tremenda. Stroeve andava due volte al giorno all’ospedale a chiedere notizie della moglie, che continuava a non volerlo vedere ; e dapprima veniva via sollevato e speranzoso, perché gli dicevano che lei sembrava migliorare, poi disperato, perché erano sopraggiunte le complicazioni
temute dal medico, e una guarigione appariva impossibile. La suora compativa il suo dolore, ma poteva dirgli ben poco che lo consolasse. La poveretta giaceva immobile, rifiutando di parlare, con gli occhi vigili, come per cogliere l’arrivo della morte. Ormai era solo questione di giorni; e quando una sera tardi Stroeve venne da me, capii che era per dirmi che Blanche era morta. Era esausto. La loquacità l’aveva abbandonato, e cadde stancamente sul divano. Sentivo che ogni parola di condoglianza sarebbe stata vana, e lo lasciai starsene quieto lì disteso. Nel timore di apparirgli indifferente se mi mettevo a leggere, mi sedetti vicino alla finestra a fumare la pipa, aspettando che gli venisse voglia di parlare.
«Sei stato molto buono con me» disse alla fine. «Sono stati tutti molto buoni».
«Sciocchezze» risposi, un po’ imbarazzato.
«All’ospedale mi hanno detto che potevo aspettare lì. Mi hanno dato una seggiola e mi sono seduto fuori dalla porta. Quando lei ha perso conoscenza mi hanno lasciato entrare. Aveva la bocca e il mento bruciati dall’acido. È stato orribile vedere la sua bella pelle tutta rovinata. È morta silenziosamente, ho capito che era morta solo quando me lo ha detto la suora».
Era troppo stanco per piangere. Giaceva supino, rilasciato, come se ogni forza si fosse dileguata dalle sue membra, e poco dopo vidi che si era addormentato. Era il suo primo sonno naturale da una settimana. La natura, a volte così crudele, è a volte misericordiosa. Gli misi addosso una coperta e spensi la luce. Quando al mattino mi svegliai dormiva ancora. Non si era mosso. Aveva ancora sul naso gli occhiali cerchiati d’oro.