1 - Il boia di Venezia
20 febbraio 1848
Non appena lo vide profilarsi sulla porta della libreria, Maddalena lo riconobbe.
Lo avrebbe riconosciuto tra mille, lo avrebbe ri­conosciuto ovunque, anche senza l’uniforme austriaca bianca e impeccabile che gli fasciava il petto ampio e lo rendeva ancora più imponente.
“Quanti anni può avere?” si domandò. Trentacinque? Quaranta? Sbirciò i capelli biondissimi tagliati corti, le fedine ordinate che gli coprivano le guance, la bocca sottile, il naso affilato. Un uomo molto at­traente, pensò suo malgrado.
Friedrich von Kupfer nella sua libreria, nella li­breria di Maddalena Marchesan!
Per un istante, Maddalena impietrì. Nel retro del negozio Antonio, l’anziano proto che dirigeva la ti­pografia fin da quando era ancora vivo suo padre, Durante Marchesan, stampava volantini firmati “Libertà per Venezia”... Libertà dagli austriaci, li­bertà da tutti i von Kupfer dell’imperial regia maestà viennese.
— Buongiorno — salutò von Kupfer, scendendo i due gradini che conducevano nella tipografia-libre­ria Marchesan. Aveva un accento marcato, aspro. Maddalena riuscì a sorridere. Strinse convulsamen­te i bordi del banco di legno e chinò il capo in un grazioso gesto di benvenuto.
— Buongiorno, signore... — Rialzò subito la testa per guardare l’austriaco negli occhi chiarissimi dal­le ciglia quasi bianche.
Anche lui sorrise. — Non sono mai entrato in questa libreria, eppure mi trovo a Venezia da molto tempo.. .
“Troppo, dannatissimo ostrogoto,” pensò Mad­dalena.
— Se avessi saputo di trovare qui una splendida damina del Tiziano dalle chiome rosse e dagli occhi color del cielo imbronciato, sarei venuto prima — continuò, chinandosi sul banco. Nonostante l’accento, il suo italiano era fluente.
Lei resistette all’impulso di tirarsi indietro e con­tinuò a sorridere. — Il signore è davvero indulgente — mormorò, abbassando gli occhi d’un grigio lumi­nosissimo, quel grigio che l’austriaco aveva definito felicemente “color del cielo imbronciato”. — In che cosa posso servirvi?
La dolce e musicale cadenza veneziana della gio­vane donna contrastava in maniera palese con l’accento gutturale di von Kupfer. Le rughe sottili che segnavano piacevolmente gli angoli degli occhi del­l’uomo si contrassero appena.
“Ci siamo,” pensò Maddalena. “Purché non ab­biano scoperto qualche cosa...”
— “De rerum natura” — mormorò l’austriaco. — Lucrezio. Mi risulta che la tipografia Marchesan ne ha pubblicato una pregevole edizione con note di un professore...
Lei annuì. — Note del professor Rodolfo Villa — convenne. Era così tesa che i muscoli del collo le dolevano. Rodolfo Villa era un patriota molto, mol­to vicino a Manin. E Manin era in prigione dal 18 gennaio.
Sehr schön, bene. Ne vorrei una copia.
Maddalena girò intorno al banco e si avvicinò a una delle massicce scaffalature che tappezzavano il vasto locale.
— Un momento solo — disse, premurosa. Spinse una scala di legno davanti alla libreria e si accinse a salirvi, sollevando l’orlo della gonna blu notte a mo­strare la scarpina dallo scollo arrotondato, ma von Kupfer le fu subito accanto.
Nein, nein, bitte! Prego, no! Faccio io! — escla­mò galante. — Dov’è il... ah, ja, eccolo. — Localizzò il volumetto rilegato di rosso, allungò il braccio e lo prese con facilità. Poi fissò la donna, dominandola dall’alto con la sua statura.
— Non è giusto che una giovane signora tanto graziosa si affatichi in questo posto triste — disse, scegliendo con cura le parole.
Lei sostenne il suo sguardo in silenzio.
— Voi siete... come dite, Verkäuferin? Com­messa...
Maddalena ebbe una breve risata. — No, signore. Sono Maddalena Marchesan. La padrona... si fa per dire.
Lui sollevò le sopracciglia. — Ah, Verzeihung! Scusate tanto.
— Non mi avete offesa. Non c’è bisogno che vi scusiate.
Von Kupfer scosse il capo, contrariato. — Fräulein Maddalena... Che nome stupendo — osservò. Poi si riscosse. — Oh, imperdonabile...! — Esitò. — Non mi sono presentato. — Batté lievemente i tac­chi e si irrigidì. — Friedrich von Kupfer... funziona­rio di polizia. — La fissò con i suoi penetranti occhi d’un azzurro chiarissimo. Maddalena rimase per­fettamente impassibile.
— Lieta — riuscì a mormorare, la gola contratta.
Von Kupfer sembrava stupito. — Non mi avete mai sentito nominare? I veneziani mi hanno dato un soprannome... der Henker von Venedig, il boia di Venezia.
Lo disse con tanta amarezza che Maddalena tra­salì. — Io... — arrossì. — Certo, l’ho sentito dire. — Ma perché diavolo si sentiva così a disagio? Il boia di Venezia, certo. Se solo avesse immaginato che Maddalena Marchesan era la firmataria di quei vo­lantini...
— Non sembrate colpita — disse von Kupfer, un po’ stupito.
— Non faccio politica, io — rispose subito Mad­dalena, mentendo con indifferenza.
— Meglio così, allora — replicò l’austriaco, pen­soso. — È una brutta cosa... certo non si adatta a una gentile signorina come voi.. .
In un certo senso, era quasi eccitante. Comincia­va a prenderci gusto. Si trattava di recitare la parte della libraia innocua e senza ideali... con il boia di Venezia!
— Signorina, non è vero? — insistette von Kup­fer. — Voi non siete maritata.
— No — rispose Maddalena. — Non sono mari­tata...
— Maddalena, scusa il ritardo! Io non...
La libraia e l’austriaco si voltarono di scatto, co­me colti in fallo.
Arrigo Marchesan aveva fatto la sua rumorosa apparizione sulla porta del negozio. Alto, magro, con un gran ciuffo di capelli dello stesso colore di quelli della sorella e gli occhi d’un identico grigio, il ragazzo restò immobile sui gradini, la mano destra contratta sul mantello scuro all’altezza dello stomaco.
Maddalena lo fissò senza parlare. Arrigo aveva diciotto anni ed entusiasmo da vendere. Detestava gli austriaci con tutta la caparbietà dei ragazzi idea­listi.
— Buongiorno, Arrigo — lo salutò alla fine, sfor­zandosi di sorridere. Il fratello ignorava completamente la sua attività clandestina. E in quel momen­to, osservando la sua espressione, Maddalena rin­graziò il cielo per aver saputo tacere anche con lui, che pure era la persona che più amava al mondo.
Gelato sull’uscio, Arrigo lasciò cadere lentamente la mano che stringeva il mantello, rivelando l’abito di buon taglio e i pantaloni aderenti infilati negli alti stivali di cuoio opaco.
Fissò von Kupfer con un misto di disgusto e di orrore.
Allarmata, Maddalena guardò l’austriaco. Questi si limitò a carezzarsi pensoso con l’indice sinistro una fedina bionda in un gesto abituale, stringendo il libro nella mano destra abbandonata lungo il corpo.
— Tornerò dopo — disse alla fine Arrigo, con vo­ce alterata. In un turbinoso dietro-front, fece svolazzare il mantello e sparì sbattendo la porta.
Maddalena strinse le labbra. Che imbecille! Cosa credeva di ottenere, con quelle manifestazioni di insofferenza? Un soggiorno gratuito ai Piombi? Dio, Dio mio, Arrigo! Sei ancora un bambino e vuoi gio­care alla rivoluzione!
Alzò su von Kupfer uno sguardo ansioso. L’au­striaco continuava a fissare la porta.
— Vostro fratello — osservò. E non era una do­manda.
— Sì, mio fratello Arrigo — rispose lei, appren­siva.
— Mi ha riconosciuto — continuò von Kupfer. Lei non replicò.
— Gli austriaci non gli vanno a genio, vero? — insistette l’uomo.
— È soltanto un ragazzo.
Ja. Un ragazzo imprudente.
Non sai quanto, pensò Maddalena. Era impallidi­ta un pochino. Se per ripicca l’austriaco avesse da­to un’occhiata più attenta alla stamperia...
Suo malgrado, riconosceva che quell’uomo aveva un certo fascino ambiguo, che gli veniva da una sorta di amarezza di fondo e dal potere immenso che esercitava con inflessibile durezza.
— I vostri genitori non temono che si metta nei guai? — domandò ancora von Kupfer.
— Sono morti — mormorò lei, che cominciava a essere davvero spaventata. — Vi prego, signore, non fraintendete quel che Arrigo ha inteso fare...
Von Kupfer sorrise. — Siete preoccupata per lui? Ah! La paura vi dona.
— La paura non dona a nessuno — replicò lei, d’impeto. — La paura avvilisce, abbrutisce, toglie ogni dignità... Ecco che cosa fa la paura agli... — S’interruppe, sgomenta. Che il cielo mi fulmini, si maledisse di tutto cuore. Una parola in più, e sarei stata perduta .
L’austriaco scoppiò in un’imprevedibile risata. Non sembrava affatto contrariato. — L’indignazio­ne vi dona ancora di più! — esclamò, senza pren­derla molto sul serio. — Le veneziane sono donne di carattere...
Lei arrossì. Imbecille presuntuoso! Meglio così. Doveva essere di quelli che considerano gli italiani una specie di animale esotico da zoo. Le veneziane sono donne di carattere, davvero! Lo avrebbe preso volentieri a schiaffi, altroché.
— Scusatemi. — Accennò al libro. — Vi serve al­tro?
— Volete congedarmi, allora — replicò lui, scher­zoso. — Se mi serve altro? Finché mi trovo con una donna come voi, che cos’altro potrei desiderare?
Già, che cos’altro? si domandò Maddalena, ama­ra. Magari mettere le mani su qualche malcapitato veneziano colpevole d’aver scritto su un muro “Fuori gli austriaci”.
— Voi mi lusingate — mormorò, sollevata. Vole­va soltanto fare un po’ il galante. Innocuo. Per fortuna.
Gli disse il prezzo del libro e lui pagò con pron­tezza. — Spero che ci rivedremo presto — bisbigliò, allungando il braccio a prendere la mano di lei, po­sata sul banco.
Maddalena si ritrasse dolcemente. — Ve ne pre­go... — lo redarguì, senza abbassare gli occhi. — Non sta bene.
Von Kupfer esitò un momento, le iridi quasi tra­sparenti affondate in quelle grigie di lei.
— Non sta bene? — ripeté. Di solito le donne non si facevano pregare da un alto funzionario austria­co di nobili origini come lui. La sua uniforme, la sua fama un po’ sinistra e il suo fascino nordico gli spalancavano tutte le porte e tutti i cuori. Perché questa ragazza faceva tanto la difficile? Una civetta più abile delle altre o un incrollabile baluardo di virtù?
Eppure, eppure, qualcosa di lei gli sfuggiva...
Sorrise. — Voleva solo essere un devoto omaggio alla vostra avvenenza, Fräulein Maddalena... — S’irrigidì in un saluto di circostanza e raggiunse la porta, il libro sottobraccio. — Auf Wiedersehen... sono sicuro che ci rivedremo presto.
L’uscio si richiuse alle sue spalle e il campanello in alto, sopra la soglia, trillò argentino. Immobile dietro il banco, Maddalena rabbrividì. Ma non avrebbe saputo dire se era un brivido di sdegno o di deliziosa aspettativa.
***
Impaziente, von Kupfer tamburellò sull’enorme scrivania intarsiata ingombra di carte. Aveva bisogno del suo aiutante, e subito. Tirò seccamente il cordone del campanello e un cameriere in livrea apparve sulla soglia, materializzandosi quasi per magia.
— Il signor barone ha chiamato?
— Sì. Voglio Krampenstein, subito.
Con un inchino, il domestico sparì richiudendo l’uscio senza far rumore.
Le mani serrate dietro la schiena in una posa mi­litaresca, l’austriaco si avvicinò lentamente a una delle grandi finestre del suo studio, che davano di­rettamente sul Canal Grande.
Aveva preso possesso di quell’antico e splendido palazzo già da parecchio tempo, e vi aveva stabilito la sua dimora e il suo quartier generale. Per i corri­doi ricchi di specchi dalle pareti tappezzate di gial­lo oro, s’incontravano domestici in livrea, soldati in uniforme e poliziotti in borghese.
— Mi avete fatto chiamare?
Krampenstein era in piedi sull’uscio. Di media statura, massiccio, i capelli bianchissimi che gli incorniciavano il volto grasso e roseo, gli occhi scuri e acuti sotto le sopracciglia cespugliose, il ventre pro­minente che premeva il panciotto a fiorami vistosi, Wilhelm Krampenstein, di umilissime origini con­tadine, era il braccio destro di von Kupfer. Aveva passato i sessant’anni da un pezzo, ma il suo fiuto di poliziotto sembrava aumentare di lustro in lustro.
Von Kupfer si voltò a mezzo.
— Ho bisogno del vostro aiuto, Krampenstein. Che cosa sapete della tipografia-libreria Mar­chesan?
— Marchesan? Quella in campo Dogale?
— Mein Gott! — Von Kupfer rise. — Avete la me­moria di Pico della Mirandola, Wilhelm.
— Conosco tutte le tipografie-librerie della città. Sono spesso covi di sediziosi.
Il barone scosse la testa. — Questa non è certo un covo di sediziosi, come dite voi. Ci ho trovato una donna...
Krampenstein gli lanciò un’occhiata perplessa.
— La padrona.
— Già. Voglio sapere tutto di lei. Quanti anni ha, chi frequenta, se è fidanzata, tutto...
Senza capire, l’uomo annuì. — Sarà fatto, barone. — E si avviò alla porta.
— Ja, Wilhelm, alles klar? Avete capito? Voglio sapere perfino che profumo usa, e quanto misura il suo girovita.
Sbalordito, Krampenstein si fermò in mezzo alla stanza.
— Come avete detto?
Von Kupfer si voltò e accostò gli indici e i pollici a formare una circonferenza. — Non era più larga di così.
— Ma che cosa, barone?
— La circonferenza, stupido. Avrei potuto cin­gerla con due mani senza fatica. — Si accorse che l’anziano collaboratore gli sgranava in faccia due occhi disapprovanti e s’irrigidì.
— Bis morgen... potete andare, Wilhelm.
— Un’ultima cosa, barone... Vostra cugina Therese sarà qui domattina, ve ne ricordate ?
Von Kupfer dissimulò un gesto d’impazienza. — Therese! Già, avete ragione. Di questi tempi agitati, non poteva avere un’idea peggiore...
Krampenstein annuì. — Sì, ma la baronessa vo­stra madre ha tanto insistito...
Friedrich sembrava contrariato. — Non la vedo da due... no, tre anni. Era una ragazzina fragile con grandi occhi castani, decisamente bruttina. Adesso ha... diciannove anni, credo. Bene, vedremo.
La porta si richiuse alle spalle di Krampenstein.
— Gnädige Magdalene... — mormorò von Kup­fer. — Ci rivedremo presto.