2 - Libertà
21 febbraio 1848
Immobile nell’ombra, Alessio Giordani scrutava inquieto il ponte di Rialto. Dall’angolo della calle dove si trovava, il ponte gli appariva come un arco scuro sul canale trafitto di luce lunare.
Il suo “contatto” era in lieve ritardo. Secondo i piani, l’appuntamento era per le undici. Erano le undici e qualche minuto.
Poi distinse l’uomo che si avvicinava rapidamen­te, avvolto in un mantello ampio, il cappello duro calato sulla fronte.
— I leoni di San Marco... — sussurrò lo scono­sciuto.
Giordani non poté scorgere il suo volto, ma dalla voce intuì che doveva essere molto giovane.
— San Marco e libertà — mormorò, di rimando, fissando con i suoi occhi scuri e profondi il “contatto” veneziano.
— L’avvocato Giordani?
— Sì.
— Venite con me.
Il giovane “contatto” gli arrivava appena alla spalla. Giordani lo seguì calandosi la tuba sulla fronte e stringendosi addosso la redingote che sot­tolineava le spalle larghe e i fianchi snelli. Il “con­tatto” camminava rapido davanti a lui. Il passo lie­vemente irregolare dell’avvocato risuonava sul sel­ciato nella sera silenziosa.
Proseguirono senza parlare per qualche minuto, poi il “contatto” si fermò davanti a un portoncino.
— Ci siamo. Attento alla testa.
Giordani si piegò per entrare nel basso portone, attraversò quasi a tentoni il breve cortile e seguì il giovanotto nella stanza illuminata.
— Benvenuto, Giordani!
Mentre il “contatto” richiudeva la porta a chiave, l’avvocato stringeva la mano all’uomo magro e pal­lido che lo attendeva nel vestibolo.
— Lisiola, finalmente!
— Tutto bene? — domandò Lisiola, premuroso.
— Sì.
Il “contatto” si tolse il cappello, lasciò cadere il mantello e si avvicinò a Giordani.
— Date a me la tuba e la redingote.
— Grazie, giovanotto...
L’avvocato si volse e rimase un momento impie­trito.
Maddalena Marchesan gli sorrideva divertita.
— Qualcosa non va? — Vestita da uomo, i capelli rossi sciolti sulle spalle, i pantaloni attillati e le scar­pe di vernice dalle punte lucenti, lo guardava senza imbarazzo, con aria amichevole.
Giordani batté le palpebre. — Vi prego di scusar­mi, signorina...
— Maddalena Marchesan.
Lisiola ridacchiava, facendo le presentazioni. — La nostra splendida Maddalena fa ammattire gli austriaci con la sua mania di vestire da uomo.
L’avvocato annuì. — Già... Non avrei mai imma­ginato. — Le rughe sottili e precoci che gli segnava­no gli angoli degli occhi si accentuarono nel sorriso, un sorriso che parve a Maddalena decisamente incantevole. Nella tenue luminosità dell’anticamera, poteva distinguere i lineamenti un po’ duri dell’av­vocato, il naso diritto, la mascella forte, le labbra sottili.
Quando seguì Lisiola nel soggiorno, Maddalena lo vide zoppicare leggermente. La gamba destra era rigida.
Lisiola indicò a Giordani una poltrona di fronte alla sua .
— Accomodatevi, Giordani.
Maddalena li seguì.
— Bevete qualche cosa?
Giordani annuì. — Volentieri. Faceva un freddo maledetto là fuori.
Sedette, allungando la gamba destra davanti a sé con noncuranza in un gesto abituale.
— Avete corso un grosso rischio a venire qui. Che aria tira a Milano?
— Dipende dai punti di vista.
Mentre versava da bere per i due uomini e per sé, Maddalena osservò l’avvocato milanese di profilo. I capelli neri erano piuttosto lunghi sul collo. L’abito di ottima fattura gli modellava le spalle e il torace. Le mani ben curate erano abbandonate sui brac­cioli della poltrona rossa.
— Non ci vediamo da un pezzo — osservò Lisio­la, passandosi le dita nei capelli biondi e lisci. Die­tro le lenti, i suoi occhi d’un castano dorato fissava­no il milanese con cordialità. Sul suo viso scarno era dipinto qualcosa di molto simile a un affetto sincero.
— Due anni — rispose Giordani.
Lisiola accennò alla gamba offesa dell’avvocato.
— Prima... dell’incidente.
Il milanese annuì. — Sì.
— Il vostro duello col conte Artesi ha fatto epoca — mormorò Lisiola, fissandolo.
Giordani alzò le spalle e sorrise. — Addirittura!
— È stato scorretto fino all’ultimo. Non gli era bastato denunciare i suoi amici alla polizia austriaca... vi ha sparato senza preavviso.
Giordani fissò il camino acceso. Le fiamme rossa­stre si riflettevano sulle poltrone e sui visi dei due uomini.
— È una storia vecchia. Lasciamo che i morti ri­posino in pace. Ha pagato per quel che ha fatto.
— La vostra gamba?
— È rimasta un po’ rigida. L’unico guaio è che mi rende facilmente riconoscibile. Identificare un uo­mo che zoppica è abbastanza facile.
— Per questo dicevo che avete corso un grosso rischio...
— Ne valeva la pena.
— Ma vi hanno condannato a morte in contuma­cia... come mai non riparate in Svizzera?
— C’è molto da fare a Milano. Il 1848 è un anno fatale. — L’avvocato rise. — Fatale può voler dire molte cose, non vi pare? — Alzò la testa per guarda­re Maddalena che si avvicinava con un vassoio d’argento sul quale facevano bella mostra tre calici di delicata fattura e una panciuta bottiglia di cristallo.
— Ecco la mia deliziosa guida! — esclamò, in to­no più allegro.
Maddalena gli sorrise, chinandosi per appoggiare il vassoio sul tavolino basso. La stoffa scura dei pantaloni da uomo si tese sulle sue cosce lunghe e snelle. Lisiola seguì lo sguardo di Giordani e un lie­ve lampo di fastidio gli illuminò le iridi dorate.
— Ecco qua — disse la giovane donna — un po’ d’acquavite per riscaldarci lo stomaco. — Prese il suo bicchiere e sedette su una terza poltrona, tra i due uomini.
Lisiola sorseggiò pensoso il liquido trasparente, carezzando con l’indice il bracciolo ricoperto di cuoio morbido. — Dobbiamo parlare di molte cose, Giordani...
L’avvocato bevve d’un fiato la sua acquavite. Maddalena gli lanciò un’occhiata preoccupata: quel liquore invecchiato bruciava come il fuoco, ma il milanese non batté ciglio.
— Una volta ci chiamavamo per nome, Rodolfo — osservò con intenzione.
Lisiola annuì. — Avete ragione, Alessio.
Con un gesto automatico, Alessio portò la mano alla tasca interna della giacca dove teneva i suoi sigari preferiti, ma si sovvenne in tempo della pre­senza di Maddalena.
Lei se ne accorse e fece un cenno vivace con la testa.
— Se volete fumare, fate pure.
— Non vi dà fastidio?
— Assolutamente no. Il posacenere è lì a destra.
L’avvocato offrì un sigaro a Lisiola, che rifiutò con un sorriso. — Vi ringrazio della vostra pazienza — disse a Maddalena, alzandosi lentamente e avvi­cinandosi a un candeliere. — I miei vizi sono molti, e il tabacco è da annoverare tra i primi. — Avvicinò il volto alle fiammelle per accendere il sigaro, mostrando il profilo perfetto illuminato dal chiarore caldo e morbido delle candele.
Maddalena gli versò di nuovo da bere e lui rise­dette pesantemente sulla poltrona mentre una lieve nube azzurrognola si allargava dalla punta incan­descente del sigaro.
— Sono ansioso di parlare un po’ con voi — con­fessò Lisiola, togliendosi gli occhiali e ripulendoli con il grande fazzoletto di batista nel gesto che gli era abituale. Privati dello schermo traslucido delle lenti, i suoi occhi d’oro si rivelavano incredibilmen­te luminosi. — Tuttavia, capisco che sarete stanco...
Giordani scosse la testa.
— No, no, sono anch’io desideroso di discutere con voi. — Strinse le labbra. — Ho fatto tutta que­sta strada proprio per incontrare il professor Lisiola, il braccio destro di Manin, il cervello dei clandestini veneziani...
Rodolfo ebbe una breve, bassa risata. — Sono lusingato che il patriota più ricercato del Lombardo-Veneto abbia rischiato la testa per me. Spero di non deludervi. Io non sono un uomo d’azione come voi, Alessio.
— Uomo d’azione! — L’avvocato vuotò il suo se­condo bicchiere e mascherò con l’ironia l’amarezza che gli vibrava nella voce. — Uno zoppo deve sa­persi accontentare.
Maddalena sollevò le sopracciglia, sorpresa dal tono di Giordani. Aveva pronunciato la parola “zoppo” come un terribile insulto. Ma poi Giordani continuò a parlare come se niente fosse, quasi scherzoso, e Maddalena si domandò se per caso non avesse soltanto immaginato quella tremenda angoscia che aveva fatto tremare la voce dell’uomo.
— I nostri discorsi vi annoieranno, signorina Marchesan... Politica e poi ancora politica — osser­vò, tirando una lunga boccata.
Lisiola scoppiò in una sonora risata e Alessio lo guardò, un po’ perplesso. — Ho detto qualche cosa di divertente?
— Non sapete quanto. — Rodolfo strizzò l’occhio a Maddalena. — Politica! Sapete chi è la vostra affascinante guida, il vostro misterioso “contatto”?
— Maddalena Marchesan, tipografa-libraia — scherzò lei con un sorriso dolce che le illuminò il volto.
— Alias... — Rodolfo si alzò, si portò dietro la poltrona di lei e le posò delicatamente le mani sulle spalle. — Alias “Libertà per Venezia”!
— Libertà per Venezia? — L’avvocato sembrava sbalordito. — L’autore di quei libelli... Il firmatario di quei volantini...
— L’autrice — lo corresse lei, pacata.
— Non avrei mai immaginato che una simile penna... Voglio dire, ero convinto che si trattasse d’un anziano signore dalla barba bianca e dal cuore ardente...
— Conto molto sul fatto che anche gli austriaci la pensino come voi, vi confesso — rise lei, arrossendo un po’.
— Libertà per Venezia! — Giordani scuoteva la testa. — Repubblicana convinta, dunque!
— Convintissima, avvocato... — si girò a guarda­re Lisiola sempre in piedi alle sue spalle, e posò una mano calda su quella gelida del professore in un gesto affettuoso e confidenziale che non sfuggì a Giordani. — Come tutti noi, del resto.
Il milanese annuì. — Non credete nel Savoia?
Lisiola sorrise. — Crediamo soltanto in noi stessi.
— L’Italia che voi sognate non nascerà da un giorno all’altro per effetto d’un moto popolare spontaneo, Rodolfo. Dovete farvene una ragione. Io credo... — s’interruppe, allarmato.
Colpi veementi furono bussati all’uscio in rapida successione. Tre colpi, una pausa, due colpi, e poi di nuovo.
Maddalena balzò in piedi e alzò una mano in un gesto rassicurante.
— Forse è mio fratello che torna a casa.
— Arrigo è stato a teatro? — domandò Lisiola.
— Credo. Mi ha detto che usciva con degli amici. — Maddalena percorse rapida il vestibolo, mentre i colpi alla porta venivano ripetuti.
— Chi è?
— Costanza! Apri, presto, Maddalena!
Lei si affrettò a far scorrere il catenaccio e spa­lancò l’uscio. Il volto affilato di Costanza era più pallido del solito.
— Cosa succede, Costanza? Hai veduto un fanta­sma?
Maddalena tentò di sorridere all’amica sconvolta, aiutandola a togliere il mantello di velluto scuro. Magrissima, i capelli d’un biondo caldo stretti in una crocchia severa sulla nuca, l’abito verde pallido che sembrava accentuare il pallore livido del volto, Costanza le sgranò addosso gli occhi azzurri sbia­diti.
— È successa una cosa tremenda! — esclamò con voce rotta, afferrandole le braccia in un gesto convulso. — Arrigo...!
Lisiola e Giordani si avvicinarono, richiamati dal tono spaventato della giovane donna.
— Costanza! — Rodolfo aggrottò le sopracciglia. — Qualche problema ?
Lei esitò, guardando Giordani.
— L’avvocato Giordani è dei nostri, — assicurò Lisiola — parlate pure.
Alessio accennò un rigido inchino.
— Arrigo è stato arrestato — disse finalmente Co­stanza, il fiato corto per l’angoscia.
— Arrestato?! — Maddalena strinse le labbra. — Vieni, Costanza, siediti. Cerca di calmarti e raccontaci quel che è successo...
Seduta in poltrona, circondata da volti tesi, Co­stanza si passò una mano sugli occhi.
— Una ragazzata... un volantinaggio fuori della Fenice. Hanno buttato addosso agli ufficiali au­striaci che uscivano dal teatro dei fogli con stampa­to a grandi lettere “Venezia libera”...
Maddalena aggrottò le sopracciglia.
— “Hanno”...?
— Arrigo... e qualche amico fidato. Compagni di classe... Sono stati arrestati tutti. Tuo fratello grida­va insulti ai due soldati che lo portavano via... c’era anche il boia... Von Kupfer, voglio dire.
— Von Kupfer! — Maddalena sedette lentamen­te in poltrona. Cupi, Lisiola e Giordani restavano in piedi dietro Costanza. — Ha detto qualche cosa?
— No, non credo... Rideva. Aveva un’aria decisa­mente divertita. Ha fatto cenno ai suoi uomini... Li hanno trascinati via in un batter d’occhio. Qualche signora è svenuta. C’era una grande confusione... — Scosse la testa. — Ero andata con mia sorella ad assistere al “Marin Faliero”... Come avrei potuto immaginare che all’uscita...
— Non avresti potuto, infatti. — Il cervello di Maddalena lavorava rapidamente. — Bisogna che cerchi di toglierlo dai pasticci.. .
— Arrigo è al corrente della vostra... doppia iden­tità? — domandò Giordani, spegnendo il sigaro con un gesto secco nel posacenere di vetro filigranato.
— No. Assolutamente. Mio fratello è giovane e impulsivo...
— Giovane? — Rodolfo sorrise. — Ha soltanto quattro anni meno di te.
— È un ragazzo — tagliò corto lei. — Non com­mettiamo imprudenze. Rodolfo, ospiterete voi Giordani, per questa notte. Io andrò da von Kupfer.
Costanza sollevò la testa di scatto, sbalordita.
— Che cosa? Dall’austriaco?
— Sì. — Maddalena annuì lentamente. — L’ho conosciuto per caso. È venuto in libreria. Si ricor­derà di me... e di Arrigo.
Lisiola aggrottò le sopracciglia.
— Non mi sembra prudente...
— Perché? Una sorella preoccupata per le alzate d’ingegno del fratello minore non darà adito ad alcun sospetto.
— Volete andare da lui... a casa sua... sola?
— Sola. Se voglio convincerlo a rilasciare Arrigo, devo parlargli a quattr’occhi... Via, via! Un volantinaggio non è poi così grave... spero.
Giordani sembrava perplesso.
— Un gioco un tantino pericoloso, non trovate? Non è detto che quel von Kupfer sia un genti­luomo...
Rodolfo sussultò. — Alessio!
— Scusate. Ho la pessima abitudine di dire quel­lo che penso.
Maddalena gli sorrise brevemente.
— Non c’è alcun motivo di scusarsi. So badare a me stessa. Ci andrò. — Soffocò con un gesto le obiezioni di Rodolfo. — Perché sono l’unica perso­na che ha una possibilità di togliere Arrigo dal pasticcio nel quale è andato a cacciarsi a capofitto.
— Ma.. .
— Nessun ma. Andate, adesso, non è prudente che vi fermiate più a lungo qui.
Lisiola abbassò lo sguardo, vinto.
— E va bene — si arrese. — Venite, Alessio.
Giordani prese la sua redingote dalle mani di Maddalena.
— Impossibile farvi cambiare idea? — domandò.
— No, se mi proponete un’alternativa logica. Conosco von Kupfer. Tenterò. Avete un’idea migliore?
Giordani scosse il capo.
— No — ammise. — Spero che tutto vada per il meglio... — Sorrise appena. — È superfluo raccomandarvi di fare attenzione, vero? — Nei suoi occhi scuri brillava una preoccupazione sincera. — A pre­sto — mormorò con intenzione.
— A presto — rispose lei. Ma, mentre richiudeva la porta dietro le spalle dei due uomini, una ruga sottile di apprensione le segnava la fronte liscia. — A presto... — ripeté. Poi si riscosse. — Costanza! — chiamò. — Vieni, dammi una mano. Devo cambiar­mi... e in fretta.