4 - Quel che dev’essere taciuto
22 febbraio 1848
— Mi vergogno di te! Avrei preferito qualunque cosa... Ma questo... vederti civettare con quel porco... — Furioso, Arrigo batté col palmo sul ripiano del lungo banco di legno. Una pila di libri in bilico tremò pericolosamente e Maddalena si affrettò a spostarla su una delle scaffalature del negozio. — Mille volte meglio finire dimenticato in prigione!
— Basta, Arrigo — ammonì Maddalena, calma. — Smettila. — Non aveva nessunissima voglia di irritarsi. In quella notte agitata, non era riuscita a chiudere occhio, e un cerchio fastidioso le stringeva le tempie.
— Ti piacerebbe, non è vero? Tacere! Far finta di nulla! Perché non hai lasciato che le cose seguissero il loro corso? Perché ti sei voluta immischiare?
— Con chi credi di parlare, Arrigo? Sono tua so­rella!
— Lo so bene! Oh, se lo so! — Il ragazzo schiu­mava di rabbia. — La dolce sorellina maggiore, che fa da mamma a questa testa matta! Dio! — Girò intorno al banco e le si avvicinò fino a che i loro volti furono a una spanna. — Liberato per le buone grazie d’una veneziana tanto abietta da strisciare davanti all’uomo che ha arrestato, torturato, ucciso il fior fiore dei patrioti italiani! Non troverò più il coraggio di mostrarmi per la via... di guardarmi allo specchio!
— Perché hai improvvisato quel lancio di volanti­ni all’uscita della Fenice? Che cosa speravi di ricavarne?
— Un’azione di propaganda! Dovevi vedere che parapiglia... — Ebbe un gesto sdegnoso. — Ma già! Che puoi capirne, tu... non vedi più in là di questo maledetto negozio, di questa dannata tipografia... e mentre tu e Lisiola vi gingillate con edizioni pregia­te di poeti latini, a Venezia si cospira!
— Ah! Si cospira! — Maddalena non poté far a meno di sorridere. — Si cospira! Davvero! Buttan­do un po’ di carta stampata in faccia a von Kupfer e ai suoi intendevi dare il tuo indispensabile contributo alla causa? Encomiabile!
— Ridi pure di me, se vuoi! I miei ideali ti sem­brano così assurdi?
— Che memoria corta, Arrigo! Chi ti ha messo in mano l’“Ortis”, chi ti ha fatto leggere quegli autori liberali che...
— A maggior ragione! Era la stessa Maddalena che faceva smancerie a von Kupfer?!
— Smancerie?
— Io non sono mai stato tanto umiliato... Non sapevo che mia sorella sarebbe stata disposta a ca­dere tanto in basso!
— Stai esagerando.
— Tu hai esagerato! Friedrich! Lo chiami per no­me, già... come amici di vecchia data, o... — esitò, e poi la parola che gli urgeva sulle labbra si liberò in un grido roco: — o amanti!
Lo schiaffo di Maddalena lo colse in pieno viso. Incassò il manrovescio senza reagire, rigido come una statua. — Non cambierò idea comunque!
— Che stupido! — La voce di Maddalena trema­va. — Che... inqualificabile... bambino presuntuoso! Ti riempi la bocca di frasi altisonanti e non ti fai scrupolo di insultare con leggerezza chi ha pensato soltanto al tuo bene!
Arrigo rimase zitto, lo sguardo accusatore fisso su di lei. Il campanello d’ingresso tintinnò leggero, e Lisiola si affacciò nella libreria.
— Buongiorno... — Una rapida occhiata ai volti dei due giovani lo indusse a entrare con decisione. — Buongiorno, Maddalena. Arrigo...
— Buongiorno, professore.
— Qualcosa non va?
— Molte cose, se è per questo — replicò pronto il ragazzo.
— Davvero? Dovresti essere contento d’aver scampato di misura un bel soggiorno a spese dell’imperial regio governo, mi pare. Stanotte siamo stati tutti in ansia per te. Finché non è arrivata Co­stanza con la notizia della tua liberazione, io stesso...
— Sono davvero commosso, professore — repli­cò Arrigo, in tono niente affatto commosso. — Ma non c’era di che preoccuparsi, visti i rapporti che intercorrono tra von Kupfer e mia sorella.
Maddalena lanciò a Lisiola un’occhiata d’avverti­mento: lo aveva visto sussultare appena.
— Sei un ragazzo impertinente, Arrigo — disse alla fine Lisiola, padroneggiando la propria irritazione crescente.
— Mi sembra di sentire quel cane austriaco! Un ragazzo imprudente... può darsi. Meglio esser teme­rari che vigliacchi!
Per un momento Rodolfo lo fissò come se fosse lì lì per schiaffeggiarlo. Poi un sorriso amaro gli si disegnò sulle labbra. Maddalena scosse appena la testa, senza riuscire a comprendere con chiarezza se a quel groviglio di sentimenti che le si agitavano dentro - collera, affetto, istinto materno, paura, sol­lievo, ansia, frustrazione - non si fosse aggiunto an­che un pizzico di orgoglio per quell’ostinatissimo, ardente giovanotto deciso a fare la sua parte a ogni costo nel pericoloso gioco della cospirazione.
— Sono venuto a prendervi, Maddalena — disse Rodolfo, senza più badare ad Arrigo. — Ci aspettano...
Maddalena colse il suo sguardo d’intesa. Giorda­ni li attendeva.
— Vengo subito. — Aprì la porta della tipografia. I due tipografi chini sui campionari di caratteri alzarono la testa simultaneamente e sorrisero. Uno era molto giovane, poco più di un ragazzo, di bassa statura, il viso tondo e intelligente illuminato da due grandi occhi castani vivacissimi; l’altro era molto più anziano, i capelli folti e ricciuti ormai grigi, il volto molto somigliante a quello del ragazzo ma scavato dagli anni.
— Antonio, — gli disse Maddalena, avvicinandosi — devo uscire un momento. Volete dare un’occhia­ta al negozio?
— Certamente. — Il proto ripulì le mani mac­chiate d’inchiostro nel grembiulone nero e la seguì in libreria. — Eccomi. — Fece un cenno rapido al figlio. — Componi quel frontespizio del “De bello gallico” con quel fregio che ti ho detto, intanto.
— Sì, papà.
— Farò in fretta — assicurò lei, soprappensiero. Dietro il banco, Arrigo la guardava in silenzio. Prese il mantello e raggiunse Lisiola sulla porta. — Arri­vederci.
— Arrivederci, signorina. Professore... — Antonio chiuse l’uscio dietro di loro e tornò piano piano ac­canto al banco, studiando l’espressione corrucciata di Arrigo. Aveva udito suo malgrado la vivace di­scussione tra lui e la sorella, e si sentiva il cuore stretto. Quel che non sapeva, poteva benissimo in­tuirlo: a Venezia le notizie circolavano in fretta, molto in fretta.
— Qualcosa non va, signor Arrigo?
— Tutto! Questa squallida bottega, quella casa e chi ci abita! — scattò il ragazzo, furente.
Antonio ebbe un lieve sospiro. — Se vi trattenete voi un momento, io torno di là.
— Non mi trattengo affatto! Anzi, me ne vado subito. Definitivamente.
— Definitivamente?
Le labbra serrate, Arrigo annuì deciso. — Lascio questo posto. Non posso più vivere sotto lo stesso tetto con gente che ha perduto la propria dignità.. .
— A chi vi state riferendo?
— A mia sorella... Ma già! Voi l’adorate! Non am­metterete mai che possa aver fatto qualcosa di turpe, vergognoso, abietto...
— Signor Arrigo, ve ne prego!
— Signor Arrigo, ve ne prego! — ripeté il ragazzo facendogli il verso. — No, il signor Arrigo è stanco! Il signor Arrigo ne ha fin sopra i capelli di convive­re con dei pavidi borghesucci attenti soltanto al proprio sporco interesse, con dei conigli consen­zienti, sì, eccellenza, no, eccellenza, grazie, eccellenza!
— La signorina sa che voi intendete...
— La signorina non sa! E quando lo saprà sarà tardi. Me ne vado ora, subito, con i vestiti che ho addosso. Troverò qualcuno che mi aiuti. Andrò a Milano. O all’estero, in Svizzera, in Inghilterra...
— Ma vi rendete conto della gravità di quanto state dicendo? La signorina Maddalena non si darà pace...
— Certo che si darà pace! Per lei sono un fasti­dio. La pecora nera... il fratello scomodo. Perché ho un’idea, io! E non l’abbandonerò... Addio, Antonio.
— Signor Arrigo, riflettete!
— Ho già riflettuto. Ho disgusto di me stesso per aver esitato così a lungo.
— Per l’amor del cielo! — La voce alterata, il vec­chio proto appoggiò le mani al banco, affrontando il giovanotto che gli stava dinanzi. — Voi non sa­pete...
— Che cosa? Proprio voi, Antonio, che da tanto tempo siete in questa casa... mio padre era un uo­mo vero! Non ha mai strisciato davanti a nessuno, lui! Che cosa dovrei sapere? Guardate! — Con un gesto rabbioso, si tolse di tasca un foglio ripiegato. — Anche questo è un vero uomo!
Antonio lanciò un’occhiata al foglio stropicciato e s’irrigidì.
Arrigo ebbe una breve risata di scherno. — Fa paura, vero? Fa paura soltanto vederlo! Non lo leggete, Antonio? No, troppo pericoloso, povero vec­chio Antonio! Ve lo leggerò io, allora! Ascoltate. “Libertà! Una parola che fa tremare. Libertà di pensiero, di parola, di stampa. Libertà dall’imperial regia maestà, dall’imperial regio governo, dalle im­perial regie galere, dagl’imperial regi assassini in uniforme.” Arrigo prese fiato, quasi strangolato dallo slancio declamatorio.
Lo sguardo fisso nel vuoto, la voce bassa e con­trollata, Antonio proseguì, immobile, a pochi passi da lui. — “Quella libertà cui tutti aspirano, ma della quale ben pochi osano pronunciare il nome. Una libertà repubblicana, per il popolo e nel popolo...”
Sbalordito, Arrigo lo fissava con gli occhi sgra­nati.
— Ma... che cosa?! Lo conoscete a memoria?
Antonio annuì gravemente. Quel che stava per fare era decisivo e rischioso. Si arrogava la responsabilità di aprire gli occhi a quel ragazzo presuntuo­so ed entusiasta.
— Com’è possibile? — insistette Arrigo, sempre più disorientato.
— L’ho stampato io.
— Voi! — Arrigo trasalì e guardò il volantino co­me se lo vedesse per la prima volta. — “Libertà per Venezia”! Sareste dunque...
— No! Non io, signore. Non io. — Il proto aggrot­tò le sopracciglia. Se Maddalena avesse saputo... ma come poteva permettere che Arrigo se ne an­dasse per un assurdo malinteso? — Qualcuno che vi è molto vicino.
— Lisiola?
— Nemmeno.
— Ma se siete voi lo stampatore... mia sorella sa... è al corrente... che nella tipografia Marchesan cir­cola materiale clandestino?
La risata di Antonio gli schiarì di colpo le idee. Una risata amara, ironica, un po’ tesa.
— Lei! — esclamò Arrigo, arrossendo violente­mente. — Maddalena! Non è possibile...
— Non è possibile, dite? Davvero!
— Io penso... io penso che.. Mi sento tanto confu­so... — Il volantino sciupato tra le mani, Arrigo si mordeva le labbra. — Le ho detto... che cosa le ho detto, mio Dio! Non avrei mai immaginato... mai...
— Le cose spesso non sono come sembrano esse­re, signor Arrigo. Lo capirete con gli anni.
— Maddalena! — ripeté Arrigo, in un soffio. — Oh, che imbecille sono stato!
Il campanello d’ingresso lo fece sussultare. S’infi­lò in tasca il volantino con un gesto automatico, le sopracciglia aggrottate, ma poi, vedendo il ragazzo vestito di scuro sulla soglia della libreria, sorrise apertamente.
— Valerio! — Gli corse incontro, emozionatissimo. — Ti hanno rilasciato!
— Poco fa.
Valerio Zanni era un po’ più basso di Arrigo e un po’ più robusto; i capelli biondi lunghi sul collo, i buffetti radi che gli ombreggiavano le labbra piene, gli occhi verdi vivaci, corrispose di slancio all’ab­braccio dell’amico.
— Come stai?
— Bene... — Valerio sorrise. — È rimasto ferito soltanto il mio orgoglio. Mi hanno lasciato andare ridendomi in faccia. Tu ne sei uscito ancor prima di me, a quanto mi dicono...
Arrigo s’incupì. — Sì, io... — Lanciò un’occhiata rapida ad Antonio, che li studiava, meditabondo. — Esco col mio amico, Antonio. Arrivederci.
— Arrivederci, signor Arrigo... — Lasciò che aprisse la porta, poi lo richiamò all’improvviso. — Signor Arrigo ?
— Sì?
— Come si dice? È poca cosa tacere quel che dev’essere taciuto. Ma è tremenda colpa dire quel che non dev’essere detto.
— Citate i classici, Antonio? Non sono uno scioc­co, state tranquillo. — Forse quel vecchio pretendeva di dirgli di chi aver fiducia e di chi no? Voleva alludere a Valerio, un amico per il quale avrebbe messo la mano sul fuoco? Insolente! E Maddalena, poi... Fidarsi più d’un dipendente che del proprio fratello! Allo sgomento della scoperta andava sosti­tuendosi una rabbia fredda, rancorosa. A ben vede­re, era l’ennesima prova del poco conto in cui veni­va tenuto.
— Ci vediamo — tagliò corto, quasi spingendo Valerio in strada. Maledizione, le cose dovevano cambiare, in quella casa. Non ne poteva più di far la parte del ragazzino perennemente bisognoso di guida, protezione e consigli.
***
Alessio era seduto a un tavolo in fondo al locale che cominciava a riempirsi. Aveva scelto un posto d’angolo, in modo da dare le spalle al muro e poter seguire agevolmente il movimento in entrata e in uscita dal “Leone rosso”.
Maddalena vedeva per la prima volta l’avvocato milanese alla luce del giorno. Lisiola la guidò rapi­do tra i tavoli, dopo aver rivolto un cenno amiche­vole alla padrona. Giordani si alzò e abbozzò un inchino.
— Benvenuti. Signorina...
— State comodo, avvocato. — Lasciò che Rodol­fo le sistemasse la sedia e lo ringraziò con un sorri­so. Quando furono tutti seduti, il professore fece cenno alla donna di mezz’età che aveva salutato entrando.
— Una tazza di cioccolata, Maddalena? Alessio ?
— Volentieri — rispose lei. — La parigina è famo­sa per la sua cioccolata.
— La parigina? — domandò Giordani, incurio­sito.
Lisiola annuì. — Padrona Lucia è stata qualche anno in Francia. Aveva un localino dalle parti di Reims. Al suo ritorno, però, l’hanno soprannomina­ta “la parigina”, e parigina è rimasta per tutti. Vole­te assaggiare la sua cioccolata?
— No, grazie. Preferisco uno sherry.
— Bene. — Rodolfo sorrise alla parigina, alta, magra, i capelli grigi raccolti con una civetteria che era l’ultimo retaggio d’un’avvenenza perduta. — Due tazze di cioccolata e uno sherry.
— Non mi sembra prudente che vi mostriate in giro in questo modo — osservò Maddalena quando la donna si fu allontanata. — Se vi chiedessero i documenti...
— Sono perfettamente in regola — replicò Ales­sio a bassa voce. — A parte un piccolo particolare. Giordani è un cognome scomodo, dopo una con­danna in contumacia. — Posò la mano sulla tasca interna della giacca. — Per loro mi chiamo Gri­maldi.
— Ciò nonostante mi pare avventato... — comin­ciò lei. Alessio le posò una mano sul braccio, e la donna tacque, un po’ sorpresa.
— Parliamo d’altro. Vostro fratello?
— È furioso con me. Ma gli passerà.
Rodolfo scosse la testa. — Un ragazzino imperti­nente! Forse l’avete troppo viziato, Maddalena.
— Un ragazzino impertinente... — Lei sorrise. — Ma con le idee chiare, Rodolfo.
— Ha una mente vivace — rispose il professore, divertito. — È il migliore della classe in storia e in letteratura...
Giordani aggrottò le sopracciglia, lo sguardo fisso su qualcuno che si era fermato sulla soglia del loca­le. Maddalena si volse. Un signore dignitoso sulla cinquantina allungava il collo, cercando tra i tavoli un volto noto.
— Conoscete quel tipo? — chiese Alessio a bassa voce.
Lisiola si alzò in fretta. — Tutto bene, tutto bene. È il padre di Valerio Zanni, l’amico di Arrigo. Sta cercando me. Scusatemi un momento.
Scansando la parigina che si avvicinava con la cioccolata e lo sherry, Rodolfo raggiunse Zanni se­nior e uscì in strada con lui.
Rimasta sola con Alessio, Maddalena gli sorrise, un po’ imbarazzata.
— Avete un’aria stanca — osservò lui, mentre la padrona si allontanava dopo averli serviti.
Lei affondò il cucchiaino nella cioccolata densa, profumata, bollente. — È stata una notte movimentata.
— Già. Quando la signorina De Pilla ci ha rassi­curati che tutto era andato per il meglio, era quasi l’alba...
— Ero quasi certa della comprensione di Frie­drich... Voglio dire, di von Kupfer.
Lo sguardo scuro di Alessio indugiò sul suo volto. Si rese conto di arrossire lievemente. — A quanto ne so, è un uomo molto intelligente. Gli austriaci hanno messo la persona giusta al posto giusto.
— Quella di Arrigo e Valerio è stata una monelle­ria. Niente di più.
— Sì. Meno male che anche von Kupfer l’ha ca­pito. Voi avete corso un grosso rischio.
Maddalena bevve un sorso di cioccolata. — Scot­ta! Be’... un rischio calcolato.
— Rodolfo era molto preoccupato.
— Soltanto Rodolfo? — rise lei.
Giordani terminò il suo sherry. — No. Lisiola vi ama, vero?
Maddalena appoggiò la tazza sul piattino. — Av­vocato...
— Lasciate perdere l’avvocato. Dai documenti ri­sulto insegnante di francese. Chiamatemi Alessio.
— Alessio... siete un impudente.
— Non ho detto niente di nuovo. Vi ama?
— Chiedetelo a lui.
— Giusto. A voi devo domandare se lo amate.
— Alessio, esagerate.
Giordani si appoggiò all’indietro sullo schienale. La giacca grigia si schiuse sul panciotto a fiorami azzurro polvere. La cravatta era fermata da uno spillone d’oro.
— Se è così, vi chiedo scusa.
Maddalena rigirò per un momento il cucchiaino tra le mani. — Vi aspetto a cena, questa sera. Con Rodolfo. Verrete?
Lui annuì. — Sarà un piacere e un onore.
La giovane donna sorrise. — Di che cosa volevate parlarmi?
— Avete fretta?
— Un poco.
— In questo caso, niente che non possa essere rimandato a questa sera. Mi necessita un vostro consiglio per organizzare un certo periodico a Mi­lano.
— Immagino... — Maddalena si chinò un po’ in avanti — immagino non... ufficiale.
Giordani sollevò le sopracciglia. — Appunto.
— A vostra disposizione. — Si alzò e lui la imitò galantemente. — Vi aspetto con Rodolfo alle otto.
— Sono molto puntuale — rispose Alessio, diver­tito.
— Anche Rodolfo, sapete? — Maddalena ebbe una risatina scherzosa. — Arrivederci.
Giordani abbozzò un mezzo inchino e restò lì in piedi fin­ché la figuretta avvolta nel mantello blu non fu sparita nel via vai del mezzogiorno.